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 2020  luglio 06 Lunedì calendario

La scienza giorno per giorno

 

 STORIA DELLA SCIENZA

 

1861

12 gennaio 1861

1. Il medico ungherese Ignaz Semmelweis accusa i colleghi di uccidere migliaia di puerpere per mancanza di igiene

• Ignaz Semmelweis non riusciva a convincere i suoi colleghi che lavorando con le mani infette portavano contagi da un malato all’altro. Tentava di farglielo entrare in testa fin dal 1847, dopo che il medico legale Jacob Kolletschka si era ferito a una mano durante la dissezione di un cadavere ed era morto di setticemia. Era impossibile convincerli, mentre lui non aveva dubbi: i medici stessi contaminavano i malati e soprattutto le partorienti, che poi morivano per le cosiddette ‘febbri puerperali’. Così nel 1861 ha deciso di scriverlo chiaro e tondo in un libro intitolato “Come lavora uno scienziato. Eziologia, concetto e profilassi della febbre puerperale”.

• Grazie agli studi del naturalista olandese Antoni van Leeuwenhoek (1632 -1723) si sapeva che esistono i batteri (ancora non erano stati nemmeno battezzati microbi), ma si continuava a non tenerne conto: così piccoli, che male potevano fare? Invece secondo Semmelweis le febbri erano causate proprio dalle mani dei medici e dagli strumenti infettati dai batteri. Quello non era certo un tempo in cui ci si lavasse molto, mentre in ogni intervento era necessaria una perfetta sterilizzazione. Solo così la chirurgia avrebbe potuto fare grandi passi avanti, mentre per il momento li faceva all’indietro.

 

18 gennaio 1861

2. Si scatena la rivolta degli ostetrici

• Il libro-denuncia indigna i colleghi che cercano di persuadere i ricoverati a non ascoltare le fisime di Semmelweis. E pensare che nei secoli precedenti i medici sterilizzavano gli strumenti col fuoco o con l’acqua bollente (le mani con quella bollita)! Intanto fra le pazienti e i loro familiari serpeggiavano i dubbi, perché le febbri puerperali continuavano a mietere vittime. Nei secoli XVIII e XIX  partorire era un rischio, e anche Voltaire aveva perso così la sua amata compagna, Emile du Châtelet. Una scienziata, eccezionale per quei tempi (metà del Settecento), che – giunta al nono mese di gravidanza e sapendo di rischiare la vita - aveva mandato al direttore della Biblioteca un importante e ancora incompleto commentario su Newton, perché non andasse perduto. Emile morì di infezione una settimana dopo il parto, nel settembre del 1749, lasciando Voltaire nella disperazione.   

 

23 gennaio 1861

3. Semmelweis minaccia di scrivere una lettera aperta              accusando gli ostetrici di assassinio

• Semmelweis non cede. E’ sicuro che ‘qualcosa’ passi dalle mani dei medici ai pazienti. Dà ordine ai suoi aiutanti di disinfettarsi ogni volta con cloruro di calcio e infatti nella sua sezione la mortalità scende subito dal dodici al due per cento. Molte ricoverate chiedono di essere trasferite al suo reparto, i mariti litigano, c’è parecchia buriana e i colleghi indignati si preparano al contrattacco.

• Il dottore lungimirante viene considerato un folle e i colleghi fanno di tutto per allontanarlo. Secondo le indagini fatte poi dal dottor Sillo Seidl, uno dei pochissimi che gli hanno creduto, è stato rinchiuso in un manicomio. Alla fine, dopo tre anni passati là dentro, sembra che sia davvero impazzito e abbia trovato il modo più tragico per dimostrare ancora una volta le sue ragioni: si è infettato con il siero di un cadavere ed è morto di setticemia.

 

1861

4. Nonostante l’ostilità generale il governo cerca di imporre il ‘metro’, anche questa una misura nata in Francia

• Perfino Alessandro Manzoni, presidente del Real Istituto Lombardo di Scienze, Lettere e Arti farà l’impossibile per convincere i giovani a usare la nuova misura, ma i ragazzi sono cocciuti. In fondo è solo la decimillesima parte – approssimativa – del meridiano terrestre dal Polo Nord all’equatore, però nessuno ricorda mai la cifra precisa, e teme le novità. Eccola, se qualcuno volesse saperla: “Il metro è la lunghezza del cammino percorso dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo di 1/299.792.458 di secondi”.

• C’è voluto più di un secolo prima di riuscire a imporlo, ma poi nel 1861, con l’Unità d’Italia, sono partite migliaia di circolari ministeriali spedite in ogni angolo del Paese. Lo racconta Emanuele Lugli nel suo saggio “Unità di misura. Breve storia del metro in Italia”. Sembra che per molto tempo tutti abbiano fatto la bocca storta, però nessuno oramai si sognerebbe più di dire “il mio ragazzo è alto due tese”, (toise) misura francese proprio dimenticata. 

 

10 febbraio 1861

5. L’italiano Enrico Bottini diventa primario chirurgo all’Ospedale Maggiore di Novara. La pensa come Semmelweis, ma non sa niente di lui, come lui non sapeva niente di Bottini

• Il professor Enrico Bottini, chirurgo, usa una soluzione acquosa di acido fenico per lavare piaghe e ferite e disinfettare gli strumenti. E’ convinto, come Semmelweiss, che le infezioni siano trasmesse proprio dai medici e dagli strumenti. Pratica l’asepsi già da anni, ben prima che entrasse in scena il medico britannico Joseph Lister e – dritto com’è -finisse per prendersene tutto il merito. In Italia i colleghi di Bottini sono dalla sua parte e lo appoggiano.

 

16 febbraio, 1861

6. Il matematico Kronecker entra all’Accademia di Berlino

• Leopold Kronecker, nato nel 1823 in una ricca famiglia ebrea, studia al Gymnasium di Legnica dove ha come docente di fisica e matematica Ernst Kummer, al quale deve la passione per i numeri. Un giorno sarà lui a ‘sostituire’ il Dio geometra di Platone con il Dio aritmetico di Pitagora. I temi sui quali tiene conferenze all’università di Berlino sono: la teoria dei numeri, la teoria delle equazioni e la teoria degli integrali. E’ famosa la sua frase: Dio ha creato i numeri interi, tutto il resto è opera dell’uomo.

 

Fine febbraio 1861

7. Due scienziati, uno anziano e uno giovane, fanno amicizia: ne verrà fuori qualcosa di importante

• Michel Faraday (nato il 22 settembre 1791), ora settantenne, da ragazzo (un bel ragazzo, bisogna dirlo) era stato un semplice rilegatore di libri che non aveva mezzi per studiare, però leggeva tutti i volumi di scienza che i clienti portavano in negozio e poi faceva gli esperimenti. Era particolarmente interessato, anche grazie agli studi di Ampère e di Oersted, alla correlazione tra elettricità e magnetismo. Cominciava a pensare che l’universo fosse pervaso da un’unica forza “che ci circonda, ci penetra e tiene unita la galassia” (come dirà Obi-Wan Kenobi più di un secolo dopo in Guerre stellari).

• Faraday non sapeva che cosa fosse l’elettricità e a qualcuno che gli chiedeva a che servisse sapere che era correlata al magnetismo, rispose ridendo: “E un neonato a che serve?” Quando la regina Vittoria, che aveva voluto assistere a un esperimento, gli domandò “che cosa si può ottenere con l’elettricità?” lo scienziato rispose “Non lo so, Maestà. Ma qualcuno prima o poi ci metterà su delle tasse.”

• Faraday ha fatto scoperte importanti: la “Bilancia” per misurare le proprietà magnetiche dei materiali, che però in parte conoscevano anche gli antichi; il “Disco” che misura l’induzione elettromagnetica, ossia l’effetto che un corpo carico elettricamente, o magnetizzato, ha su un corpo vicino, e la “Gabbia”, dimostrando che le cariche elettriche restano all’esterno di un corpo cavo. Infatti non temiamo i fulmini quando siamo in auto: sappiamo che si scaricano a terra.

 • La sua idea di “campo di forza” affascinò il giovane fisico scozzese James Clerk Maxwell, che si mise in corrispondenza con lui. “A mano a mano che procedevo – scrisse poi Maxwell - mi rendevo conto che il suo metodo di concepire quei fenomeni era anche matematico, benché Faraday di matematica sapesse poco.” Alla fine sintetizzò lui stesso, in quattro formule, i fenomeni legati al magnetismo e all’elettricità. Quelle equazioni sono fra le più grandi conquiste dell’umanità. Però ancora oggi, se qualcuno ci chiedesse che cos’è di preciso l’elettricità, non sapremmo che cosa rispondere di preciso.

• Qualcosa di più ne sapevano gli antichi, quelli che non consideravano i fulmini “ira degli dei”: alcuni filosofi pensavano che l’elettricità fosse la forza motrice dell’universo. E molti erano incuriositi dai pesci “elettrici”. Il poeta romano Claudiano descrisse come la torpedine riuscisse a inviare il proprio “efflusso” lungo la lenza e la canna facendo arrivare la scossa al pescatore. Forse ne sapevano ancora di più i babilonesi: ma della famosa pila, esposta al museo di Bagdad con la stupida scritta “oggetto di culto”, parleremo quando saremo all’anno in cui fu trovata: il 1938.  

 

Marzo 1861

8.  James Clerk Maxwell realizza la prima fotografia a colori

• Il giovane fisico scozzese - che stava formulando la teoria matematica dell’elettromagnetismo sulla base della scoperta di Faraday - nel 1861 riuscì a fare la prima fotografia a colori della storia: fotografò tre volte un tartan scozzese utilizzando tre filtri diversi (rosso, blu e giallo) e infine unì le tre fotografie realizzando un’immagine composita.

 “Vedere è vedere a colori – diceva Maxwell - perché è solo mediante l’osservazione delle differenze di colore che distinguiamo le forme degli oggetti. E quando parlo di differenze di colore intendo includere anche le differenze di luminosità e gradazione … La scienza dei colori deve perciò essere considerata una scienza della mente.” Orgoglioso della sua fotografia la mandò a un altro amico, William Thomson, che poi, nel 1892, la regina Vittoria nominerà lord Kelvin.

 

24 marzo 1861

9. Jean-Henry Fabre (1823-1915) il più importante studioso di insetti che sia mai esistito, incomincia a scrivere il suo capolavoro: Souvenirs entomologiques, in sei volumi

• Più ancora che un entomologo, Fabre è un vero psicologo degli insetti e di molti aracnidi (la maggior parte è ancora sconosciuta), o meglio della “piccola gente”, come chiamiamo spesso questi esseri minuti. Fino ai tempi delle sue ricerche nessuno si era mai occupato veramente del loro comportamento e della loro sensibilità che a volte – come nel caso dei coleotteri geotrupi – consente loro di avvertire perturbazioni atmosferiche anche a distanza di decine e decine di chilometri.

• I suoi libri sono piacevoli da leggere e le sue avventure con la piccola gente vanno molto al di là di un racconto. Quanto pianse il giorno in cui, per un esperimento, cercò di sedare un ragnetto con una goccia di sonnifero e il poverino morì! Lui li amava davvero, questi piccoli



compagni di pianeta.

  I sei volumi dei Souvenirs sono pura scienza. Del resto, come diceva il famoso biologo francese Rémy Chauvin, gli insetti, e soprattutto gli insetti sociali “sono le creature più interessanti che l’evoluzione – o il Creatore – abbia mai inventato.” Ragni compresi, che però da un paio di secoli sono stati ‘depennati’ dall’elenco degli insetti, più o meno come certi santi che figuravano sul calendario, ma che secondo la Chiesa s’è poi visto che non valevano abbastanza da portare l’aureola. I ragni ora sono aracnidi. 

  

1861

10. Robert van Bunsen, scienziato tedesco, scopre un nuovo elemento per il sistema periodico, il ‘rubidio’

• Il chimico Robert van Bunsen, uno fra i primi a usare l’analisi spettrale, trova il rubidio (Rb, n.a. 37). E’ un elemento alcalino, che si trova associato in piccole quantità ai sali di potassio, infatti si ricava dalla cristallizzazione delle loro acque madri. In natura esiste nel caffè, nel tè nero, nella frutta e in piccola parte negli asparagi, ma oltre a colorare la fiamma in violetto, allora sembrava che non servisse a null’altro. Si scoprirà non solo che è un antidepressivo, ma che raffreddato a -270 gradi centigradi, quasi  allo zero assoluto, sembra connesso perfino con i buchi neri e quindi comincia a interessare anche gli astrofisici.

 

Aprile 1861

11. Celebrando il 150° anno dell’Unità d’Italia è stato bello poter finalmente attribuire a un italiano l’invenzione del telefono, che nel 2002 l’America ha restituito a Meucci

• Antonio Meucci è il vero padre del telefono, ma solo dopo 113 anni l’America l’ha ammesso. L’inventore del telefono – lui lo chiamava teletrofono – dunque è Meucci e non Bell che aveva appena due anni quando nel 1849 il nostro sfortunato fiorentino l’aveva costruito. Il merito del ripensamento è in gran parte di Emily Gear, la direttrice del museo Garibaldi-Meucci di Staten-Island. Il museo è nato là perché proprio a Staten-Island Garibaldi aveva lavorato nella fabbrica di candele del Meucci e i due erano diventati amici. E’ stata una nuova vittoria per gli immigrati italiani dopo la riabilitazione dei due anarchici Sacco e Vanzetti, ingiustamente condannati a morte negli Anni Venti.

• Il telefono aveva anche un altro papà – potremmo dire “zio” - che si chiamava Innocenzo Manzetti e aveva la mania di inventare: magari non mangiava, ma inventava. Lì per lì, nel 1861, i suoi studi su questo apparecchio ebbero un certo risalto, grazie a una serie di articoli apparsi sui giornali italiani ed esteri dopo la presentazione pubblica, però il Manzetti era così timido che non riuscì a farsi valere, un po’ perché non era famelico di gloria, un po’ perché tutto per lui era poco più che un gioco. Col suo carattere non si sarebbe mai battuto per la priorità di un’invenzione, anche se non fosse morto a 51 anni soltanto.

• Le invenzioni di Manzetti però sono tante e di vario genere: un pappagallo volante e parlante, un automa che suonava il flauto, un velocipede a tre ruote, un motore a scoppio e la macchina per fabbricare la pasta, acquistata subito da una ditta inglese per una cifra irrisoria. Realizzò anche strumenti di utilità pubblica, tra cui un sistema di filtraggio dell’acqua del torrente che dissetava Aosta, il Buthier. I cittadini gliene furono molto grati.

 

Maggio 1861

12. Jules Verne termina Cinque settimane in pallone, il libro che susciterà nei lettori l’interesse per la scienza e le esplorazioni

• Jules Verne ha 33 anni e di scienza non sa ancora nulla, ma sa che per diventare scienziati bisogna avere anche il gusto del mistero e dell’avventura. Non ha la minima esperienza di viaggi in pallone e l’Africa per lui è qualcosa di remoto, impenetrabile, eppure il libro su cui sta lavorando e che uscirà nel 1862, diventa subito il simbolo di una nuova passione per le conoscenze scientifiche: sarà il messaggero di una svolta che incombeva senza che nessuno lo sapesse. Gli esploratori e gli archeologi stanno scoprendo gli ultimi angoli sconosciuti del mondo, ma la gente non se ne cura finché Verne non sveglia le loro menti distratte: allora esplode l’interesse e la curiosità diventa famelica.

• L’anno precedente, nel gennaio del ‘60, Louis Hachette – pioniere dell’istruzione popolare e futuro editore delle ‘guide blu’ – aveva lanciato una rivista settimanale intitolata “Le tour du monde. Nouveau journal des voyages”. Ed è proprio uno di quei giornali che fa venire in mente l’Africa a Verne. C’è il resoconto della missione compiuta dal capitano Richard Francis Burton verso i grandi laghi africani e vi si racconta in modo emozionante la scoperta del lago Tanganika. La spedizione era partita da Zanzibar così anche Verne, per le sue “Cinque settimane in pallone”, parte da là. Si può dire che con quel libro (non è il primo, ma rinnova l’interesse per gli altri) lo scrittore comincia a diventare uno scienziato a vasto raggio, ma non assumerà mai i toni cattedratici di chi ritiene che la scienza sia il dominio di pochi eletti. Attraverso Verne tutti ci si possono muovere allegramente, e anche quando ogni suo riferimento è tecnologicamente impeccabile, scintilla come una bella fiaba. Tanto che 100 anni dopo un grande giornale, dedicandogli un articolo, può titolare così: “In Verne più scienza che fiction, ma per fortuna la fiction non manca mai.”

 

Fine maggio 1861

13. Dmitri I. Mendeleev torna a San Pietroburgo da un giro di studi. Lavora al “sistema periodico degli elementi” di cui s’era interessato ascoltando l’italiano Cannizzaro

• Stanislao Cannizzaro fu il primo a formulare una teoria atomica: basandosi sul principio di Avogadro - ossia il numero di particelle (atomi, ioni, molecole) presenti in una determinata quantità di sostanza – l’italiano enunciò la regola per determinare il peso atomico di un elemento chimico. Poi espose queste idee al Congresso di Karlsrhue, nel 1860. C’erano anche Dmitri Mendeleev e il geologo francese Alexander Béguyer de Chancourtois il quale si accorse che ordinando in una tabella gli elementi secondo il peso atomico crescente, si poteva fare in modo che quelli con proprietà simili si trovassero nella stessa colonna verticale. Due anni dopo arrivò alle stesse conclusioni un chimico inglese, John R. Newlands, ma gli accademici risero di loro.

• Dunque il sistema periodico si può attribuire a Mendeleev solo perché lui l’ha messo in bell’ordine ed è riuscito ad abbattere l’opposizione faziosa che aveva annientato quelli che l’avevano preceduto. Il suo lavoro si svolge lungo una serie di anni, finché alla fine riesce a imporlo. Allora anche gli altri vengono rivalutati e Newlands riceve perfino una medaglia.

• Mendeleev era un uomo d’azione e aveva grandi progetti. Si rese conto che la Russia era rimasta indietro, che l’Accademia delle Scienze era isolata, che non aveva scambi con le altre accademie, e voleva creare una rete che le collegasse. Aleksander Porfi’revich Borodin, suo amico, che oltre a comporre musica aveva una cattedra di chimica biologica a Pietroburgo, era pronto ad aiutarlo. Anche Mendeleev aveva vinto il concorso per una cattedra universitaria, ma il ministero non aveva ratificato la nomina perché mancava un diploma. Lo studioso pubblica un libro sulla chimica organica, poi si occupa degli “elementi”. 

• Ricapitolando quel che avevano detto i suoi predecessori cominciò a elencare uno per uno tutti quelli conosciuti e li mise pazientemente in fila su un quaderno. Bisogna ricordare che un elemento è sempre fatto di una  sola sostanza. Il sale, per esempio, composto di cloro e di sodio, non è un elemento; l’acqua neppure perché è fatta di idrogeno e ossigeno, mentre il ferro, l’argento, o l’azoto (essendo solo ferro, argento e azoto) sono veri elementi. Mendeleev li mise in sequenza, ossia li ordinò in base al loro peso atomico. Si accorse poi che in certe serie ricorrevano proprietà simili, così elaborò un diagramma a righe e colonne in cui si “andava a capo” quando il “periodo” delle affinità terminava.

  In questo modo alcuni elementi si trovavano nella stessa colonna: nella prima a sinistra oltre all’idrogeno erano elencati i metalli ‘alcalini’: sodio, potassio, litio; più a destra i metalli alcalino-terrosi: calcio, magnesio; poi i vari metalli, come ferro, nickel, rame e zinco; in un’altra colonna i non-metalli: carbonio, ossigeno e azoto; infine gli alogeni: cloro, fluoro, iodio, che si combinano con gli elementi della prima per formare i sali.

• Quel lavoro lo portò in seguito a una nuova scoperta: l’ordinamento per pesi atomici crescenti rispecchiava quello per massa atomica. Ossia lo avvicinava al “modello planetario dell’atomo” in cui gli elettroni che circondano in orbite concentriche un nucleo somigliano (ma in realtà sono onde luccicanti) ai pianeti che ruotano attorno al Sole. Nel caso dell’atomo ogni orbita può essere occupata solo da otto elettroni; raggiunto quel numero si forma un’altra orbita più esterna (cioè si va “a capo”) e il numero degli elettroni indica le caratteristiche chimiche degli elementi. Mendeleev fece di più: nelle caselle rimaste vuote della Tavola perché non si conosceva nulla che rispondesse alle caratteristiche richieste dalla sequenza, inserì elementi di cui immaginava le proprietà chimiche, ma senza nome perché non erano ancora stati scoperti. Col tempo si trovarono, e occuparono i posti vuoti. Tre vennero fuori mentre era ancora in vita: il Gallio, lo Scandio e il Germanio.

  Il sistema periodico di Mendeleev che lo scienziato finì di mettere a punto nel 1869 è tuttora utilizzato nei laboratori di chimica e nell’insegnamento, così gli studenti universitari inventano varie ‘storielle’ scherzose per tenere a mente i nomi di alcuni elementi. Eccone una recente:

• ELIO e TULIO si erano conosciuti TANTALIO tempo prima,   in Turchia, sul FOSFORO, e ora si erano rincontrati per caso in CALIFORNIO. ‘FERMIO - disse TULIO - che ci fai qui in AMERICIO così LANTANIO da casa?’ – ‘HASSIO! Mi venga un colpo, che ci fai tu fuori dall’EUROPIO?’ – ‘Là non si può più mungere un TORIO, amico mio, l’EUROPIO è alla canna del gas, il cittadino è come un BERILLIO nelle mani dei politici, non ci resta che  bere l’ARSENICO...’ – ‘ Beh prima direi di andare a farci un LITIO di birra, c’è un BARIO proprio qui di fronte...’ -  ‘Lo so - fece TULIO - ci sono già ASTATO, la barista ha un XENO bello STAGNO e SODIO...’ – ‘Attento, il marito è COBALTO due metri e non permette a NETTUNIO di fare il furbo con la moglie!’ - ‘Tranquillo, lo CURIO e faccio il GALLIO solo quando lui è FLUORO’ – ‘Comunque non fare troppo lo STRONZIO...’ – ‘Lo so, lo so, ma se POTASSIO...’

 La scenetta è comica, mentre la frase inventata dagli studenti di geologia per mettere in fila i periodi delle ultime tre ere non ha nessun senso, ma è utile per ricordarne la sequenza: CAMBiamo (cambriano) ORDine (ordoviciano) SIgnori (siluriano), DEVono (devoniano) CARBurare (carbonifero) PERfino (permiano) TRe (triassico) GIURAti (giurassico) CREtini (cretacico).

 E infine per concludere con il nostro tempo ecco il Cenozoico, il Neozoico e l’Olocene: CENto NEOnazisti OLOgrafi.

 

Giugno 1861

14. Esaurite in 2 giorni le copie de “L’origine delle specie”, ma la Chiesa si inalbera perché l’evoluzione contraddice il “fissismo”: per lei tutto è ancora come Dio l’ha creato secondo la Bibbia

• Charles Darwin commenta: “E pensare che una volta volevo farmi prete!” Forse è per calmare un po’ le acque che nell’estate del ’61 si mette a scrivere un libro sulle orchidee. Parlerà dei vari espedienti con cui quei fiori vengono fertilizzati dagli insetti (On the various contrivances by which british and foreign orchids are fertilised by insects) e il libro uscirà nel ‘62. E’ un argomento adatto a scansare le polemiche, anche se Darwin non mollerà il suo tema preferito. Non ha detto mai che l’uomo discende dalle scimmie, ma nel 1871, quando pubblica The descent of man, sostiene che gli uni e le altre provengono da un primate originario comune e si dividono poi in rami ben distinti. I suoi studi sulle origini umane volevano sottolineare le nostre caratteristiche simili, la fratellanza tra gli uomini, e nei suoi appunti condanna gli schiavisti “che avevano svilito la natura e violato ogni istintiva compassione rendendo schiavi i neri loro simili”, ma è una posizione molto impopolare nel suo tempo. Gli ambienti cristiani aborriscono l’idea che l’umanità diversa per colore, corrisponda ai biblici Adamo ed Eva sicuramente bianchi. La moglie Emma, pur essendo credente (è unitariana) non discute con lui. Teme, ma lo confida solo alle amiche intime, che - qualora il marito sia nel giusto, ossia che l’uomo non discenda da un Adamo e un’Eva creati dal Signore - forse non ci sarà un’eternità per vivere insieme come prometteva la religione. Certo il dubbio è pesante: avere come padre Dio Creatore, oppure un primate che all’origine era un protozoo fa un po’ di differenza, anche se Dio per impastare l’uomo usò il fango. Però com’è che c’era il fango nell’Eden? Aveva piovuto?

• Intanto il tempo passa tranquillo nella loro casa del Kent. Tranquillo si fa per dire: hanno 10 figli, ne perderanno tre ancora piccoli e Darwin ha già contratto una malattia, una tripanosomiasi che ai primi del Novecento prenderà il nome di morbo di Chagas e di cui morirà nel 1872. Per quanto riguarda la religione lo scienziato non vuole prendere posizioni di nessun genere, tanto è vero che quando Karl Marx gli chiederà nel 1867 di potergli dedicare “il Capitale”, dirà ‘grazie, no.’

 

Agosto 1861

15. Sir William Crookes scopre l’elemento “tallio”

• Sir William Crookes è considerato uno dei chimici e fisici inglesi più importanti dell’Europa del secolo XIX. Faceva continui esperimenti ed era interessato anche allo spiritualismo. E’ lui che scopre l’elemento chimico tallio (TI), che nel sistema periodico prenderà il n. a. 81. Si tratta di un metallo simile al piombo, grigio bluastro, piuttosto tenero. Trova applicazioni in metallurgia, in elettronica e in ottica per lenti a elevato indice di rifrazione. I sali di tallio però sono molto tossici e questo ne limita l’impiego. Essendo abbastanza solubile in acqua si usa anche come veleno per topi e fu molto apprezzato nell’Europa di allora, sempre invasa da quei roditori.

• Come spiritualista Sir William Crookes si è messo in grave contrasto con la Chiesa sostenendo che nell’aldilà la vita continua ed è bella per tutti, non solo per i “fedeli”. Purtroppo levare l’inferno alla Chiesa è come strappare la frusta a un cocchiere, e questo è uno dei tanti motivi per cui scienza e fede erano sempre in contrasto, mentre ai nostri giorni la spaccatura, con un po’ di equilibrio e di cervello, va diminuendo, come dimostrano tanti scienziati credenti. Da un recente sondaggio fatto negli USA risulta che il 70% degli scienziati crede che esista un Aldilà e che l’universo sia opera di un Creatore, o almeno di un Architetto Intelligente che conosce bene la matematica. Ma sicuramente conosce anche molte altre cose.

 

Settembre 1861

16. Arriva l’ora del velocipede, è soprattutto tecnologia ma un po’ di scienza ha contribuito alla sua invenzione

• Pierre Michaud, meccanico francese, ha l’idea di aggiungere due pedali a quell’antenata della bicicletta che chiamavano Draisina, fatta con due ruote allineate (quella davanti sterzante), e così nasce il veicolo che si chiamerà velocipede. Sembra che nel 1839 ci fosse già arrivato un inglese, Kirckpatrick MacMillan, però l’invenzione non aveva avuto seguito, mentre questa volta da quel prototipo nascerà una vera industria, ma ci vorranno più di vent’anni perché il velocipede diventi una vera bicicletta e se ne faccia un uso corrente.

 

19 ottobre 1861

17. Il chirurgo francese Paul Pierre Broca, uno degli iniziatori dell’antropologia moderna, scopre la causa di un’afasia

• Paul Pierre Broca, chirurgo, grazie a un’autopsia eseguita sul cervello di un paziente che da vivo non era in grado di parlare, trova una lesione sul lobo corticale sinistro e si rende conto che era quella la causa dell’handicap. Broca diventa uno dei principali fondatori dell’antropologia moderna e fonda anche un istituto per studiarla a fondo e soprattutto per intervenire su pazienti che presentano disturbi di origine cerebrale. Ha compiuto varie operazioni sul cervello, localizzando il centro nervoso del linguaggio articolato che oggi si chiama comunemente “area del Broca”. Il medico tedesco Karl Wernike scopre invece che nello stesso emisfero c’è un’altra zona responsabile della comprensione dei significati: ambedue le aree se lesionate generano disturbi del linguaggio, però differenti.

• Oggi i neurologi ritengono che il linguaggio non sia elaborato solo nelle aree indicate da Broca e da Wernike, pensano che sia tutta la corteccia cerebrale a essere coinvolta e c’è chi sostiene che l’area del Broca possa stare “dove si trova meglio”. Senza impegno, insomma.   

 

Inizio 1862

18. La macchina rotativa per la stampa, inventata nel 1843 dall’ingegnere Richard Hoe, viene studiata da William Bullock che incomincia a perfezionarla: ci riuscirà nel 1865

• Richard Hoe ha immesso sul mercato nazionale la macchina da stampa, ma è ancora a caratteri mobili e soprattutto deve essere alimentata a fogli singoli.  William Bullock, inventore americano, continua a lavorarci sopra finché troverà, nel 1865, il modo di introdurre nella macchina di Hoe l’alimentazione a bobina, molto più veloce. Da quella deriveranno le rotative per tutti gli altri procedimenti di stampa, anche a colori, usando cilindri diversi. Si fabbricano anche rotative convertibili per la stampa in offset, ma per la litografia non funzionano: per quella serve una macchina piana.

 

30 gennaio 1862

19. Nasce il grande matematico David Hilbert

• David Hilbert vedeva la matematica in un modo tutto speciale. C’è un aneddoto che può farci intuire come: quando Hilbert seppe che un suo studente aveva abbandonato l’università per diventare un poeta, lui disse “Non mi sorprende. Non aveva abbastanza immaginazione per diventare un matematico”.

 

Febbraio 1862

20. Sir William Thomson scrive il libro On the age of Sun (Sull’età del Sole), sostenendo che ci scalderà ancora per 100 milioni di anni soltanto, ma Darwin non è d’accordo

• William Thomson (o meglio sir William Thomson perché la regina Vittoria l’aveva nominato Cavaliere nel 1857 quando progettava il primo cavo telegrafico transatlantico) scrive un libro in cui calcola il limite dell’età del Sole; sostiene che la Terra deve essersi solidificata tra i 20 e i 400 milioni di anni fa, e dice che il calore del Sole durerà ancora 100 milioni di anni. Charles Darwin non è d’accordo: la Terra è molto più vecchia. Oggi infatti si ritiene che abbia 4,7 miliardi di anni, e che il Sole possa vivere ancora 5 miliardi di anni.

