La Stampa, 7 luglio 2020
Burocrazia, sei anni per un’autorizzazione
La grinta c’è tutta, ma è quella di un leone in gabbia, una gabbia che bisogna forzare ogni giorno per riuscire a correre in libertà. Il leone è Pasqualino Monti, 46 anni, natali a Ischia, da tre anni presidente dell’Autorità portuale della Sicilia occidentale dopo esserlo stato a Civitavecchia, la sua città d’adozione, periodo in cui lo scalo laziale è diventato il primo del Mediterraneo per crociere. Negli uffici lo chiamano tornado. «Il nostro – dice - è un Paese del Terzo mondo, che fa cadere occasioni di mercato per un proliferare di norme che bloccano tutto, che si sovrappongono, che confliggono, interpretabili a destra o sinistra, un Paese dove le decisioni non sono neanche più del legislatore, ma del Tar e del Consiglio di Stato. E dove la burocrazia non fa altro che ostacolare».
Per spiegare il suo sfogo – e il suo disperato appello alla semplificazione – basta qualche esempio. «Lei sa che le certificazioni per il dragaggio dei fondali hanno validità tre anni, ma che il ministero dell’Ambiente ce ne mette sei a risponderti? Così quando arriva l’autorizzazione del ministero, le certificazioni fatte dai laboratori sono scadute, e bisogna ricominciare daccapo». Un eterno gioco dell’oca, dove si torna sempre alla casella di partenza. E che a Palermo ha rischiato di mandare a monte l’accordo con Costa Crociere per l’arrivo della sua ammiraglia. «Per avere a Palermo la Costa Smeralda abbiamo dovuto garantire una profondità del fondale di dodici metri e quindi "caratterizzare" il fondale per un milione di metri cubi, cioè verificare la consistenza delle sabbie. Ebbene, abbiamo ballato sul filo di un accordo che vale un milione e mezzo di passeggeri l’anno, ricavi di dieci milioni per l’Autorità, un indotto per il territorio di 50 milioni. Mi chiedo: ma se i fondali sono sott’acqua, che cosa deve cambiare di così consistente in tre anni di tempo?».
Monti, formazione da manager, vive tutto il paradosso di guidare un ente pubblico che si pone obiettivi da privato. «Dal momento in cui si progetta un’opera a quando si realizza ci vogliono dai sette ai dieci anni, un tempo che non ha alcuna relazione con le esigenze di mercato». La stazione marittima del porto di Palermo, per esempio, è stata progettata nel 2008, passata per le mani di due commissari, tre presidenti, una gara bandita nel 2011, poi l’appalto, i lavori bloccati l’anno dopo. «Ci sarà consegnata finalmente il prossimo aprile – spiega Monti - ma sarà già vecchia, perché va bene per cinquecento-settecento passeggeri al massimo, quando ormai servono spazi per più di mille». Sul decreto semplificazioni è fiducioso: «Ci sono aspetti che vanno nella direzione giusta, ma vorrei di più. I doveri degli enti pubblici per i piani regolatori dei porti, per esempio. Se ci sono sessanta giorni di tempo per eventuali osservazioni, è sicuro che l’osservazione arriva al cinquantanovesimo. Serve il silenzio-assenso». Lo scenario di rovina industriale del porto di Palermo oggi è un gigantesco cantiere: ha demolito silos, smantellato gru, attrezzato bacini che restituiranno ai mitici cantieri navali creati dai Florio la possibilità di costruire una nave da cima a fondo. Tra lacci e lacciuoli. «Si è coltivata a lungo l’idea che complicare gli iter sia una manifestazione di virtù – dice - e che abbatta la corruzione. La verità è esattamente opposta. Semplificazione significa trasparenza».