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 2020  luglio 11 Sabato calendario

Rigoletto come Tarantino

Cinecittà. Studio 2. Interno. Notte. Si prova Rigoletto, che andrà in scena al Circo Massimo il 16 ( alla presenza del presidente Sergio Mattarella e della sindaca di Roma Virginia Raggi, diretta tv su Rai 5), 18 e 20 luglio, primo allestimento dell’Opera di Roma dopo il lockdown che ha lasciato i teatri in ginocchio; dirige il maestro Daniele Gatti, regia di Damiano Michieletto; Iván Ayón Rivas è il Duca di Mantova; Roberto Frontali, Rigoletto; Rosa Feola, Gilda; Riccardo Zanellato, Sparafucile. Maddalena ( Martina Belli) si prostituisce nella roulotte sistemata in fondo all’enorme parallelepipedo dalle quinte nere. Sparafucile, suo fratello, si apposta a caccia di clienti danarosi da far fuori e derubare. Un uomo s’intrufola furtivamente nell’alcova a ruote, è il Duca. Ciak, si gira! Sul lato opposto l’atmosfera è altrettanto morbosa. La selva di palloncini colorati fa pensare a una balera frettolosamente trasformata in discoteca. O è un luna park? La melma umana si muove al ritmo di Disco Inferno, poi allo zero del regista, freeeeeze!, tutti immobili. Solo Gilda, lei sì di acqua limpida, si muove impacciata tra quei corpi sudati – il suo amore per il Duca, dispotico e lussurioso, ha fermato il tempo. Ci sono macchinone da malavitosi parcheggiate, Bmw, Mercedes, Triumph, una vecchia Citroën DS e una Porsche Draculina metallizzata, tutto rigorosamente anni Ottanta, come il completo con pantalone a vita alta su canotta a rete di Sparafucile e il miniabito rosso a falde con top di jeans délavé di Gilda. Oggi non si canta, si recita. Il regista Michieletto sta girando con la complicità della Indigo Film ( che produrrà un making of dell’opera) alcuni inserti che verranno proiettati sul megaschermo 20x8 che sovrasta il gigantesco palco di 1500 metri quadrati già ben visibile di fronte a Via dei Cerchi.
Sarà una ripartenza in grande stile, allestimento faraonico come si conviene a uno spettacolo montato nell’arena dove si sono esibiti Springsteen e Rolling Stones che il mondo della lirica, ancora semiparalizzato dalla pandemia, aspetta con curiosità e ammirazione. Per rispettare il distanziamento, ci saranno non più di 1400 persone a sera ( 400 in più del previsto per deroga della Regione Lazio) per assistere alle prodezze del Duca trasformato in una sorta di Felice Maniero che si muove negli ambienti della mafia del Brenta e di un Rigoletto giostraio scippato alla fantasia di Kusturica. «Ero alla ricerca di un’identità per questo Duca, tenendo presente l’opera di Hugo da cui Francesco Maria Piave ha tratto il libretto, Le roi s’amuse, Il re si diverte. Doveva essere un sovrano autoritario appunto; edonismo sfrenato, divertimento, lussuria, tutte dinamiche che mi hanno portato a immaginare Rigoletto immerso in un mondo criminale anni Ottanta sospeso tra il Nordest e l’ex Jugoslavia – umanità debordante e una società in cui la donna è considerata poco più di un oggetto. Ho trasformato Rigoletto in un nomade che cerca di arricchirsi alla corte del criminale che teme e rispetta, e dal quale non riesce a tenere lontana la giovanissima figlia, preda di un’ossessione amorosa. Ci sono tutti gli stilemi della malavita nell’opera verdiana; non a caso Jonathan Miller, in una vecchia produzione del 1982, l’aveva ambientato tra i gangster di Little Italy. Qui siamo in un’atmosfera appena più festaiola», esordisce il regista veneziano, 44 anni, che a causa del Covid-19 è rimasto orfano di ben nove opere, tra riprese e nuove produzioni, compresa l’attesissima Salome di Strauss alla Scala, riprogrammata per il gennaio 2023.