  Comunque in seguito la regina nominerà Thomson ‘lord Kelvin’ come premio per avere formulato il 2° principio della termodinamica, di cui aveva già posto le basi James Joule, e per avere ideato la scala delle temperature, che da allora in poi è diventata la ‘scala Kelvin’. 

 

Fine febbraio 1862

21. Henry Walter Bates (1825-1892), naturalista, esploratore ed entomologo, scopre che alcune specie animali si travestono

• Walter Bates, naturalista e molto interessato al comportamento animale (cosa rara ai suoi tempi), si accorge che alcune specie riescono a imitare altre specie non commestibili: spesso ne copiano i colori detti “di avvertimento” in modo da essere evitate dai predatori. Dal suo nome nasce la definizione “mimetismo batesiano”. Tipici esempi sono alcuni ditteri del tutto innocui, come l’Eristalis tenax, che fanno finta d’essere vespe velenose. E’ famosa anche la farfalla Papilio dardanus, le cui femmine imitano varie farfalle non commestibili dei generi amaris e danaus. In Malesia e nel Borneo ci sono perfino farfalle che hanno la punta delle ali a testa di cobra: sono le famose Archaeoattacus staudingeri. Quando si ergono tra la vegetazione, perfino un essere umano può restare ingannato e darsi alla fuga.

• Mai fidarsi delle farfalle, sono più furbe di noi. Chi scrive ha raccontato la storia della Melese laodamia in un libro intitolato “Brevetti rubati alla natura”. La storia è su internet, presa pari pari senza neanche citare la fonte. Eccola, un po’ abbreviata:  “Lo stemma del 360° squadrone antiradar della Royal Air Force inglese porta nel centro l’immagine di una farfalletta, ma pochi sanno perché. Sotto c’è la scritta confundemus, però anche quella non svela il mistero. Il fatto è che le nottuidi devono fare i conti con il pipistrello, che va a caccia servendosi di un sonar sofisticatissimo, una sonda a ultrasuoni che gli invia la prima eco di risposta in un millesimo di secondo. Così ‘vede’ la vittima e la mangia a volo. Le farfalle però hanno sull’addome due centri di registrazione dei segnali di pericolo e spesso riescono a sfuggire. Una, la Melese laodamia, ha una tecnica sorprendente: emette onde sonore che confondono la sonda del pipistrello e non le permettono di localizzarla. E’ alla Melese che si sono ispirati per le loro emittenze di disturbo i tecnici antiradar della Raf.”

“Quando gli uomini inventano una cosa si può star certi che il popolo degli insetti la conosceva già da milioni di anni”. E sicuramente c’è ancora tanto da scoprire in questo smisurato libro di scienze, infatti ogni poco il mondo naturale, compreso quello vegetale che ritenevamo ottuso, ci dà una lezioncina.      

 

Marzo 1862

22. Anders Jonas Ăngström era un bell’uomo e piaceva alle donne, ma lui pensava solo alla spettroscopia astronomica, ossia voleva capire di quali elementi fossero composte le stelle   

• Anders Jonas Ăngström (1814-1874), il cui nome poi è diventato un’unità di misura nella spettroscopia, è l’astrofisico che ha fondato questa scienza.  Gli elementi naturali conosciuti e messi in serie da Mendeleev sono 92 (quelli che vengono dopo sono artificiali) e grazie allo svedese Ăngström  sappiamo che si trovano - in quantità variabili - in tutto l’universo visibile.  Si racconta che una volta un suo amico durante una passeggiata gli abbia detto: ‘Sai che c’è un pazzo il quale sostiene che studiando il raggio di luce di una stella si può capire di che cosa è fatta?’ - ‘Quel pazzo sono io”, gli avrebbe risposto Ăngström. E non era il solo: anche l’inglese William Huggins – che ha individuato l’elio nel Sole - osservava i raggi di luce delle stelle e sosteneva che tutto l’universo è ‘costruito con gli stessi mattoni’.

• Della spettroscopia, sia pure in parte, s’era già occupato il tedesco Joseph Fraunhofer all’inizio dell’Ottocento, scoprendo nei raggi solari ‘le righe di assorbimento’: quelle strisce scure che appaiono in uno dei sette colori dello spettro  – proprio nella fascia dell’elio - segnalano appunto la presenza di quel gas. Fraunhofer l’aveva capito e oggi lo si ricorda per le sue famose ‘righe scure’.

  

1862

23. Finisce l’era millenaria delle navi di legno e nasce in America la prima corazzata, la Virginia

• Durante la Guerra di secessione degli Stati Uniti, i Confederati diedero incarico al capitano John Brookle di costruire una nave speciale, che consentisse loro di uscire dal blocco in cui li costringeva la più forte marina federale (Stati del Nord). Brookle recuperò la carcassa della fregata a vapore Merrimack, precedentemente sottratta ai nordisti, che era bruciata fino alla linea di galleggiamento ma conservava intatti la parte bassa dello scafo e i macchinari. La Merrimack venne armata con lastre di ferro e uno sperone di ghisa, e ribattezzata Virginia. In risposta, l’Unione varò una nuova, potente  nave da guerra, anch’essa corazzata, la Monitor, costruita dall’ingegner John Ericson. Le due corazzate si scontreranno nella celebre battaglia di Hampton Roads, in Virginia, l’8-9 marzo, che si concluse con un pareggio tattico. Questo combattimento segna la fine delle navi da guerra in legno.

Maggio 1862

24. Un giovane astronomo italiano, Schiaparelli, viene assunto all’osservatorio milanese di Brera, che da tempo è piuttosto in declino, e ne diventa direttore avviandone la ripresa

• Giovanni Virginio Schiaparelli (1835-1910) osserva in modo particolare le Leonidi e le Perseidi, notando che le loro orbite sono simili alle orbite delle comete Temple-Tuttle e Swift-Tuttle, e anche a quelle di molti sciami di meteoroidi, cosa che lo fa riflettere.  Già dagli anni 1840 la fotografia ha sostituito la penna e la carta per registrare i dati e ora la macchina può seguire con precisione gli spostamenti dei corpi celesti. L’astronomo trascorre molto tempo a fare calcoli e alla fine conclude che deve essere l’erosione delle comete a produrre i flussi di meteoriti e le polveri che chiamiamo “stelle cadenti” quando bruciano entrando nella nostra atmosfera.

• L’erosione è causata dal fatto che il fronte più esposto di una cometa durante il passaggio vicino al Sole si scalda, e la neve che è sotto la superficie diventa gas: evaporando, stacca alcuni frammenti i quali continuano a muoversi nella stessa direzione, così tutto si spiega. In quegli anni lo statista Quintino Sella fece approvare dal Parlamento l’acquisto di un potente telescopio per l’Osservatorio, come scrive sull’Espresso il fisico Giovanni Bignami, presidente dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica): “E se pensiamo che oggi sia difficile finanziare la cultura per via della ‘crisi’, ricordo che nel 1880 il Regno era talmente alla bancarotta da introdurre l’odiosa tassa sul macinato, colpendo i poveri, che neanche votavano”.  

 

Luglio 1862

25. Gli accademici tolgono il medico Julius Robert von Mayer dal manicomio dove era finito a causa loro, e l’Università di Tubinga gli conferisce la laurea honoris causa

• Julius Robert von Mayer, medico, vive una vicenda simile a quella di Semmelweis, ma la sua è a lieto fine. In quegli anni, le proposte che la scienza doveva assolutamente respingere erano quattro: la duplicazione geometrica del cubo; la tripartizione geometrica dell’angolo; la quadratura geometrica del cerchio e il moto perpetuo. Tutte queste invenzioni non sarebbero state mai brevettabili. Per la quadratura del cerchio qualcuno aveva un leggero brivido di dubbio, ma il resto no, era pura follia. Parlare di una macchina, o altro del genere, che fornisca ‘continuamente più energia di quella che si usa per il suo funzionamento’, insomma, di qualcosa di simile al “principio di conservazione dell’energia” - in pratica del moto perpetuo - era tabù. Lui sosteneva d’esserci riuscito. Prima lo ignorano, poi lo mettono in manicomio con la camicia di forza.

• Dopo qualche anno il mondo accademico ci ripensa e lo vuole indietro. Il nome di Mayer comincia a comparire sulle riviste scientifiche come autore del “principio dell’equivalenza”: secondo il quale una certa quantità di energia meccanica non può scomparire senza che si generi un’equivalente energia termica. Riceve addirittura il plauso per le sue “idee rivoluzionarie”. Ma che diamine aveva fatto per dover subire quelle docce scozzesi?

• La storia comincia così: va a Giava, dove lavora come medico e si dedica ai salassi. Nota che il sangue arterioso (ricco di ossigeno) non è tanto diverso come colore da quello venoso, povero di ossigeno. E’ probabile che – data l’alta temperatura esterna - il corpo abbia meno bisogno di sottrarre ossigeno al sangue per generare calore. Quando torna in Europa fa vari esperimenti che confermano la sua scoperta sulla conservazione dell’energia, specie in ambiente più caldo. Energia e calore sono evidentemente in correlazione. Scrive un articolo, ma le sue riflessioni non combaciano col dogma dei tempi. Seguono insulti vestiti da paroloni scientifici finché il povero Mayer comincia a entrare e uscire dalle case di cura, poi tenta il suicidio e finisce al manicomio. Il tempo passa, i cattivi cambiano idea oppure muoiono e grazie anche al fisico inglese John Tindall che la pensa come Mayer, ora “il matto” viene ricoperto di onori.

   

Settembre 1862 

26. Un modesto macchinista di treni in poco tempo dà il via all’industria del petrolio, però fa uno sbaglio che gli costerà caro

• Edwin Drake nell’agosto del 1859 aveva avuto l’idea di trivellare il suo modesto terreno di Titusville in cerca di petrolio, come facevano altri per trovare l’acqua. L’ha trovato subito, e molto, ma non ha potuto guadagnare miliardi come hanno fatto invece gli altri: purtroppo si era dimenticato di brevettare la sua invenzione. Si tratta di tecnologia, più che di scienza, ma già nel 1862 tutta l’America lo stava copiando e centinaia di persone erano diventate ricchissime. La zona di Titusville dov’è il campo dal quale sgorgano tonnellate di petrolio è oramai un grosso centro industriale, però lui rimane povero e povero morirà nel novembre del 1880 a Bethlehem, in Pennsylvania, a due passi dal suo oro nero.

 

Ottobre 1862

27. Si diffonde la ferrovia a dentiera, più nota come ferrovia a cremagliera. Era già stata inventata dall’ingegnere inglese John Blenkinsop, ma la usavano solo per i treni merce

• Niclaus Riggenbach, svizzero, mette la cremagliera anche ai treni normali che devono superare pendii o forti discese. E’ una rotaia dentata che scorre tra le due rotaie del binario e che viene comandata dall’albero motore della locomotiva. Così il treno può superare anche le pendenze più rischiose.

 

4 novembre 1862

28. Grazie a Richard Gatling i soldati dell’Unione ora hanno una mitragliatrice capace di sparare 350 colpi al minuto.

• Richard Gatling, un medico americano che si è unito ai nordisti, inventa la prima mitragliatrice della storia, convinto, come lo furono poi gli inventori della bomba atomica, che dopo un po’ di colpi con quell’arnese i nemici si sarebbero ritirati e la guerra sarebbe finita. Così, pensava, si potevano risparmiare molte vite (ammesso che ne fosse rimasta qualcuna).  La sua mitragliatrice ha 10 canne rotanti che le consentono di sparare ininterrottamente. Ma forse sarebbe stato meglio se si fosse ispirato alle guerre dei Maya (si parla del 2600 a.C.) i quali usavano api e vespe al posto delle armi, come racconta Jeffrey A. Lockwood nel suo libro.  

• Il testo sacro “Popul Vuh” narra che i Maya costruivano finti guerrieri forniti di particolari copricapo che erano zucche svuotate e riempite di insetti armati di pungiglioni. Quando gli assalitori spaccavano le zucche, gli insetti si avventavano su di loro che non riuscivano più a liberarsene.

 

8 dicembre 1862

29. Il fisico, chimico e microbiologo Louis Pasteur, con 36 voti su 60, entra nell’Accademia francese delle Scienze

• Louis Pasteur è ammesso all’Istituto, ma con scarsi suffragi. Pochi studiosi accettano la sua teoria della generazione spontanea dei germi, e non vogliono credere che ogni essere debba nascere da un altro uguale a lui. C’è chi pensa addirittura che Pasteur sia pazzo o almeno che le sue siano soltanto “fissazioni”. Lo scienziato se ne addolora, però sa d’avere ragione e non molla.

 

10 gennaio 1863

30. E’ un gran giorno per i londinesi: da oggi, 10 gennaio 1863, c’è la metropolitana, il Tube, la prima della storia

• Sono solo 6 chilometri e 400 metri, fanno quasi tenerezza in confronto ai 414 km di oggi. La chiamavano ‘Tube’, e qualche volta Underground (ma questo nome lungo se lo presero poi nel 1890 i newyorkesi per la loro metropolitana quando arrivarono a farla, finalmente elettrica) ed era un breve tratto che scorreva – come racconta Giorgio Rivieccio nella sua enciclopedia delle invenzioni – ‘sotto gli edifici vittoriani del West End tra le stazioni di Farrington Street e Bishop’s Road, percorso da fumanti vaporiere’. Il treno elettrico non era ancora stato inventato e bisognava aspettarlo ancora per altri anni, 13 per l’esattezza. Il Tube l’aveva voluto il sindaco Charles Pearson (sembra che fosse anche ingegnere) a causa del traffico già ‘infernale’ nelle vie del centro. ‘Meglio infilare la gente nel Tube’ -  deve essersi detto – ‘e nascondere tutto sotto terra, in una bella Metropolitan line’. Molti là dentro brindarono con lo scotch che si erano portati e - raccontano i bisnipoti dei nonni presenti allora - che qualcuno, sbronzo, volesse perfino andare in testa a guidarlo, ma non gli fu permesso. Comunque fu un gran bel giorno e già in quel primo anno ci viaggiarono nove milioni e mezzo di passeggeri.

 

Marzo 1863

31. Ora la biologia marina, grazie a Ernst Haeckel, studioso nato a Potsdam nel 1834, diventa una scienza per tutti.

• Ernst Haeckel voleva fare il botanico, ma l’incontro con il professor Fritz Mueller, professore di zoologia all’Università di Berlino, gli ha cambiato la vita e oramai dedicherà l’intera esistenza alla biologia soprattutto marina. E’ un mondo favoloso: le acque sono piene di protozoi, fatti di una sola meravigliosa cellula capace di svolgere ogni funzione indispensabile alla vita, perfino quella di riprodursi senza ricorrere all’amore. E la loro bellezza è stupefacente.

  Ernst ha una trentina d’anni, è alto, biondo, declama Dante e Ariosto, suona benissimo il pianoforte, fa impazzire le donne, ma lui passa i giorni a comporre una monografia con 35 tavole sugli esseri del plancton, come i meravigliosi radiolari, che diventa subito un bestseller e gli vale una cattedra all’Università di Jena.

• E’ come se questi microscopici abitanti delle acque fossero pure idee-forma; come se avessero inventato ogni possibile struttura in un tempo in cui nulla ancora esisteva: diademi, elmi barbarici, tripodi, eliche, trombe, lampadari, monili preziosi … c’è perfino la corona di spine, come un presentimento della Passione. Sono giochi di linee, di curve, di luci e colori chiusi dentro spazi simmetrici e rigorosi, che a bordo delle correnti navigano gli oceani da più di mezzo miliardo di anni. Un giorno, nel 1872, Haeckel partirà con la corvetta di Sua Maestà britannica Challenger e un’équipe di studiosi, per cercare le  origini della vita marina: il progetto scientifico oggi più ambizioso del mondo. E più tardi ancora scopriremo quanto (ma quanto!) l’umanità debba a quei protozoi, e precisamente ai radiolari e alle diatomee che avevamo relegato all’ultimo posto del regno animale.

  E’ stato Ernst Haeckel a coniare anni dopo la parola “ecologia” con cui ci riempiamo la bocca ogni giorno, anche se poi non siamo capaci di tradurla in realtà e ancora meno in una politica seria.

• La sua teoria più nota, quella della ‘ricapitolazione’ è riassunta nella frase “l’ontogenesi segue la filogenesi”. Perché lo sviluppo umano, dallo stato fetale in avanti, è uguale a quello della specie: prima pesci e poi avanti fino all’uomo. Questa frase divenne in seguito uno dei pretesti che il nazionalsocialismo avrebbe utilizzato per dimostrare la superiorità della razza ariana. Infatti il naso poco pronunciato e la mancanza di peli dei bambini sarebbero state la dimostrazione che, in base alle stesse caratteristiche fisiche, i ceppi orientali rappresentavano uno stadio evolutivo ancora precedente. Su questa base poi gli haeckeliani tedeschi definirono gli individui nati con un handicap – per esempio la sindrome di Down - “idioti di tipo mongolico”, o “mongoloidi”.

• Purtroppo molte cose avrebbero contribuito a segnare le differenze razziali, legate anche alle capacità intellettive più che altro immaginarie. Haeckel, figurarsi, riteneva che i negri ‘dai capelli lanosi’ fossero ‘incapaci di una vera cultura e di uno sviluppo mentale superiore’. E sosteneva che la differenza fra la ‘ragione’ di un Goethe, di un Kant, di un Lamarck, o di un Darwin e quella del selvaggio è molto più grande della differenza fra la ragione del selvaggio e quella delle scimmie antropoidi. Ora all’esistenza queste razze inferiori gli europei civilizzati si spera che abbiano smesso di credere. Del resto c’è gente inferiore anche tra i bianchi, e quanta.

 

Estate 1863

32. Durante la guerra di secessione i confederati costruiscono il sommergibile CSS Hunley che affonda una fregata nordista

• Fino ad allora sott’acqua ci si andava solo con la campana da palombaro, un brevetto rubato al ragno Argironeta, che vive sotto la superficie, dentro una bolla d’aria coperta da una tela fatta da lui e ancorata alle alghe. Il ragno va su e giù spesso per rinnovare la provvista d’aria e anche la camera della sposa è una bolla simile, ma sistemata un po’ più in là grazie a una specie di tunnel perché i ragni sono notoriamente litigiosi. A parte la ‘campana’ l’idea dei sommergibili gli umani l’avevano avuta spesso, ma come sarebbe stato possibile farli marciare senza motore, a propulsione manuale, insomma a manovella? Il successo del CSS Hunley dette la prova della loro efficienza come arma, però era chiaro – anche se loro non lo sapevano - che bisognava aspettare l’elettricità, o comunque un mezzo nuovo, più potente. Nel 1864 un certo Narcis Monturiol fabbricò l’Ictineo II che riusciva a produrne un pochino, però l’autonomia era troppo scarsa e nessuno ha più tentato di costruirne altri finché nel 1888 c’è riuscita l’America.

  

Settembre 1863

33. Nell’isola greca di Samotracia si ritrova a pezzi una delle statue più famose del mondo: la Nike (‘vittoria’ in greco).

• La Nike detta di Samotracia fu probabilmente scolpita attorno al 190 a.C. Ha preso il nome dal luogo del suo ritrovamento, avvenuto nel 1863 nell’isola di Samotracia, presso il Santuario dei Grandi Dei (ossia i Cabiri, divinità cui era dedicato un antichissimo culto misterico). A volte quegli dèi erano considerati discendenti di Efesto, a volte accostati a Demetra, o ai Dioscuri e perciò legati alla navigazione; secondo Mazzarino, autore di Fra Oriente e Occidente, i Cabiri sarebbero divinità fenicie della navigazione, secondo altri il culto è originario dell’Anatolia. Fu il console francese a trovarla, ridotta in 150 pezzi. Ricomposta, con un’ala rifatta, si trova oggi al museo del Louvre. Mancano le braccia e la testa, anche se tutto l’insieme è molto armonico, ma il mistero di quella testa perduta ha tolto il sonno a parecchi studiosi e archeologi. Diciamolo pure, anche a noi capita spesso di pensarci, e ci siamo convinti che qualcuno ce l’abbia, magari senza sapere che è della Nike.

 

Ottobre 1863

34. A 29 anni Adolf von Baeyer, chimico, crea i primi barbiturici, però non gli dà importanza, gliene danno invece molta il suo aiuto Fisher e la Bayer che li produrrà a tonnellate

• Adolf von Baeyer aveva un assistente, Hermann Fisher, il quale raccontava come mai i barbiturici si sono chiamati barbiturici: il suo capo, von Baeyer, appunto, aveva mescolato l’acido malonico con l’urea e siccome l’urina per i suoi esperimenti gliela forniva sempre la servetta che si chiamava Barbara, aveva messo insieme le due parole aggiustandole un po’, e ne era uscito ‘barbiturico’. Poi Fisher deve essersi pentito di averlo detto e ha diffuso un’altra versione più dignitosa: dopo avere sintetizzato la nuova sostanza, il chimico sarebbe andato a bere in una taverna dove gli artiglieri della città festeggiavano la loro protettrice Santa Barbara, e la scelta del nome era stata un omaggio a lei. Fisher coinvolse nel suo lavoro anche il fisiologo Josef von Mering, ma passarono parecchi anni prima che il farmaco finisse nelle mani della Bayer, l’azienda farmaceutica per la quale Fisher e von Mering lavoravano. In seguito hanno inventato il Barbital, poi chiamato Veronal dalla Bayer, ipnotico che ha avuto molto successo perfino tra chi si voleva suicidare.

 

29 novembre 1863 

35. Francesco Brioschi fonda il politecnico di Milano, detto il PoliMI, che segue di pochi mesi quello di Torino

• Francesco Brioschi realizza un luogo dove si studia ingegneria, architettura, design, e si può prendere un “dottorato di ricerca”. Molti studenti arrivano dalla provincia sperando di lasciarsi alle spalle i mestieri più semplici e la campagna, ma ci sono anche quelli che provengono da famiglie nobili, come Emilio Gola, che si laurea in ingegneria industriale poi però ci ripensa e fa il pittore. Influenzato dai fiamminghi, si appassionerà ai Navigli milanesi ed entrerà all’Accademia di Brera.

• Il Poli è una delle scuole più frequentate. Per un certo periodo vi sostò anche un geniale fisico sempre contestato e forse perfino assassinato. Quello che – si dice – non ha inventato solo il nostro presente (con la corrente alternata che illumina le nostre notti), ma anche il futuro, con scoperte che riemergeranno benché lui non sia più tra i vivi: il fisico croato Nikola Tesla, di cui parleremo in seguito, quando si scontrerà con Edison sulla corrente continua e quella alternata e scoppierà la famosa ‘guerra delle correnti’. 

 

7 gennaio 1864

36. Alla Sorbona, davanti a un pubblico numeroso, il chimico e microbiologo Louis Pasteur fa un discorso importante e in Francia il suo nome è sempre più famoso

• Louis Pasteur, chimico e biologo, ma soprattutto microbiologo sempre più noto, parla alla Sorbona. E’ il 7 gennaio, il giorno dopo l’Epifania, quasi un giorno di festa. La sala è piena di gente, ci sono persone famose come Alexandre Dumas padre, George Sand, la principessa Mathilde, e c’è anche il presidente dell’Associazione vinai, che se ne infischia dei discorsi troppo complicati, spera solo che il celebre chimico salvi i preziosi vini francesi che invecchiando inacidiscono.

• Pasteur invece affronta i grandi problemi: evoluzione o creazione? Dove va l’idea di Dio? E la materia si può organizzare da sola? Non può, dice, perché la generazione spontanea non esiste e perché ognuno, anche il germe, viene da un altro germe simile a lui. E’ questo soprattutto che vuole spiegare.

 Conclude dicendo che il saggio deve preoccuparsi di quello che si dirà di lui dopo un secolo e non delle ingiurie, o dei complimenti che gli si fanno oggi. Battimani, saluti, poi il presidente dell’associazione vinai lo ferma sulla porta: può fare qualcosa per salvare i vini di Francia? Lui promette che lo farà, e infatti sarà una delle sue prime pastorizzazioni, poi loro impareranno e si arrangeranno da sé: in fondo è facile, basta scaldare il liquido a 50/60 gradi, che non fermenterà più. ‘Grazie, la compenseremo come vuole’, ma lui non vuole niente. Avrà magari in premio una cassetta di vini famosi, che la fermentazione ha appena salvato.

 

Marzo 1864

37. Il fisico pisano Antonio Pacinotti, studioso dei problemi legati all’induzione elettromagnetica, fabbrica una dinamo

• Pacinotti si è indirizzato piuttosto presto verso i problemi dell’elettrologia, e quando gli altri giovani ancora perdevano il tempo giocando a palla o filandosi le ragazze, lui viveva i suoi vent’anni tutto preso dal nascente universo dell’elettricità. Tanto da fantasticare di poter costruire un generatore dinamo-elettrico di corrente continua, che avrebbe potuto funzionare anche come motore (e l’ha fabbricato sul serio, proprio con le sue mani, tanto che poi il generatore è passato alla storia della Scienza col nome anello di Pacinotti). I primi risultati li ha ottenuti nel 1859, ma ha fatto appena in tempo a rendersi conto della rivoluzione che poteva provocare la sua invenzione quando s’è dovuto arruolare. E ovviamente ha scelto il Genio: solo quello gli poteva andare bene.

 Riprende a lavorarci quando torna alla vita civile, nel 1864/65, e subito ricomincia a darsi da fare col suo anello finché riesce a mettere a punto sia il prototipo della dinamo, sia del motore elettrico, come quello di oggi!

• Esistono ancora tre esemplari originali delle sue dinamo: la prima di queste preziose creazioni si trova al Museo di Fisica di Cagliari, mentre la seconda e la terza sono una a Pisa e una allo Science Museum di Londra, venerate da tutti, anche da quelli che passano e non capiscono bene di che cosa si tratta, ma fanno come gli altri.

 

1864

38. In Svezia il giovane chimico Alfred Nobel ottiene il brevetto per un’invenzione storica: il Detonatore Nobel

• Alfred Nobel ha lavorato sulla nitroglicerina, un esplosivo di consistenza oleosa, scoperto nel 1846 da un chimico italiano, Ascanio Sobrero, che non avendo trovato il modo per controllare l’esplosione, aveva deciso di lasciar perdere l’idea. Però essendo medico  e notando gli arrossamenti delle mani e del collo degli operai che la toccavano, Sobrero s’era accorto di una strana caratteristica della sostanza: agiva da vasodilatatore (ancora oggi, infatti, con opportune modifiche, si usa per curare l’angina pectoris).

Alfred Nobel, nel laboratorio chimico del padre a Helenborg presso Stoccolma, fin dagli anni 1860 aveva cercato di perfezionare la tecnica dell’esplosione usando un nuovo tipo di innesco. Purtroppo però una cassetta di nitroglicerina che serviva per gli esperimenti di laboratorio (attiguo alla loro abitazione) è esplosa e suo fratello Emil, più giovane di lui, è morto insieme con altre quattro persone. Alfred, desolato, si è ostinato a renderla meno pericolosa e ha trovato la soluzione utilizzando una particolare roccia friabile chiamata "farina fossile" o "tripoli". E’ formata dai microscopici gusci silicei di alghe unicellulari, le bellissime diatomee che vivono in mare o nelle acque dolci. Mescolando farina fossile e nitroglicerina, Nobel ottenne un esplosivo che poteva essere maneggiato senza pericolo. Solo se il prodotto veniva innescato da un detonatore apposito, Il Detonatore Nobel appunto, la miscela esplodeva. La “nitroglicerina sicura” venne brevettata poi nel 1867 con il nome di "dinamite" (dal greco dynamis che significa forza, potenza, unito al nome “diatomite”).

La vicenda di Alfred Nobel e della dinamite però è più pesante e complicata e se qualcuno vuole conoscerla meglio la troverà nel box che gli abbiamo dedicato.

 

Box

 

“Nobel? Ah sì, quello del Premio e della dinamite” dicono subito.  In genere la conoscenza si ferma qui.

 Certo, con la dinamite è stato possibile realizzare grandi opere prima impensabili, ma la vera rivoluzione, quello che ha cambiato, ahinoi!, la faccia del mondo, sono i suoi brevetti sugli esplosivi progressivi, o da lancio. Vediamo come.

Le armi da fuoco, cannone e archibugio, compaiono nel lontano medioevo e non si evolvono per secoli finché si basano sulla polvere pirica e sulla meccanica rudimentale di allora.

 È Nobel a cambiare le carte con quegli esplosivi i quali, complici le arti meccaniche che intanto hanno raggiunto livelli eccelsi, aprono strade insperate alla balistica. Non è poi eccessivo dire che a quel punto la balistica diventa parente dei supremi moti celesti. Sì, perché la rudimentale, povera, tapina palla che usciva dal vecchio cannone riceveva soltanto una spinta iniziale di durata infinitesimale, col risultato di fare ben poca strada nel suo volo ed era in balia di forze che ne taravano l’efficacia.

 Sarà l’esplosivo progressivo  di Nobel a trasformare  cannone e fucile in cose maledettamente serie, intanto consentendo l’allungamento delle canne di lancio con conseguente maggiore spinta del proiettile (non più palla). A questo punto Sua Maestà Il Proiettile diventa parente stretto degli astri che girano nell’universo, diventa come loro grazie alla rigatura elicoidale della canna di lancio, gira su se stesso presentando sempre la punta, ha una velocità infinitamente maggiore, una traiettoria tesa e precisa e va esattamente dove gli si comanda di andare.

 Infatti il nuovo esplosivo non si comporta più come la vecchia polvere pirica (una gran botta per un attimo), ma continua a spingere il proiettile per tutta la lunghezza della canna.

E qui c’è una stranezza: qualche decina di anni dopo la rivoluzione dell’esplo­sivo-progressivo di Nobel, arriva il brevetto del motore Diesel che, guarda caso, perfeziona il motore a scoppio inventato da von Otto e proprio nello stesso senso. Cioè nel cilindro di Otto l’esplosione dura un attimo, come nell’antico cannone a polvere pirica, mentre nel cilindro Diesel la combustione va avanti per tutta la durata della corsa del pistone, insomma le cose funzionano come nel cannone moderno.  

