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 2020  luglio 07 Martedì calendario

Gli arabi e la patente in Germania

Ho una patente tedesca, non, come di consueto, il documento che è la traduzione della mia patente italiana, proprio un führerschein, un permesso di guida conquistato in Germania, nel lontanissimo 1973 ad Amburgo. So che la parola führer intimorisce chi non conosce la lingua di Frau Angela, ma vuol dire semplicemente guida, anche turistica. Come lager, altro termine che evoca orrendi ricordi, significa magazzino, deposito.
Fu colpa, si fa per dire, del mio predecessore come corrispondente, il compianto e bravo Gaetano Scardocchia. Di che documenti ho bisogno, che devo fare dopo il permesso di soggiorno? gli chiesi. Assolutamente nulla, mi rassicurò, e io che odio la burocrazia gli obbedii. Ma dopo qualche anno mi sorpresero al volante con la patente italiana, avrei dovuto e potuto far tradurre la mia italiana entro i primi 12 mesi, troppo tardi ormai.
Fui obbligato a ripetere l’esame di guida, solo la teoria per bontà loro. Una prova dalle domande difficilissime, conoscere il tedesco non bastava per capire il burocratese, assurdo come il nostro. I quiz erano in italiano, poi con un foglio bucherellato l’esaminatore controllava se avessi sbarrato la casella giusta. Feci un solo errore, e conquistai una patente che dura a vita. Potrei guidare, se fossi folle, fino a cento anni senza controlli medici, se non provocherò incidenti gravi.
Adesso, nell’era del computer è più facile superare l’esame, da qualunque parte del mondo si arrivi. Un aspirante automobilista su sette è straniero. E la metà dei candidati stranieri parla arabo: 425 mila dal 2016, data in cui questa lingua fu ammessa tra altre undici, 131.822 l’anno scorso. Lo hocharabisch, cioè l’arabo classico, perché la lingua varia e di molto da paese a paese, tra quel che si parla al Cairo e come si esprimono a Marrakech c’è una differenza enorme. Dati che rivelano la nuova realtà sociale in Germania.
Una pacchia per le scuole guida: la prova pratica è severissima, e le ore di lezione arrivano a costare fino a duemila euro. Molti vengono bocciati perché la traduzione computerizzata vale solo per la teoria, nella pratica gli stranieri non capiscono quanto dice l’istruttore e quel che pretende l’esaminatore. Per fortuna tra di loro non sono pochi quelli con radici straniere e che possono farsi capire nella lingua del candidato. Gli esami condotti in altre lingue sono stati 273.206. Dopo l’inglese (33.758), segue il turco (28.692) e il russo (27.655).
Molti candidati in realtà sanno già guidare, ma la Germania riconosce solo le patenti ottenute in un paese membro dell’Unione europea. Una discriminazione? Si sospetta, secondo me a ragione, che avere imparato a guidare su un rettilineo senza fine tra le sabbie dell’Arabia Saudita sia differente che districarsi nel traffico di Berlino. Ci sono eccezioni per alcuni paesi, ma ignoro se tra questi ci siano gli Stati Uniti: dubito che chi sa guidare una limousine con il cambio automatico, senza superare i cento all’ora, sulle highways del Texas o della California, possa affrontare il traffico a Roma, o a Parigi.
La patente è un documento vitale per trovare lavoro. Sono stati 6.200 quanti hanno ottenuto in arabo la patente C per guidare un camion, e 1.660 quelli che hanno conquistato la D per mettersi al volante di un bus. Un ultimo particolare: tra i candidati che parlano hocharabisch le donne sono in stragrande minoranza. I mariti o i padri, emigrati in Europa, continuano a ritenere che guidare un’auto non sia morale per le donne.