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 2020  luglio 08 Mercoledì calendario

Intervista al giudice Antonio Esposito

La condanna di Silvio Berlusconi fu decisa «all’unanimità», dice a Repubblica Antonio Esposito, il magistrato che il primo agosto 2013 presiedeva la sezione feriale della Cassazione incaricata di processare l’ex premier per frode fiscale. Sette anni dopo, quel verdetto fa ancora discutere. Berlusconi ha proposto ricorso a Strasburgo contro la sentenza che confermò la pena di 4 anni reclusione nei suoi confronti.
Secondo l’ex premier, il procedimento fu “inquinato”, come dimostrerebbero l’audio nel quale uno dei componenti del collegio, Amedeo Franco, scomparso di recente, proietta ombre sullo svolgimento del processo in Cassazione e la testimonianza, raccolta dalla difesa di Berlusconi, di tre dipendenti di un albergo ischitano, di proprietà del senatore di Forza Italia Domenico De Siano, che hanno sostenuto di avere sentito Esposito pronunciare frasi offensive all’indirizzo del leader forzista. «Falsità», replica Esposito, che si è affidato all’avvocato Antonio Pagliano per costituirsi come "terzo interessato" davanti alla Corte europea con l’obiettivo di difendersi dall’accusa di non essere stato imparziale.
Presidente Esposito, la condanna di Silvio Berlusconi fu decisa «a priori», come ha sostenuto il suo collega Amedeo Franco nella conversazione con l’ex premier?
«Assolutamente no, la decisione fu adottata all’unanimità dopo 8 ore di camera di consiglio in cui vennero esaminati, uno per uno, oltre 90 motivi di ricorso per accertare, come esplicitato in motivazione, la correttezza e la congruità della valutazione di una imponente mole di prove orali e documentali da parte dei giudici di merito».
Che cosa ricorda di quel processo e della camera di consiglio?
«Il processo si svolse in un clima sereno, fu dato ampio spazio al procuratore generale e ancor più alle difese. L’esame degli oltre 90 motivi di ricorso fu scrupolosissimo».
Nel colloquio, lei viene accusato di malafede nei confronti dell’imputato a causa di problemi giudiziari che in quel periodo avevano riguardato suo figlio a Milano. Come risponde?
«L’affermazione di Franco è radicalmente falsa. Non subii pressioni né da parte della Procura di Milano né da chiunque altro».
È vero che Franco si rifiutò di scrivere la sentenza perché in disaccordo con il verdetto e per questo chiese a tutti i componenti del collegio di firmare le motivazioni, come poi accaduto?
«Se Franco fosse stato in disaccordo con il verdetto avrebbe potuto esplicitarlo nelle forme di legge: in busta chiusa e sigillata. Ma non fu in disaccordo ed anzi redasse, come gli altri componenti, una parte della motivazione poi approvata collegialmente in apposita camera di consiglio, dove la motivazione fu letta parola per parola e fu da tutti sottoscritta, pagina per pagina, proprio perché tutti avevano concorso a formarla. Esiste apposito verbale sottoscritto da tutti».
Perché secondo lei il suo collega disse quelle cose a Berlusconi?
«Il comportamento di Franco che va a giustificarsi con il suo imputato che ha concorso a condannare e muove accuse totalmente false agli altri colleghi che non erano assolutamente prevenuti, è inqualificabile ed inquietante. Purtroppo non è più possibile denunciarlo».
Tre dipendenti di un albergo di Ischia, sentiti come testimoni dalla difesa di Berlusconi, sostengono di averla sentita pronunciare frasi ingiuriose nei confronti dell’ex premier. In sede disciplinare sono stati esclusi rilievi a carico dell’avvocato che ha raccolto le dichiarazioni. Lei però ha presentato anche un denuncia in procura a Napoli. Il fascicolo è all’attenzione della pm Mariella Di Mauro. Che cosa chiede?
«Come ebbi conoscenza di tali dichiarazioni, sporsi querela nei confronti dei tre camerieri chiedendone la punizione per le dichiarazioni rese (che sembravano fotocopie l’una dell’altra) evidenziando la loro palese falsità, inverosimiglianza e strumentalità ad un ben evidente scopo. Ho segnalato anche la significativa circostanza che i tre erano dipendenti di un albergo di proprietà di un politico vicinissimo a Berlusconi».
Sette anni dopo quella decisione, si aspettava questa bufera?
«Francamente no, ma la potenza mediatica di Berlusconi è sempre in grado di scatenare la "bufera" con apposite trasmissioni sulle emittenti e con appositi articoli sui giornali di famiglia, soprattutto contro chi viene, a torto, individuato come l’unico autore della sentenza di condanna ("sentenza Esposito", "teorema Esposito" e via di questo passo) e deve, quindi, essere "punito"».
Si è rivolto anche lei alla Corte europea. Perché?
«Sia per dimostrare la mia assoluta imparzialità, sia per argomentare in merito alla totale regolarità e correttezza del processo, producendo ampia documentazione».
Un’ultima domanda, presidente. Qual è il suo giudizio politico su Berlusconi?
«Tengo per me i giudizi politici su tutti, ivi compreso il Berlusconi.
Tengo comunque a ribadire che il nostro (del Collegio) fu assolutamente un giudizio tecnico, di legittimità, rigorosamente ancorato agli atti del processo».
Ce lo vede come senatore a vita?
«No».