 Ecco qualche dato sulla famosa Grossa Berta, il cannone (ideato da Krupp) che nel 1914 sparava su Parigi dalla Germania:

Lunghezza della canna: 28 metri

Diametro della bocca da fuoco: 24 centimetri

Velocità di uscita del proiettile: 1600 metri al secondo

Gittata: 100 chilometri (!!!).

Il primo colpo di quel super cannone ha colpito un edificio di Place de la Concorde. Il mostro capace di tanto era pronto dal 1902, e sicuramente la sua esistenza ha contribuito a solleticare speranze e sogni in certi tedeschi.

Nobel era già defunto (1896) e non ha potuto sapere nulla di quelle tristi meraviglie, ma essendo una persona sensibile si era accorto dei guai che aveva combinato con le sue scoperte.

La prima botta gli arrivò in seguito all’incidente di laboratorio di cui abbiamo parlato, dove ha trovato la morte suo fratello. Chissà come, però, si sparge la notizia che il morto sia lui e si scatena la bagarre. Un titolo è tremendo “È MORTO IL SIGNORE DELLA MORTE”.

 Da allora la sua vita diventa un tormento, e servirà ben poco “farsi perdonare” istituendo il Premio Nobel teso a iniziative nobili di fratellanza, cultura e pace.

 

(chiusura del box)

 

Dicembre 1864

39. James Clerk Maxwell, che ha tradotto in linguaggio matematico le scoperte di Faraday sull’elettromagnetismo, presenta le sue leggi alla Royal Society

• James Clerk Maxwell spiega che quando un raggio luminoso spicca la corsa, produce una piccola quantità di elettricità che a sua volta genera il magnetismo: è una sorta di reazione a catena che si propaga perché, dice, ‘le onde si inseguono saltellando letteralmente una sull’altra in un mutuo abbraccio’. Espone la nuova, fondamentale ‘teoria di campo’, alla quale aveva pensato anche Faraday. Però non sa per quanto tempo e per quanto spazio le onde e le forze potranno continuare a intrecciarsi. Per arrivare a saperlo bisogna aspettare Einstein che ‘monterà a cavallo sulle formule di Maxwell’ – da ragazzo disertava le lezioni, girava con i trattati di Maxwell sotto il braccio e si metteva in qualche caffè a leggerli e rileggerli tanto lo affascinavano – e poi andrà avanti, molto più avanti di quel che allora si potesse immaginare.

 

Inizio 1865

40. Rudolf Clausius (1822-1888) fisico e matematico tedesco introduce il concetto di entropia e formula le due leggi della termodinamica in forma generale (e un po’ metafisica)  

• Rudolf Clausius sa che l’energia dell’universo è costante e l’entropia tende a un massimo. Ma che cos’è l’entropia? Chi scrive ha cercato di trovare su vari libri una frase costruita in modo comprensibile, facile da leggere, ma solo un amico fotografo che ha lavorato al CNEN di Frascati, laboratorio gas ionizzati, Giancarlo Mancori, ha gridato (dal giardino dove stava zappando) una parola sola: “disordine.” Troppo semplice? Però è quella giusta.

• Insomma, come ci spiega infine la “nonciclopedia”, questa dannata entropia che Clausius si affanna a “introdurre” anche se nessuno ne sentiva un gran bisogno, sarebbe la proprietà di tutte le cose di mettersi automaticamente in disordine nonostante i nostri futili tentativi di metterle a posto. Un esempio: immaginiamo un mazzo di carte nuove: se lo lanciate in aria cadranno sparpagliandosi. Per lanciarle avete impiegato un attimo e poca energia, ma per riordinarle ve ne servirà di più, perché all’universo non importa niente della forma degli oggetti e dell’ordine. Per lui qualsiasi cosa è un insieme di atomi che si muove in base a leggi che se ne sbattono delle nostre idee sull’ordine e sulla forma. Quindi inevitabilmente gli atomi tendono a mescolarsi e l’energia a espandersi nell’universo e a trasformarsi in forme inutilizzabili per fini pratici, però il disordine crea calore. Semplice, no? In più, quando arriveremo alla “massima entropia” sarà la totale “morte termica”. E pensare che secondo una logica terra-terra la morte termica ci sembrava dovesse arrivare quando tutto si blocca nel freddo totale, allo zero assoluto, -273,15 gradi centigradi!

 

Fine gennaio 1865

41. Il chimico Kekulé racconta d’avere scoperto la formula del benzene sognando un serpente che si morde la coda

• Friedrich August Kekulé, chimico tedesco, per 25 anni non aveva mai voluto spiegare com’era arrivato a scoprire la struttura della molecola del benzene, un gas che fin dai primi anni dell’Ottocento si usava per illuminare gli edifici pubblici. Quel gas veniva estratto dalle balene e già allora, purtroppo, ucciderle era anche uno sport. Quando poi quel gas si doveva trasportare bisognava comprimerlo. Allora diventava un liquido che - analizzato da Michael Faraday nel 1825 – si era rivelato un composto di idrogeno e di carbonio in quantità uguali, però nessuno aveva individuato la formula di struttura della molecola.

• Finché una sera del 1865, durante una festa in suo onore a Berlino, chiamata appunto Benzolfest, il professor Kekulé (che forse aveva bevuto un bicchiere in più) s’è deciso a spiegarlo: “Ero davanti al camino – ha detto – e mi sono appisolato con la mente fissa sul benzene. A un certo punto ho sognato dei serpenti e uno di essi s’è attorcigliato mettendosi la coda in bocca. Ho sussultato e capito che il benzene gli poteva somigliare: nella mia mente ora si formava un esagono e gli atomi di idrogeno stavano sulle sei punte. Dormiamo, dunque, miei signori, e forse così saremo in grado di scoprire molti misteri nascosti…”

 Gli amici erano a bocca aperta per la meraviglia e se fosse già esistito il Nobel, Kekulé avrebbe finito per prenderlo, ma 99 anni dopo è venuta fuori la verità: il fascinoso e autorevole professore aveva raccontato una bubbola. Nel 1984 il biochimico John Wotiz – Università dell’Illinois - e la sua collega Susanna Rudofsky dell’Università di Chicago - fecero una lunga indagine sulla base di certi documenti d’archivio e scoprirono che già nel 1854 era uscito il libro di un chimico francese, A. Laurent, dove - alla pagina 408 - c’era il disegno della struttura esagonale del cloruro di benzoile, molto vicino al benzene di Kekulé.

     

Febbraio 1865

42. Il monaco Gregor Mendel (1822-1884) presenta la sua teoria sull’ereditarietà dopo avere per anni incrociato piselli nell’orto del monastero di Brno in Moravia

• Gregor Mendel, monaco agostiniano naturalista, presenta alla riunione della Società di Scienze Naturali del capoluogo moravo i risultati dei suoi esperimenti con le piante. Da tempo sta lavorando nell’orto dell’abbazia, dove con pazienza è riuscito - dopo innumerevoli incroci - a scoprire le caratteristiche variabili delle piante ed è arrivato a capire i meccanismi dell’ereditarietà. Per sette anni ha coltivato, ibridato e analizzato circa 28.000 piante di piselli, ma gli ci è voluto ancora un biennio per elaborare tutti i dati. Senza saperlo aveva scoperto l’esistenza dei geni. Alla fine ha scritto quelle che in seguito sono diventate famose come “Le tre leggi dell’ereditarietà di Mendel” e che certo non riguardano solo i piselli, ma tutti i viventi. E’ così che nasce la genetica (la parola viene dal verbo ‘generare’).

 Quel giorno di febbraio, Mendel ha esposto il suo lungo lavoro a un pubblico di circa quaranta persone, tra cui biologi, chimici, botanici e medici. Forse non si esprimeva in un linguaggio rigorosamente scientifico, o forse era intimidito: difficile dirlo. Il fatto è che nessuno è riuscito a capirci un granché, tutti gli hanno voltato le spalle un po’ infastiditi e qualcuno ha perfino riso di lui.

• L’anno successivo Mendel ha pubblicato il suo studio, corredato di molti esempi, facendone stampare una quarantina di copie che ha inviato agli scienziati più famosi d’Europa, sperando di convincerli a verificare la sua scoperta con nuovi esperimenti. Quella poteva essere davvero l’occasione buona, ma nessuno gli ha risposto e l’unico che si è interessato al suo lavoro è stato il professore di botanica dell’Università di Monaco, Karl Wilhelm von Nägeli, con il quale per confortarsi rimase sempre in contatto, anche quando lo attaccarono dicendo che aveva barato.

 In realtà alcuni dettagli degli esperimenti che sosteneva di avere fatto risultavano inverosimili o quasi (e ancora oggi qualche dubbio rimane, benché in sostanza avesse ragione lui). Finì che Mendel prese a odiare i piselli e sembra che non li volesse neanche più mangiare, o meglio li mangiasse soltanto per acciaccarli rabbiosamente con i denti. Infine, messi per sempre da parte i piselli, cominciò a giocherellare con i nomi, incrociando anche quelli. Solo in seguito, circa mezzo secolo dopo, ma lui non c’era già più da sedici anni, il mondo accademico si è reso conto che il povero monaco aveva visto giusto.

• Sono stati due botanici tedeschi, Carl Correns e Hugo de Vries, insieme con l’austriaco Erich Tshchermak von Seysenegg, a ripescare il suo lavoro e a lavorare di nuovo sulle leggi dell’ereditarietà. Correns fu il primo a tornare sull’argomento e a ricercare gli scritti con le ‘leggi’ di Mendel. In realtà non gli importava nulla dei piselli, ma era innamorato delle Belle di Notte, certi fiori che si aprono solo di sera. Studiandole si è reso conto che quelle leggi valevano per tutti e che sarebbe stato giusto rendere giustizia al povero Mendel e farlo conoscere al mondo come il padre della genetica, un grande genio sfortunato. Come ha scritto poi Rudolf Diesel, il pioniere del motore a combustione interna, che però capiva anche come funzionano gli esseri umani, “non c’è un detto più bugiardo di quello che il genio si afferma sempre: in realtà 99 geni su 100 muoiono sconosciuti e il centesimo ha successo solo passando un mare di guai.”  

 

10 ottobre 1865

43. La celluloide non è stata inventata per proteggere gli elefanti ai quali venivano strappate le zanne: è il grosso premio dei fabbricanti di biliardi che ha attirato l’inventore

• John Wesley Hyatt era solo uno stampatore americano e a lui degli elefanti non importava un bel niente, ma dei 10 mila dollari messi in palio dalla ditta Phelam e Collender di New York City, sì e molto. La ditta fabbricava biliardi e tremava al pensiero che le palline finissero, in più bisognava tener conto del fatto che con una zanna se ne facevano ben poche. Così Hyatt inventò la celluloide, o meglio sviluppò abilmente una tecnica ideata sette anni prima da un inglese, Alexander Parkes, ci lavorò a lungo migliorandola e arrivò a sintetizzare il primo materiale plastico della storia. Non sappiamo se prese il premio, ma certo riuscì ad approfittare dei grandi successi che ebbe la celluloide usata poi per le pellicole fotografiche.   

 

Marzo 1866

44. L’inventore Peter Mitterhofer presenta al Ministero per il Commercio viennese il prototipo di una macchina per scrivere

• Peter Mitterhofer aveva costruito con pazienza durante l’anno 1865 una macchina per scrivere che dalle immagini appare molto vicina alle nostre (anche se era ben più larga e pesante della snellissima “Lettera 22” considerata uno dei 100 capolavori dell’umanità) ed era sicuro di avere fatto un’invenzione utile e soprattutto liberatoria per molti poveri scrivani condannati al pennino e al calamaio. I funzionari del Ministero del Commercio di Vienna, perplessi, hanno interpellato due professori del Politecnico che si sono congratulati cortesemente con l’inventore, elogiando la perfezione tecnica della macchina costruita, ma hanno aggiunto col sorrisetto ironico dei “so tutto”, che una macchina per scrivere non poteva avere ‘nessun futuro’.

 I professori non la trovavano affatto pratica “inquantoché per poterla adoperare, anche lavorando ad una velocità molto modesta, si richiede un esercizio costante, e quand’anche si riesca ad acquisirne una perfetta padronanza, non si potrà mai conseguire la stessa velocità e sicurezza della scrittura a mano.”

 Figurarsi se gli avessero presentato un prototipo di computer, o anche e solo quel lontano abbozzo di ‘algoritmo’ (un procedimento di calcolo) studiato anni e anni prima dalla matematica inglese Ada Lovelace Byron, figlia del poeta. Forse nessuno oggi tra i milioni di persone che li usano, specialmente i giovani che a volte, anzi di solito, sono piuttosto ignoranti, pensa che sia stata una giovane donna dell’800 a far muovere i primi passi al pc.

• Si può dire che Ada lavorasse in tandem con lo scienziato Charles Babbage (anche lui considerato in seguito uno degli avi dei computer) che s’era prefisso di meccanicizzare i calcoli, esasperato per l’imprecisione delle tavole numeriche pubblicate fino ad allora. Scienziati, contabili, impiegati, capitani di nave, ingegneri e molti altri si affidavano a queste tavole per fare calcoli che richiedessero una precisione migliore della loro, manuale: anche per i decimali. La produzione di tavole però era un compito tedioso e soggetto a errori in ogni fase della preparazione, dal calcolo alla trascrizione, alla composizione a stampa e Babbage era un appassionato “cacciatore” di errori. La tradizione vuole che l’origine della sua fissazione di inventare una macchina da calcolo attendibile si possa far risalire a un momento preciso. Pare che un giorno, controllando con l’astronomo Herschel i calcoli compiuti da alcuni impiegati dell’Astronomical Society, lo scienziato abbia perso la pazienza per la quantità di errori che  trovava, e abbia detto: “come vorrei che i calcoli fossero fatti a vapore!” (by steam, disse, perché era quella l’unica macchina disponibile nel suo tempo).

 

Inizio estate 1866

45. Cyrus W. Field, l’americano finanziatore dell’impresa, riesce finalmente a posare un cavo telegrafico che attraversa l’Oceano Atlantico collegando l’Europa agli Stati Uniti

• Cyrus W. Field era un uomo cocciuto, ma forse è meglio dire che era un imprenditore di quelli che non si lasciano mai abbattere dalle sconfitte e voleva farcela per forza: l’ultima volta, nel 1865, il cavo transoceanico che doveva unire l’Inghilterra e l’America si era spezzato dopo 600 km. Bene, lui ricomincia da capo. E’ un uomo, come dice il chimico Isaac Azimov, dalla volontà irriducibile. Se non la spunta ora che ha 47 anni, non la spunterà più (un secolo e mezzo fa la vita durava meno). Così richiama il transatlantico Great Eastern già usato nel 1865 dalla Anglo American Telegraph Co. e costruito da Isambard K.Brunel (l’ingegnere inglese noto per aver realizzato la galleria sotto il Tamigi ispirandosi alla tecnica di un verme marino, la Teredo navalis che riempiva di buchi le navi di legno e ora si contenta dei pali immersi nell’acqua). Poi va a ripescare il cavo rotto, lo fa aggiustare, ricoprire di guttaperca - una sostanza gommosa raccolta in Malesia dall’albero dell’Isonadra perca - ma alla fine userà un cavo nuovo, e la nave riparte dall’Irlanda puntando su Terranova.

• Certo là sotto, durante quel viaggio di 2000 chilometri, il cavo incontrerà parecchie sorprese e molti pericoli: zone montuose, buche a sprofondo, forse qualche vulcano sconosciuto o perlomeno una ‘fumarola’ rovente e chissà quanti grossi pesci famelici si avventeranno speranzosi sulla guttaperca sperando che sia commestibile, ma Field è convinto che se l’altra volta un cavo ha resistito per 600 km può a sopportarne anche molti di più. Quando si ferma a Terranova il cavo srotolato è lungo 1.852 miglia nautiche, niente male.

• Alle 8,55 del 27 luglio 1866 la regina Vittoria d’Inghilterra e il presidente degli Stati Uniti James Buchanan si salutano via telegrafo.“Parleransi li omini di remotissimi paesi e risponderansi”, scriveva nel 1500 Leonardo da Vinci, in una delle sue ‘visioni del futuro’. E’ accaduto davvero.

•  Field ha speso una fortuna, ma ce l’ha fatta, ha posato il primo cavo là dove oggi, terzo millennio, ce ne sono più di 20 che servono per inviare ‘pacchi’ di informazioni digitali, soprattutto le più segrete, quelle militari ed economiche (ai semplici mortali i garbugli della finanza è meglio nasconderli, devono subire senza saperne nulla). Per le telecomunicazioni ora si usano fibre ottiche e in alcuni casi, come per i collegamenti con l’Antartide, le vie satellitari. 

 

Giugno 1866

46. Sophia Jex-Blake si laurea in medicina. E’ la prima volta che una donna ci riesce. Le porte della scienza aprono uno spiraglio alle donne, ma la laurea bisogna andare a prenderla altrove.   

• Sophia Jex-Blake è ufficialmente medico-chirurgo: si è laureata a Berna dove aveva dovuto frequentare di nuovo l’Università, pur avendo già studiato in America e in Inghilterra. E non è vero  - come sostiene qualche maligno – che se gli inglesi avessero capito che era lesbica le avrebbero dato la laurea considerandola quasi un uomo, perché a quei tempi l’omosessualità era una colpa gravissima, più o meno come pretendere il dottorato essendo femmina. Fu lei, in seguito, a battersi perché il Parlamento britannico approvasse la legge che consentiva alle donne inglesi di laurearsi e praticare la medicina, cosa che avvenne solo dieci anni dopo, nel 1876.   

• In Francia però un’altra Sophie (già, ‘sofia’ vuol dire sapienza!) era riuscita a guadagnare, con le sue ricerche sulle equazioni matematiche portate avanti con successo (grazie a corsi per corrispondenza con l’École polytechnique di Parigi) almeno il Premio dell’Istituto di Francia, ed era appena il 1815. Ma c’è ancora un’altra Sofia, la Kovalevskaja, nata a Mosca nel 1850: questa è russa e l’ha affascinata la matematica fin da bambina quando dormiva in una stanza dalle pareti tappezzate con vecchi fogli pieni di equazioni e calcoli d’ogni tipo. La sua è una lotta durissima, nessuno la vuole far studiare, ma poi diventa Principessa della Scienza: è la prima donna in Svezia che entra come docente universitaria. Però arriva subito l’acido giudizio di August Strindberg, il celebre poeta svedese, che scrive: Sof’ja Kovalevski dimostra, in modo lampante, come due più due fa quattro, che una donna docente di matematica è una mostruosità, e come essa sia inutile, dannosa e fuori luogo. Lo racconta Vichi De Marchi in un delizioso libro dell’Editoriale Scienza, intitolato “La trottola di Sofia”, dal quale prendiamo 2 francobolli per pubblicarli. La sua vittoria era così eccezionale che bisognava celebrarla! 

• Le scienziate del passato – senza arrivare allo scempio atroce del corpo dell’astronoma e inventrice Ipazia d’Alessandria nel V secolo d.C. per l’odio del vescovo cristiano Cirillo – non erano così malviste. Potevano perfino lavorare. ma all’ombra dei fratelli o del marito, come Anne Marie Lavoisier, e Caroline Herschel, sorella di William, scopritore del pianeta Urano (anche grazie a lei). Eppure Caroline aveva individuato da sola ben otto comete. Solo Émile de Châtelet, la compagna di Voltaire morta a 40 anni di febbre puerperale, aveva potuto ‘fare scienza’, ma lei era aristocratica, ricca e molto astuta.

• Un po’ di istruzione, anche se limitata, aveva cominciato a sfiorare le dame dell’aristocrazia già intorno al Seicento (per esempio la famosa Elena Cornaro Piscopia, padovana, laureata in filosofia a Venezia), e più ancora nel Settecento, ma per le donne di estrazione modesta, anche se intelligenti, dovevano bastare – come scrisse un religioso – ‘le prediche del parroco e i discorsi del padrone’. Se scendiamo nei secoli oscuri, le donne che curavano la gente con erbe medicinali (oggi alla base di parecchi farmaci), rischiavano di finire sul rogo per stregoneria. Anzi, la “caccia alle streghe” per molte persone era diventata uno sport molto redditizio.

 

20 luglio 1866

47. Dopo vari tentativi di curarsi la tubercolosi in Italia, Bernard Riemann, il matematico tedesco che ha ipotizzato la curvatura dello spazio, muore a 40 anni sul Lago Maggiore

• Bernard George Fredrich Riemann, figlio di un pastore protestante, segue gli studi del padre per un po’, ma appassionato com’è di geometria e di matematica vorrebbe spiegare perfino la Genesi con i numeri, però non ci riesce. Quando poi si laurea nel 1848, fa una tesi che solo il grande Gauss (1777-1855) può capire perché dà l’avvio a nuove prospettive e sviluppi della matematica e della geometria, ipotizzando perfino la curvatura dello spazio per effetto della gravitazione. In seguito Einstein si servirà dei suoi studi e delle sue ipotesi, come di quelle di Maxwell. Da Lobacevzkij (1793-1856) e da Riemann prendono l’avvio le geometrie non euclidee, che smontano il concetto filosofico di verità assoluta sostituendolo con quello di verità variabili, ma ugualmente valide.

 

Autunno 1866

48. La medicina si arricchisce di nuovi farmaci, però molti medici sono insoddisfatti. Jacob Moleschott, scienziato e fisiologo olandese, scopre l’importanza di alcuni sali minerali

• Lo scienziato Jacob Moleschott si accorge che la carenza - o lo squilibrio - di alcuni sali minerali causa varie malattie organiche. Cercando nuove vie per la cura dei malati, era stato attratto dall’omeopatia, fondata alla fine del 1700 dal medico tedesco Samuel Hannemann, deluso anche lui dalle pratiche terapeutiche della sua epoca. Si racconta infatti che un giorno abbia chiuso l’ambulatorio e messo fuori un cartello con questa scritta: “Pazienti, andatevene a casa, la medicina non può niente per voi, non voglio rubarvi i soldi”.

 Poi s’era dedicato alla chimica e aveva scoperto che il chinino, farmaco antimalarico per tradizione, provocava in una persona sana gli stessi sintomi della malattia che curava. Arrivò così alla legge del “simile che cura il simile” somministrando ai pazienti piccole dosi di farmaco a diluizioni molto elevate che variava secondo i casi.

• Anche Moleschott per un certo tempo ha praticato questa medicina, ma aveva sempre in mente l’importanza dell’equilibrio dei sali minerali e trovava l’omeopatia di Hannemann un po’ complicata soprattutto per le varie diluizioni. Così, appena ha saputo che il medico tedesco Heinrich Schuessler ha messo a punto una terapia che definisce ‘biochimica’, a base di 12 sali fondamentali, diluiti in modo che “non alterassero le funzioni delle cellule sane, ma fossero in grado di riequilibrare i disturbi funzionali presenti” (parole sue), passò subito a quel tipo di terapia e cominciò a diffonderla in Olanda.

 Ebbe subito discepoli in tutto il mondo anglosassone, poi anche fuori, perfino in Oriente e benché i medici allopatici (e anche quelli rigorosamente omeopatici) abbiano sempre cercato di contrastarli, la biochimica e i Sali di Schuessler si usano ancora oggi: sempre gli stessi “magnifici 12”, come li chiamano i fedelissimi.         

 

Inverno 1866

49. Enrico Bottini, primario chirurgo all’Ospedale Maggiore di Novara, la pensa come Semmelweis e anticipa di un anno Lister. Scrive un libro, ma la storia lo dimentica

• Il professor Enrico Bottini, primario chirurgo, usa una soluzione acquosa di acido fenico per lavare piaghe e ferite e disinfettare gli strumenti. E’ convinto, come il medico ungherese, che le infezioni siano trasmesse dai medici e dagli strumenti. L’italiano lo fa da tempo e nessuno si oppone, anzi i suoi aiuti sono molto scrupolosi nel disinfettarsi, però all’estero nessuno se ne occupa. Solo in Italia, molto più tardi, il professor G.P. Arcieri parla di lui in una pubblicazione dicendo che Bottini aveva preceduto Lister almeno di un anno, ma pochi sembrano accorgersene.

 

1867

50. Il medico inglese Joseph Lister pubblica un lavoro sostenendo le teorie di Semmelweis, ma non cita lui né Bottini. Questa volta il mondo accademico non fa opposizione

• Joseph Lister spiega che non permette mai ai suoi assistenti di toccare i pazienti se le mani e gli strumenti chirurgici non sono perfettamente disinfettati, e in più devono usare guanti sterili per ogni intervento. Pubblica sull’importante rivista “The Lancet” un articolo di sette pagine in cui scrive: ‘Ricordiamoci sempre che l’atmosfera trascina con sé polvere di sostanze organiche e che su questo soggetto il chimico francese Pasteur ci ha bene illuminati, dimostrando che l’aria contiene germi di quegli animalculi inferiori che sono gli infetti compagni della putrefazione e portano gravi malattie.’ Non cita però l’italiano Enrico Bottini, che aveva già pubblicato gli stessi avvertimenti nel 1866, né l’infelice Semmelweis. Per uno strano svolgersi della storia medica, Lister diventerà il fondatore dell’antisepsi (sterilizzazione) e ancora oggi esiste un disinfettante che porta il suo nome.

 

1867

51. L’ingegnere elettrotecnico Georges Leclanché inventa la pila a secco, molto simile a quelle che usiamo oggi

• Georges Leclanché studiava ingegneria a Parigi e aveva un’idea fissa, un sogno che infine è riuscito a realizzare: voleva costruire qualcosa che permettesse alla gente di portarsi dietro un po’ di elettricità tascabile da usare al bisogno. Alessandro Volta aveva già fabbricato una pila che però presentava un difetto: si basava sulle reazioni chimiche che si creano tra i dischetti di rame e di zinco (elettrodi) e una soluzione di acido solforico che – come tutti sostengono – è una “brutta bestia” da gestire. La pila – o batteria a corrente continua - che lui presenta e che viene chiamata con un certo ottimismo “a secco”, non ha liquidi: funziona a grafite-zinco-cloruro di ammonio, però gli elettrodi sono immersi in paste gelatinose. Si può considerare l’antenata delle batterie sicure che oggi vengono usate nei giocattoli e negli apparecchi elettronici. Non è ancora la comoda e potente pila alcalina, ma poco ci manca.

 

Estate 1867

52. Quando la prima automobile è nata, la benzina doveva popparla in farmacia. I padri sono Daimler, Benz, Lagen, Otto, due italiani (uno era un prete), più un certo Marcus   

• Gottlieb Daimler e Karl Benz passano per i padri ufficiali dell’automobile, ma non è del tutto vero: c’entrano anche Eugen Lagen e Nikolaus Otto (che però  inventò il motore a quattro tempi)… Mentre cerchiamo notizie precise spunta anche un certo Wilhelm Maybach che poi scompare, vittima di strani intrighi nel suo Paese, e compaiono due italiani:  uno era addirittura prete, padre Eugenio Barsanti, insegnante di fisica a Pietrasanta, il quale si accoppia - santamente - con l’ingegnere lucchese Felice Matteucci per dare alla luce l’auto. 14 anni prima, cioè nel 1853, i due ‘depositano all’Accademia dei Georgofili di Firenze (non esisteva ancora un ufficio brevetti) un documento con la descrizione dell’invenzione del primo motore a scoppio della storia’: così si legge su internet. Ma quanti padri ha questa macchina, cento? Ha anche una mamma sola come la ragazza della vecchia serenata popolare? Di carrozzeria non si parla, è solo un triciclo col motore e a vederlo nelle fotografie d’epoca è anche bruttino. Con i cavalli faceva più figura.

• A questo punto compare ancora un altro papà, il meclemburghese Siegfrid Marcus il quale verso la seconda metà degli Anni Sessanta ha presentato un prototipo di macchina, il primo che aveva davvero il motore a benzina e l’accensione elettrica. In seguito ne ha esposta una alla Fiera Universale di Vienna del 1873 e la terza è in mostra al Museo di Vienna dove chi scrive ha avuto occasione di vederla. Lui, chissà perché, non aveva nemmeno chiesto il brevetto. C’erano già l’accensione elettrica, l’innesto a frizione, il carburatore, il raffreddamento ad acqua e lo sterzo con ruota a vite senza fine che i non iniziati chiamano ‘vite eterna’. Volendo, camminerebbe ancora.

Marcus è anche il primo (e forse l’unico) ad avere preso una multa per disturbo della quiete pubblica col rombo del motore. Il poverino ha pure litigato con una squadra di poliziotti che gli ha confiscato ‘il mostro’ mentre la gente rideva e lo chiamava ‘il pazzo’.

  In conclusione, detto fra noi, chi è il vero padre? Ma è Henry Ford, no? Quel gran dritto che le ha costruite e vendute a migliaia e si è messo in coppia con un altro gran dritto, ossia Edison!

 

7 novembre 1867

53. A Varsavia da una famiglia piuttosto modesta nasce Marie Sklodowska che diventerà una delle più grandi scienziate della Storia e sarà la prima donna a prendere un Nobel, anzi due

• Marie Sklodovska però non potrà dichiararsi ‘nata a Varsavia’, perché ora i Russi chiamano la sua città “Territorio della Vistola”.

Passerà alla storia della scienza soprattutto come Marie Curie, dal nome del marito Pierre, scienziato anche lui. Insieme scopriranno il radio, senza però potersi difendere dalle radiazioni lesive, perché non si conoscono ancora i danni che provocano.

Riceverà due Premi Nobel: uno per la fisica nel 1903, e uno per la chimica nel 1911.

 

1868

54. Appassionandosi alla spettrografia, l’astronomo inglese sir Norman Lockyer individua l’elio in un raggio di sole

• Si chiamava Joseph Norman Lockyer e da principio non era che un astronomo dilettante che si divertiva a studiare il cielo. Poi divenne un astronomo vero, tanto che fu nominato direttore dell’osservatorio solare di Kensington, a Londra. In quel periodo si mise in mente di riuscire a capire - suggestionato anche dai successi di Ăngström - che ‘aria tirava’ nel Sole. Però, che diamine, i raggi erano troppo intensi, accecavano! Bisognava trovare un modo, forse era più facile studiare i raggi al tramonto. Ma no, troppo rossi a causa delle interferenze dell’atmosfera densa di vapori, o magari con un colpo di verde se nelle leggende c’era qualcosa di vero. Poi gli venne l’idea: avrebbe aspettato una eclissi.

