Il Messaggero, 7 luglio 2020
Intervista a Marc Levy
«Facebook aizza l’odio in nome dei click, prospera sulla propaganda, guadagna miliardi di dollari ogni anno diffondendo odrio e disinformazione. È un’azienda tossica, come l’industria del tabacco».
Con oltre venti milioni di copie vendute, Marc Levy è l’autore francese più letto al mondo. Ogni suo romanzo ricordiamo Se potessi rivederti, Più forte della paura, Lei & Lui – è un cocktail di sentimenti e suspense. Levy impegnato anche con la Croce Rossa e Amnesty International – non indossa l’allure da intellettuale maledetto ma in questi tempi travagliati e rabbiosi, non ha timore di prendere posizione sui temi più scomodi, dalla morte di George Floyd alle proteste contro Facebook, senza mezzi termini.
Dal suo esordio con Se solo fosse vero (2000), Levy sovente osa con la fantasia, scrivendo di temi esistenziali non prendendosi troppo sul serio. Accade anche nel suo nuovo romanzo, La promessa di un’estate (Rizzoli), una commedia rocambolesca in cui racconta la storia di Thomas, un concertista di grande talento che deve fare i conti con l’inatteso ritorno di Raymond, suo padre. Il problema è che Raymond è un fantasma e chiede aiuto al figlio per poter vivere l’eternità con Camille, la donna di cui è sempre stato innamorato.
Marc Levy, cosa vuol dire essere padre?
«Significa tutto per me. Sono diventato padre quando avevo 28 anni e da allora, penso sia stata la mia occupazione principale. Il giorno in cui dirò addio a questa terra, vorrei solo che i miei figli mi dicessero che sono stato un buon padre».
Ha dichiarato che scrivendo, talvolta ha avuto l’impressione che suo padre le stesse accanto. Ovvero?
«È una sensazione che ho provato scrivendo questo libro, il primo che non avrebbe potuto leggere. Mio padre è stato un buon critico severo, mi ha sempre incoraggiato a fare di meglio, a lavorare di più, a scrivere ogni nuovo libro come se fosse il primo. Mi ha aiutato a superare i miei dubbi, e credetemi, non era un compito facile. Sì, mentre stavo scrivendo La promessa di un’estate, mi è sembrato che fosse seduto sulla mia scrivania, guardando le mie pagine, ancora lì ad incoraggiarmi. Senza smettere di essere esigente».
Il tema dei fantasmi, il confine tra verità e razionalità, ricorda il suo esordio tradotto in 42 lingue. La affascina la possibilità di chiudere i conti con il passato?
«Certo, vorrei che ci fosse una tale possibilità, ma non ci conto. Ma penso che il mondo dell’immaginazione non abbia limiti: è una fonte di libertà e gioia. E mentre scrivi, un tocco di fantasia può permetterti di parlare di cose serie, senza crederci troppo. L’amore, per esempio, è un argomento serio, è magico, non è vero? Ma in fin dei conti, non devi essere un mago per amare».
Un altro tema ricorrente nei suoi libri è ciò che ci aspetta dopo la fine. L’eternità la spaventa?
«Beh, dipende davvero da cosa accadrà, da ciò che sarò in grado di fare e dalla compagnia che avrò accanto. L’eternità può essere davvero molto, molto tempo. Se Pascal, nella sua celebre Scommessa concludeva che era conveniente credere in Dio, io voglio pensare che l’eternità possa essere una cosa meravigliosa».
Dopo la morte di George Floyd lei ha preso posizione pubblicamente. Perché?
«Perché sono indignato. Indignato per il fatto che il razzismo sia ancora un tema da dibattere nel 2020, indignato per questi lunghi anni di ipocrisia e silenzio. Sono indignato dal livello di disuguaglianze nella nostra società moderna. Ma essere indignati è una posizione comoda, so bene che non è abbastanza».
E allora, cosa intende fare?
«È giunto il momento di agire per combattere gli autocrati che governano dividendoci, che stigmatizzando il colore della pelle ci aizzano gli uni contro gli altri sventolando la religione o il sesso. Dobbiamo combattere contro chi vuole controllare la nostra identità. Mettere un adesivo I love Jesus sulla tua auto non ti rende un cristiano. Andare in una chiesa, in una sinagoga, in una moschea, non significa nulla se coltivi l’odio, nella convinzione di essere migliore solo perché gli altri sono diversi».
Concorda con la senatrice Elizabeth Warren, la mancanza di vigilanza sui contenuti sui social media sta erodendo la nostra democrazia?
«Senza dubbio. Facebook prospera sulla propaganda, guadagna miliardi di dollari ogni anno diffondendo odio e disinformazione, e più diffondono il veleno, più incassano. Lo sanno molto bene ma si comportano come se fossero innocenti».
Zuckerberg sul banco degli imputati?
«A Zuckerberg non importa che Facebook sia stato il vettore di un genocidio a Miramar. Non gli importa che l’algoritmo di Facebook metta in pericolo le democrazie. Incoraggia apertamente i politici a mentire di più ogni giorno, incoraggiando i sostenitori a commettere atti violenti. Più benzina Facebook e Twitter spruzzano sul fuoco, più l’umanità brucia, più traffico generano, più pubblicità vendono e intanto, rubano i nostri dati personali. Vuole la verità?
Prego.
«Non riesco a pensare a un’azienda più tossica di Facebook. Spero solo che un giorno, Zuckerberg e il suo consiglio di amministrazione possano affrontare le conseguenze come ha fatto l’industria del tabacco dopo decenni di bugie».
Crede che questa pandemia ci renderà migliori?
«Sì, sono un ottimista per natura e voglio credere che questa terribile pandemia, possa essere una sorta di risveglio. L’individualismo è la cultura dominante da decenni ma oggi siamo più consapevoli di cosa significhi essere tutti collegati, dipendenti l’uno dall’altro. Un virus non si ferma al confine e dal Brasile agli Stati Uniti, la pandemia ha rivelato la vera natura degli autocrati al potere: uomini ridicoli, incompetenti, criminali e folli».
Ma con tutte queste premesse ha ancora senso sognare l’amore?
«L’amore non è un sogno, è una realtà quotidiana. Guardatevi intorno, guardate le infermiere, i dottori, i volontari, gli scienziati, gli insegnanti. Guardate i lavoratori che hanno rischiato la vita per aiutare, consegnando cibo, prendendosi cura degli anziani. Pensate ai genitori che si sono reinventati lavorando da casa. Guardate tutte le persone che hanno protestato per le strade. In tutti loro l’amore ha vinto sulla paura. E credetemi, l’amore non si fermerà».