Sarà un Rigoletto pulp? «Mi sarebbe piaciuto», aggiunge Michie-letto, «ma in quel caso non avrei potuto rispettare le regole del distanziamento. Però sì, è la trama perfetta per un film di Tarantino; il Duca è un libertino che fa il cazzo che gli pare, va con una, va con l’altra, le corteggia tutte, noncurante della presenza dei mariti; spavaldo, ricco, l’incarnazione del mito di Dongiovanni in una società corrotta. La figura di Sparafucile è decisamente splatter; fa prostituire la sorella poi ammazza il cliente». Certamente è un Rigoletto con grandi ambizioni, un progetto tutt’altro che rinunciatario in tempi in cui i teatri sono ancora considerati luoghi da assembramento malsano. «Ho pensato a un racconto molto cinematografico», aggiunge Michieletto, mentre finisce di girare a Cinecittà i microfilm ( durata totale di trenta minuti) che saranno proiettati durante la rappresentazione. «Non si tratta di scenografie realistiche ma di un’operazione concettuale. La rappresentazione si articola su tre diversi piani narrativi: lo spettacolo sul palcoscenico, le immagini live riprese da tre steadycam che mostrano dettagli indistinguibili dalla platea, infine il livello cinematografico di questi filmati che indagano sul passato, le premonizioni, i sogni – quello che nel frattempo succede altrove. Il maxischermo ha un’importanza fondamentale, anche per ovviare al fatto che la platea è molto ampia e in osservanza del protocollo i cantanti devono stare a un metro di distanza tra loro e a due se stanno cantando. In teatro tutto questo sarebbe stato impossibile».
Ora oltre al Covid anche il diavolo ci ha messo la coda. A causa di un abbassamento di voce il baritono Luca Salsi ha dovuto cancellare la partecipazione a poche ore dalla prima, dopo aver provato e girato per settimane. Al suo posto è stato chiamato Roberto Frontali, 62 anni, già protagonista nel 2018 di un Rigoletto all’Opera di Roma con la regia di Daniele Abbado. Originario di San Secondo Parmense, verdiano doc, non sempre disposto ad assecondare regie audaci, l’infaticabile Salsi aveva accettato con l’entusiasmo di un gladiatore la sfida al Circo Massimo. «Non sono contrario alle regie moderne e Damiano non è uno che strapazza il libretto e la musica», dice il baritono, che già ha lavorato con Michieletto a un Rigoletto affatto diverso ad Amsterdam che non si è replicato alla Fenice di Venezia causa coronavirus. «È un’opera difficile che mette a dura prova la voce già dal primo duetto con Gilda; non affronti Rigoletto se non sei in piena forma». Il sovrintendente Carlo Fuortes, che negli ultimi anni ha lavorato incessantemente per ridare smalto e prestigio al Costanzi, è convinto che solo Michieletto, con la sua straripante creatività, avrebbe potuto traghettare la stagione estiva dallo storico palco di Caracalla, troppo piccolo per garantire il distanziamento di cantanti e orchestrali, al Circo Massimo, «uno spazio enorme che ha bisogno di un linguaggio diverso. In tempi di difficoltà gli artisti veri diventano innovatori. Questo Rigoletto è nato in un momento di disperazione, mentre vivevamo nell’incubo di restare chiusi a oltranza. Volevamo dare un segnale forte, ripartire in forma scenica. Il Circo Massimo era un sogno, luogo di festa e di spettacolo emblematico per romani e turisti. Un’operazione costosa che speriamo di sostenere con le nostre risorse cancellando una parte della stagione». Fuortes assicura che l’attesa Turandot con regia, scenografia e costumi di Ai Weiwei bloccata dal Covid la scorsa primavera non è cosa morta ma andrà in scena nel marzo 2021 e, incrociando le dita, accarezza l’idea di una nuova stagione da inaugurare a novembre col Don Giovanni diretto da Mario Martone. «Il lockdown ci ha costretti a escogitare nuove strategie di comunicazione», conclude Michieletto circondato da una dozzina di fedeli collaboratori che si muovono come roadies al seguito di una rockstar. «Un momento come questo deve risvegliare la creatività. L’ha detto anche Peter Brook, nel momento in cui non si può usare il palcoscenico bisogna individuare qual è il mezzo alternativo che ci permette di comunicare. Cos’altro abbiamo a disposizione se non la rete e la tv per fare di necessità virtù? Lo streaming non è la soluzione, solo un modo per aggirare l’ostacolo. Durante la quarantena la cultura ha tenuto compagnia alla gente; pensi a un lockdown senza internet, senza film, senza libri. Quanto a questo Rigoletto, valuteremo in autunno quanto le nostre strategie siano state produttive». E torna a dirigere i suoi giostrai con la meticolosità di un regista alle prese con un impegnativo lungometraggio. La folla multicolore e un po’ cafona si scatena tra i palloncini e lo zucchero filato, Sparafucile osserva con sguardo torbido Gilda che si muove a disagio nella melma. Freeeeeeeze!