  Analizzando la luce solare scoprì nello spettro la linea di emissione di un elemento sconosciuto, l’elio appunto, il primo degli elementi al di fuori della Terra (il secondo nel sistema periodico) e il più diffuso nell’universo dopo l’idrogeno. In seguito, nel 1894, se ne sarebbe scoperto un pochino anche sul nostro pianeta.

• Intanto, durante un viaggio in India, l’astronomo francese Pierre Jules-César Janssen si dedicava anche lui allo spettro solare, notando tra la serie di colori le famose righe di Fraunhofer nella zona del giallo. E di che altro colore avrebbe potuto essere il gas che aleggia sulla nostra stella infocata? Il nome ‘elio’ fu Lockyer a sceglierlo, pensando all’antico nome greco del Sole, Elios.

• Lockyer, oramai totalmente preso dalla scienza e dal suo fascino multiforme, si prepara a fondare  la rivista “Nature” (uscirà il 4 novembre del 1869), che ancora ai nostri giorni è considerata la più autorevole in campo scientifico, con articoli su tutte le nuove scoperte, come la struttura del DNA, la prima clonazione di un mammifero (la pecora Dolly), il sequenziamento del genoma umano. Dal 1956 c’è anche la rivista “NewScientist”, sempre inglese, ma un po’ meno tecnica, quindi più accessibile ai giovani e ai dilettanti.

 

Maggio 1868

55. Il paleontologo Louis Lartet, figlio del paleontologo Edouard, grazie a certi lavori di scavo scopre a Les Eyzies, in Dordogna (Francia), le ossa di alcuni Cro Magnon

• Louis Lartet ha avuto una fortuna insperata: ha potuto vedere nel luogo esatto della loro sepoltura cinque Cro Magnon vissuti in Europa nel periodo che va fra i 35 mila e i 10 mila anni fa. C’erano le ossa di tre adulti maschi, di una femmina e di un bambino, più gli oggetti che avevano usato e gli ornamenti che avevano messo addosso: pendenti d’avorio lavorato, una collana fatta di chiocciole marine, bracciali e nessun ‘gioiello’ di metallo.

  I Cro Magnon ci somigliavano molto, erano alti, forti e non bisogna confonderli con i Neanderthal. Anzi ci viene il dubbio – a distanza di migliaia d’anni dal tempo in cui vissero e più di 150 dal loro ritrovamento - che avessero perfino più cervello di noi: infatti il loro cranio era più grande, aveva una capacità di 1.600 cm cubici, ossia 200 circa più del nostro.    

 

1868

56. Un medico tedesco di Lipsia, Carl August Wunderlich, intuisce per la prima volta l’importanza clinica della febbre e ritiene necessario misurarla con un termometro.

• Il professor Karl Wunderlich sapeva che i termometri esistevano, ma sapeva pure che non s’erano mai usati per misurare la temperatura corporea. Era opinione comune che la febbre fosse una malattia in sé e non la conseguenza di un’altra. Però era un sistema sicuro per togliersi di dosso i pidocchi, i quali abbandonavano subito un corpo che diventava troppo caldo.

  I termometri erano stati inventati ai tempi di Erone di Alessandria, scienziato greco, vissuto – si pensa – nel 1° secolo d.C. quindi è trascorso parecchio tempo prima che si capisse che quegli oggetti avrebbero aiutato i medici a valutare la gravità di una malattia, o di un’infezione. Oltre a Wunderlich, solo un professore dell’Università di Padova, Santoro Santori, capì che poteva essere utile per fare una diagnosi. E’ stato poi un inglese, Thomas Clifford Albutt, a costruirne uno simile a quelli che conosciamo oggi: era lungo 15 cm e aveva già il mercurio che recentemente è stato eliminato. Infatti, se il vetro si rompe e quel mobilissimo metallo esce, diventa pericoloso specie per i bambini, che giocando possono anche inghiottirlo con gravi conseguenze.

 

Giugno 1868

57. L’apertura del canale di Suez, dopo 9 anni di lavori, è a buon punto e il promotore ed esecutore Ferdinand de Lesseps pensa che potrà essere inaugurato l’anno successivo

• Ferdinand de Lesseps oramai è ottimista riguardo al fatto che la costruzione del canale di Suez andrà a buon fine, anche se il suo progetto ha sollevato fin dall’inizio parecchie critiche. Alcune obiezioni contenute in un velenoso articolo del “Times” di Londra il 25 ottobre 1855 l’avevano fatto parecchio incavolare, per esempio questa: ‘Anche se il progetto fosse realizzabile, non comporterebbe alcun vantaggio per il commercio e la navigazione, che continuerebbero a seguire la via più lunga del Capo di Buona Speranza … ma quand’anche i naviganti dovessero preferire la nuova via, l’impresa sarebbe sempre svantaggiosa per gli azionisti: le entrate non coprirebbero mai le spese.’ …’  Due anni dopo l’attacco riprendeva anche più acceso, infatti Lord Palmerston il 7 luglio 1857 sbraitava in Parlamento: ‘E’ un’impresa che appartiene alla categoria dei progetti truffa che tendono trappole alla credulità dei capitalisti inglesi … e coloro che hanno investito denaro si sentiranno amaramente ingannati.’

• Ora finalmente Lesseps si muove sicuro e quest’anno ha risposto per le rime ai suoi detrattori, ma bisogna ammettere che quello che l’ha salvato sono stati l’invenzione e l’uso di locomotive e draghe a vapore, senza le quali il piano rischiava di crollare nonostante la sua tenacia (che lo porterà un giorno a costruire il Canale di Panama, enorme lavoro durante il quale purtroppo si perderanno migliaia di vite umane). Ora invece si prepara la gloria non solo per lui, ma soprattutto per il suo Paese, la Francia. Però non si deve dimenticare che il progetto tecnico è di un italiano, Luigi Negrelli, ingegnere e pioniere ferroviario.     

 

Settembre 1868

58. Christopher Latham Sholes riesce a imporre la macchina da scrivere. Non è la prima volta che ne inventano una e la brevettano, ma questa finalmente ha successo

• Chrisopher Latham Sholes, editore e giornalista, ha ideato una macchina basandosi su quella brevettata 13 anni prima dal piemontese Giuseppe Ravizza, ma la sua ha avuto fortuna, mentre l’altra no. Nel 1868 è già in vendita e va bene. Invece l’austriaco Peter Mitterhofer che due anni prima ne aveva portata una al Ministero del Commercio di Vienna era stato pressoché sbeffeggiato con la risposta ‘Non avrà mai un futuro…’, mentre gli altri erano stati ignorati. Come William Burt con la sua ‘pressa familiare’, ed Henry Mill, il meccanico inglese del primo Settecento. Tutti avevano fatto un buco nell’acqua. A Sholes è andata bene perché ha venduto il brevetto alla fabbrica d’armi Remington (per 120 mila dollari) e la macchina è entrata subito in produzione con la tastiera detta QUERTY (guardate i primi cinque tasti, è da essi che prende il nome). La tastiera ha questa struttura poiché raggruppa le lettere che in inglese sono usate più spesso, e più spesso insieme. Stiamo attenti, però: le coppie di lettere d’uso più frequente sono separate, perché la tastiera “qwerty” fu resa operativa, anzi scelta in primo luogo su macchine da scrivere meccaniche, a martelletti: se si premevano in sequenza due tasti adiacenti c’era il rischio che i martelletti si toccassero e s’incastrassero. Quindi, si tratta di un compromesso tra la possibilità di scrivere velocemente e non fare incastrare i martelletti. Uno dei primi a usarla è stato il famoso scrittore Mark Twain, che ha battuto uno dei suoi racconti umoristici dedicandolo proprio alla macchina da scrivere. Di solito però si cita ‘Vita sul Mississippi’, un suo libro autobiografico, come primo lavoro scritto a macchina. 

 

Primavera 1869

59. Dmitri I. Mendeleev, il chimico russo, considera pronta la sua tavola: mancano solo gli spazi per gli elementi artificiali che verranno ai ‘tempi dell’atomo’ quando lui non ci sarà più.

• Dmitri Mendeleev ha concluso il suo lavoro sul ‘sistema periodico degli elementi’. Oltre ai posti lasciati vuoti per le unità non ancora trovate allo stato naturale, che ha previsto e che poi saranno trovate, mancano gli elementi artificiali che saranno ottenuti con le reazioni nucleari: lui non può certo prevedere la radioattività ed è quindi soddisfatto della sua tavola. Non ha ancora quarant’anni, ma è sulla via di diventare famoso. Nel 1868 è stato tra i fondatori della società chimica russa che oggi porta il suo nome, la Società nazionale Mendeleev e alla fine della vita, nel 1907, avrà pubblicato ben 460 lavori su ricerche di chimica, fisica, geofisica, tecnica industriale e agricoltura, economia e problemi sociali.

 

1869

60. Un chimico svizzero, Johann Friedrich Miescher, scopre la ‘nucleina’ isolandola dal nucleo delle cellule.

• Johann Friedrich Miescher non può immaginarlo, ma la scoperta è molto, molto importante, perché quella che lui chiama nucleina è in realtà uno degli acidi nucleici che hanno un valore fondamentale in tutti gli organismi, essendo portatori dell’informazione genetica trasmissibile (DNA e RNA). Sarà il suo allievo Richard Altmann a ribattezzare la nucleina ‘acido nucleico’: un acido organico, appunto, ricco di fosforo e composto da piccole unità, i nucleotidi.

 

17 novembre 1869

61. Inaugurazione del canale di Suez. Sono passati dieci anni dall’inizio dei lavori e quando Isma’il è salito sul trono d’Egitto, nel 1863, sono sorte alcune difficoltà, ma ora è festa grande

• Il re Isma’il è pienamente soddisfatto del canale, proclama tre giorni di festeggiamenti e il vicerè – chiamato Kedivé - vorrebbe anche una musica importante, scritta proprio per celebrare il grande avvenimento che riporta l’Egitto ai fasti dei faraoni (a quei tempi esisteva già uno stretto canale che univa il Mediterraneo al Mar Rosso, ma si era insabbiato al tempo della decadenza bizantina). Chiede un pezzo di musica per festeggiare l’avvenimento a Giuseppe Verdi offrendogli 80 mila franchi, ma lui non è disponibile. Dice che non vuole fare musiche d’occasione, così nel nuovo teatro, costruito dal livornese Pietro Avoscani, si rappresenta il Rigoletto. Però i contatti con Verdi restano aperti, e il compositore italiano comincia a ripensarci. Dopotutto, 80 mila franchi …

 

26 aprile 1870

62. Ora che il canale di Suez è aperto e i traffici con l’Egitto aumentano, l’italiano Giuseppe Grisi brevetta alcune migliorie nella propulsione navale e una strana ‘nave sferica’

• Giuseppe Grisi, di Lodi (Milano), inventore, ma soprattutto commerciante, chiede il brevetto per una nave sferica, una specie di pallone galleggiante che poi descriverà meglio in un libretto intitolato “Nuova forza motrice”. La notizia appare il 26 aprile 1970 sulla “London Gazette”, ma invece che nato a Lodi vi si legge ‘di Genova’, forse un errore, o l’hanno confuso con un altro?

  Una copia dei brevetti è conservata nella biblioteca della fondazione “Istituto per la storia dell’età contemporanea”.

  Non si sa bene come sia finita la vicenda, ma è certo che una nave a forma di football nessuno l’ha mai vista.

Giugno 1870

63. L’astronomo americano Henry Draper (1837/1882) nel suo osservatorio privato di Hastin-on-Hudson è il primo a fotografare la stella Vega e la nebulosa di Orione

• Henry Draper è un pioniere della fotografia astronomica. Doveva fare il medico come suo padre e suo fratello (il nonno materno era il medico personale del re del Brasile), ma poi era stato attratto dall’irlandese William Parsons e dal suo telescopio, il più grande del tempo. Così Henry ha lasciato la medicina e ha messo a punto speciali macchine per ‘rubare – diceva – segreti al cielo’.

• Quell’interesse ha riempito la sua breve vita (è morto a 45 anni) e quando il cielo era limpido lavorava finché l’alba spietata gli cancellava ogni stella. La fotografia della nebulosa di Orione appare un po’ sfocata, ma in seguito ne farà una migliore. Henry sa d’essere oramai entrato nello spazio profondo, anticipando il futuro. Fotografa anche Vega, la stella più importante della costellazione della Lira, la più splendente di tutto l’emisfero boreale dopo Arturo, mentre la bella Sirio si trova a circa 15° a sud dell’equatore celeste.   

 

Autunno 1870

64. Gustav Fritsch, neurofisiologo, ed Edouard Hitzig,  neurologo e anatomista, dopo alcuni esperimenti pubblicano un articolo intitolato “Sull’eccitabilità elettrica del cervello”

• Gustav Fritsch ed Edouard Hitzig, tedeschi, si sono accorti che l’elettricità agisce su una determinata parte del cervello, provocando alcune reazioni. L’esperimento fu eseguito su un cane ed era la prima volta che si dimostrava il legame tra fenomeni elettrici e funzionalità del sistema nervoso. Il test, fatto si può dire in casa (perché l’Università si era rifiutata di cedere spazi lavorativi “per certi giochetti inutili”) sarà all’origine di una nuova concezione della neurofisiologia. A poco a poco si conosceranno le varie zone sensibili e tutti coloro che si dedicheranno a quel tipo di studi faranno sempre riferimento al lavoro di Fritsch e di Hitzig. Bisogna aggiungere che chi scrive, sperando in maggiori chiarimenti, ha cercato informazioni su internet, ma si leggeva solo che ‘il cane, sollecitato davanti, rispondeva di dietro’, quindi era forse meglio rinunciare a scoprire “in che modo e dove” …  

 

Fine 1870

65. Dopo l’articolo di Fritsch e di Hitzig con la loro scoperta ‘epocale’, si aprono nuovi orizzonti per la neurologia e Goltz si avvia a sfiorare il mistero del cervello

• Friedrich Leopold Goltz, neurofisiologo tedesco, studia i canali dell’orecchio interno e scopre che sono dei veri organi di senso, cioè che non servono solo per sentire i suoni, ma anche per dare al proprietario dell’orecchio informazioni precise sulla posizione della sua testa rispetto al ‘campo gravitazionale’.

In realtà si tratta semplicemente della forza di gravità che ci tiene incollati al pianeta e – semplificando ancora - al terreno dove mettiamo i piedi: se siamo troppo inclinati e rischiamo di cadere, l’orecchio automaticamente se ne accorge e ci avverte (a suo modo, ovvio). Friedrich Goltz si è accorto, appunto, che i canali interni dell’orecchio, quelli detti semicircolari, ci avvisano se la nostra posizione è squilibrata.   

 

1871

66. Heinrich Schliemann era nato povero, ma fin da quando aveva letto l’Iliade nella sua testa c’era un chiodo fisso: studiare l’archeologia e trovare i resti di Troia

• Heinrich Schliemann ha lavorato come un forsennato per anni e anni in Germania e in America, finché ha accumulato abbastanza denaro per realizzare il suo fantastico sogno: far riemergere i resti dell’antica città di Troia distrutta dai Greci e dimostrare al mondo che Omero aveva raccontato la verità. Ha imparato le lingue (si dice che tra antiche e moderne ne sapesse una decina), s’è accapigliato con gli accademici che lo accusavano di credere alle favole, ed è arrivato in Turchia, nei pressi di Hissarlik, sulla sponda asiatica dei Dardanelli, dove secondo i suoi studi doveva essere sepolta da circa 5.000 anni la città di Priamo con il tesoro del re. Il suo talento per le lingue gli è stato straordinariamente utile per dirigere i lavori e soprattutto per trattare con il governo e fare una gran pubblicità alla sua impresa.

• Ha trovato i ruderi di una città che gli è sembrata Troia scavando nove strati, poi nel 1873 ha recuperato anche un favoloso tesoro che ha chiamato “di Priamo”. Più di 8.700 gioielli (nascosti a dieci metri di profondità in un recipiente di rame) ed è riuscito a portarseli via con un colpo di mano, ma a questo punto è meglio leggere un pezzo del suo melodrammatico resoconto, scritto sei anni dopo: “Per mettere il tesoro al sicuro dagli operai e in salvo per l’archeologia (!!!) non bisognava perdere tempo … mentre gli uomini mangiavano e riposavano estrassi il tesoro con un grosso coltello … il muro di fortificazione minacciava di crollarmi addosso in ogni momento, ma la vista di quegli oggetti dal valore inestimabile per l’archeologia mi rese temerario … però mi sarebbe stato impossibile portar via il tesoro senza l’aiuto della mia cara moglie che stava al mio fianco pronta ad avvolgere nel suo scialle le cose che estraevo.”

 In realtà quella non era Troia, ma sembrava proprio.  

 

30 agosto 1871

67. Un americano, Simon Ingersoll, crea il prototipo del martello pneumatico che sarà utilissimo in campo paleontologico 

• Simon Ingersoll non è un inventore, però pensa a costruire un oggetto che ancora non esiste e che sarà utile non solo per demolire costruzioni, o per lavori edili, ma soprattutto per gli scavi dei paleontologi, quindi per la scienza. Il nuovo martello con la sua caratteristica percussione continua - che ha un’intensità e una potenza regolabili - potrà aprire luoghi oramai inaccessibili perché pietrificati dal tempo. E’ chiaro che alla fine sarà molto più utile in Europa che in America, dove di antico sembra che ci sia davvero poco, a meno che non si scopra qualche ignoto passato. Infatti chi lo perfezionerà e lo utilizzerà sarà un ingegnere italiano, nel 1910.

 

17 settembre 1871

68. Si inaugura il traforo del Frejus, che corre sotto il Monte Frejus partendo dalla città di Bardonecchia, in Italia, e poi raggiunge la città di Modane, in Francia

• Giuseppe Francesco Medail, un imprenditore di Lione, era stato il primo ad avere l’idea del traforo, ma purtroppo è morto prima che qualcuno gli desse ascolto. Quel sogno però non s’era spento in Italia e in Francia, e otto anni dopo, nel 1840, Luigi des Ambrois, un ministro di Carlo Alberto, riprese l’idea commissionando lo studio al belga Henri Maus. Quintino Sella, allora ingegnere di prima classe del distretto minerario di Torino, fu incaricato di collaborare al progetto, e il 31 agosto del 1857 Vittorio Emanuele II fece versare dalle banche i primi 42 milioni di lire per i lavori di scavo, diretti dall’ingegnere Germain Sommeiller.

• Ci fu un intoppo nel 1858, quando la Savoia fu ceduta alla Francia dal Regno di Sardegna, poi Cavour appianò i dissensi e i Francesi si impegnarono a versare una certa cifra purché il tunnel fosse finito entro 25 anni. In realtà ne bastarono 9, ma il costo non si limitò al denaro (70 milioni in totale), fu altissimo anche in vite umane: 48 morti, però 18 a causa del colera scoppiato nel 1864.

  L’inaugurazione avvenne il 17 settembre del ‘71, e il primo treno vi passò dentro l’anno successivo. Per fare i lavori si usò una nuovissima perforatrice pneumatica, brevettata dagli ingegneri Sommeiller, Grandis e Grattoni. E’ stata proprio quella a far risparmiare 16 anni sui 25 previsti, perché gli scavi a mano avrebbero richiesto moltissimo tempo in più. Sorsero però alcuni problemi con i diritti sulle invenzioni: il milanese Giovanni Battista Piatti rivendicò, e un po’ di ragione l’aveva, la paternità del sistema di perforazione che lui aveva già presentato nel 1853, ma senza chiedere il brevetto. Senza un soldo come il Meucci, oppure il solito italiano geniale e disorganizzato?  

 

17 dicembre 1871

69. L’Aida di Giuseppe Verdi è finita, il teatro del Cairo l’aspetta, anzi tutto l’Egitto l’aspetta e a quanto pare nessuno è superstizioso: anche il Frejus è stato inaugurato il giorno 17

• Giuseppe Verdi diceva sempre “no, non voglio fare pezzi d’occasione”, ma poi ci s’era messo di mezzo Camille du Locke, direttore dell’Opéra Comique di Parigi, che gli aveva proposto anche una trama, e gli aveva detto senza peli sulla lingua: “bada, se non accetti di fare una musica per loro, quelli chiamano Wagner, l’ho saputo”. Verdi evidentemente ci ha ripensato, e per tutto il 1870 ha lavorato duro. Non ha composto quella musichetta occasionale che chiedevano, non sarebbe stata alla sua altezza, ha fatto un capolavoro, l’Aida. E la trama è perfino egiziana. Quando nel teatro del Cairo, nel 1871, esplodono le note della poderosa Marcia Trionfale gli spettatori vengono travolti dall’emozione. Accadrà lo stesso un anno dopo, alla Scala di Milano e poi sempre, dovunque, ogni volta che quelle note risuoneranno nel mondo.   

 

28 dicembre 1871

70. E’ il giorno in cui Antonio Meucci chiede il brevetto per l’invenzione del suo telefono, che chiama ‘teletrofono’. Incomincia la triste odissea che si concluderà solo nel 2002.

• Antonio Meucci era emigrato negli USA nel 1850, dove aveva fatto un’infinità di mestieri e infine si era trasferito a Staten Island e aveva messo su una piccola fabbrica di candele che era diventata subito il punto di incontro di molti emigrati italiani, tra cui Giuseppe Garibaldi. Lì aveva costruito il suo ‘telegrafo parlante’, un’invenzione che rivoluzionerà le comunicazioni del futuro in tutto il mondo, ma lui sarà già morto da un pezzo.

  Quel congegno gli consentiva di parlare con sua moglie Ester che era a letto ammalata al terzo piano, mentre lui lavorava in cantina. L’aveva già brevettato ed era riuscito a rinnovare il brevetto una seconda volta nel 1873, ma poi scadeva di nuovo e Meucci non si è trovato in tasca i 10 dollari necessari per pagarlo. E’ stato allora che si è fatto avanti Alexander Bell, un brav’uomo che insegnava ai sordomuti a parlare. Il 7 marzo del l876 Bell ha presentato il suo apparecchio all’esposizione di Filadelfia e ha inaugurato la trasmissione con “essere o non essere …”, il famoso monologo dell’Amleto. Così tutti hanno parlato di lui dimenticando Meucci, che solo nel 2002, 113 anni dopo la morte, sarà finalmente riconosciuto in tutto il mondo come il vero inventore del telefono.

 

1872

71. James Clerk Maxwell, diventato direttore del famoso laboratorio Cavendish di Cambridge dove insegnava astronomia e filosofia, riesce a far luce sugli anelli di Saturno

• James Maxwell sosteneva che gli strani anelli di Saturno, visibili anche a occhio nudo, o almeno con un buon cannocchiale, dovevano essere composti di molti piccoli corpi che ruotavano insieme, e in seguito i più raffinati telescopi gli hanno dato ragione. Era uno scienziato molto lucido e si occupava di parecchi problemi insieme, forse perché aveva il presentimento che la sua vita non sarebbe stata lunga (è morto a 48 anni), ma non temeva l’aldilà perché la scienza non lo aveva mai allontanato dalla fede in Dio: la sua mente razionale sentiva con assoluta sicurezza che lo spirito deve sopravvivere al corpo e in un luogo infinitamente migliore.

• Albert Einstein era un appassionato studioso di Maxwell e il suo lavoro non sarebbe stato lo stesso senza quella base così chiara e così avanzata, ma per quanto riguarda la fede nessuno ha mai capito bene come la pensasse, anche se sono famose alcune sue frasi, come: “Dio non gioca a dadi con l’universo”, oppure “mi piacerebbe tanto capire che cos’ha nella testa il Vecchio, lassù, per il nostro pianeta e per il nostro universo.” Ha anche detto: “Sottile è il Signore, però malizioso non è.” E poi: “Ciò che veramente mi interessa è capire se Dio avrebbe potuto fare il mondo in una maniera differente …” Ma forse erano solo modi di dire.       

 

1872

72. Un giovane ungherese, Ignaz von Peczely, si dedica alla scienza per avere involontariamente spezzato una zampa a una civetta quando, da ragazzo, la stava catturando  

• Ignaz von Peczely aveva solo 12 anni quando era accaduto l’incidente alla civetta, ma il suo spirito di osservazione l’aveva portato poi a scoprire una branca della naturopatia: la diagnosi attraverso l’iride. Già i Cinesi, poi Ippocrate e Paracelso, avevano sostenuto che lo studio dell’occhio ha una grande importanza semeiotica (rilievo dei sintomi che caratterizzano le malattie) per conoscere lo stato di salute. Dal 1.000 a.C. infatti esistono numerosi testi sulla “lettura delle malattie attraverso l’iride”.

• Guardando gli occhi della civetta il ragazzo notò che in uno di essi, proprio quello sul lato dell’arto ferito, l’iride presentava una lineetta nera che scomparve quando la zampa guarì completamente. La sua curiosità si trasformò in ricerca scientifica: si laureò in medicina specializzandosi in omeopatia, nonostante le continue ostilità dei colleghi che erano per la medicina ufficiale.(1) Anche un altro naturopata svedese, Nils Liljequist, faceva esperimenti di iridologia e riteneva che mostrasse le alterazioni della salute con molto anticipo rispetto ad altri mezzi di indagine. Questo li confortò a vicenda.

• Peczely pensò di tenere una conferenza sull’argomento, ma un gruppo di medici glielo impedì, succede spesso con i “togati” di rigida osservanza, ma la vita è talmente piena di sorprese e di impensabili “collegamenti”. Così lui, nel 1872, si mise a raccogliere dati per un trattato che uscì qualche anno dopo ed ebbe molto successo tra i naturopati d’Europa. E’ sicuro che il giovane ungherese se non altro ha sparso come un contagio l’amore per la natura e ora c’è grande entusiasmo per l’istituzione del primo parco nazionale a Yellowstone, nel Montana. Da allora circa 100 paesi hanno adottato quest’idea: tutti hanno voluto un bel territorio esteso dedicato alla conservazione della flora, della fauna e un po’ anche alla ricreazione.

 

(1) Ricetta dei perfidi “medici togati” per guarire le malattie diagnosticate con l’iridologia (e sfottere chi ci crede):

Sette code di lucertola tritate con un coltello dal manico bianco, con la mano sinistra e rivolti a Nordest.

La metà sinistra di un fegato di gufo maschio.

Un mezzo cucchiaio di urina di vergine, raccolta a mezzanotte nel secondo giorno del periodo mestruale.

Pestare il tutto in un mortaio di marmo nero.

frullare in una comune macchina acchiappacitrulli.

aggiungere burro di noccioline quanto basta per ottenere una pomata densa.

Applicare per tredici mattine (alle 12) sulla spina dell’anca sinistra,  e poi per tredici notti (a mezzanotte) sulla rotula destra. Ogni applicazione durerà tredici minuti.

(Guarigione assicurata)

 

1872

73. Thomas Alva Edison lavora venti ore al giorno, si sposa e nel frattempo ha la prova assoluta d’essere un uomo molto fortunato. D’ora in poi sfrutterà la sua fortuna con tutti i mezzi

• Thomas A. Edison si trovava in un ufficio di New York in attesa di un colloquio per avere un certo lavoro, quando ai dirigenti si è guastato il telegrafo: l’ha riparato e ha ottenuto subito quel che voleva. Un po’ di tempo dopo è andato dal presidente di un’altra società e gli ha offerto di migliorare i loro sistemi di trasmissione. Era lì lì per chiedere una certa cifra in pagamento, ma prima che lui parlasse gliene hanno proposta una che era otto volte la sua.  Da quel momento si è sentito ricco e si è messo a lavorare in proprio nel New Jersey, dove ha cominciato a inventare, anzi ha formato addirittura una invention factory stabilendo un folle ritmo di produzione per i suoi numerosi collaboratori: un’invenzione ogni dieci giorni, non una di meno.

  Una delle primissime è la lampadina, ma siccome è fatta con un filamento di bambù carbonizzato la luce appare un po’ giallastra, però la gente è contenta lo stesso. Ed ecco dal Piemonte sbucare fuori Alessandro Cruto, un italiano che ne inventa subito un’altra migliore, con un filamento realizzato deponendo grafite su un sottile filo di platino, che poi con l’alta temperatura si volatilizza, mentre la grafite rimane.

• La luce è senza dubbio più bianca e più intensa, ma Cruto non è fortunato come Edison, infatti il futuro ignorerà il suo nome quasi del tutto, come ignorerà quello di coloro che hanno brevettato i primi modelli dopo il 1841, ma comunque Edison dovrà aspettare otto anni prima di arrivare a un prodotto veramente valido dal punto di vista commerciale. La vicenda del fortunatissimo Edison è comunque lunga, intensa, colma di successi, benché a volte discutibile, specie quando scoppierà la “guerra delle correnti” tra lui e uno dei più grandi - e sempre inspiegabilmente ignorati o contestati - geni della fisica: Nikola Tesla. Ne parleremo tra poco.

 

1873

74. Anche i fisici più seri si divertono a giocare, e il diavoletto di James Clerk Maxwell è diventato un personaggino famoso  

• James Clerk Maxwell, il più noto fisico scozzese del XIX secolo, ha inventato il diavoletto anche per contraddire l’ultrasacro “secondo principio della termodinamica”, che è più o meno come contraddire il secondo dei Dieci Comandamenti. Almeno per chi si preoccupa dell’entropia ‘introdotta’ da Clausius nel 1865 (v.). Se qualcuno non ricorda il secondo principio, eccolo:

 Qualunque sistema lasciato a se stesso passa spontaneamente dall’ordine al disordine (perché quest’ultimo è più probabile), a meno che non venga fornita energia dall’esterno.”

  Maxwell allora propose un “esperimento mentale” che a suo parere negava il secondo principio, perché dimostrava come da un sistema più freddo si potesse passare a uno più caldo senza consumare energia … «E se ci fosse un diavoletto capace di aprire e chiudere quando vuole una porticina tra due stanze comunicanti (in una, bisogna spiegarlo, le molecole sono tutte ordinate, quindi più fredde e lente, mentre nell’altra sono confuse e agitate, quindi più calde) e se fosse velocissimo e avesse la vista acuta, il diavoletto potrebbe aprire la porta ogni volta che vede una molecola dirigersi dalla stanza dell’ordine a quella del disordine, e chiuderla quando accade il contrario». Così, senza consumo di energia dall’esterno, si passerebbe da una situazione ordinata a una caotica aumentando il caldo, quindi violando il secondo principio.”

