la Repubblica, 7 luglio 2020
Il cargo turco pieno d’armi verso la Libia
Tre navi turche contro una francese. Nel Mediterraneo, mare sempre più incendiario, lo scorso mese si è rischiato lo scontro fra alleati della Nato. Una vicenda che non ha evitato un sospetto traffico d’armi verso la Libia, al quale nessuno si è potuto opporre: né la fregata francese Le Courbet, né la greca Spetsai, o un ricognitore americano, e tantomeno la nave italiana Carabiniere. Un caso che però ha provocato un terremoto nell’Alleanza atlantica, con un’inchiesta interna, dissapori fra membri, e l’abbandono della missione navale francese dal Mediterraneo.
Sono le 13,45 del 7 giugno quando il cargo Cirkin (nome che significa “Brutto”) lascia il porto di Haydarpasha a Istanbul e passa nell’Egeo. È un’imbarcazione costruita in Turchia, battente bandiera della Tanzania, in passato sotto osservazione nel Mar Nero per trasferimenti di merce sospetta. Alcuni osservatori parlano di armi. Ankara da qualche mese ha sovvertito le sorti della guerra in Libia, intervenendo a favore del premier riconosciuto di Tripoli, Fayez al-Serraj, e mettendo in fuga i ribelli del generale Khalifa Haftar. La Cirkin risulta aver caricato 54 container. Tre notti dopo, alle 3,43 del 10 giugno, la fregata greca Spetsai la intercetta nell’ambito della missione europea Irini che controlla l’embargo di armi in vigore. Ma la Cirkin prosegue sotto scorta turca.
È pieno giorno ormai quando, alle 13,15, in direzione del mare libico, anche la fregata Carabiniere la vede entrare nel suo raggio d’azione. La nave italiana dell’operazione “Mare sicuro” è stabile nella zona dal 2019. Ha l’obiettivo di «garantire la tutela degli interessi nazionali». Ma ancora una volta il cargo elude i controlli, sostenendo di essere sotto protezione navale turca. Le navi di Irini possono abbordare e ispezionare imbarcazioni sospette solo dietro consenso diretto. In caso di rifiuto informano un comitato delle Nazioni Unite.
Pomeriggio, ore 16,38: un ricognitore P8 americano sorvola la Cirkin. Passano 20 minuti e tocca alla fregata francese Le Courbet prendere contatto. Chiede identificazione e percorso. Nessuna risposta. Interviene però la fregata turca Orucreis, che, sostengono i francesi, per tre volte accende il radar di avvertimento contro la nave francese. Nel linguaggio di mare la triplice illuminazione del radar ha un significato preciso: è l’allarme che precede l’apertura del fuoco. Arriva un’altra fregata turca, la Gokova. La Le Courbet desiste. L’11 giugno le due navi scortano indisturbate la Cirkin fino al porto libico di Misurata.
A Parigi nelle stesse ore il ministero della Difesa è già informato. La palla passa all’Eliseo, dove il presidente Emmanuel Macron accusa Ankara di «atteggiamento aggressivo » nel Mare Mediterraneo. La Turchia minimizza l’episodio e parla di «malinteso». La Francia però è furibonda e si rivolge alla Nato.
Al quartier generale dell’Alleanza atlantica a Bruxelles l’imbarazzo è palpabile. Il caso diventa uno spiacevolissimo scontro interno. Viene ordinata un’inchiesta. Il 18 giugno Ankara rifiuta le accuse. La settimana successiva, il 26, il suo ministero della Difesa fornisce immagini riprese da radar, per dimostrare «di non aver mai intrapreso alcuna azione di disturbo a danno di una nave da guerra francese al largo di Cipro».
Parigi chiede allora il sostegno degli altri Paesi membri. Secondo momento di imbarazzo. Una fonte diplomatica dice al quotidiano Le Monde che dei 30 Paesi della Nato, solo 8 si schierano a sostegno della Francia. Parigi annuncia il suo «ritiro temporaneo» dall’operazione “Sea Guardian”.
Il 2 luglio, a Berlino il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu dichiara: «La Francia si deve scusare per le accuse false alla Turchia». Sabato scorso, 4 luglio, il ministro della Difesa turco Hulusi Akar, aggiunge: «Si tratta di un complotto che ha fini politici e la Francia deve scusarsi con la Turchia».