Huffington Post, 6 luglio 2020
Intervista a Margaret Atwood
«La scrittura – ci disse due anni fa Margaret Atwood quando passammo tre giorni con lei a Firenze – è un mezzo per registrare la voce umana, anche se non è l’unico. È un qualcosa che sta passando di moda, oppure no, a seconda dei punti di vista. Il più delle volte è una forma di racconto: il racconto è una delle prime invenzioni umane e, forse, la più importante». «Facciamo attenzione però – tenne a ribadire – alla scrittura: forse si dovrebbe essere più riservati e non affidare mai niente alla carta, ma nel mio caso è decisamente troppo tardi».
Una come lei – oggi scrittrice di fama mondiale – ha iniziato a scrivere da giovanissima e le sue storie sono presto divenute dei romanzi celebri – in totale una cinquantina – tutti bestseller, dal primo – “La donna da mangiare” (1969) – a “Il racconto dell’ancella”(da cui l’omonima serie tv Hulu) fino ai più recenti – “Per ultimo viene il cuore”, “Occhio di gatto”, “I testamenti” (il seguito di “The Handmaid’s Tale") pubblicati da Ponte alle Grazie come l’ultimo, “Tornare a galla” (tradotto da Fausta Libardi) – per il New York Times “uno dei romanzi più importanti del Ventesimo secolo” – in cui ci porta di nuovo nel suo Canada (é nata a Ottawa nel 1939), in una piccola abitazione su un’isola deserta dove una donna ha trascorso l’infanzia. Un ritorno che diviene presto un dolente pellegrinaggio interiore che andrà a coinvolgere la sua identità di donna e il suo ruolo in un mondo che non è più in contatto con la natura e dove gli uomini hanno perso di vista se stessi. Ne parliamo con lei, ma stavolta ‘lontani’ per colpa dell’emergenza Coronavirus ancora in corso.
Questo libro è stato ripubblicato adesso, ma in realtà lo scrisse nel 1972. Cosa è cambiato da allora è cosa sta “tornando a galla”, citando il titolo, in America e non solo?
«Sono cambiate molte cose da allora! In Canada, le principali preoccupazioni politiche erano la potenziale separazione del Quebec e la crescente sottomissione del Canada agli Stati Uniti. La comunità degli scrittori canadesi era agli inizi e pochi romanzieri si conoscevano personalmente. il Canada è uno spazio enorme no e chi scriveva nella Columbia Britannica non aveva modo di incontrare qualcuno in Nuova Scozia. I libri dei canadesi erano difficili da far pubblicare, anche se negli anni Sessanta erano nati altri piccoli editori. I festival letterari non esistevano ancora, né la comunità LGBTQ, né Black Lives Matter. La comunità di scrittura indigena non si era ancora formata. Ho concepito “Tornare a galla” più come una storia di fantasmi. Ho sempre voluto scriverne una. Un poetessa canadese aveva scritto:”È solo per la nostra mancanza di fantasmi che siamo perseguitati”, ma io non ero d’accordo. Penso – e lo pensavo all’epoca – che il Canada sia uno spazio infestato. I fantasmi nella letteratura rappresentano il ritorno degli oppressi. La storia canadese che ci era stata insegnata negli anni ’50 era noiosa perché tante cose erano state rimosse. Pertanto, “Tornare a galla” oggi è il ritorno alla visibilità di tutte le cose sconvenienti della nostra storia che sono state sepolte o annegate nel passato. Sono in corso un sacco di ricerche e di rivelazioni».
L’illustratrice protagonista di questa storia è una donna a cui capita di fondersi con la natura: è accaduto o accade anche a lei e in che senso?
«Ci sono due meravigliose illustratrici in Italia che si chiamano le gemelle Balbusso. Hanno realizzato le illustrazioni per l’edizione Folio de Il racconto dell’ancella… un lavoro eccellente! Una vera e propria fusione nella natura significherebbe la perdita di sé e la dissoluzione negli elementi naturali di cui il nostro corpo è composto. Quindi, no, non ancora! Non mi è ancora capito, ma in verità siamo già parte della natura. Ogni volta che inspiriamo, consumiamo l’ossigeno prodotto dalla vegetazione... come è stato prodotto 1,9 miliardi di anni fa dagli Stromatoliti negli oceani. Non possiamo vivere “separati” dalla Natura. Ma la Natura può fare benissimo a meno di noi. È una cosa che fa riflettere».
Che rischi sta correndo il nostro Pianeta?
«La più grande minaccia per gli esseri umani come specie è il riscaldamento e l’acidificazione degli oceani. Se uccidiamo gli oceani smetteremo di respirare. Prima che ciò avvenga, rimarremo senza pesci. Naturalmente il pericolo per gli oceani è collegato alla crisi climatica e al progressivo spopolamento delle specie. Gli scienziati dicono che non abbiamo molto tempo per risolvere questo problema».
Quando si fa il suo nome, i più pensano al romanzo distonico “Il racconto dell’ancella”. Si aspettava che divenisse il simbolo di resistenza contro nuovi maschilismi? Un simbolo contro Trump?
«Purtroppo non sono una Sibilla. Se lo fossi stata, avrei conquistato il mercato azionario molto tempo fa (ride, ndr). Non ho messo niente ne” Il racconto dell’ancella” che non avesse precedenti nella vita reale. La storia non si ripete esattamente, ma alcuni paradigmi sembrano emergere di volta in volta nella saga della vita umana sulla terra, e il desiderio degli uomini potenti di assegnare le donne a se stessi è un unico paradigma. Incrociamo questo con il puritanesimo che è stato uno dei principali elementi costitutivi della prima vita degli Stati Uniti e che è ancora tra noi, anche se in altre forme. Incroci questo con il letteralismo biblico e si chieda che tipo di totalitarismo sarebbero gli Stati Uniti se lo diventassero, e il risultato sarebbe più o meno come Gilead. Il nuovo sciovinismo maschile non è nuovo. È molto vecchio. Quanto a Donald Trump, beh, cosa dire ? Che è decisamente troppo vicino».
Nei suoi romanzi definisce i suoi personaggi oltre a ciò che fanno e all’ambiente in cui vivono: ha mai definito se stessa? E se sì, come?
«Ho sempre evitato di definirmi. Ognuno di noi è un concentrato di molti elementi. All’inizio di “Ritratto dell’artista da giovane” di James Joyce, il protagonista, Stephan Dedalus scrive nome, indirizzo, città, paese, continente, pianeta e altro. A queste categorie, nel mio caso, aggiungerei ora bassa, femmina e vecchia e – forse – brava a fare i nodi. Sono lettrice di gialli (Ne ha scritto in qualche modo anche uno, Alias Grace/L’altra Grace, basato su un crimine realmente accaduto, da cui l’omonima serie Netflix) è una grande appassionata di enigmistica. Sono anche proprietaria di una splendida replica dei mazzi di tarocchi Visconti-Sforza regalatami da Matteo Columbo a Milano. Poi, cos’altro? Cerco di non calpestare i vermi sul marciapiede».
In un futuro lontano, come le piacerebbe essere ricordata?
«La domanda è: ci sarà un futuro lontano che contiene esseri umani? Se sarà così, sarà bello, ma per allora non mi importerà se sarò ricordata o meno. Forse come qualcuno che ha cercato di non calpestare i vermi sul marciapiede con tutto quello che può significare ? Sarebbe geniale».