• Nel ragionamento c’era però un’incongruenza, come ha notato molti anni dopo Léon Brillouin, professore di Scienze e Teoria dell’informazione (un tipo piuttosto pignolo). C’è un’incongruenza perché il diavoletto ha bisogno di luce per vedere le molecole, e questa luce - che è una forma di energia - proviene dall’esterno, quindi l’esperimento non vale.

 

1873

75. Quest’anno c’è un’ondata di tecnologia italiana. Lo racconta Vittorio Marchis nella sua raccolta di brevetti  

• Francesco Sajno inventa un apparecchio per congelare i liquidi, e benché il primo congelatore della storia moderna sia di John Gorrie e risalga al 1851, la macchina dell’italiano è un dispositivo che precede di poco le moderne gelatiere.

  Poi Agostino Marelli, armaiolo milanese, inventa le armi da guerra a retrocarica, pistole, fucili, e anche cannoni, mentre Paolo Porta – milanese - studia e costruisce una scala estensibile per vigili del fuoco, che ha “un’inclinazione variabile a qualsiasi grado e può servire a superare qualsiasi ostacolo”, infatti sarà subito adottata e si rivelerà molto utile nei casi difficili. In America, più modestamente, Biagio Ertola e Angelo Caselli scoprono come costruire una macchina per dare la forma ai cappelli e la brevettano a New York City, dove Ertola è arrivato nel 1868  come emigrante.

 

1873

76. Ora che i batteri, grazie a Louis Pasteur e a Joseph Lister, sono stati riconosciuti come organismi viventi e spesso pericolosi, gli scienziati cominciano a cercarli e a combatterli

• Il medico dermatologo Gerhard Armauer Hansen, norvegese, laureato all’università di Oslo, è il primo a individuare un batterio  noto e odiato fin dall’antichità per la malattia che provoca e la sua capacità di contagiare altri individui, anche se allora non si conoscevano i batteri e tantomeno il loro nome.

  Hansen ha scoperto il Mycobacterium leprae, ossia il responsabile della lebbra, malattia terrificante per gli esseri umani. Infatti ancora oggi (nei rari casi di infezione) di solito si evita di pronunciare la parola “lebbroso”, ma si dice solo “è hanseniano”, oppure “è un Hansen”, e gli altri medici capiscono di quale malattia si tratta senza dover dare altre spiegazioni che sarebbero sicuramente uno shock per il malato e per chi è presente.

 

1874

77. Si apre a Napoli la più importante stazione di studio della fauna marina, fondata da Anton Dohrn, un tedesco nato a Stettino, in Polonia. La stazione porta ancora oggi il suo nome.

• Anton Dohrn arrivò in Italia tirandosi dietro un acquario portatile (era la sua grande passione) e si stabilì a Messina. Il padre rideva di lui, lo considerava un sognatore e un fannullone. Anton invece aveva studiato all’Università di Jena dove insegnava Ernst Haeckel, aveva ammirato i suoi lavori sui radiolari ed era così entusiasta del darwinismo e dell’evoluzione che voleva creare addirittura una rete di stazioni per studiare la vita acquatica, ancora quasi sconosciuta. Quando giunse a Napoli si rese conto che quello era il posto giusto: una città già europea, frequentatissima, su un golfo colmo di una grande varietà di animali ancora da studiare e capire.

• Cominciò a darsi da fare, e per trovare i soldi andò a bussare dappertutto finché un po’ per volta li ottenne. Ebbe poi il terreno, una parte del parco della Villa Comunale, grazie all’aiuto dello zoologo e professore di anatomia comparata Paolo Panceri: lì nacque la stazione che sarà poi frequentata da scienziati famosi e da almeno 13 premi Nobel. L’acquario pubblico - che copre una superficie di 527 mq - venne aperto già il 26 gennaio 1874 e fu una trovata di Dohrn, il quale sperava di ricavare da quello un po’ del denaro che mancava. E’ cambiato poco dai tempi della sua creazione, ed è il più antico acquario del XIX secolo ancora in attività, il solo esclusivamente dedicato alla fauna e flora del Mediterraneo. Verso la fine dell’800 furono fondate due stazioni marine anche in Inghilterra – a Millport in Scozia e a Plymouth – e una negli USA a Woods Hole, tutte con un acquario.

  La stazione di Napoli fu costruita sotto la supervisione di William Alford Lloyd, un ingegnere inglese che aveva contribuito al progetto degli acquari pubblici di Amburgo e di Londra. L’inaugurazione ufficiale della Stazione Zoologica ebbe poi luogo il 14 aprile 1875 e nel dicembre dello stesso anno fu firmato il contratto fra Anton Dohrn e la Città di Napoli, rappresentata dal sindaco, il senatore Antonio Winspeare. Vi si fanno sempre ricerche nel campo della biologia e dell’oceanografia, con particolare riferimento a studi di ‘percorsi evolutivi’, di tartarughe, di organismi monocellulari, di biochimica, di biologia sia molecolare che cellulare, di neurobiologia e neuro-fisiologia, con un particolare interesse per la bioluminescenza (che resta ancora piuttosto misteriosa), per le diatomee, e per molti aspetti dell’ecologia.

  Quando Dohrn morì gli successe il figlio Rinaldo, poi il nipote Pietro. Oggi la dirige il professor Roberto Danovaro. All’archivio storico fa un ottimo, importante lavoro Massimiliano Maja che conosce tutti i più curiosi e affascinanti segreti della stazione e le scoperte di tanti studiosi che hanno lavorato là attraverso gli anni.

 

1874

78. Il medico Camillo Golgi pubblica un dettagliato lavoro che ha per titolo “Sulla fina anatomia del cervello umano” e che aprirà la via alle neuroscienze moderne

• Camillo Golgi era stato assistente di Cesare Lombroso presso la clinica di malattie mentali di Pavia, ma poi si era staccato, convinto dell’inutilità di quel metodo (che considerava anche piuttosto orientato verso la speculazione). Poi ha lavorato al laboratorio di patologia sperimentale diretto da Giulio Bizzozero, che l’ha indirizzato verso l’anatomia microscopica e lo studio dell’istologia del sistema nervoso. Già un anatomista tedesco, Heinrich von Waldeyer-Harz, aveva immaginato il cervello e il sistema nervoso fatti di cellule che aveva battezzato neuroni.

  Quando Golgi è diventato primario ospedaliero agli ‘Incurabili’ di Abbiategrasso, ha definito anche lui “neuroni” le cellule cerebrali, e per studiarne la struttura è riuscito a mettere a punto qualcosa che fino ad allora non esisteva: la “reazione nera”, cioè un metodo di colorazione che ha rivoluzionato la tecnica con cui si osservava al microscopio l’anatomia delle cellule nervose.

• Questa reazione è stata subito adottata dalla comunità scientifica internazionale, anzi un importante istologo spagnolo, Santiago Ramon y Cajal, ha addirittura perfezionato il metodo di colorazione. Queste scoperte hanno rivoluzionato le indagini morfologiche microscopiche, la comprensione della fisiologia del cervello e hanno permesso la fondazione delle neuroscienze moderne. In seguito ambedue hanno preso il Premio Nobel.

 •  Bisogna aggiungere, anche se lo facciamo con molto anticipo, che la loro teoria, quella che afferma “nel cervello adulto le vie nervose sono fisse, finite e immutabili, tutto è destinato a morire e nulla può rigenerarsi” era totalmente sbagliata. Molti ricercatori (compresa Rita Levi Montalcini) constateranno che gli esseri umani producono nuovi neuroni a ritmo costante fino a tarda età.

 

1875

79. La botanica prima del secolo XIX era una scienza strana, una pianta passava dalla fama peggiore a quella migliore, bastava cambiare Paese: è accaduto al pomodoro

• Castore Durante, medico e botanico, nel suo “Herbario Novo” che tanto ‘novo’ non è perché risale al 1585, racconta la storia di questo frutto che ai tempi in cui Hernan Cortes conquistò l’impero degli Aztechi aveva già 3.000 anni. Fra le tante cose che Cortes rubò c’erano anche alcune piante di pomodoro che portò in Spagna, da dove rapidamente si diffusero in Europa,  trovando le più strane accoglienze. Allora quei bei pomodori rossi non li mangiava nessuno perché venivano considerati ornamentali, sì, ma velenosi. Altri pensavano che fossero afrodisiaci, però in un periodo di fame fecero uno sforzo e provarono lo stesso a mangiarli, un pezzettino per volta, con molta cautela. I botanici raccontano che la prima ricetta “de li viermicelli cu la pummarola ’n coppa” risale al 1839. In realtà la loro grande diffusione in Italia cominciò quando la Cirio, nel 1875, ha aperto a Torino la prima fabbrica dei “pelati”, divenuti subito famosi. All’estero, gli Americani e gli Inglesi, per esempio (più golosi o più furbi?) avevano già incominciato a inscatolarli e a mangiarli da qualche anno.

 

1876

80. James Clerk Maxwell pubblica il libro Matter and Motion, sui principi della dinamica, e l’anno dopo la V edizione della Theory of Heat, con tutte le relazioni termodinamiche

• Saranno gli ultimi contributi del grande genio scozzese alla scienza e all’umanità. Maxwell aveva dato prova delle sue capacità eccezionali già a 14/15 anni, pubblicando sui proceedings della Royal Society un saggio dedicato al ‘tracciamento delle curve ovali’ (una curva ellittica sagomata con due fuochi, come la sezione di un uovo, curva che aveva già interessato Cartesio) e crescendo era poi andato a studiare Cambridge, stringendo una forte amicizia con Lord Kelvin. Il suo talento matematico superava di molto quello di tutti i fisici teorici del XIX secolo.

  Infine andò al King’s College di Londra, poi partì per l’Italia. Lui solo si era reso conto che Antonio Meucci era dalla parte della ragione, e per parlargli ha studiato perfino l’italiano. In tema di scienza non c’è nulla che non lo abbia attratto e ha trascorso la vita studiando e pregando perché credeva profondamente in Dio. Amava molto la notte: “Del resto – diceva  ci sono i gufi e le allodole. Io sono un gufo.” E una volta che gli hanno dato un appuntamento davanti alla cappella dell’università di Cambridge alle sei di mattina, ha tirato un gran sospiro e ha detto: “Allora mi toccherà andare a dormire molto tardi, stanotte.”

• Maxwell è una delle più grandi menti nella storia della scienza a cui ha dato molti contributi perfino nel campo dell’astrofisica, spiegando la sua teoria sugli anelli di Saturno che a suo parere sono fatti di piccole particelle, tenute insieme dalla viscosità che varia, ovviamente, con la temperatura.

 

1876

81. Per la prima volta - così crede Alexander Bell - viene trasmessa un’intera frase per telefono: “Signor Watson, venga qui, mi deve aiutare”. Watson è il suo assistente.

• Alexander Bell, sicuro di avere vinto la battaglia del telefono, se ne vanta con tutti e la sua frase diventa storica. E’ sicuro che il povero Meucci sia oramai distanziato di parecchie lunghezze, e non sa neppure che l’italiano chiacchierava da tempo al telefono con la moglie (che era a letto malata al 3° piano mentre lui lavorava in officina al piano terra o nello scantinato). La vittoria di Bell avrà vita lunga, fino all’11 di giugno del 2002, quando finalmente l’America riconoscerà che il vero inventore è Meucci. Ma purtroppo i due contendenti saranno oramai passati a miglior vita da un pezzo.

• Nel frattempo quel nome, Watson, riecheggerà perfino nella memoria dello scrittore Conan Doyle, che chiamerà così l’assistente del suo personaggio più famoso, Sherlock Holmes. Chi non ricorda “Elementare, Watson”?

 

1876

82. La guerra del telefono ha fatto dimenticare a tutti che Antonio Meucci, quando si è stabilito a New York, ha brevettato anche altre invenzioni, sia pure di minore importanza

• Antonio Meucci non era un vero emigrante: aveva chiesto asilo politico a Cuba perché era stato coinvolto nei moti rivoluzionari del 1831, ma in realtà avendo studiato all’Accademia delle Belle Arti di Firenze cercava un lavoro adatto ai suoi gusti e non riusciva a trovarlo. Da L’Avana si è spostato poi a New York dove, per sopravvivere, ha aperto una piccola fabbrica di candele, dando lavoro anche a Giuseppe Garibaldi: la produzione era ottima, però non rendeva molto. Così Meucci s’è messo a fabbricare fogli di carta bianca più resistenti e migliori di quelli che si trovavano nelle cartolerie. Ha migliorato anche gli igrometri mettendoci striscioline di ossa di balena, particolarmente sensibili all’umidità. E non smetteva mai di scervellarsi per inventare nuove cose.

• Piano piano fu costretto a rassegnarsi al fatto che i suoi studi artistici contassero poco o niente: l’America dagli Italiani preferiva avere mandolinate e spaghetti. Così brevettò una bibita alla frutta, un condimento per la pasta e altre piccole cose, ma evidentemente non era quello il suo mestiere, tant’è vero che con quei miseri guadagni non riuscì neanche a pagare la tassa di 10 dollari per il brevetto del suo telefono ed evitare di farsi carpire l’invenzione da Graham Bell.    

 

Dicembre 1876

83. Nuovo colpo di mano di Heinrich Schliemann che ora cerca nell’antica Micene le tombe di Agamennone e di Clitemnestra  

• Heinrich Schliemann torna in Grecia e si lancia in un’altra sensazionale avventura seguendo le piste di Pausania, scrittore e viaggiatore greco del II secolo che aveva descritto “le tombe degli eroi… al centro del luogo di riunione”. Per lo Schliemann questo significava “dentro le mura” e infatti è all’interno di un perimetro formato da alcune stele disposte a cerchio che trova la prima di cinque tombe a pozzo e scava per quarantacinque giorni aiutato dalla moglie Sophia. Hanno le mani intirizzite dal freddo, ma lavorano usando solo un temperino, le dita, e una piccola pala. Questa volta il tesoro è ancora più favoloso ed emerge con dei cadaveri letteralmente coperti di gioielli. I corpi si disintegrano rapidamente al primo contatto con l’aria e il tesoro resta. Lo donerà alla sua amata Grecia e tutti potranno ammirare gli antichi capolavori, per esempio la cosiddetta “maschera di Agamennone” che tutti conosciamo.

• Con i fondi lasciati da lui, un altro archeologo partirà per approfondire le sue ricerche: Wilhelm Dörpfeld. Scoprirà che Schliemann aveva sbagliato tutto: quella che credeva fosse l’antica Troia era molto più antica e non si sapeva nemmeno che città fosse, mentre la vera Troia l’aveva distrutta lui stesso, scavando, quando era sceso giù sotto il sesto livello. E quella che credeva la tomba di Agamennone a Micene era più vecchia di almeno mille anni. Tutto preomerico! Però meraviglioso…  

 

Aprile 1877

84. Il direttore dell’osservatorio milanese di Brera, Giovanni Schiaparelli, assiste finalmente alla grande opposizione del ‘77: la Terra e Marte a soli 57 milioni di km di distanza

• Giovanni Schiaparelli è molto emozionato, l’incontro con Marte si verifica solo ogni 16 anni circa e il pianeta rosso nell’anno 1877 è “appena” a 57 milioni di km di distanza. In più a Brera nel 1874 era stato istallato il nuovo telescopio rifrattore Merz da 22 cm (la formazione dell’immagine si basa sulla deviazione, o rifrazione, che subiscono i raggi passando attraverso le lenti). Schiaparelli si mette subito a fare una mappa - così precisa e dettagliata che è valida ancora oggi - segnando con nomi latini ogni zona che vede, ma per descrivere certe righe sul terreno usa la parola canals che significa “canali artificiali”, invece di channels che indica quelli naturali, così nasce il famoso equivoco che si è trascinato per anni.

• Nel mondo esplode l’emozione: allora, se fabbricano canali, è chiaro che esistono! Il “Corriere della Sera” l’8 aprile 1877 titola in prima pagina “Gli abitanti del cielo”, e negli Stati Uniti un facoltoso uomo d’affari fa costruire un osservatorio astronomico solo per osservare Marte. Sempre in America lo studioso Asaph Hall approfitta della vicinanza e si mette subito a cercare un eventuale satellite, una luna del pianeta rosso, convinto che debba averla anche lui. Fra il 12 e il 17 agosto ne trova due, alle quali mette i nomi dei figli di Marte (o Ares), dio della guerra: Fobos e Deimos. Nomi da thriller, visto che in greco significano Paura e Terrore.

 

Estate 1877

85. I giornali sono pieni di fantasie sui possibili abitanti dei pianeti ‘vicini’, la gente guarda il cielo coi cannocchiali cercando di immaginarseli e Verne pubblica un racconto

• Julius Verne lancia subito il racconto Viaggio straordinario dalla Terra a Marte, che fa parte della serie “Viaggi straordinari”. Ha già pubblicato una decina di libri con dettagli sempre più scientifici, come Dalla Terra alla Luna e Ventimila leghe sotto i mari, e si racconta che passi le notti a studiare astrofisica. La gente è convinta che non racconti favole, anzi che sia una specie di saggio-veggente e appena escono i suoi libri li compra con fervore. Certo la sua capacità di prevedere è stupefacente, basta rileggere i romanzi sul viaggio nella Luna. Ma come faceva, si chiede qualcuno ancora oggi, era uno sciamano? “Forse – ha scritto Giorgio Celli un secolo dopo – riusciva a leggere i giornali del futuro?” Se invece inventa, com’è che poi tutto succede come ha previsto lui, con uno scarto minimo? Neanche il migliore dei cronisti sarebbe così preciso …     

•  A Parigi intanto, il 23 settembre, muore Urbain Jean Le Verrier: aveva la cattedra di astronomia al Politecnico e i calcoli su certe perturbazioni del pianeta Urano gli avevano fatto scoprire Nettuno. 

 

Fine anno 1877

86. Edison col fonografo offusca un po’ i sogni marziani. Ora è inutile andare a teatro - dice la gente – gli attori e i cantanti li avremo in casa!   

• Thomas Edison ha inventato il fonografo quasi per sbaglio. Era tutto preso dal problema di memorizzare i messaggi Morse, dice, quando si è accorto che se lasciava girare con una certa velocità un disco su cui erano incisi punti e linee facendoci scorrere sopra una sbarretta metallica, dopo si sentiva un suono. Allora ha chiamato uno della sua scuderia, un certo Kreusi, e gli ha ordinato di studiare bene quell’aggeggio per tirarne fuori qualcosa di meglio. Se ci fosse riuscito (si è detto che pagava i suoi assistenti a cottimo) gli avrebbe dato 18 dollari. Kreusi ha provato e riprovato finché è riuscito a costruire un vero cilindro rotante. L’ha ricoperto di stagnola facendo in modo che ci scorresse sopra una puntina collegata a un diaframma e il fonografo è nato così.

  Se pochi mesi prima il dottor Charles Cros – un tale poco conosciuto che era ‘solo’ medico, poeta e attore – avesse presentato all’Accademia delle Scienze di Parigi il progetto del suo disco fonografico fatto “in casa”, che però otteneva gli stessi risultati di quello costruito da Kreusi, sarebbe diventato un inventore famoso. Invece è stato subito dimenticato. Qualcuno mormora che Thomas Alva Edison, appena sente un’idea passare fischiando nell’aria, riesca sempre ad acchiapparla al volo. Comunque il vero disco nascerà dieci anni dopo, e sarà opera di un tedesco emigrato negli USA, Emil Berliner.        

 

Primavera 1878

87. In Sardegna, nell’Isola di San Pietro, dopo un casuale ritrovamento fossile, si dà il via a una campagna di scavi e si scopre che l’isola era stata abitata anche in tempi lontanissimi

• Vincenzo Crespi, allora Conservatore del Regio Museo di Cagliari, racconta com’era andata la faccenda. Il “nobile signore cav. Gregorio Plaisant” voleva piantare una vigna in un suo terreno fatto di monticelli di sabbia e si era messo, in una giornata di vento, a togliere dei cespugli. “Ma quale non fu la sua contentezza vedendo che il vento si faceva impetuosissimo” e liberava tutto il terreno! Subito dalla sabbia emersero pietre piramidali che il nobil signore smosse, scoprendo “con gioia d’essere proprietario di una vasta necropoli ricca di tombe con tanti bei cadaveri”. Tutti avevano sempre creduto che l’Isola di San Pietro non fosse stata abitata se non da certi profughi liguri, che erano approdati lì nel 1737. Strano, però, che il rinvenimento di diverse monete cartaginesi e romane, con alcune “medaglie consolari”, non avesse mai suggerito a nessuno l’idea di fare ricerche approfondite anche prima del 1878.

• Dagli scavi poi viene fuori, non lontano da Carloforte, anche un nuraghe nascosto tra l’alta e fitta vegetazione, così chi scrive ha cercato notizie su internet per datare quei monumenti, ma pare che i nuraghi risalgano “all’età nuragica”.

  Così ci siamo rivolti alla voce “età nuragica” che va dal 1700 a.C. al II secolo a.C. circa, continuando a non sapere a che cosa servissero i nuraghi (in Sardegna ne esistono più di 7.000 e sono i monumenti megalitici più grandi d’Europa). Qualcuno pensa che fossero tombe, altri fortezze, torri di avvistamento, o templi al dio Sole. Purtroppo nessuno ha lasciato qualche indicazione magari incisa sulla pietra, che in parte è calcarea, e in parte (quella superiore) di trachite, più scura e di origine lavica. Con uno scalpellino ci si poteva scrivere senza fatica, anche se poi ci sarebbe voluta la zingara – o Verne? - per interpretare quei segni e farli diventare parole comprensibili ai posteri.  

 

1878

88. In una miniera di carbone a Bernissart, in Belgio, alcuni operai stupefatti si trovano di fronte a un eccezionale cumulo di scheletri colossali: 30 dinosauri iguanodonti

• Solo Gideon Algernon Mantell, capisce che alcuni animali mastodontici dovevano essere esistiti, forse nel Cretaceo. Gli fanno guerra tutti: soprattutto Richard Owen, considerato un esperto di fossili e notoriamente così malvagio che perfino il buon Darwin diceva “è la sola persona che odio”. Quei dinosauri scatenano un putiferio. Già da tempo i biologi litigavano a proposito di denti enormi, femori smisurati, vertebre grandi come vasche da bagno e c’era chi li attribuiva ad animali misteriosi, a mostri (perfino il grande Cuvier ha toppato dicendo che un certo dentone era di un ippopotamo), ma che fare? Nessuno sapeva nulla, e solo quel medico biologo che aveva dedicato la vita ai fossili, Algernon Mantell appunto, capisce o intuisce qualcosa.

•  Anche all’Esposizione Internazionale del 1851 a Londra, nel famoso Crystal Palace, che doveva dimostrare al mondo com’era industrioso l’uomo - l’avevano visitata tutti, perfino la regina Vittoria - Richard Owen si era esibito nella sezione vegetali e animali, cucendo una baggianata all’altra, ma la gente ancora gli credeva perché le cose che pubblicava erano buone e nessuno sapeva che le aveva rubate ai veri autori. Poi Mantell, che aveva perso il lavoro ed era solo, andò a Londra (la moglie s’era defilata coi bambini) e cadde nelle sue grinfie. Owen gli rubò gli appunti e lo sbeffeggiò al punto che il poverino finì per suicidarsi.

• Però a volte la punizione arriva: trovati i 30 scheletri, i dinosauri diventano famosi. E siccome Owen si è fatto dare un’onorificenza rubando i lavori al paleontologo Chanling Pearce, quello scatena un putiferio e gli disintegra la reputazione. Lo fa anche scacciare dalla Società Zoologica, dalla Royal Society e dal Royal College of Surgeon. Insomma nella storia della paleontologia l’arrivo dei dinosauri nel 1878 fu come una bomba. A Owen resta solo il merito di avergli dato un nome da favola, tipo ‘orco’, perché non credeva che esistessero davvero e li chiamò “dinosauri”, ossia “terribili lucertole”.

  Poi si seppe che i ‘dino’ avevano dominato la Terra per 150 milioni di anni ed erano scomparsi da 66 milioni circa. Julius Verne ne approfitta subito per scrivere e vendere bene Il mondo perduto. Però del denaro non gli importa un granché, lui vuole sempre e solo sapere le cose. La sua curiosità è tale che se davvero esiste la reincarnazione non torna finché non ha capito tutto, visto che di là, sicuramente, non c’è nulla che non sappiano.

 

1878

89. La scienza medica italiana esige che i giovani siano più forti: nell’Italia nata da poco, il 25% dei giovani è inabile alla leva per “gracilità”. Viene imposta la ginnastica nelle scuole

• Nel 1878 torna l’aerobica, la ritmica, perfino un po’ di atletica, che erano di rigore nell’antica Grecia e nell’antica Roma. I giovani maschi italiani devono rinforzarsi, è d’obbligo. Gli scienziati studiano gli esercizi più utili e i ragazzi obbediscono, fanno le marce, passano ore in palestra.

  Alle femmine penserà il fascismo mezzo secolo più tardi, con l’educazione fisica obbligatoria in tutte le scuole del Regno.

 

14 marzo 1879

90. A Ulm, in Germania, nasce Albert Einstein

• Albert Einstein, che diventerà il più grande fisico della nostra era, nasce tedesco e poi sarà naturalizzato svizzero. Suo padre e sua madre sono ebrei, anche se non praticanti, e quando il bambino ha un anno si trasferiscono a Monaco di Baviera dove il padre, Hermann, apre una piccola officina di elettrotecnica. Sembra incredibile, ma Albert era un bambino ritardato, che ha imparato a parlare solo verso i tre anni, e per questo ritardo ha avuto problemi nei primi anni di scuola.

  Si è ripreso molto lentamente, parlava poco e a quanto sembra rifletteva molto. Insomma faceva proprio quello che non facciamo noi e i risultati sono stati veramente prodigiosi.

 

1879

91. Thomas A. Edison e il chimico inglese Joseph Swan, dopo uno scontro giudiziario per l’invenzione della lampadina, formano la Società Elettrica Edison & Swan

• Thomas Edison è proprio un dritto: quando vede che non la spunta e non riesce a levarsi di torno il suo antagonista si associa con lui e di solito gli va bene. Oramai è sicuro di sé, ha ammucchiato una montagna di invenzioni arraffandole da tutte le parti, migliorandole, aggiustandole, vendendole e riuscendo sempre a stamparci su il proprio nome. E’ furbo e sa muoversi. I veri scienziati lo guardano con un misto di ammirazione e di disprezzo, dopotutto non è che un abile tecnico e non ha nessuna vera formazione scientifica.

  Ora che è finalmente sistemato non si aspetta certo di dover affrontare una gigantesca battaglia, anzi una vera guerra, quella delle “correnti”, ma presto lo dovrà fare e come vedremo questa non la vincerà. O meglio, la sua teoria si sfrutterà solo in parte, ad esempio per le batterie delle automobili, per le pile e così via. In poche parole, la sua elettricità è del tipo portabile.

   

1879   

92. Il chimico e fisico inglese sir William Crookes vuole  calcolare con precisione il peso atomico degli elementi e fa una scoperta inaspettata che avrà importanti conseguenze

• Sir William Crookes (v. agosto 1861 quando scopre l’elemento “tallio” n. 81 della tavola periodica) inventa dei bulbi di vetro e fa una serie di esperimenti per stabilire il peso degli atomi. A questo punto fidatevi di chi scrive: non seguite alla lettera tutte le prassi, dal ‘vuoto spinto’ al càtodo, ai raggi catodici, agli ioni, alla fluorescenza e via dicendo perché vi viene il mal di testa, ma cogliete l’essenziale, che è questo: Crookes si trova di fronte a una sorprendente scoperta: l’atomo è completamente diverso da quello che si credeva. Non è un granulino compatto, quindi contraddice il suo stesso nome (che viene dal greco a-tomo cioè ‘indivisibile’) perché non solo è divisibile ma contiene onde di particelle, però la prova che la carica elettrica non è distribuita dappertutto, ma esiste un nucleo positivo e gli elettroni negativi gli girano attorno, la otterrà solo in seguito il fisico Ernst Rutherford.

 • Comunque ora sbucano fuori sorprese come dalla calza della Befana e crollano gli elementi di base dell’universo newtoniano che era rimasto, si può dire, pressoché immutato dai tempi di Democrito. Alla fine si rivoluzionerà tutto fino a fare scoperte tali che ora, nel 1879, non si possono neppure immaginare. Tra le prime ci saranno le radiografie, fatte con i misteriosi raggi X dal fisico tedesco Wilhelm C. Roentgen.

 

1879

93. Il proprietario di un Saloon a Dayton, nell’Ohio, inventa un registratore di cassa perché gli avventori aumentano e lui non può stare al banco e alla cassa nello stesso tempo

• James Ritty è stufo d’essere derubato dai suoi aiutanti e pur non essendo uno scienziato riesce a inventare un meccanismo speciale. Ogni volta che uno dei suoi dipendenti apre la cassa, un martelletto batte su una campanella e si alza una bandierina, non solo, ma spunta fuori una listarella di carta su cui viene incisa la cifra incassata. Ottima tecnologia. Sembra che abbia copiato l’idea da un congegno che conta i giri dell’elica sulle navi, ma dovunque abbia preso lo spunto è certo che da quel momento il nuovo registratore di cassa invade l’America e i proprietari di saloon o negozi possono finalmente evitare i furti sugli incassi. Semplice tecnologia? Però c’è anche un pizzico di scienza.

 

1879

94. Il secondo figlio di Darwin, George Howard, astronomo, matematico, geofisico, sostiene che la Luna sia un pezzo della Terra che si è staccato in tempi remoti (e un giorno si saprà che ha ragione)

 • George Howard Darwin, che dal punto di vista della preparazione scientifica è molto più importante di suo padre pur essendo quasi sconosciuto al pubblico, sembra convinto che la Luna si sia staccata dalla Terra a causa di una collisione con un altro pianeta che aveva più o meno le misure di Marte. Avrebbe lasciato come cicatrice l’Oceano Pacifico. Però nessun geologo è della sua opinione, molti pensano soltanto che il nostro satellite fosse - un tempo - più vicino alla Terra di quanto non sia oggi.

