il Fatto Quotidiano, 9 luglio 2020
Jacopo Veneziani racconta l’arte con gli hashtag
“Appena sono andato via dall’Italia per l’università, ho iniziato a perdere quell’abitudine che sviluppiamo alla bellezza del nostro paesaggio e del nostro patrimonio artistico. Mi è venuta come una specie di mancanza”. Così a Jacopo Veneziani – giovane professore e dottorando in Storia dell’arte alla Sorbona di Parigi – è balenata l’idea di #Divulgo, un hashtag con cui iniziare cioè a raccontare la Storia dell’arte su Twitter. Faccia pulita, occhio brillante e tono pacato (niente dunque a che vedere con balletti o tutorial per il trucco da pista da ballo), Jacopo è un colto affabulatore che scova curiosità, dettagli sommersi, e che offre “uno sguardo straniero sulla bellezza italiana,” precisa, “per non farla svanire nell’abitudine quotidiana”. Oggi, le sue storie sono finite dentro Divulgo (Rizzoli, 192 pagine, euro 25)
Da lui dovrebbero imparare i social-media manager (un po’ improvvisati) dei musei che si sono trovati impreparati di fronte alla richiesta di virtualità durante il confinamento. “Prima la comunicazione sui social veniva vista come frivola e non necessaria. Adesso ci devono fare i conti, ma molti sbagliano. Mettere un contenuto sul web non lo rende in automatico digitale: deve essere pensato totalmente per il pubblico virtuale, e cioè interattivo, agile e con il giusto linguaggio. Una riflessione è necessaria per il sistema culturale italiano al fine di implementare la sinergia tra la fruizione virtuale e quella di presenza, che non devono essere in opposizione ma complementari. Al momento, però, i musei italiani non sono ancora pronti”.
Ci vuole molta preparazione e senso della misura. Veneziani in questo è chiaro: “Quello che dico sempre è che sul web solo la realtà è virtuale, le persone restano sempre reali”. E in riferimento alla querelle di qualche giorno fa accesa dallo storico dell’arte Tomaso Montanari (anche in veste di presidente del Comitato tecnico scientifico per le Belle Arti del Mibact), secondo cui l’ingresso delle Gallerie degli Uffizi sul social TikTok è una “ridicolizzazione dell’arte” oltre che un “inutile volgarità”, Veneziani sostiene che: “L’arte, essendo universale, più persone raggiunge meglio è. Ben vengano allora i social. Però le piattaforme devono essere etiche e, soprattutto, la comunicazione deve esser data a professionisti che non trasformino le opere d’arte in feticci, come direbbe Antonio Natali (ex direttore del museo fiorentino), svilite in un’emoji priva della sua pregnanza storica”.