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 2020  luglio 09 Giovedì calendario

Un film ironico sull’antirazzismo in Francia

Jean-Pascal Zadi ha girato (e scritto) il suo film prima della morte di George Floyd negli Stati Uniti. E prima ancora che quegli eventi avessero riflessi diretti in Francia, il suo Paese, dove negli ultimi mesi si è protestato a più riprese per chiedere giustizia per Adama Traoré, nero della banlieue parigina, fermato nel 2016 dalla polizia e morto in un commissariato. Ecco, Tout simplement noir, la commedia di Zadi, uscita ieri nelle sale francesi, si rivela di un’attualità spiazzante.
Lui, 39 anni, è figlio di una coppia originaria della Costa d’Avorio ed è cresciuto nella Normandia profonda con dieci tra fratelli e sorelle. È uno spilungone dai denti sporgenti (si prende in giro molto perfino su questo in Tout simplement noir). Nel film, girato come un documentario, una troupe segue Zadi, che impersona un attore nero (si fa chiamare JP, le iniziali del suo vero nome), che non è riuscito a sfondare. E che sui social convoca una marcia nel centro di Parigi contro il razzismo anti-neri. Per pubblicizzare la sua iniziativa incontra una serie di esponenti (veri) dello showbiz, per chiedere il loro sostegno. Ma non è facile dire «semplicemente nero», come recita il titolo. Si succedono così una serie di sketch: sono incontri, che spesso finiscono male, perché JP (che per di più è un testone, non proprio flessibile) e gli interlocutori non sempre si sentono neri allo stesso modo, dipende pure da quanto lo è la loro pelle (come se l’identità dipendesse solo da quello).
«Non ho molte corde al mio arco», ha sottolineato Zadi al giornale Le Monde, «ma il senso dell’umorismo non mi manca. Nella vita mi ha permesso di venire fuori da tante situazioni, comprese quelle spiacevoli. Ne ho fatto uso anche per parlare dell’identità dei neri». Il film è una critica al «comunitarismo», come in Francia viene definita la tendenza dei neri e non solo, pure delle altre comunità (arabi, ebrei…), a chiudersi in sé stessi e a partire in battaglie contro il resto della società, perfino con forme di razzismo all’inverso. Nel film (che Zadi ha girato con il fotografo John Wax) l’umorismo è sempre molto sottile, caustico ma a tratti addirittura gioioso, volto a stanare certe ipocrisie tipiche del politicamente corretto. Fary, altro umorista conosciuto in Francia (famiglia del Capo Verde), interpreta sé stesso, ma come un classico opportunista che vuole approfittare della rabbia politica della comunità per farsi pubblicità. In un’altra scena il regista Mathieu Kassowitz (che è bianco) fa un provino a JP per un film e gli chiede in maniera isterica di impersonare il nero atavicamente aggressivo. Zadi racconta spesso che gli sono capitati davvero provini per film dove lo cercavano solo per fare lo spacciatore o il buttafuori. Grosso e nero, andava bene. Ma veniva scartato, perché aveva lo sguardo troppo simpatico: non era il nero arrabbiato che si aspettava da lui. 
Notevole pure il passaggio in cui figura Omar Sy, uno dei rari attori francesi neri ad avere successo anche a livello internazionale. E che in Francia balza sempre in alto nei sondaggi tra le personalità più amate. Ma JP trova che la star sia il pretesto per i suoi connazionali per dire che in fondo non sono razzisti: è suo malgrado lo strumento utilizzato per lavarsi la coscienza. Nel film Omar fa salire JP sulla sua Porsche. Ma poco dopo lui vuole scendere. Stufo del buonismo che l’attore rappresenta.