la Repubblica, 10 luglio 2020
Prodi-Berlusconi, 25 anni di duello
Se in prospettiva non ci fosse di mezzo il Quirinale, e in tempi più incalzanti la potenziale maggioranza europea detta Ursula, il via libera di Prodi a Berlusconi potrebbe intendersi come la degna, cavalleresca conclusione di una rivalità durata ormai un quarto di secolo. Mai come come nell’Italia di oggi quell’antico e duplice scontro (1996 e 2006) può liquidarsi come acqua passata; e anche se non fu certo il peggior ciclo della recente storia politica, a ripercorrerlo ci si sente perdutamente invecchiati; e tanto più ci si sentiranno loro, Prodi e Berlusconi che ad agosto e a fine settembre compiranno rispettivamente 81 e 84 anni, 165 in totale, protagonisti non proprio in fiore: «Due ragazzi come noi per la prima volta insieme è una bella cosa, no?» aveva detto il Prof già all’inizio di aprile vagheggiando una sorta di unità nazionale contro il virus. Così l’altro giorno è tornato a giochicchiare col dato anagrafico collegando la fine del tabù antiberlusconiano alla fiducia che l’invecchiamento rende più saggi – cosa anche vera, ma non tanto e non sempre.
Ora, per la verità il Cavaliere è qualche mese che non lo si vede dal vivo, ma in asettiche dichiarazioni social e interviste scritte; per cui senza autentiche foto, veridiche chiacchiere, calcolate messinscene e storielle delle sue ritenerlo davvero coinvolto negli impicci della politica è un atto di fede. Ma siccome resta un personaggio di enigmatica trasparenza, ex Signore delle Meraviglie, dopo tutto basta immaginarselo in qualche villone, Costa Azzurra o Smeralda che sia, con la consueta corte compresi medico e ragazzetta trentenne deputata della Repubblica a coltivare il suo mito. Da quel mondo un po’ remoto, da qualche giorno reso ancora più onirico dalle registrazioni dei camerieri ischitani e del giudice morto sulla condanna del 2013, filtrano comunque sommessi frammenti che fanno pensare a possibili sviluppi. Tipo: «Mi trattano meglio quelli della sinistra».
Così come a Prodi si rivolgono in tanti – pure con il capo cosparso di cenere – dell’area di centrosinistra per avere consigli, allo stesso modo, con l’aiuto di Letta (Gianni, ma anche il nipote Enrico ha recentemente riconosciuto il valore della politica europea berlusconiana) il Cavaliere è entrato in rapporto con Zingaretti, ma soprattutto ha aperto una finestrella con Conte. Sembra acclarato che dell’attuale premier piacciano il linguaggio garbato, il modo di vestirsi e, c’è da credere, anche l’enfasi cerimoniosa con cui l’ha inserito nella storia d’Italia: «Presidente, la sua epoca è scritta a caratteri cubitali nei libri!».Poi bisogna anche vedere in quali. Ma al netto della storiografia pronto uso o della saggezza recata in dono dagli anni a un leader che spesso e volentieri declamava l’ Elogio della follia, viene dal senso comune la conferma che c’è stata in effetti un’età berlusconiana. In un suo recente libro la demoscopa di fiducia del Cavaliere, Alessandra Ghisleri, ha raccontato che il consenso massimo, l’apice del gradimento fu toccato nel 2009 dopo il terremoto e il G8 dell’Aquila: 75 per cento; però l’allora premier s’incupiva senza riuscire a farsene una ragione: «E il restante 25?».
Ecco: se Berlusconi, dopo essersi preso tre volte l’Italia, non è mai riuscito a farla tutta sua è perché per due volte – in realtà sarebbero una volta e mezza, dato che le elezioni del 2006 furono più che altro un pareggio – bene o male è stato battuto da Romano Prodi.
Il quale resta l’unico leader del centrosinistra che, a differenza di Occhetto Amato Rutelli D’Alema e Franceschini, gli zelanti caudatari della nomenklatura di Arcore non poterono riprodurre all’interno di una memorabile matrioska a forma di Berlusconi messa in vendita sulle bancarelle del congresso di fondazione del Pdl nel 2008.
Molto accadde da allora sia al Professore che al Cavaliere. Ma il passato, pur correndo via così in fretta, lascia segni a loro modo indelebili che tornano nel presente e magari nel futuro – per non dire nel destino, termine in verità fin troppo impegnativo per le manovre di questi giorni.