ItaliaOggi, 9 luglio 2020
Berlino vuole abolire la Strada dei mori
Ha resistito per tre secoli e 12 anni la Mohrenstraße a Berlino, ma ora, sotto la pressione del politically correct, la Strada dei Mori dovrà cambiare nome? La Bvg, l’azienda dei trasporti della capitale, dovrebbe ribattezzare l’omonima stazione della metropolitana, aperta nel 1908. Non è detta l’ultima parola, la decisione sarà presa prima di dicembre, ma la difesa è difficile. Nei giorni scorsi circa duemila manifestanti sono sfilati per la strada chiedendo il cambiamento. E qualcuno ha coperto il nome della stazione con un cartello scritto a mano: Georg Floyd Straße, ricordando la vittima della polizia a Minneapolis.La stazione della linea 2 nell’ultimo secolo ha cambiato nome alcune volte: battezzata Kaiserhof, per ricordare il vicino albergo. Altra denominazione scorretta: l’hotel era il preferito da Adolf Hitler quando veniva a Berlino prima della vittoria nel 1933. Dopo la guerra, portò fino al 1986 il nome di Ernst Thälmann, il presidente del partito comunista tedesco prima dell’avvento del nazismo, morto nel lager di Buchenwald. Poi divenne la Otto Grotewohl, fino al 1991, per ricordare il primo ministro della Germania Est. Difficile trovare un nome senza ombre.
Ma nella Ddr sopravvisse la Mohrenstraße. Nel fatidico 1989, prima e dopo la caduta del Muro ci correvo ogni giorno a piedi (i taxi erano rari), perché vi si trovava la sede dell’ufficio stampa della Germania Est. Il nome risale al 1708, e secondo lo storico Michael Wolffsohn non ha niente di oltraggioso. Chi conosce Gustav Sabac el Cher? Era uno dei musicisti di colore della banda dell’esercito prussiano, uno dei tanti «mori» che Berlino volle ricordare con la strada. Un omaggio, non un oltraggio, scrive il mensile Cicero.
Nel Seicento, anche un paio di vascelli tedeschi si diedero al commercio degli schiavi in Africa, ma ciò non ha alcun rapporto con la strada della capitale. «Perché si chiama Mohrenstraße? Perché vi risiedevano diversi immigrati dalla Mauritania e dalla Guinea», spiega ironicamente lo storico Götz Ali, che è un pronipote di un funzionario turco alla corte del re di Prussia. I mori andavano a piedi dalla strada al Palazzo reale, dove svolgevano diversi lavori qualificati.
La parola moro non ha in sé nulla di oltraggioso, assicura il settimanale Die Zeit. Quasi impossibile farlo capire. La strada, e quindi la stazione, dovrebbe diventare la Glinkastraße, per ricordare il compositore russo Michail Glinka, morto a Berlino nel 1857 a 53 anni. Ma Glinka era un antisemita. Il critico musicale Richard Taruskin sul New York Times già nel 1997 denunciò la sua judenphobia. Una sua opera, il Principe Chomskij, rievoca un presunto complotto ebraico contro lo zar. La solita leggenda antisemita, non basata su documenti storici, protesta il settimanale Jüdische Allgemeine. In quasi tutte le città e paesi in Germania esiste una Judengasse, il vicolo degli ebrei. O esisteva. Diversi consigli comunali hanno cambiato il nome. Perché era antisemita o perché ricordava uno scomodo passato?
Nel 2010, recensii il film di Polanski The Ghostwriter, presentato alla Berlinale. Un caposervizio del giornale (non questo) mi pregò di evitare di definire «negro» chi scrive un libro al posto di chi passa per autore. E come fare? La definizione inglese, più elegante, non è conosciuta da tutti i lettori. Il protagonista del film, interpretato da Pierce Brosnan, è in realtà Tony Blair, che continua a piacere a Renzi e altri leader della sinistra italiana, ma è colpevole delle menzogne che giustificarono l’intervento in Iraq. In italiano il titolo è diventato L’uomo nell’ombra, che non ha senso.
Da anni, in Germania hanno dovuto cambiare nome i dolcetti Negerküss, bacetti di negro, meringhe ricoperte di cioccolata, e le Zigeunerschnitzel, le piccanti cotolette alla zingara. Però nei menù si presenta sempre la «Pate Pizza», la pizza del padrino, oppure gli spaghetti alla mafiosa. Potrei obiettare che non esiste una pizza alla siciliana, ma non importa. Rischia anche Garibaldi, che avrebbe trasportato schiavi con la sua nave El Carmen dal 1851 al 1853 in Sud America. Lo scrisse nel 1882 uno dei suoi biografi, Augusto Vecchi. Ma si confuse: Garibaldi trasportava «cineserie», sete e vasellame, e non esseri umani, però qualcuno crede ancora che fosse un negriero.
Con la strada di Berlino sono sempre a rischio il centinaio di Mohren Apotheke, le farmacie, esistenti in Germania. Invano, uno dei proprietari protesta che Mohren è il suo cognome. Il consiglio comunale ha deciso di far cambiare insegna a due farmacie, ma la decisione non sarebbe costituzionale. La Mohren Apotheke di Friedberg risale al 1691, e nel 1892 fu scelta come Hofapotheke, la farmacia di corte, dal Granduca Ernst Ludwig. «Appartiene alla mia famiglia dal 91 anni», protesta la proprietaria Jerstin Podzsus. Ma rischia il boicottaggio.