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 2020  luglio 11 Sabato calendario

Intervista a Carolyn Carlson



«Non mi faccia passare per un monumento», avverte dalla sua casa di Parigi. Fosse facile. All’altro capo del telefono c’è Carolyn Carlson che ha segnato la storia della danza, come Ji?í Kylián, Maurice Béjart, Pina Bausch, ma diversa da tutti: poetessa, regista, pedagoga, è la danzatrice e coreografa che ha più ha inciso nel corso della danza italiana contemporanea, a partire dal 1980 quando Italo Gomez, che dirigeva il Teatro La Fenice di Venezia, la chiama per formare un gruppo (e Raffaella Giordano, Michele Abbonanza, Giorgio Rossi, Roberto Castello nascono lì), e poi ancora dal 1999 al 2002 quando sempre a Venezia guida la Biennale Danza che nel 2006 le assegna il Leone d’Oro. Nella sua vasta produzione ci sono pagine bellissime come Undici onde , Underwood , Il cortile , il

Trio con Larrio Ekson e Jorma Uotinen alla Scala nel ‘79, fino a
Crossroads to Synchronicity e, grazie all’imprevedibile che ci ha messo lo zampino, all’inedito di Bolzano Danza. Per la pandemia il festival è stato cancellato ma il direttore Emanuele Masi con la Fondazione Haydn ha ideato una "special edition": dal 15 al 31 luglio al Teatro Comunale un solo spettatore a volta vedrà un "solo" di dieci minuti a scelta tra i tre commissionati sul tema dell’Eden: quello del francese Rachid Ouramdane, dell’italiano Michele Di Stefano e, appunto, di Carolyn Carlson. La coreografa americana, 77 anni, ha lavorato, in alternanza tra loro, con Riccardo Meneghini e Sara Orselli, "allievi" italiani storici in una di quelle sue creazioni dalle tracce visionarie.
Il tema dell’Eden sembra perfetto per lei.
«Molto, anche se il Dio che sta lì sul trono, Adamo ed Eva nudi come immaginavo da bambina, cresciuta da cristiana, non esistono. L’Eden è uno stato d’animo, una armonia, una pace interiore, il mistero della vita di cui non sappiamo niente. È il numero 1 generatore».
Che vuol dire?
«Se somma il numero di ciascuna lettera della parola Eden il totale è 10, cioè 1: l’origine di tutta l’energia.
E 1 come il danzatore e lo spettatore che saranno a teatro. Un’armonia perfetta».
La affascina la numerologia?
«Ogni numero ha un significato.
L’esperta è mia madre, che legge anche la mano. Tutti hanno il loro numero».
Il suo?
«Il 7, come i chakra della meditazione. Sono nata il 7 marzo».
C’entra con il buddismo?
«No, il buddismo è una pratica.
Ogni giorno faccio meditazione e Qì G?ng per tenere viva l’energia».
Che legame ha con la sua danza, con "Eden", tutto questo?
«Il corpo è la nostra casa, dobbiamo
dargli energia e poesia. E questa è la danza. Per Eden ho lavorato sulle musiche di Guillaume Perret e il suo sax e con due eccezionali improvvisatori. Fanno gli stessi movimenti ma con risultati diversi, bisognerà vedere l’uno e l’altro.
Riccardo ha un corpo statuario e dà un’energia mascolina. Sara ha un altro tipo di corpo e la sua danza ha un valore più mistico».
Sta lavorando anche a un film.
«Sì, The white flower , ma il cinema costa e trovare finanziamenti è un incubo. A gennaio a Marsiglia invece ci sarà la nuova coreografia per la mia compagnia, The tree , a partire da venti poemi scritti da me, dedicati alla terra, al suo miracolo, alla sua fragilità. Un lavoro poetico, la poesia mi piace sempre di più».
Perché la danza le piace sempre meno?
«C’è troppa roba in giro: hip hop, concettuale... A me piace la danza che ha qualcosa di profondo, come era il mio maestro Alwin Nikolais, Pina Bausch. Oggi ammiro Dimitri Papaioannu, perché anche lui è un po’ poeta».