• E a questo punto arriva un’ipotesi che lascia sbalorditi. Ce la racconta il biochimico Isaac Asimov che ha anche una passione per la fisica ed è molto noto perché si è divertito a scrivere bei racconti di fantascienza. Ecco quel che dice nel suo “Libro di fisica”, a pagina 188, ultimo capoverso: “In realtà tutte le ipotesi sull’origine della Luna appaiono ugualmente improbabili; si è sentito qualche scienziato mormorare che, considerati con attenzione tutti i dati, l’unica conclusione possibile è che la Luna non sia veramente lì, nello spazio …” Oddìo, che significa? Vuole dire forse che non esiste, o magari che è un ologramma? Ma se ci siamo perfino stati e c’è ancora l’impronta del piede di Armstrong!   

•  Più recentemente, l’ipotesi di una collisione primigenia tra una proto-Terra e un corpo delle dimensioni di Marte, che avrebbe scagliato in orbita le polveri del mantello terrestre dalle quali poi si è formata la Luna, è stata molto rivalutata.

 

1880

95. Un francese, Charles Louis Laveran, riesce a isolare il microrganismo responsabile della malaria

• Il medico militare francese Charles Laveran, di stanza in Algeria, dove imperversa la malaria, si convince che anche quella malattia, diffusa in molte parti del mondo e causa di morte per tante persone, sia provocata da un microrganismo. Nelle sue ricerche Laveran si serve dell’importante saggio “La malaria di Roma” (1878), scritto su incarico del governo italiano dal medico Guido Baccelli. Come primario dell’ospedale romano Santo Spirito, Baccelli aveva potuto esaminare un enorme numero di malati di malaria provenienti dalle zone paludose dei dintorni di Roma, soprattutto del Viterbese e dell’Agro Pontino, bonificato poi al tempo di Mussolini.

• Charles Laveran si dedica alla ricerca dell’ipotetico microrganismo responsabile della malaria e alla fine, esaminando il sangue di un malato, riesce a trovarlo. Scopre che non si tratta di un batterio, ma di un protozoo, un organismo unicellulare che poi verrà battezzato Plasmodium. Però non si riesce ancora a capire in che modo infetti gli esseri umani. Solo alcuni anni dopo, quando il medico americano Theobald Smith si accorge che nel Texas una certa malattia dei bovini viene trasmessa da una zecca, e più tardi ancora, quando un altro medico, Patrick Manson, che lavora in Cina, capirà che la filariosi (malattia portata da un verme) passa all’uomo attraverso la puntura di una zanzara, ci si rende conto che le responsabili devono essere proprio le zanzare. In seguito si capirà che è una specie particolare, l’anofele, a fare da tramite. Il primo passo però era stato quello di Laveran, che nel 1906 prenderà il Premio Nobel per la medicina.

 

6 maggio 1880

96. Si inaugura sul Vesuvio la prima funicolare della storia

• Tra gli evviva dei napoletani, le fanfare e i mandolini che accompagnano il canto frenetico “Funiculì Funiculà” di Luigi Denza (le parole inglesi sono di Edward Oxenford, quelle italiane di Giuseppe Turco), il 6 maggio sale al Vesuvio per il viaggio inaugurale la prima funicolare del mondo.

  E’ costata 435 mila lire, al progetto hanno lavorato vari ingegneri, ma dopo qualche anno sarà ricostruita da fondo perché – dicono – ha qualche piccolo difetto. E forse il difetto non è piccolo, se devono ricostruirla da capo, però è meglio far finta di nulla, visto che i napoletani sono tanto orgogliosi del loro primato e cantano a gran voce “Funiculì funiculà”.   

 

1880

97. Un geologo francese, Milne, inventa il sismografo, e l’astronomo americano, Draper, nella notte del 30 settembre scatta la prima fotografia della nebulosa di Orione

• Il francese John Milne aveva studiato geologia. Era attratto dai bradisismi e da tutti i movimenti tellurici, ma non sapeva come registrarli, finché trovò un modo: fece un pendolo orizzontale (difficile immaginare come possa un pendolo essere orizzontale ma con un po’ di inventiva ci si riesce), comunque riuscì a costruire un congegno che, appena il terreno si muoveva, registrava il movimento su un tamburo rotante con un pennino, una specie di nonno delle matite biro. La sismologia è nata così e Milne la portò fino in Giappone, dove i terremoti erano frequentissimi. Però la gente guardando la sua macchina scuoteva la testa e diceva che era meglio osservare gli animali: loro sanno sempre un po’ prima quando sta per arrivare il terremoto. Perfino i pesci schizzano fuori dall’acqua. Era vero, ma il sismografo era lì a disposizione, mentre non sempre si avevano sottomano gli animali. Milne fece costruire una serie di macchinette, e invase con quelle il Giappone, che le accettò. Il sismografo era nato.

 Intanto l’americano Henry Draper diventa il pioniere della fotografia astronomica, cogliendo la prima immagine della nebulosa di Orione che sarà fotografata un mucchio di volte dagli astronomi del futuro.

• Quella di Orione è una delle poche nebulose visibili anche a occhio nudo ed è al centro di un vasto complesso di gas e polveri che si estende per una quarantina di anni luce. La massa totale, rivelata dall’emissione di onde radio, deve essere all’incirca pari a 100 mila masse solari. Il colore rossastro è dovuto alla gran quantità di idrogeno ionizzato. Guardarla è un piacere.

 

1880

98. Pierre Curie, il chimico francese che poi sposerà Maria Sklodowska, scopre a 21 anni un’imprevista caratteristica del durissimo cristallo di quarzo, la piezoelettricità

• Pierre Curie, nato nel 1859, è già un chimico e fa una scoperta importante, cioè si accorge di una particolare caratteristica dei cristalli di quarzo: se vengono sottoposti a una certa pressione manifestano un potenziale elettrico. E sono così sensibili all’elettricità che si comprimono quasi fossero sotto una pressa. E’ proprio curioso, perché sono capaci di stringersi e di allargarsi, sia pure di poco, a ogni cambio di potenziale. Se la variazione è rapida ne escono anche onde sonore, però inaudibili. E’ così che Pierre Curie scopre gli ultrasuoni. Se qualcuno pensa che la sua scoperta sia una cosa da nulla sbaglia di grosso, perché quei cristalli di quarzo diventeranno parti essenziali di apparecchi elettronici e di vari tipi di riproduttori di suoni come i microfoni e i giradischi, che nel 1880 sono ancora, come si usa dire, nella mente di Dio.

 

31 maggio 1881

99. Un inventore italiano che per vivere insegna ginnastica, Alessandro Scuri, propone un nuovo velocipede

• Alessandro Giovan Battista Scuri, di Torino, brevetta un monociclo che ha una grande ruota come quella dei velocipedi a manubrio alto, però manca del ruotino posteriore. E’ un po’ più difficile da manovrare, ci vuole forza per mantenere l’equilibrio ed è certo che un vecchietto non se lo comprerà mai, però agli sportivi piace e la casa costruttrice Paul Focke di Lipsia comincia a produrla. Comunque prima di diventare una vera bicicletta, il nuovo velocipede dovrà fare parecchia strada.

 

3 giugno 1881

100. Un ungherese fabbrica la macchina per il ciclostile

• David Gestetner, ex-agente di cambio ungherese, emigra in America e là trova un tipo di carta (di solito si usava per gli aquiloni) che una volta ricoperta da un sottile strato di cera si potrà incidere come facevano gli antichi quando scrivevano sulle tavolette. Poi inserisce nella macchina una penna con una rotellina dentata al posto della punta: invece di incidere dei segni fa dei forellini, che permetteranno in seguito di duplicare un testo.

  E’ una bella trovata e qualche anno dopo Thomas Edison riuscirà - come al solito – a copiarla e a farla perfezionare dai suoi numerosi assistenti pagati a cottimo, quindi molto laboriosi. Alla fine, infatti, brevetterà un’invenzione simile, però con la penna inchiostrata, e chiamerà la nuova macchina “Mimeograph”.

 

1881

101. Il batterio responsabile della polmonite viene isolato da un medico militare americano che è anche batteriologo

• Il dottor George Miller Stenberg (1838-1915) riesce a scoprire il pneumococco, o streptococcus pneumoniae, che oltre alla polmonite - allora quasi sempre letale perché non si conoscevano gli antibiotici - può causare addirittura la meningite streptococcica, e altri mali meno gravi come l’otite media, la bronchite, la congiuntivite, la sinusite. E’ un batterio sferico – tutti quelli chiamati ‘cocco’ lo sono, anche se la parola greca in origine significava solo ‘seme’ – e i medici si rendono conto che agisce soprattutto su persone immunodepresse, o comunque con le difese immunitarie già indebolite.

• Ancora oggi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le infezioni da pneumococco rappresentano una delle prime cause di morte nel mondo nonostante le nuove cure, ma si possono prevenire con un vaccino che se non altro ne riduce la violenza, sempre che venga usato nei bambini prima che abbiano compiuto i cinque anni. Certo, uno non può sapere se la malattia arriverà oppure no, ma è meglio premunirsi. Però viene spontaneo chiedersi: ma quanti vaccini ci tocca fare per vivere? Non saranno un po’ troppi?

 

19 aprile 1882

102. Nella sua casa di Dawn, in Inghilterra, muore Charles Darwin. Ha 71 anni e da tempo soffre del morbo di Chagas 

• Charles Darwin muore e viene sepolto tra i Grandi nell’Abbazia di Westminster, a Londra. La  vera causa della sua morte non è stata mai accertata perché il responsabile dell’Abbazia non ha permesso che si facessero studi o esami sulla sua salma. Il morbo di Chagas minaccia tuttora, specialmente in Sudamerica, migliaia di persone che oggi potrebbero essere curate se ci fosse una maggiore attenzione alla malattia, non sempre individuata. Il responsabile, il batterio Trypanosoma cruzi, viene trasmesso da un parassita, una certa cimice che potrebbe avere punto Darwin durante uno dei suoi viaggi.

 Resta però qualche dubbio riguardo alla causa vera della sua morte, perché proprio in quel periodo uno dei suoi figli era malato di scarlattina che – contratta da un adulto già in cattive condizioni – può essere molto pericolosa.

 

1882

103. Le cellule, che erano state scoperte duecento anni prima dall’inglese Robert Hooke, ora rivelano molti dei loro segreti grazie all’ostinazione di uno scienziato tedesco

• Walter Flemming, biologo tedesco, studiava da tempo le cellule, ma purtroppo ogni loro parte era così trasparente che non riusciva a capire come fossero fatte. Riassumendo un po’ la storia è utile dire che la parola ‘cellule’ era stata coniata da Hooke il quale aveva studiato solo quelle del sughero e le aveva paragonate alle cellette di un monastero: le trovava graziose e delicate. In seguito il botanico tedesco M.J. Schleiden dichiarò che tutti i tessuti vegetali sono composti di cellule, e il fisiologo tedesco Theodor Schwann aggiunse che lo erano anche i tessuti animali, cosa che fece una certa impressione.

• La serie di studiosi che se ne sono occupati è lunga, ma il problema era quello che ha messo in evidenza Flemming: come sono fatte dentro queste cellule così diafane al microscopio? Nel 1879 ebbe un’idea geniale: colorarne qualche componente con una sostanza che si combinava - facendoli risaltare - con certi granulini rossicci che erano all’interno e che nominò ‘cromatine’.

• Ci vollero anni, ma finalmente nel 1882 pubblicò un libro raccontando la sua lunga fatica per capire come funzionava la divisione cellulare. Il guaio era stato questo: se colorava una cellula, la poverina moriva e lui doveva passare a un’altra, badando però che il processo fosse già arrivato a una fase successiva, almeno fino a quella che lui chiamò (e il nome è rimasto) “mitosi”, ossia fino al momento in cui le cellule si duplicavano. Il processo si basava su alcuni elementi filamentosi, che prima si raddoppiavano, poi si spostavano da una parte della cellula facendola allungare, finché alla fine si divideva. Sei anni dopo quegli elementi verranno chiamati “cromosomi” dall’anatomista tedesco Heinrich von Valdeyer Hartz.        

 

1882

104. Un medico condotto tedesco, Robert Koch, annuncia la scoperta del bacillo della tubercolosi che imperversa da millenni   

• Robert Koch era un medico condotto, figlio di un semplice minatore così bravo che poi fu nominato direttore di miniera. Robert studia e passa le ore libere cercando di capire le cause delle malattie, sia degli uomini che degli animali. Non la pensava come molti colleghi ottusi, i quali sostenevano che i batteri erano fantasie o fisime di Pasteur: per lui i batteri esistevano, eccome. Ha cominciato quando lavorava all’ospedale di Amburgo scoprendo il batterio del carbonchio - o anthrax - che contagiava intere mandrie sotto forma di spora che poi si sviluppava e uccideva (a volte anche l’uomo). Ora sembrava possibile,  seguendo gli insegnamenti di Pasteur, studiare un vaccino.

• A quel punto Koch si mise in mente di cercare anche la causa della tubercolosi, malattia gravissima, conosciuta e temuta fin dall’antichità, infatti Ippocrate (460 a.C.) la considerava la più diffusa e la più letale. Tra le innumerevoli persone che ha ucciso ci sono nomi famosi: Keats, Pergolesi, Grazioli, Giusti, Cechov, Chopin, Gozzano, Kafka, Orwell, Emily Bronte e molti altri, ma l’elenco diventa troppo lungo.

  Infine Koch ha trovato il responsabile: un bacillo che sarà chiamato Mycobacterium tubercolosis e che si può annidare dovunque in un corpo, anche se in genere “preferisce” attaccare i polmoni. Sono stati studiati e sperimentati diversi vaccini con un certo successo e per molti anni sarà tenuto a freno grazie soprattutto alla streptomicina, alla tecnica del “pneumotorace” e a un mix di farmaci: tanto che si pensava d’essere oramai al sicuro.

 Koch per questa scoperta prenderà il Nobel, ma nessuno avrebbe mai pensato che nel II e III millennio la Tbc sarebbe ridiventata un grosso pericolo, anche per le massicce migrazioni dal continente africano dove ancora il bacillo imperversa, spesso accompagnato dall’AIDS giunto negli USA dal Congo (Leopoldsville, oggi Kinshasa) e perfino da qualche caso di Ebola che è subito sbarcato anche in Europa. 

  La Tbc, che si credeva debellata, è dunque riuscita a varcare il tempo e uccide ancora. Solo in Italia muore almeno una persona al giorno di questa malattia, e a livello globale i casi di infezione sono 8,6 milioni.

• L’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme con la European Respiratory Society e col Ministero della Salute sta combattendo una lunga guerra che sembra, però, molto dura da vincere. Fra l’altro molti credono che la Tbc prenda di mira solo i polmoni, mentre è provato che può annidarsi dovunque. Spesso, nelle donne, attacca le zone ovariche e non sempre i medici la individuano. Quando non prende i polmoni è più difficile trovarla e curarla. Certi erboristi, sembra, ottengono un certo successo con foglie d’alloro essiccate in forno e triturate fino a farne una polvere da inghiottire (la dose è un cucchiaio).

 

1882-83

105. Ecco un momento felice per l’umanità, in cui si spera che i popoli possano mettersi d’accordo per studiare il loro pianeta così pieno di meraviglie invece di distruggersi con inutili guerre

• Karl Weyprech, ufficiale di marina dell’impero austro-ungarico, promuove il primo Anno Geofisico Internazionale. Le regioni polari boreale e australe saranno i punti focali del più importante progetto scientifico del suo tempo. Weyprech riesce, con l’aiuto del geofisico Georg von Neumayer, a organizzare il grandioso avvenimento al quale partecipano 12 nazioni, con circa 700 scienziati che si dedicheranno all’esplorazione e all’indagine scientifica di vari fenomeni ancora poco conosciuti come le aurore boreali e il magnetismo terrestre. Le spedizioni ai poli, e particolarmente in Antartide, saranno 15. Il nome di Georg von Neumayer è stato dato a una stazione antartica, mentre Karl Weyprecht è quasi dimenticato e purtroppo al successo strepitoso del suo programma non ha potuto assistere: è morto di tubercolosi alla fine del 1881. Dopo quel primo anno geofisico ce ne saranno altri due nel ventesimo secolo.

 

1883

106. La ionosfera è una scoperta del ventesimo secolo, ma alla fine dell’Ottocento un chimico svedese, Svante Arrhenius, aveva già intuito l’importanza degli ioni

• Svante Arrhenius ha rischiato addirittura una bocciatura all’esame di chimica per il dottorato quando ha sostenuto che gli ioni (atomi o gruppi atomici) sono dotati di carica. Quest’idea, alla fine del secolo scorso, appariva perfino ridicola e Arrhenius ottenne, sì, il suo dottorato, ma con il voto minimo. Quando in seguito venne scoperto l’elettrone la sua teoria fu subito vista con altri occhi e si dovette ammettere che aveva ragione. Insomma, la sua teoria detta della “dissociazione elettrolitica” era giusta.

• Questa “dissociazione” è un normale fenomeno per cui molti composti chimici chiamati elettroliti - acidi, basi e sali - in presenza di un solvente (in genere semplicemente acqua) si scindono in parti più semplici, ossia in ioni che prendono il nome di cationi se sono positivi e anioni se negativi. La funzione degli ioni è importante in molte sostanze dove la forza di coesione è dovuta proprio all’attrazione elettrostatica delle cariche opposte. Nel 1903 Arrhenius – che era stato quasi bocciato in chimica - ha preso il Premio Nobel.

 

1884

107. Non bastava la mitragliatrice di Gatling così com’era, con le  dieci canne che sparavano 350 colpi al minuto, ora un inventore angloamericano riesce a fargliene sparare 1200

• Hiram Steven Maxim sviluppa la mitragliatrice di Gatling rendendola del tutto automatica grazie alla spinta dei gas prodotti dalla stessa esplosione e arriva a ottenere un’incredibile velocità di sparo: 1200 colpi al minuto.

Sembra proprio che gli esseri umani abbiano una frenesia costante di ammazzarsi a vicenda e di avanzare nella Storia a forza di uccisioni. Infatti la nuova arma è stata fondamentale per gli europei durante l’espansione in Africa  e nella prima guerra mondiale.

 Grazie a quella mitragliatrice l’inventore diventerà “sir” Hiram Maxim, ossia baronetto, guadagnerà ingenti capitali e si consolerà di una sconfitta, quella di non essere riconosciuto come il padre della prima lampadina (ne aveva inventata una anche lui). Quel titolo rimarrà a Thomas Edison, benché anche Alessandro Cruto, come abbiamo detto già, l’italiano di Piossasco (un paese del Piemonte) abbia fatto una buona invenzione con le lampadine a incandescenza che hanno il filo di grafite e un alto coefficiente di “resistività positiva” (significa che la resistenza aumenta con l’aumento della temperatura).

• Nel 1884, quando è stata inaugurata l’Esposizione Elettrica Internazionale il 27 maggio, ci furono fantastiche illuminazioni fatte proprio con le lampadine di Alessandro Cruto, che risultavano migliori di quelle del ‘colosso’ Edison. L’entusiasmo per “la luce” si può immaginare solo pensando al buio in cui l’umanità era sempre vissuta fino ad allora, a parte i rari falò e il lavoro spossante per alimentarli. Mandiamo un pensiero di gratitudine al faro di Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo (di cui conosciamo poco perché è quasi del tutto sommersa), fatto costruire quasi certamente da Cleopatra. I fuochisti si distruggevano per versarci olio e quintali di legna. Ma certo non era possibile lasciarlo spegnere quando la sua luce rappresentava la sola speranza per tanti naviganti sperduti.

 

Primavera 1884

108. Quest’anno le invenzioni arrivano come piombo colato: un giovane tedesco, detto poi il “secondo Johannes Gutenberg’, inventa la linotype

• Si chiama Ottmar Mergenthaler e se non ha inventato lui i giornali poco ci manca, perché prima, quando li stampavano, dovevano allineare i caratteri a mano, uno per uno (come si è fatto in seguito con i titoli fino alle ‘nuove tecnologie’) e i giornali uscivano al più con otto pagine, ma erano un lavoraccio e nessuno lo faceva volentieri. Mergenthaler, tedesco, viveva negli Stati Uniti dove si divertiva a fare l’inventore, ma siccome non è un vero mestiere, lavorava da orologiaio e la pazienza, con quegli aggeggini, se l’era fatta crescere. Però se ci si pensa – ma forse non ci si pensa mai – il cervello partorisce molte più invenzioni quando è giovane. Lui infatti era nato nel 1854 e ha messo a punto la linotype ora, a 30.

•  Dal 1872  lavorava a Washington nella bottega di August Hahl, figlio del suo maestro orologiaio. Era molto ingegnoso e creativo, e a 20 anni ha ottenuto il suo primo brevetto, così in poco tempo è diventato comproprietario del negozio. Poi, il 17 agosto 1876, un certo Charles Moore, che aveva sentito parlare del suo talento, gli fa vedere una sua invenzione, una macchina da scrivere per giornali che avrebbe potuto sostituire la composizione manuale della pagina. Quella macchina però non funzionava, e così gli ha proposto di fare un modello migliore.

  Ottmar vide subito cos’era che non andava e si mise al lavoro per migliorarla, però ci vollero dieci anni prima che ci riuscisse. Il 3 luglio 1886 Mergenthaler presenta la sua invenzione al “New York Tribune”, il cui proprietario, Whitelaw Reid, aveva per anni incoraggiato i suoi studi. Gli azionisti del giornale e i sindacati, invece, si oppongono violentemente a questa innovazione e non si capisce bene perché. Alla fine, però, la sua importanza viene riconosciuta, e per Mergenthaler arrivano il successo e gli onori davvero meritati dopo tanto lavoro. Passano un po’ di anni e purtroppo lui si ammala di tubercolosi, finché muore all’età di 44 anni.

• La linotype è una macchina per la composizione meccanica delle pagine di stampa. C’è una tastiera, collegata a cassette in cui si trovano le matrici delle lettere, dei segni e degli spazi, che vengono fuori quando il linotipista li chiama dalla tastiera. Arrivano e si dispongono in linee di testo, poi entrano in una forma dove la lega del piombo si solidifica subito, e  così nasce la colonna della pagina da stampare. Quando la forma è completa si inchiostra e si fa il cosiddetto “bozzone” di carta per dare un’occhiata. A volte passa il proto, guarda i titoli a volte prende un abbaglio e protesta. Ecco un esempio, nel caso di un attacco terroristico col gas nervino. Vede il titolone e strepita: “Ma nun se po scrive ‘nervino’, mettece la elle, ‘gnorante, se scrive nel vino”.

•   Punto di forza della linotype è senza dubbio la rapidità di composizione, ma essendo una macchina che fa una riga per volta, rende faticose le correzioni. Infatti per correggere un singolo errore bisogna riscrivere l’intera riga. Una linotype viene installata per la prima volta tre anni dopo, nel 1886, al “New York Tribune”, e la composizione passa dai 1000 caratteri/ora a 8.000-10.000.

 E’ stata subito adottata e parecchi giornali,  come “La Tribuna” in Italia, ne hanno approfittato per nascere. I libri, poi, sarebbero mai usciti a fiume dalle case editrici senza di loro? Certo no. Insomma Mergenthaler ha dato una bella spinta a un’arte che, come si dice, salva tutte le altre arti, ossia ci regala storia, immagini, notizie. Quel bel macchinone sempre vivo, caldo e rumoroso, col linotipista seduto lì davanti e tutto intento a battere, è nei ricordi di tanti giornalisti non più giovani che facevano il “turno di notte” in tipografia e la linotype la chiamavano sempre ‘cacarighini’.    

 

Estate 1884

109. L’astronomo russo Viktor Knorre scopre un asteroide tra Marte e Giove con un’orbita inclinata rispetto all’eclittica, e lo nomina Ipazia come l’antica astronoma.

• Viktor Knorre ha sempre avuto una grande ammirazione per Ipazia, l’astronoma e matematica greca nata nel 370 d.C. ad Alessandria, inventrice dell’astrolabio, dell’idroscopio e dell’aerometro. La scienziata fu vittima del fanatismo religioso del vescovo Cirillo che considerava le donne sapienti (e forse tutte le donne) figlie del demonio. Così la fece smembrare e gettare nell’immondizia. E poi si afferma che la Scienza doveva rispettare e riverire la Chiesa!

  Viktor Knorre non è stato il solo astronomo a ricordarsi di Ipazia d’Alessandria e a mettere il suo nome a un corpo celeste. Lui l’ha messo a un asteroide con l’orbita inclinata rispetto all’eclittica (l’apparente cammino del Sole), ma c’è anche un cratere lunare che porta quel nome e si sdoppia in un cratere satellite, Ipazia II. Poi ci sono le Rimae Hypatia, ossia un sistema di depressioni lineari che corrono per 180 km lungo la sponda occidentale del Sinus Asperitatis, un’insenatura del Mare della Tranquillità.    

 

2 Giugno 1885

110. Un italiano inventa l’ombrello. Sa bene che si usava fin dai tempi dell’antica Cina e forse ancora prima, ma lui automatizza l’apertura e la chiusura, come spiega quando lo brevetta

• Giovanni Gilardini, piemontese, prima aveva aperto un laboratorio per la fabbricazione degli ombrelli a Torino, poi si trasferisce a Firenze dove avvia un’altra azienda, e dà lavoro a un migliaio di operai. Si fabbricano equipaggiamenti e abbigliamenti per forniture militari e in modo particolare ombrelli, ma Gilardini, che è uno studioso e adora inventare, vuole trovare la maniera per renderli automatici: devono aprirsi e chiudersi quand’è necessario. Riesce infine a comandare l’apertura e la chiusura con dei pulsanti e il 2 giugno brevetta la sua invenzione che avrà molto successo anche perché quell’estate piove parecchio. Il brevetto di Gilardini è valido ancora oggi: qualche ritocco, nel tempo, l’ha perfezionato e nessuno rinuncerebbe più allo scatto confortante del tettuccio che si spalanca alle prime gocce, premendo solo un bottone.

 

1885

111. Il cugino di Charles Darwin, l’antropologo inglese Francis Galton, giura che non esistono due persone che possano lasciare le stesse impronte digitali

• Francis Galton, antropologo inglese, si è convinto che non esistano al mondo due persone che abbiano i cosiddetti ‘dermatoglifi’ (sono le ‘creste e le valli’ dell’ultima falange delle mani) uguali, e possano lasciare impronte digitali identiche, a parte – forse - i gemelli monozigotici. La sua scoperta (fino all’anno 1885 delle impronte digitali non si sapeva nulla) da allora in poi sarà molto utile alla medicina legale per individuare i colpevoli di azioni criminose. Benché le impronte sembrino invisibili, per esempio quando vengono lasciate su un foglio di carta, è facile metterle in evidenza con una polverina.

 • Qualcuno però non è d’accordo con Galton: lo studioso Mike Silvermann sostiene che la sua asserzione non è stata mai dimostrata, e che difficilmente potrà esserlo (siamo troppi sulla Terra), quindi secondo lui come prova non è affidabile. La medicina legale però dei suoi dubbi se ne infischia e considera le impronte del tutto valide.

 

1885  

112. Il fisico inglese Robert John Strutt (Lord Rayleigh) confronta la densità dell’azoto contenuto nell’aria con quello ottenuto da sostanze chimiche e scopre l’argo

• Lord Robert Rayleigh da anni sta studiando l’azoto dell’atmosfera terrestre che è una miscela di vari gas oltre all’ossigeno, come aveva già capito il grande chimico Antoine-Laurent Lavoisier  (ghigliottinato nel 1794 durante il Terrore a soli 51 anni per l’odio di quell’omuncolo che fu Marat). Rayleigh scopre con sorpresa che l’azoto atmosferico è più denso di quello ottenuto da sostanze chimiche e insieme con uno scienziato scozzese, sir William Ramsay, cerca di venire a capo del mistero ricorrendo alla spettroscopia. Dopo avere eliminato l’azoto, i due riscaldano i residui e trovano ‘righe’ luminose che non appartengono a elementi noti, così chiamano argo (in greco “inerte”) il gas sconosciuto. Però nell’atmosfera notano le tracce di diversi altri gas - in parti per milione - e Ramsay che è un chimico continua le ricerche da solo scoprendo altri quattro gas inerti, il neon (che significa nuovo), il cripto (nascosto), lo xeno (straniero) e l’elio che era già stato trovato anni prima nel Sole. In tempi più recenti sono stati individuati nell’atmosfera anche il protossido d’azoto (gas esilarante), il metano (prodotto dalla decomposizione di sostanze organiche) e il monossido di carbonio (conseguenza delle nostre attività, come la combustione del carbone e della benzina).

 

1886

113. Il chimico tedesco Clemens Alexander Winkler scopre un elemento nuovo per il quale c’è già un posto pronto nella tavola periodica di Mendeleev, il “germanio”

• Clemens A. Winkler, chimico, nel 1886 riceve un pezzo di minerale che proviene dalla miniera Himmelsfürst, nei pressi di Friburgo, in Sassonia. Il pezzo di roccia dura e cristallina, che poi sarà chiamata Argirodite, contiene argento e zolfo, ma lo studioso analizzandola si rende conto che quelli non devono essere i suoi soli componenti, benché costituiscano il 93-94% circa della massa totale. Ci deve essere in mezzo anche qualche altro elemento ancora ignoto e dopo parecchie fasi di purificazione che vanno avanti per diversi mesi, Winkler riesce a trovare l’ultimo componente che battezza Germanio, dal suo Paese natale. Questo elemento trova subito il suo posto nella tavola periodica perché Mendeleev l’aveva già previsto nel 1871, chiamandolo “ekasilicio” (simbolo Es). Ora si chiamerà Germanio (simbolo Ge), n. a. 32.

• Era il 6 febbraio del 1886 quando Winkler ha pubblicato i suoi risultati, ma stranamente fu come se il nuovo elemento non fosse mai esistito. Era lì al suo posto, ma i chimici se ne dimenticarono del tutto per circa 60 anni. Lo riscoprirono solo quando nacquero i transistor perché funzionava bene come semiconduttore. Poi il dottor Kazuniko Asai, in Manciuria, ebbe l’idea di lavorarlo facendolo diventare organico e idrosolubile. Allora il povero elemento dimenticato, dopo lunghe sperimentazioni, è arrivato tra i medicinali ed è stato giudicato efficace nelle malattie degenerative.

