Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  luglio 07 Martedì calendario

Chicago capitale dell’America violenta

La strage dei bambini angoscia Chicago e l’America. La «città ventosa» esce da un fine settimana di celebrazioni per il 4 luglio e di furibonde sparatorie tra gang rivali. Bilancio impressionante: 66 feriti e 17 morti, tra cui due bambini. Una si chiamava Natalia Wallace.
Verso le sette di sera Natalia sta giocando sul marciapiede davanti alla casa della nonna, nel quartiere di West Side, uno dei più a rischio di Chicago. Gli adulti preparano la grigliata per il 4 luglio. La calma è spezzata da una lunga sequenza di colpi secchi. Non è un rumore di petardi, ma di un fucile automatico. C’è un uomo che spara da una macchina in corsa. Natalia viene colpita alla testa. Niente da fare. Aveva 7 anni.
Tre ore più tardi, nel South Side, un gruppo di giovani armati salta giù da una macchina. Sono a caccia di un rivale, è un regolamento di conti. Si accaniscono sulla vittima, ma un proiettile trapassa l’ascella di un ragazzino di 14 anni, uccidendolo. Non c’entrava nulla, si chiamava Vernado Jones.
Così, in questo modo crudele e assurdo, dal 20 giugno a oggi sono morti nove bambini a Chicago. Sincere Gaston, 20 mesi, stroncato da una sparatoria mentre dormiva sul sedile posteriore dell’auto di suo padre. Amaria Jones, 13 anni, era addirittura a casa. Stava mostrando un passo di danza a sua madre, quando è caduta trafitta da un colpo vagante.
La traccia di sangue infantile attraversa l’America. L’elenco comprende, tra gli altri, Jace Young, sei anni, di San Francisco; Secoriea Turner, 8 anni, Atlanta; Davon McNeal, 11 anni, Washington DC; Ri’ajuhne, 11 anni, Columbia, Missouri; Royta Giles jr, 8 anni, Birmingham, Alabama.
Ma il caso più evidente resta Chicago. È evidente che qualcosa non ha funzionato nel piano anticrimine messo a punto dalla polizia e dalla sindaca della città, la democratica Lori Lightfoot. Dall’inizio dell’anno ci sono stati 353 omicidi, 99 in più rispetto allo scorso anno.
Eppure si conoscono molte cose del crimine organizzato, come risulta, per esempio, dai documenti pubblicati con regolarità dalla Dea, Drug enforcement administration, l’agenzia federale antidroga.
Stando all’ultimo «censimento» a Chicago operano 59 gang, per un totale di circa 100 mila affiliati. Un’enormità. Alcuni gruppi sono più antichi, come i «Black Disciples» fondati nel 1958 da David Barksdale a Eglewood, nel quartiere dove è rimasto ucciso Vernado Jones.
Altri sono cresciuti con il traffico di droga e il collegamento con il cartello messicano di Sinaloa, come i «Latin Kings». Tutte si distinguono per i simboli, i colori, divise. E controllano larghe parti della metropoli, sostanzialmente impunite. Anche il 4 luglio, quando il Dipartimento di polizia aveva dislocato 1.200 agenti in più nelle strade. «È una tempesta perfetta», aveva detto la sindaca Litghfoot in una conferenza stampa il 1 luglio, sostenendo che il coronavirus «ha compresso e quindi acuito le cause di fondo della violenza, come la povertà, la mancanza di speranza e la disperazione». Ma oltre ad analisi, la città ora aspetta risposte.