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 2020  luglio 06 Lunedì calendario

Tutti i virus insieme pesano il triplo dell’umanità

Come tutti i virus, di per sé l’agente del Covid 19 non è qualcosa di vivente, è un minuscolo “cristallo” di proteine che nasconde un filamento di RNA, l’acido ribonucleico dove sta scritto il suo programma genetico. Se una proteina di superficie del virus (la proteina spike) aggancia un recettore ACE2 sulla membrana di una cellula, il virus, che è mille volte più piccolo e “pesa” un milionesimo della cellula, penetra all’interno, si impadronisce dei meccanismi cellulari e li usa per raggiungere il suo unico obiettivo: riprodursi a velocità vertiginosa e infettare altre cellule dell’organismo ospite. Poiché i virus non hanno metabolismo, la loro “vita” non richiede nutrimento: consiste esclusivamente nel fare copie di sé stessi fino a stabilire un equilibrio armato tra infettante e infettato.


Origine incerta
Da dove vengano i virus non si sa. Forse sono organismi primordiali, più antichi di LUCA, sigla di Last Universal Common Ancestor, l’ultimo antenato comune di tutti i viventi. Forse derivano da frammenti dispersi di acidi nucleici. O, come suggerivano Fred Hoyle e Francis Crick, arrivano dallo spazio e bordo di polveri cosmiche. Certo oggi assistiamo a un processo di coevoluzione dei virus (ce ne sono, si stima, cinque milioni di specie) e dei loro ospiti. L’otto per cento del DNA umano è di origine virale, chiaro indice di una coabitazione ancestrale. Più piccoli e ancora meno “vivi” dei virus sono i prioni, semplici proteine prive di materiale genetico che però hanno la capacità di replicarsi, come abbiamo imparato con la malattia di “mucca pazza” (encefalopatia spongiforme bovina).


Il “pepe” dell’evoluzione
Ogni specie animale, vegetale, fungina o batterica, porta con sé decine, centinaia o migliaia di virus diversi che, grazie alle loro rapide mutazioni, sono pronti a saltare, con piccoli adattamenti, da una specie all’altra. Da questo punto di vista, i virus ci appaiono come il “pepe” dell’evoluzione, e bisogna riconoscere che la loro importanza biologica è fondamentale. Ma quanto “pepe virale” c’è nella biosfera?
Pesare il “carbonio vivente”
Benché nella loro fase inanimata siano di natura cristallina, come tutti gli organismi viventi i virus sono costruiti intorno ad atomi di carbonio. Un buon modo per stimare le dimensioni delle diverse popolazioni della biosfera (piante, animali, uomini, batteri etc.) consiste quindi nel “pesare” la quantità di carbonio che ognuna di queste categorie contiene. Per farlo, ci atterremo ai dati più recenti e attendibili.


Un articolo su PNAS
In un articolo sulla autorevole rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Science of the United States of America) del 19 giugno 2018, Yinon Bar-On, Rob Phillips e Ron Milo stimano che l’intera biomassa ospite del nostro pianeta contenga 550 giga-tonnellate di carbonio (1 gigaton = 1 miliardo di tonnellate). Secondo i loro calcoli la distribuzione nei “regni” del vivente è questa: 450 gigaton di carbonio nel regno vegetale, 70 nei batteri, 12 nei funghi, 7 negli “archea” (gli organismi unicellulari più primitivi), 4 nei protisti (organismi eucarioti, cioè con un nucleo cellulare ben individuato, che includono gli eucarioti non appartenenti ai regni degli animali, delle piante o dei funghi).


Le minoranze
Seguono le “minoranze”: il regno animale assomma in sé 2 gigaton di carbonio con una netta prevalenza degli animali marini sui terrestri, i virus totalizzano solo 0,2 gigaton. La biomassa dei virus è dunque poco più di un tremillesimo della biomassa totale. Sembra trascurabile. Eppure l’umanità – 7,7 miliardi di persone – rappresenta solo un novemillesimo della biomassa planetaria e contiene appena un terzo del carbonio complessivo dei virus. Dunque “loro” ci battono largamente sia per massa sia per aggressività. Sono minuscoli e non possiedono armi nucleari, ma dalla loro parte hanno l’astuzia maturata in 4 miliardi di anni di evoluzione biologica. Qualcuno dovrebbe spiegarlo a Trump, ora che la pandemia sta diventando il suo Vietnam. L’immunologo Anthony Fauci, evidentemente, non è stato abbastanza persuasivo.


Lo 0,06 degli umani
Quanto alle 2 gigatonnellate di carbonio contenute nel regno animale, per metà si trovano negli artropodi (invertebrati che comprendono i cinque sesti delle specie animali classificate, i veri dominatori del pianeta), 0,2 gigaton sono di molluschi, 0,7 di pesci, 0,002 di uccelli liberi in natura, 0,007 di mammiferi selvatici, 0,06 degli umani. Dato significativo: la biomassa degli animali di allevamento è il doppio di quella degli umani che li allevano per nutrirsi della loro carne (in prevalenza sono polli e maiali, i bovini sono carne per paesi ricchi).


Tra carta e online
Molti dei dati che avete letto sono tratti da un articolo di Fabio Fantini che compare nel numero 0 della rivista “Naturalmente”. Questo periodico quadrimestrale di scienze e didattica delle scienze non esce più su carta da cinque anni ma presto alla versione online tornerà ad affiancarsi quella cartacea (Edizioni ETS).


Scienza e democrazia
Scrive Vincenzo Terreni, proprietario della testata: “Alcuni collaboratori della vecchia redazione hanno pensato di riprendere le pubblicazioni con un aspetto diverso, ma immutate intenzioni volte ad offrire materiali di riflessione e di dibattito orientati a mettere in luce le connessioni tra le scienze sperimentali e altri campi del sapere. Non sarà facile costruire un riferimento in un tempo che possiede mezzi di comunicazione estremamente efficienti ma poco selettivi e mette sullo stesso piano opinioni personali e risultati scientificamente provati. Tutti hanno diritto di parola, tutti hanno il diritto di avere una propria opinione su ogni argomento, ma quando si tratta di prendere decisioni che interessano tutta la comunità - come nel periodo che stiamo attraversando - non sarebbe una decisione democratica fare la media delle opinioni per decidere quale sia la più giusta. Sarebbe solo una scorciatoia terribilmente sbagliata.” Auguri, dunque, a "Naturalmente".