 

1886

114. Il fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz fa un esperimento dal risultato sbalorditivo, ma non si rende conto della sua importanza

• Heinrich R. Hertz nel far scoccare una scintilla fra due elettrodi, si accorge che onde elettromagnetiche di lunghezza appena superiore a quelle della luce possono viaggiare nello spazio come la luce, ma – pensa lui - non vanno sicuramente a grandi distanze, non più di un metro, un metro e mezzo. E invece è questo che lo farà passare alla storia, dando il suo nome a quelle importantissime onde. Però commette l’errore di non perseverare sulla strada che quel giorno, lì nel laboratorio al Politecnico di Karlsruhe dove lavorava e insegnava, gli s’era aperta prodigiosamente. Peccato, pensava, che questa scoperta non serva a niente … E non immaginava che aveva dato il via alle radioonde, a quelle che si sarebbero chiamate le “onde hertziane” e avrebbero fatto sì che il suo nome corresse avanti nei secoli e addirittura nei millenni. Sarà poi Marconi, con ulteriori investimenti di genialità e di cocciutaggine, a dimostrare che è possibile trasmettere segnali senza limiti di distanza.

• Esiste una numerosa famiglia di radiazioni elettromagnetiche -proprio come aveva previsto James C. Maxwell - ed è una famiglia in cui la luce ordinaria, anche se fatichiamo a crederlo, ha un posto davvero piccolo: c’è molto di più. Le lunghezze d’onda della luce visibile vanno da 0,39 micrometri (un micrometro è un milionesimo di metro), cioè dall’estremo violetto a 0,78 micrometri, l’estremo rosso, poi c’è il medio infrarosso - da 3 a 30 micrometri - e il lontano infrarosso - da 30 a 1000 micrometri. E qui incominciano le onde radio, le più lunghe che esistano.  

• Chissà come sarà stupito il bravo Hertz se ci ascolta dall’Altrove magari per radio, visto che da quelle onde è poi nata anche la radioastronomia! Però sarebbe gentile da parte sua farci sapere che è soddisfatto, dal momento che i trapassati sembrano capaci di mandare messaggi ai viventi attraverso i magnetofoni. Edison ne era convinto, infatti in seguito (nel 1920) si è dato un mucchio da fare per costruire un tipo di magnetofono capace di portare avanti esperimenti medianici che in quel tempo venivano chiamati di “necrofonia” e oggi di “metafonia”, ma questo è un discorso lungo, e oramai è arrivato il momento di raccontare “la guerra delle correnti”… Guerra combattuta con durezza dalle due parti, fra dense nebbie di ignoranza e sprazzi di genio, con la stampa che blaterava e infieriva, tanto più che i giornalisti non avevano capito niente, ma non se ne rendevano conto perché la questione era troppo complessa per loro.

 

1886

115. Dopo molti tentativi, finalmente nasce la prima autovettura della storia col motore a scoppio, la Patent Motorwagen di Karl Benz.

Karl Benz, un ingegnere tedesco, dopo molte traversie ha avuto la brillante idea di abbinare un motore a un veicolo dotato di ruote, dando così origine a una macchina che ancora oggi fa parte della nostra vita quotidiana. Ora Benz la presenta al pubblico. In realtà non c’è nessuna manifestazione particolare, ma un semplice giro di qualche decina di metri lungo la Ringstraße di Mannheim (la sede della sua azienda) fatto il 3 luglio 1886, tra gli sguardi dei passanti, alcuni stupiti, altri disgustati.

• Purtroppo da principio la vettura non ha un vero e proprio serbatoio, così è necessario che Eugen Benz, il primogenito, le vada dietro a piedi, e rifornisca il carburatore ogni volta che rimane a secco.

 La stampa dell’epoca non si fa scappare la notizia, anzi ne fa lo scoop del giorno: l’articolo, tutto pieno di complimenti, è però sciupato dal fatto che il giornalista, ignorandone il vero nome, battezza la vettura “Velociped” e chi non l’aveva vista pensa che sia una nuova bicicletta. 

 

1887  

116. Scoppia la guerra delle correnti che si trascina per anni tra liti e sceneggiate da teatro (il cinema ancora non c’è) poi si conclude con la vittoria di Tesla, però anche Edison ha la sua parte…  

• Nikola Tesla sbarca in America senza un soldo, sicuro che Edison lo accoglierà bene perché dal 1882 ha lavorato a Parigi alla Edison Continental Company e l’inge­gner Charles Batchelor - il miglior tecnico dell’Edison europea – gli aveva dato una lettera di presentazione. C’era scritta una frase diventata poi famosa e che Edison non avrebbe mai voluto sentire: “Conosco due grandi uomini e Lei è uno di quelli. Questo giovane è l’altro.”

  E così l’incontro fra i due si rivela uno scontro. Il ‘Grande Genio’ non vuol nemmeno sentir nominare ­la corrente alternata di cui parla Tesla, tratta il giovane a pesci in faccia, lo umilia. Solo alla fine, con prin­ci­­pesca degnazione, “visto che qui non conosce nessuno” gli offre un posto di ingegnere e dice che gli darà 50 mila dollari se gli risolve certi problemini. La promessa fa cadere Tesla nella rete, ma i soldi non li vedrà mai. Deluso (non è avido di denaro, ma anche lui deve mangiare) lascia fieramente la Edison Farm, anche se per vivere è costretto a scavare fossi per due dollari al giorno.  Però sa di avere ragione.

• Questa premessa serve per raccontare che finalmente, nel 1887, con il gruppo della Western Union Telegraph, venne fondata la Tesla Electric Company e lui ebbe il 50% delle azioni con voto di maggioranza. Dopo 6 mesi di lavoro aveva già potuto consegnare all’Ufficio Brevetti diverse nuove idee, poi la storia si è saputa ed è entrato in ballo il famoso magnate di Pittsburg George Westinghouse, che subito dopo ha acquistato dal giovane genio - a botte di milioni - tutti i brevetti anche futuri, tendenti a proteggere apparecchiature a corrente alternata.

•  Edison intanto quasi impazziva per il timore di perdere i suoi soldi ed è arrivato addirittura – per dimostrare che la corrente alternata era più pericolosa della sua – a organizzare spettacoli trucidi in cui fulminava, sotto gli occhi di tutti, cani e gatti randagi. Ma siccome non la spuntava, chiamò la stampa e fece friggere davanti a loro perfino l’elefantessa Topsy, quella del circo, poi convinse il governo a fare lo stesso ai condannati a morte con la sedia elettrica. Tesla risponde ben più onestamente alle pagliacciate di Edison: dimostra in pratica, mettendo in ballo il proprio corpo, che la perico­losità delle due correnti è identica, e che il pericolo si profila solo superando una certa tensione (Volt) e una certa quantità (Ampere).

• La guerra delle correnti va avanti con fasi alterne proprio come la corrente alternata, ma alla fine è Tesla a vincere. L’uomo di oggi, infatti, sopravvive benino in funzione della quantità di energia di cui può disporre grazie alla corrente alternata. Mentre Edison dalla sua tomba rivendicherà ancora i meriti della sua corrente cont­inua, di cui l’umanità effettivamente non può fare meno nelle auto, negli aerei, sui treni, e poi ancora nei cellulari, tablets, I-pad, fotoca­mere, telecomandi, joy-stick, giocattoli: insomma nelle pile. Ma non facciamoci incantare: si tratta di quantità micro-minime di energia rispetto alle valanghe di corrente alternata che divoriamo ogni giorno per mantenere il nostro cosiddetto benessere.       

• Tuttavia sembra un po’ assurdo e strano il fatto che Edison sia sulla bocca di tutti come il Grande Genio, mentre nessuno sa chi sia un tale di nome Nikola Tesla, e tantomeno che la prima centrale idroelettrica moderna sulle cascate del Niagara l’abbia concepita lui. Il mondo ha fatto presto a dimenticarsene come vogliono tutti gli Edison della Terra per i quali il denaro è la cosa più importante della vita, e ridono se pensano che qualcuno vorrebbe dare l’energia gratis a tutta l’umanità (era il sogno di Tesla), al quale non importava nulla arricchirsi personalmente. Per questo, molti anni dopo, un giornale italiano lo elencherà tra i genî che hanno un lato di “goffaggine”!

  I progetti che lo scienziato aveva nella sua camera d’albergo quando è morto - una morte tutt’altro che chiara - se li è presi l’FBI e li ha bollati come “Segreti di Stato”. 

 

1887

117. E’ un anno di piccole e grandi scoperte a getto continuo: tutti sono presi dalla frenesia di inventare qualcosa, anche una lingua nuova che accomuni i popoli

• Ludwik Zamenhof, medico polacco, inventa l’esperanto, la lingua di “colui che spera”: che spera, forse, nell’umana fratellanza. E’ una lingua artificiale, facile da apprendere perché ha una fonetica semplicissima, senza regole grammaticali ed è derivata da lingue neolatine, germaniche, slave e in parte dal greco. Suscita molta curiosità ma rimane un sogno, come resterà un sogno l’unità fra i popoli. Quello che interessa la gente sono le invenzioni spicciole, tecnologiche, come le lenti a contatto costruite dal medico svizzero Eugene A. Flick, ma purtroppo sono di vetro, mentre quelle in plastica dell’oftalmologo tedesco Theodore Obrig saranno abbastanza vendute. Però ne verranno altre ancora migliori, flessibili e morbide. Un’invenzione importante e utile è l’apparecchio per fare l’elettrocardiogramma. Ci lavora il tedesco Augustus Walle, che un giorno, per questa macchina, prenderà il Premio Nobel.

  Invece Emil Berliner, tedesco emigrato in America, non è uno scienziato, fa il commesso in un negozio di stoffe, però inventa un fonografo a disco migliore di quello di Edison e lo brevetta dando il via all’industria fonografica che lancia anche un primo catalogo di 54 dischi: il più venduto è “La preghiera del Signore”. Nascono anche il montacarichi e l’ascensore, ma questa è pura tecnologia, come la cannuccia per le bibite in carta paraffinata che ha fabbricato  l’americano Marvin Chester Stone quando è arrivato il boom della Coca Cola. Intanto l’automobile, con parecchi ritocchi, va avanti e la gente ora non si stupisce più, anzi si volta appena a guardarla.

  Del resto somiglia ancora a una carrozza, coperta o scoperta che sia. Mancano solo i cavalli, ma sicuramente è meglio così, i cavalli danno molto da fare e possono perfino imbizzarrirsi. Sono persone, mica macchine e le città in fondo non sono fatte per loro.

     

1888

118. Ancora tecnologia: un inglese per risparmiare al suo bambino i sussulti dovuti alle “gomme piene” e dure del triciclo, inventa i pneumatici: sarà un successo mondiale

• John Boyd Dunlop si era laureato in veterinaria, poi era andato a lavorare  in Irlanda. Per sua fortuna, bisogna dirlo, le strade irlandesi allora non erano asfaltate, quindi piuttosto dissestate, così tutto cominciò con un triciclo, quello del suo bambino: un giorno, guardandolo pedalare su quel terreno sassoso, ha avuto l’idea di inventare il copertone pneumatico. Pensava che se la gomma del triciclo non fosse stata così dura, ossia di gomma piena, la passeggiata del piccolo sarebbe stata più comoda, senza tutte quelle scosse che lo rintronavano. Così ha pensato di fare un copertoncino, con la camera d’aria da gonfiare. Andò così bene che Dunlop pensò subito di fare la stessa cosa alla sua bicicletta, però chi lo guardava era entusiasta e lo voleva subito copiare.

  In pochissimo tempo la sua invenzione ha rivoluzionato i trasporti rendendoli più sicuri e piacevoli. Era la fine del 19° secolo e i trasporti, dalla bicicletta ai primi mezzi a motore, erano in pieno sviluppo: con le ruote di gomma piena si prendevano certi urti da rimbambirsi e invece interponendo fra la strada e il cerchione un tubo cavo di gomma, gonfiato con l’aria, pedalare era un piacere. Per amore di suo figlio il bravo padre aveva realizzato il primo pneumatico della storia e nel 1888 lo fece brevettare.

  L’anno dopo, nel 1889, una squadra di ciclisti inglesi che aveva montato le gomme Dunlop ha lanciato il suo nome nel mondo e le gomme piene sono state sostituite dalle sue nelle biciclette e nelle automobili. Così in poco tempo l’inventore è diventato anche ricco.

 

31 marzo 1889

119. Si inaugura la Torre Eiffel, ed è pura scienza: uno dei costruttori era allievo del matematico svizzero Culman e si è ispirato all’osso del femore che il suo maestro studiava  

• L’ingegner Maurice Koechlin, uno degli assistenti di Gustave Eiffel (Eiffel in realtà è stato solo il finanziatore) nella costruzione della famosa torre di Parigi, era allievo dello scienziato svizzero Karl Culman, un matematico che studiava da anni l’osso del femore umano, convinto che rappresentasse il modello più collaudato per una costruzione capace di sopportare gravi pesi pur essendo leggera. Chi penserebbe oggi, guardando la Tour Eiffel, che è stato un osso, o meglio l’interno di un osso con le sue “trabecole”, a suggerire la struttura di quegli arditi tralicci metallici? La torre, con le antenne che porta, oggi è alta 324 metri e non pesa più di 7.300 tonnellate.

 Koechlin, studiando l’osso del femore con il suo maestro, era sempre più affascinato da quella struttura e sapeva bene che la massa spugnosa, dall’apparenza disordinata e casuale, che è all’interno dell’osso e sembra composta di migliaia di fibre e di vuoti sistemati a caso, è invece un capolavoro ingegneristico messo a punto dalla natura. Ogni apparente irregolarità delle fibre ossee ha una sua precisa ragione d’essere, ed è rigorosamente orientata rispetto ai percorsi delle forze di trazione e di compressione che un femore deve contrastare.

• Nel 1889, durante la Grande Esposizione Universale, nessuno l’ha raccontato e forse pochi lo sapevano. La verità è venuta fuori nel 1960 quando è nata ufficialmente la “bionica” – tenuta a battesimo dal maggiore Jack E. Steele dell’U.S. Air Force in un congresso a Dayton - ossia la scienza che ruba i brevetti alla Natura, cosa comunque che gli umani hanno sempre fatto, cercando però di nasconderlo per non sminuire l’originalità delle loro invenzioni.

  Oramai ne abbiamo accumulati tanti, di questi furti - come vedremo avanzando nel tempo - da non poterli più neppure contare e la bionica è considerata una delle scienze più importanti.

 

Estate 1889

120. La prima persona a cui è stato dato il titolo di “astrofisico” è George Ellery Hale. Già a 14 anni aveva chiesto un telescopio e ha incominciato a studiare il cielo  

• George E. Hale ha inventato lo Y, uno strumento con cui si fotografa il sole in luce monocromatica, ossia nella luce di una particolare zona dello spettro. Sembra una cosa complicata, ma è un po’ come quando da bambini si guarda il sole attraverso un vetro colorato e si vede meglio perché si è meno abbagliati. Tutto era nato per spiegare le tempeste magnetiche, causate dall’attività delle macchie solari, che sono quasi certamente eruzioni.

•  La prima osservazione era stata fatta dall’astronomo inglese Richard Carrington nel 1859, durante uno dei brillamenti solari (fenomeni di cui non si conosce la causa). Hale nel 1889 ha constatato che la “sfera” da cui è avvolto il sole è fatta di gas e che se i brillamenti accadono nel centro del disco solare, cioè di fronte alla Terra, quello che emettono viene verso di noi e causa le cosiddette tempeste magnetiche. In realtà la Terra è immersa in un alone di particelle che si estendono nello spazio e si è scoperto che le onde radio indotte dai lampi – i whistlers (sibili) che noi registriamo – viaggiano lungo linee di forza magnetiche: devono quindi essere un po’ cariche elettricamente e questo negli anni a venire dimostrerà che la Terra gira intorno al Sole all’interno di questa sua strana atmosfera che viene continuamente ‘rifornita’ di particelle proprio dalle eruzioni. Ma poiché siamo ancora al 1889, è bene fermarci qui.

• George Hale in seguito divenne direttore dell’Osservatorio astronomico di Kenwood, poi professore all’Università di Chicago. Ha fondato e diretto il “Giornale d’Astrofisica”, ha lavorato all’Osservatorio di Monte Wilson e di Monte Palomar. E’ lui che ha guidato Edwin Hubble, suo allievo, verso alcune delle più importanti scoperte astronomiche.

1889

121. Un altro passo avanti verso il computer: si potrebbe dire “siamo al 4° mese di gravidanza”!  

•  Herman Hollerith (1860-1929) brevettò l’utilizzo di schede perforate e fondò nel 1896 la società Tabulating Machine Company, che nel 1924 sarebbe divenuta la IBM. La macchina di Hollerith fu utilizzata per l’elaborazione del censimento degli Stati Uniti. E il nome IBM avrà davvero un futuro!

 

1890

122. L’inventore francese Ader, conosciuto come il primo che ha fatto volare un aereo con un motore, ha copiato le ali dei pipistrelli. Per i Francesi è la nascita dell’aereo però  i “veri” primi – per la storia - sono i fratelli Wright

• Clément Ader, ingegnere e inventore, nel 1890 è riuscito a far volare un aereo per 50 metri, ma il suo errore è stato quello di usare un motore a vapore, che è troppo pesante. L’aeroplano, rimesso in ordine dopo essere precipitato, è al Museo della Scienza e della Tecnica a Parigi, venerato da tutti, anche se per gli americani i veri inventori dell’aereo sono i fratelli Wilbur e Orwille. Wilbur ci s’era addirittura fissato e se non fosse riuscito a far volare un aereo, sarebbe diventato matto. Ecco quel che diceva «Da qualche anno sono ossessionato dall’idea che l’uomo possa essere in grado di volare. Questo mio malessere è cresciuto e sono convinto che mi costerà parecchi soldi, se non la mia stessa vita. » E si dettero tutti e due tanto da fare che alla fine…

  Il 14 dicembre 1903 i Wright eseguirono la prima prova di lancio del Flyer. Con Wilbur ai comandi, il Flyer andò fuori controllo appena si fu staccato dal binario di partenza, e cadde pesantemente al suolo, senza tuttavia subire danni gravi.

Il tentativo è stato ripetuto il 17 dicembre, questa volta con Orville ai comandi. A Kill Devil Hills tirava un forte vento nella direzione contraria a quella in cui sarebbe decollato il Flyer, e questo fattore, pur rendendo più difficile il pilotaggio, avrebbe reso più facile per la macchina staccarsi dal suolo, imprimendole una maggiore velocità relativa rispetto all’aria[28]. La squadra di soccorso mobile vicino a Kill Devil Hills fu allertata e fu piazzata una macchina fotografica per documentare un eventuale successo.

•   Può essere curioso notare che i Wright volarono sempre vestiti esattamente come al solito, in giacca e cravatta e con i colletti inamidati. Dopo che il motore si fu scaldato i due fratelli si strinsero la mano, e Orville prese posto, in posizione prona, sul Flyer. Quando il cavo che tratteneva il Flyer fu sganciato, l’aereo rullò accelerando in avanti con il motore al massimo, e si staccò da terra rimanendo in volo per 12 secondi, durante i quali coprì una distanza di 36 m[25]. Orville Wright scrisse in seguito:

«Fu un volo di 12 secondi, incerto, ondeggiante e traballante... ma fu finalmente un vero volo e non una semplice planata.»

 In realtà l’aereo dei Wright era stato preceduto dagli alianti di Otto Lilienthal e dall’aereo senza equipaggio (antenato dei droni!) di Samuel Langley… ma a proposito del volo umano sarà bene dare un’occhiata a un box e sentire come la pensa un pipistrello intervistato da una giornalista.

 

(BOX)

 

GIORNALISTA: Vorrei sapere qualcosa sulle sue tecnologie, signor Pipistrello. Sa che noi umani abbiamo costruito uno dei primi aerei copiando proprio le sue ali?

PIPISTRELLO: Io non ho ali, signora. Ho il patagio, una membrana elastica che posso tendere tra il corpo e le dita.

G : Che pignolo! Ali o membrana alare che differenza fa?

P:  Ne fa, eccome. Visto che m’ha dato del pignolo le dirò che si tratta di analogie. Il nostro patagio, le ali degli uccelli, quelle delle farfalle e di molti altri insetti sono tipici esempi di analogia. Non avevamo antenati in comune eppure abbiamo escogitato tecnologie simili. Per noi è stato un po’ difficile: siamo mammiferi e la natura non ci ha fornito piume e penne. Ci siamo dovuti arrangiare adoperando la pelle. Trovata ingegnosa, no? Per questo ci avete copiati. Mica potevate copiare gli uccelli, mettervi penne adatte a reggere il vostro peso in aria… Più facile imitare la membrana: un po’ di seta, una mano di colla e via.

G: Non è stato così semplice come dice lei. L’inventore di quell’aereo, Clément Ader…

P: Inventore? Per me è un ladro, un ladro di brevetti.

G: E’ scienza, si chiama bionica. Uno osserva la Natura…

P: E copia.

G: Si, ma quanto lavoro! Pensi che Ader ha tentato prima con un modello, poi con un altro, e solo il terzo, l’Eole 3, ha decollato. Ha volato per 50 metri, poi s’è abbattuto.

P:  Lo so, lo so. I miei avi morivano dal ridere a guardarlo.

G: Era un gioiello, invece. Lo ammiriamo ancora. E poi deve ammettere che noi di strada ne abbiamo fatta tanta, dopo, mentre voi siete rimasti allo stesso punto.

P: Eravamo già perfetti. E se lo vuol sapere, i vostri aerei invece fanno pena. Sporcano l’atmosfera, fanno un fracasso insopportabile soprattutto per le nostre orecchie che sono congegni di altissima precisione. Noi abbiamo un sonar…

G: Anche noi.

P: Sì, ma il vostro è rozzo, niente a che vedere col mio. Pensi che quando lancio la sonda a ultrasuoni ricevo la prima eco di risposta dopo un millesimo di secondo… lo sa che nel mio cervello non più grande di una nocciolina - io sono un microchirottero, vede come sono piccolo? - esistono apparecchiature così sofisticate che i vostri jet non se le sognano nemmeno?

G: Lo so… Infatti i nostri scienziati sono molto sorpresi. Credevamo che il nostro cervello fosse il massimo… l’idea che invece rappresenti solo uno dei tanti episodi di una “valenza evolutiva”, una fitness, come dice il mio amico astrofisico Italo Mazzitelli che è un vero scienziato, ci fa proprio rabbia…

(Chiusura BOX)

 

Dicembre 1890

123. Dopo la scoperta delle tossine dei batteri fatta dall’anatomopatologo italiano Angelo Maffucci, il tedesco von Behring e il suo l’assistente preparano un siero antidifterico

• Il medico Emil von Behring, fisiologo e batteriologo, che lavora con il batteriologo giapponese Shibasaburo Kitasato, si accorge che nel sangue degli animali infettati navigano degli anticorpi capaci di combattere la difterite anche quando si è già instaurata. I due medici riescono a isolarli e se ne servono per preparare un siero. In seguito ne faranno uno anche per bloccare il tetano e questa volta lavorerà con von Behring il batteriologo francese Emile Roux, uno dei migliori allievi di Pasteur. Shibasaburo, una volta rientrato in Giappone, dopo qualche anno riesce a isolare anche il microrganismo della peste bubbonica e diventa molto celebre. 

  Il dottor von Behring, considerato un pioniere nel campo dell’immunologia, a 47 anni - nel 1901 – sarà la prima persona alla quale verrà assegnato il Premio Nobel per la Medicina.

 

1890

124. La vita di Louis Pasteur è vicina a concludersi, ma è stata  grande. Nato a Dôle, in Francia, il 27 dicembre del 1822, non è certo vecchio, però nel 1868 ha già avuto un ictus

• Louis Pasteur da giovane voleva disegnare e dipingere, ma il padre l’aveva iscritto all’École Normale Supérieure e lui era rimasto affascinato dalla cristallografia. La sua vera strada però era la chimica, infatti è diventato professore all’università di Strasburgo. Lì ha avuto un vero colpo di fortuna: ha sposato Marie Laurent, figlia di un suo collega. Sarà uno dei matrimoni più riusciti della storia. Marie non solo si carica di tutti i pesi familiari, ma si interessa talmente ai suoi studi che diventa la sua migliore collaboratrice.

• Tutte le grandi scoperte di Pasteur sono lotte a ‘muso duro’ con i problemi più gravi del suo tempo: quelli dell’agricoltura, dell’industria agraria, dell’allevamento. Studia accanitamente, affronta le anomalie della fermentazione della birra (1854), del vino e dell’aceto (1861-62), le alterazioni di origine fungina o batterica del vino (1863-64), le malattie del baco da seta (1865-70), il colera dei polli (1880), il carbonchio dei bovini, degli ovini e degli equini (1881), la rabbia. Fa ricerche sulla fermentazione, specie in campo agricolo e industriale. Diventerà il direttore scientifico dell’École Normale dove aveva studiato e dove gli danno un laboratorio per le ricerche.

• Nel 1862 viene eletto con 36 voti su 60 all’Accademia delle Scienze. I voti non sono molti, ma i suoi lavori procedono così bene che anche Napoleone III gli chiederà di occuparsi del vino francese che si inacidisce troppo in fretta. Nonostante la salute che non lo aiuta più, Pasteur inventa la pastorizzazione che uccide i parassiti e salva anche la birra e il latte: la cura è semplice, basta riscaldarli un po’. Ora affronta i bachi da seta che si ammalano, quindi passa al carbonchio del bestiame e infine arriva al vaccino per la rabbia. E’ lui a spiegare al chirurgo inglese Joseph Lister la teoria dei germi patogeni, ma sarà poi Lister a diventare il padre dell’antisepsi. Sembra strano che nessuno di loro abbia parlato della tragica fine di Semmelweis, eppure dovevano conoscerla. A volte – anzi spesso – il comportamento degli scienziati è proprio difficile da capire.

• Nello studio della fermentazione della birra Pasteur era guidato da una spinta patriottica: sognava di dare alla birra francese una reputazione simile se non superiore a quella tedesca, ma purtroppo la birra era soggetta ad ammalarsi più del vino. Infatti esisteva qualche vino vecchio, ma la birra bisognava consumarla subito: era più fragile perché meno acida e meno alcolica, e in più aveva un maggiore contenuto di zuccheri che l’esponevano a rapide alterazioni. Nel processo di fabbricazione, quando si metteva a raffreddare “il mosto di birra” alla temperatura di circa 20 gradi, si sviluppavano funghi microscopici e fermenti con germi. Pasteur pensava che il calore fosse il mezzo migliore per combatterli. La “pastorizzazione” si fa tuttora.

• Dopo avere affrontato la fermentazione del vino e dell’aceto si è occupato della malattia del baco da seta che si era diffusa in quegli anni in vari paesi europei, nelle isole dell’Egeo, in Turchia e in Grecia. Poi del colera dei polli (1880), del carbonchio di bovini, ovini ed equini (1881). Fra tutte le ricerche però ce n’era una che per lui contava più delle altre: lo studio della rabbia. Penetrare le tenebre che circondavano quel male misterioso, di cui si discuteva ancora l’origine, era il suo scopo supremo. Si sapeva solo che la saliva degli animali ‘arrabbiati’ conteneva il virus rabbico, che il male si comunicava con i morsi e che il periodo di incubazione poteva durare da qualche giorno a parecchi mesi. Pasteur però scoprì che la rabbia non era solo nella saliva. Quasi tutti gli animali che avevano ricevuto sotto pelle una inoculazione di materia cerebrale di cani arrabbiati, soccombevano. Quella materia agiva meglio della saliva e Pasteur capì che l’ambiente più favorevole al virus era il cervello. Partendo da questo presupposto decise di creare il vaccino utilizzando parti di midollo, trattato e disseccato.

  Un mattino gli fu portato un bimbo alsaziano di nove anni, Joseph Meister, morso due giorni prima da un cane rabbioso. Alla vista delle 14 ferite e pensando ai pericoli che correva il bambino, volle provare a curarlo. Gli fece 13 iniezioni in 10 giorni, ognuna più forte della precedente. L’ultima conteneva la forma più virulenta, in grado di uccidere un animale in 7 giorni. Il bambino sopravvisse, il trattamento antirabbico, dunque, se applicato in tempi rapidi, funzionava. Il 1º marzo 1886, Pasteur poteva dichiarare all’Accademia delle Scienze che su 350 persone sottoposte alla sua cura, c’era stata una sola morte. Così divenne il grande protagonista della storia delle vaccinazioni e anche Accademico di Francia. Morì nella sua casa di campagna, a Villeneuve l’Etang, il 28 settembre del 1895.

 

Anni 1890

125. Francesco Castracane si fece prete, poi fu presidente dell’Accademia Pontificia delle Scienze “I Nuovi Lincei” e dedicò la vita alle diatomee, facendo alcune scoperte

• Si chiama Francesco Saverio Giuseppe Baldassarre Castracane degli Antelminelli: il nome completo di questo scienziato è un po’ lungo, ma che fare, noblesse oblige. Discendente del famoso condottiero lucchese Ferruccio Castracane, preferì dedicarsi un po’ alla religione e un po’ allo studio piuttosto che alle armi. Dopo lunghe indagini scoprì che le diatomee, alghe unicellulari di incredibile bellezza, non fanno l’amore. Sostenne, a dispetto dei più valenti diatomologi d’Europa, la teoria della “blastogenesi”, ossia della riproduzione per mezzo di “endospore”. In parte sbagliava, perché in qualche caso la riproduzione sessuata c’è, ma il poverino non poteva saperlo: ai suoi tempi non c’era ancora il microscopio elettronico a scansione che vede tutto, o quasi.

• Negli anni 1872 e 1880 erano comparse moltissime diatomee sulla superficie dell’Adriatico e lui se n’era occupato per mesi, tanto da passare poi alle diatomee del Mediterraneo e a quelle oceaniche, catalogando centinaia di specie e scoprendo diverse specie fino ad allora sconosciute. Nel 1876 gli furono affidate le diatomee raccolte dalla nave “Challenger” durante una campagna idrografica compiuta per conto del governo britannico, e ne catalogò circa duecento specie, secondo una nuova classificazione che gli studiosi apprezzarono molto. Il suo rapporto fu premiato con la medaglia d’oro al Congresso nazionale di botanica crittogamica nel 1887.

Avendo poi trovato alcune diatomee nello stomaco di certi ricci pescati alla profondità di 2.460 metri (sempre dal “Challenger”) si convinse che anche in fondo agli abissi dovesse esserci vita vegetale. Ipotizzò addirittura, sulla base della temperatura dei fondali, l’esistenza di una specie planctonica glaciale nelle grandi profondità, fissando, non si sa come, a 5.274 metri il limite di sopravvivenza vegetale. Su questo gli altri studiosi non erano d’accordo: per loro quei vegetali non potevano sopravvivere oltre i 400 metri di profondità per mancanza di luce, ma lui diceva che doveva esserci luce anche giù. Poi, in seguito alle sue analisi del materiale raccolto sul litorale di Fano, attribuì la fosforescenza della superficie marina - fenomeno riscontrato fin dai tempi antichissimi - alla presenza di diatomee del genere  Peridinium (fino ad allora quella fosforescenza era stata attribuita alla Noctiluca miliaris). La sua ipotesi fu appoggiata anche dal geologo C.H. Ehrenberg nel testo “Osservazioni sulla vita del mare a Fano nellestate del 1889-90)”.

 Si dedicò poi a ricerche sulle diatomee d’acqua dolce, studiò le fanghiglie lacustri trovando che fra un’ottantina di specie predominava la bellissima e sferica Cyclotella che, essendo tipica dei laghi, serviva per individuare l’origine dei depositi geologici. Ipotizzò, studiando la Fragilaria crotonensis dei laghi italiani, l’esistenza di quell’insieme di organismi vegetali che è stato poi chiamato Phytoplancton. Anche l’Ehrenberg si occupò della costituzione degli strati geologici, deducendo l’origine geologica di diversi materiali fossili, come la lignite (che secondo lui era di origine marina), il calcare friabile, i tripoli, le farine fossili e così via. Molta diffusione ebbero gli studi sulle diatomee del Carbonifero: sembravano affermare l’immutabilità di molte specie contro la teoria dell’evoluzione sostenuta da Darwin.

• Il Castracane fu eletto membro di numerose accademie italiane e straniere, tra cui l’Accademia urbinate di Scienze, Lettere e Arti, la Società geologica italiana, la Società crittogamologica italiana, la Società zoologico-botanica di Vienna, la Società di Scienze di Cherbourg in Francia, la Società reale di microscopia di Londra, il Club di microscopia di Dublino. Nel 1890 entrò a far parte del consiglio direttivo della Specola vaticana. Gli dedicarono molte specie di diatomee e i due generi Antelminellia Castracania. Le sue collezioni sono all’Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei.

  Morì a Roma il 27 marzo 1899 senza sapere che più di un secolo dopo  ci saremmo accorti che proprio le diatomee possono avere un ruolo strepitoso nella vicenda della Terra, e probabilmente salveranno lo sfortunato pianeta che l’Homo stupidus stupidus si sta avviando a distruggere. Ma questa è un’altra storia: la racconteremo “tra un secolo”.

 

Anni 1890…

126. Alcuni scienziati si azzuffano a proposito di una vespa, la Cerceris bupresticida, che ne sa più di tutti loro messi insieme

• I famosi entomologi Leon Dufour e Jean-Henri Fabre vanno a rissa, sia pure con garbo. Verso la fine dell’Ottocento l’istinto di certe vespe, anzi il mistero che l’avvolge, ha scatenato la curiosità non solo degli entomologi, ma anche dei biologi e di un filosofo, Henri Bergson. L’enigma è un thriller con tutti gli ingredienti del caso: delitti, morti-viventi, tesori nascosti, mistero. La protagonista è una vespa, la Cerceris, pungiglione col veleno all’interno come l’inchiostro in una biro. Rigorosamente vegetariana - si nutre solo di nettare – ha messo al mondo figli carnivori (finché sono larve) e siccome li abbandona, deve lasciargli una provvista di cibo nei rifugi dove li nasconde.

  Ha un compito difficile: la carne dovrà rimanere inalterata per settimane, finché la prole non andrà a caccia da sola. Le vittime sono certi coleotteri dai bagliori splendenti, i buprestidi. Se la Cerceris facesse incetta di preziosi non potrebbe scegliere meglio, ma il suo fine è più diabolico. Nella caccia è fulminea, s’avventa, colpisce. Attenzione però: la morte deve essere solo apparente, e la vittima totalmente paralizzata. Però quando i suoi centri nervosi sono lontani uno dall’altro, disattivarli tutti in un solo colpo è impossibile. La preda potrebbe contrattaccare e dibattersi rendendo difficile il trasporto e l’immagazzinaggio, e magari nuocendo alle fragili e feroci larve che la devono mangiare viva. Tra le tante specie di vittime solo poche hanno i centri motori così vicini da costituire quasi un blocco unico, che si disattiva con un colpo o due. Lei le individua subito.

• Il “caso Cerceris” ha occupato a lungo, sul finire dell’Ottocento, i due patriarchi dell’entomologia, gli scienziati Leon Dufour e Jean-Henri Fabre. Dufour non aveva risolto il mistero di quegli organismi che restavano inalterati dopo la “morte”. Credeva che la vespa, uccidendo, iniettasse qualche sconosciuto conservante, mentre Fabre era certo che fossero ancora vive. Sbalorditivo, dissero alcuni, impossibile, dissero altri. Lo scontro divenne pretesto per insulti di ogni genere tra i ‘tifosi’. Disse la sua anche Henri Bergson. E un altro studioso -  Rudolf Steiner - provò a spostare con un delicato intervento chirurgico i centri nervosi di un grillo, preda favorita della vespa Lyris. Dimostrò che la vespa li trovava lo stesso. Un secolo dopo ha detto la sua il professor Giorgio Celli, ora scomparso.

 “Ci troviamo di fronte – ha scritto - a una sequenza impressionante di “come se”. Infatti lei si comporta come se conoscesse alla perfezione l’anatomia della vittima. “Come se” avesse nozioni approfondite di neurofisiologia (i gangli che governano i movimenti delle zampe). “Come se” conoscesse gli effetti del veleno paralizzante sul tessuto nervoso. “Come se” fosse al corrente dei fenomeni putrefattivi cadaverici. Insomma, “come se” avesse frequentato non uno, ma parecchi corsi universitari messi insieme”.

  La morte degli scienziati ha sedato la rissa, ma resta un serio dubbio: o la vespa ha un detector per noi inimmaginabile, o il suo istinto ha una scienza sublime. Ma forse è la stessa cosa e Celli l’aveva capito.

 

Dicembre 1891

127. E’ l’ora del pitecantropo, che potrebbe anche essere il famoso “anello mancante”. Il medico Eugene Dubois, ispirato da Darwin, trova a Giava i resti di un Homo erectus

• Eugene Dubois, medico olandese, seguendo le indicazioni di Charles Darwin che lui considera la sua venerata guida, e del grande zoologo tedesco Ernst Haeckel (che ha coniato la parola “ecologia”) va a lavorare in un ospedale di Sumatra, convinto che i due maestri abbiano ragione e che l’anello mancante uomo-scimmia sia vissuto là, nelle zone tropicali. Infatti durante le sue numerose spedizioni domenicali in cerca di fossili, trova i resti di quello che chiamerà Antropopitecus erectus, ossia Homo erectus, e subito diventano ambedue famosi. I giornali si riempiono di disegni con i quali si cerca di ricostruire il volto, ottuso e con la fronte bassissima, del ‘nostro antenato’ che certo non farebbe mai pensare a un Adamo creato da Dio per il Paradiso Terrestre.

  E come sempre la Chiesa prende le distanze.

 

1892

128. Il petrolio illuminante ha dovuto cedere il passo all’elettricità, ma si prende la rivincita: presto gli esseri umani avranno sempre più bisogno di benzina

• E’ il momento del motore a ‘combustione interna’: l’esplosione del gas spinge il pistone e dà la forza motrice ai veicoli. Questa operazione s’era già annunciata con gli ingegneri tedeschi Gottlieb Daimler e Karl Benz, ma finché non arriverà la produzione in serie delle auto se ne accorgeranno in pochi. E’ l’ingegnere americano Henry Ford a costruire la prima macchina ancora a due cilindri, ma ci sono voluti alcuni anni prima che arrivasse a produrla su vasta scala: da allora sarà la benzina - la parte più volatile del petrolio - il carburante di base. E pensare che per migliaia di anni era stata considerata ‘scoria’ da buttar via. Come in Mesopotamia, quando (nel 2000 a.C.) si estraevano già tonnellate di combustibile per riscaldare e fluidificare l’asfalto naturale, o in Grecia dove una mistura di petrolio, pece, resine, zolfo e calce viva era un’ arma incendiaria, usata poi a tutto spiano nelle Crociate (benché il quinto comandamento fosse “non ammazzare”). Dunque per millenni, fino al XIX secolo, la benzina era meno di niente. 

 Intanto nel 1892 Rudolf Diesel, ingegnere meccanico, fa una modifica: sottopone la miscela aria-combustibile a una pressione maggiore in modo che sia il calore della compressione a dare il via all’accensione. Il motore Diesel è più solido, ma più pesante e negli anni avvenire si monterà sui trattori, sui camion, sulle locomotive e anche sulle navi.

 

Febbraio 1892

129. Esistono organismi ancora più piccoli dei batteri: si chiameranno “virus”. Li scopre il biologo russo Dimitri Ivanovskij, che diventa il primo virologo della storia

• Dimitri J. Ivanovskij, laureato in biologia all’Università di San Pietroburgo, viene inviato in Ucraina e in Bessarabia per cercare di capire quale malattia stia distruggendo le piantagioni di tabacco in quelle zone. Le foglie si arricciano, formano bolle, poi si seccano, e non accade solo al tabacco: vengono infettate anche le barbabietole, i cetrioli, il mais e altre piante. Questa malattia si chiamerà ‘mosaico del tabacco’, ma nessuno sa da che cosa e come venga.

  Il biologo russo, dopo lunghi studi e vari tentativi di cercare un eventuale batterio, ora è costretto a riconoscere che devono esistere agenti patogeni almeno 100 volte più piccoli dei batteri, così scopre i virus (la parola significa ‘veleno’). Da principio furono chiamati “virus filtrabili” perché passavano attraverso filtri di porcellana molto sottili, ma non è stato semplice capire come fossero fatti.

 In realtà non si possono neppure definire veri organismi, visto che per riprodursi devono utilizzare una cellula-ospite, che poi è condannata a morire. Studi più completi avranno bisogno di altri anni e di nuovi biologi, ma Ivanovskij resterà nella storia della medicina come il primo virologo.

 

1892

130. Fondazione della prima Scuola di Osteopatia a Kirksville, in Arizona, diretta da un anatomo-patologo americano

• Il dottor Andrew Taylor Still aveva studiato in modo del tutto nuovo il corpo umano per molti anni: a suo parere l’anatomia era una materia che bisognava conoscere più profondamente perché il corpo, per essere aiutato, deve essere ‘capito’ dal momento che ha un suo linguaggio e non tutti sono capaci di comprenderlo. Per lui l’anatomia è la “chiave”.

La Scuola aveva 21 allievi (uomini e donne) fra cui alcuni componenti della sua famiglia che aveva vissuto la tragedia della morte di tre ragazzi a causa di una meningite che la medicina non era stata in grado di guarire. Dopo il primo corso di pochi mesi il Dr. Still invitò i nuovi diplomati della Scuola a tornare per una seconda sessione di studio sempre basata sull’anatomia: secondo lui era la materia giusta per capire il corpo umano. Poi ha organizzato un altro corso per migliorare la manualità dei diplomati. Lui studiava utilizzando anche i cadaveri e aveva oramai una profonda conoscenza del corpo umano. Però quando ha presentato i suoi lavori sull’osteopatia alla Baker University, una struttura che lui stesso aveva contribuito a creare, la sua proposta non è stata presa in considerazione benché molti pazienti lo frequentassero per le sue capacità di risolvere tanti problemi senza usare farmaci.

• L‘osteopatia è una medicina olistica che vuole ottenere il riequilibrio del soggetto nella sua integrità e non vuole curare solo i sintomi. Le difese naturali dell‘organismo e le capacità di autoguarigione vengono così valorizzate nel modo migliore. E’ utile soprattutto nella cura delle affezioni dolorose della colonna vertebrale e delle articolazioni periferiche, però si rivela efficace anche nella maggior parte dei casi di cefalea, disturbi dell‘equilibrio, otiti, riniti, sinusiti, problemi circolatori, digestivi o ginecologici, purché non abbiano all‘origine turbe virali, tumorali o infettive tali da minare l‘integrità del paziente.

• In campo veterinario l‘osteopatia trova un vasto impiego soprattutto nella cura dei cani e dei cavalli. Problemi locomotori (zoppia, rigidità) acuti o cronici, problemi dermatologici e digestivi (diarree ricorrenti, coliti, pancreatiti) sono le affezioni più comuni che si possono trattare con la medicina manuale (osteopatia cranio-sacrale e viscerale). E’ considerata ottima la combinazione osteopatia-omeopatia-fitoterapia, e non si esclude l‘utilizzo di farmaci di sintesi (analgesici, antinfiammatori, antibiotici) nei casi più gravi.

 Mentre si moltiplicavano gli studi osteopatici, cominciò a imporsi il medico William Garner Sutherland, che faceva soprattutto osteopatia del cranio, e da allora si sono aperte varie università e accademie negli Stati Uniti in Inghilterra, in Germania e in Francia e vari studi in Italia dove in seguito, con un decreto legge del Senato, l’osteopatia diventerà una professione sanitaria primaria.  

                                                            

1893

131. Dalla Invention factory di Thomas A. Edison, il laboratorio di ricerca industriale dove si è formato un bel gruppo di ricerca, escono invenzioni a getto continuo

• Thomas Edison ha stabilito anche un ritmo di produzione: i suoi “ragazzi” devono fare un’invenzione ogni dieci giorni, che – lo dicevamo - sarà pagata a cottimo. Il team scopre centinaia di oggetti nuovi: il grammofono, il fonografo, il magnetofono, la lampadina, il dittafono, il galvanometro … basta pensare che nel corso della vita Edison registrerà migliaia di brevetti e non importa se alcuni apparterrebbero di diritto ad altri, perché lui se ne impossessa subito, è una specie di carro armato e non lo ferma nessuno. Oramai ha la fama del grande inventore, fa un mucchio di quattrini e quando non inventa nulla perfeziona, migliora. Ora sta mettendo le mani, sia pure un po’ di sguincio perché l’invenzione è dei francesi, sul nascente cinema e alla fine troverà il modo di infilarcisi.

 

1893

132. Un americano, Edward Libbey, inventa un nuovo tessuto isolante, fatto di seta mista a vetro

• Edward Drummond Libbey, americano dell’Ohio, produce per la prima volta un tessuto in fibre di vetro: c’è riuscito trasformando il vetro fuso in fili sottili. Oltre alla lucentezza, quella stoffa mista con la seta sarà un ottimo isolante e da allora in poi verrà sempre impiegato per proteggere materiali combustibili, cucire indumenti ignifughi per chi combatte gli incendi, per rivestire scafi di imbarcazioni e carrozzerie d’automobile prima della laccatura finale. Si userà molto per i fili elettrici e in seguito troverà un impiego anche nell’ottica, ma soprattutto piacerà molto a chi l’indossa e una ragazza potrà sempre dire “attenzione, trattatemi con gentilezza, sono vestita di vetro, e sono molto delicata”. In realtà si tratta di un tessuto molto resistente.

 

1894

133. Nasce la scala mobile, ma la chiamano “ascensore inclinato”. L’aveva brevettata nel 1892 un impresario di New York, Jesse W. Reno, ma si è diffusa solo nel 1894

• Jesse W. Reno era solo un industriale, ma lo aiutarono alcuni ingegneri che avevano capito l’importanza di usare un “nastro trasportatore” non solo per le persone con qualche difficoltà motoria, ma anche per gli oggetti pesanti. Nel 1894  New York ha battuto tutte le altre metropoli con una scala mobile istallata sul molo di Coney Island, poi ne sono state costruite altre nei grandi magazzini della Sesta Avenue e subito dopo in Europa. Londra le mise nei magazzini Harrods attirando un mucchio di curiosi e facendo la felicità dei bambini: la velocità era di 27 metri al minuto.

 

1894

134. Durante l’epidemia di peste a Hong Kong un medico riesce a isolare il bacillo che da millenni seminava morte nel mondo

• Alexander John-Emile Yersin, medico svizzero, individua il bacillo della peste e lo chiama Pasteurella pestis in onore di Louis Pasteur, il grande chimico che con la scoperta dei microrganismi ha permesso di affrontare le malattie più strane e capire l’origine delle infezioni. E’ in questo periodo che lo trova anche il medico giapponese Shibasaburo Kitasato – che già nel 1889 aveva isolato il bacillo del tetano – ma la Storia della medicina ricorderà solo Yersin anche perché oramai in suo onore il bacillo sarà chiamato Yersinia pestis.

 

1894/95

135. Sta venendo alla luce il cinematografo, l’idea è di due fratelli francesi, i Lumière: riprodurre la realtà, farla rinascere è l’antico sogno dell’uomo e infatti l’arte è nata così

• Louis e August Lumière vogliono un’arte nuova, non più statica come il disegno o la pittura, vogliono la “descrizione in movimento”: sarà appunto il cinématographe che subito diventa cinéma. Insieme col  kinetografo e il kinetoscopio inventati da Thomas A. Edison, era il punto d’arrivo di una serie di ricerche tecniche alle quali hanno contribuito, lavorandoci intensamente, anche il francese Étienne-Jules Marey e l’americano Muybridge.

• Ci voleva una macchina che riuscisse a fare a gran velocità un certo numero di fotografie di un avvenimento, non più su una lastra, ma su una pellicola trasparente, abbastanza lunga da contenerne centinaia. Lumière ed Edison, separatamente, costruirono i loro apparecchi che, alla velocità di 16 fotogrammi al secondo, riprendevano la realtà in movimento e la restituivano quando la pellicola si proiettava - nel caso del cinématographe - o si guardava attraverso un visore, con il kinetoscopio. Per un film di uno o due minuti occorrevano dalle 900 alle 2.000 “pose” fotografiche e una pellicola lunga dai 27 ai 54 metri.

• Questi primi spettacolini ‒ che i Lumière poi inaugurarono il 28 dicembre 1895 a Parigi, invitando un selezionato gruppo di spettatori ‒ si componevano di una decina di film, per lo più documentari: La sortie des usines Lumière (L’uscita dalle Officine Lumière), Arrivée d’un train en gare de La Ciotat (L’arrivo di un treno nella stazione di La Ciotat), Pêche aux poissons rouges (La pesca ai pesci rossi), La Rue de la République à Lyon (Via della Repubblica a Lione) e altri ancora fino a quello che è considerato il primo ‘film comico’ della storia: L’arroseur arrosé (L’annaffiatore annaffiato).

 

1895

136. Un anno pieno di novità: si annunciano sui giornali, anche italiani, scoperte e successi che vanno dal telegrafo alla ferrovia Transiberiana

Guglielmo Marconi appare per la prima volta sul “Corriere della Sera” in un articolo del 13 marzo che annuncia la gran novità (che scatterà presto se da Lassù lo guarderanno con occhio benevolo), ossia il telegrafo senza fili, che poi è la radio. Per ora lo sperimenta a Villa Grifone, vicino a Bologna. Gli scienziati di tutto il mondo lo seguono con molto interesse perché tutti, da quando sono state scoperte le onde herziane, sperano di arrivarci anche se non si sa che cosa siano.

 •  Il giornale parla anche di una grande impresa, la ferrovia Transiberiana in costruzione, che traversa le steppe siberiane mettendo in comunicazione l’Europa con gli estremi territori dell’Asia, quelli che si bagnano i piedi nel Pacifico. E’ un’impresa ciclopica voluta dal governo degli Zar, i quali non immaginano che nonostante i loro sforzi sul trono staranno ancora per poco. E’ lunga 7.112 km e costa – traducendo i rubli in lire - circa un miliardo, che per quei tempi è una cifra folle, ma si pensa che valga più di quanto pesa in argento, oro e platino, perché renderà facilmente accessibili le miniere degli Urali, anche alla Cina. Il giornale la presenta il 5 agosto.

  Il 1895 è anche l’anno in cui nella serata del 28 settembre, a 73 anni, Louis Pasteur lascia questa Terra. Sarà sepolto nel Pantheon di Parigi.   

 

Settembre 1895

137. Maria Sklodowska sposa il fisico francese Pierre Curie: lavoreranno insieme arrivando a scoprire il radio, ma intanto sono così poveri che il viaggio di nozze lo fanno in bicicletta

• Maria Sklodowska diventa Marie Curie. Lei ha 27 anni, lui 39 ed è professore di fisica, con uno stipendio molto modesto. Fanno il viaggio di nozze in bicicletta, poi tornano al lavoro. Il famoso fisico Henri Becquerel dice di loro: “Sono talmente affiatati … è come se quei due pensassero con un unico cervello.” Scopriranno l’esistenza e le leggi della radioattività e due nuovi elementi, il ‘polonio’, che prende il nome dalla patria di lei, e il ‘radio’, ma rifiuteranno sempre di brevettare le loro scoperte. Però è certo che hanno aperto la strada alla generazione dei fisici “atomici” come Einstein, Fermi e molti altri.

 

Novembre 1895

138. Un tipo di raggi catodici individuato dal fisico tedesco Roentgen, diventerà “i misteriosi raggi X”: X perché nessuno sa dargli un nome

• Wilhelm Konrad Roentgen, fisico tedesco (Remscheid 1845-Monaco di Baviera 1913), si accorge per caso che un particolare tipo di raggi catodici riesce ad attraversare un corpo opaco e a fare apparire un’immagine su un foglio di carta. E’ l’immagine della sua stessa mano, però la prima vera radiografia che mostrerà come prova è della mano della moglie, con tanto di anello - Hand mit Ringen - ed è anche la prima della storia: farà il giro del mondo e verrà incorniciata come un’opera d’arte. Poi, come racconta il giornalista Giovanni Caprara nella sua enciclopedia cronologica delle scoperte, sottopone un volontario alla seconda radiografia, l’anziano fisiologo Albert von Koelliker. Tutti parlarono della scoperta, che poi avrebbe consentito anche la nascita della radioterapia, e Roentgen, che si è rifiutato di brevettare l’invenzione perché tutti possano servirsene liberamente, prenderà il primo Premio Nobel della Storia.

• Purtroppo l’uso smodato dei raggi (Roentgen li aveva chiamati “X”) e l’assenza di protezioni ebbe gravi conseguenze sui medici, che li usavano senza conoscerne gli effetti tossici (molti radiologi morirono di radiodermite o di tumore). Un gran progresso nella radiografia si ottenne poi grazie all’americano Walter Canon (1871-1945) che introdusse l’uso dei mezzi di contrasto – il bario si usò nel 1911 - che permettevano di visualizzare organi altrimenti invisibili. Molto più tardi, furono messe a punto nuove tecniche come l’ecografia (che utilizza gli ultrasuoni), la TAC e la Risonanza magnetica.

 

1896

139. Il successo strepitoso del ‘cinema’ stupisce gli stessi fratelli Lumière. Sembrava poco più che un gioco, ma poi entra nel campo della scienza per gli infiniti perfezionamenti che subirà

• I fratelli Louis e August Lumière quasi non ci credevano, ma il successo della loro invenzione andò al di là di ogni previsione e il cinema si è diffuso subito dappertutto. Bisognava fare in modo che quei fotogrammi dessero allo spettatore l’impressione di un movimento continuo. In seguito ci vorrà molto lavoro scientifico. Parliamo invece della nostra vista alla quale il cinema deve adeguarsi e confrontiamola con quella di altri animali, per esempio gli insetti.

• Se vogliamo capire com’è difficile creare una serie di fotografie che siano percepite in movimento dai nostri occhi, immaginiamoci di portare al cinema un’ape, o una mosca, e di chiederle se il film le è piaciuto. “Quale film? – risponderebbe lei – Ho visto solo un po’ di fotografie quasi tutte uguali con tanti spazi neri tra l’una e l’altra”. A lei le 16 immagini al secondo (oggi la frequenza standard è di 24) che noi percepiamo come azioni in sequenza, appaiono per quello che sono, una serie di fotogrammi immobili. L’insetto ne distingue anche 200 ogni secondo: il suo tempo è in qualche modo dilatato, ognuno dei suoi secondi sembra più ricco di istanti del nostro, quindi tutto si muove come al rallentatore. E così gli inventori hanno dovuto adeguarsi ai nostri occhi per creare quel cinema che presto diventerà una mania generale anche quando arriverà la tv, che non ucciderà i film, anzi ripresenterà perfino quelli vecchi e dimenticati (migliori dei nuovi, diciamolo pure onestamente).

                                    

Febbraio 1896

140. Il fisico francese Henri Becquerel, che si occupa di fluorescenza, cerca di capire se questo fenomeno abbia qualcosa a che vedere con i nuovi raggi X

• Henri Becquerel, specializzato in fluorescenza (l’emissione di raggi luminosi da parte di alcuni elementi dopo la loro esposizione alla luce), fa un esperimento per vedere se quel fenomeno è per caso accompagnato dalla produzione dei raggi X appena scoperti da Roentgen. Con una certa soddisfazione vede che le cose stanno come suppone, infatti lo stesso tubo dei raggi diventa fluorescente. Allora avvolge delle lastre fotografiche in un tessuto nero, le fascia con un foglio di alluminio e mette sul foglio qualche cristallo di solfato di uranile e di potassio che aveva esposto prima al sole. Quando le sviluppa, si accorge che le lastre sono offuscate, e vuole fare un altro esperimento. Prepara tutto, ma siccome non c’è sole, mette ogni cosa in un cassetto. Dopo un paio di giorni riapre il cassetto per caso anche se il sole non è tornato e scopre che i cristalli messi sul foglio hanno impressionato ugualmente le lastre.

 Alla seduta dell’Accademia racconta quella storia, ma l’unica a restare colpita è Marie Curie. Lei capisce che quei sali devono essere radioattivi (la parola “radioattivo” sta appena nascendo).

 

1896

141. Nasce la società Tabulating Machine Company, che nel 1924 sarebbe divenuta la IBM

Il fondatore della società Tabulating Machine Company è l’ingegnere  americano  Herman Hollerith (1860-1929) che nel 1889 aveva brevettato l’utilizzo di schede perforate. La macchina di Hollerith fu subito utilizzata per l’elaborazione del censimento degli Stati Uniti. Non sottovalutiamolo, è l’avo del computer di cui parleremo nell’anno in cui nacque, il 1941.

10 dicembre 1896

142. Lo svedese Alfred Nobel, che non dimentica d’essere stato chiamato il “Signore della Morte” per il suo esplosivo, lascia i suoi beni in premio a chi si adopera per la scienza e per la pace

• Alfred Nobel stabilisce che ogni anno venga premiato chi si è particolarmente distinto in campo chimico, fisico, medico e altre discipline importanti, o per la pace nel mondo. Il Premio comincia nel 1900. Si dice che con questo Premio voglia far dimenticare il suo passato lavoro con la dinamite che ha causato molte vittime, benché sia stata anche utile per numerosi lavori pubblici. La cifra in denaro che accompagna il premio - riveduta e corretta negli ultimi tempi - ammonta a circa 900 mila dollari.

  Marie Curie ha preso un Nobel anche da sola e uno è stato poi assegnato alla figlia Irene e a suo marito Frederick Joliot-Curie (era stata Marie a volere che aggiungessero al loro nome quello di Pierre). Frederick Joliot, nel periodo in cui insegnò alla Facoltà di Scienze di Parigi collaborò con sua moglie alle ricerche sulla struttura dell’atomo, in particolare sul nucleo atomico, dando un contributo essenziale alla scoperta del neutrone fatta poi da James Chadwick nel 1932.

 

4 luglio 1897

143. Il “Corriere della Sera” del 4 luglio racconta l’invenzione del telegrafo senza fili che Guglielmo Marconi ha brevettato in Inghilterra

• Guglielmo Marconi è a Londra perché il telegrafo che ha inventato sembra non interessare, in Italia, né il Ministero delle Poste e Telegrafi né la Marina Militare, così Anita, la madre scozzese, ha pensato bene di portarlo a Londra dove gli offrono perfino ospitalità. Col brevetto inglese in tasca, Marconi fonda la società Wireless Telegraph and Signal Company. Sfrutta il fenomeno della risonanza, e ora gli esperti pensano che l’etere cosmico sia pieno di echi e capace di trasmettere quasi tutto … finché Einstein non sfratterà per sempre l’etere come un inquilino moroso.

  Marconi aveva un motto: “cercare osando”, per cui, sostenuto dalle risorse economiche della Società diventata “Marconi’s Wireless Telegraph Ltd” e grazie alle sue convinzioni, derivate da conoscenze sia teoriche che sperimentali, farà l’esperimento. A Roma lo vengono a sapere e il 3 luglio chiamano Londra per sapere dove descriverà con ogni particolare la sua invenzione e lui dice che ancora non lo sa, forse all’Accademia Reale …   

    Intanto il corrispondente dello Strand Magazine, in un’intervista che farà il giro di tutti i giornali inglesi, gli chiede: “E da qui voi potreste mandare un dispaccio a tutta Londra?” - “Certo, con degli strumenti potenti si può.” – “Attraverso tutte le case?” Insiste il giornalista un po’ dubbioso. “Certo.”

  I due erano in casa di Marconi a Westburn Park, ma tra il 4 e il 5 luglio la notizia sarà sul “Corriere della Sera”, in un lungo articolo senza firma.

 

10 ottobre 1897

144. Nasce l’Aspirina. E’ il tedesco Felix Hoffman che la sintetizza: a(cetil)spir(itico)ina. La immetterà sul mercato un anno e mezzo dopo l’industria Bayer

• Felix Hoffmann, chimico tedesco, lavora in un’industria allora piccola, la Bayer. E’ giovane, ha 29 anni, ma ha già una storia di successi e di tragedie, infatti ne ha combinata una per cui meriterebbe di entrare nell’elenco degli scienziati che mutano la storia dell’umanità, e un’altra da essere perfino maledetto. Prendiamo qualche riga qua e là da un articolo di Alessandro Iacuelli dove si racconta com’è andata la faccenda… A quei tempi la penicillina non era stata inventata, non esistevano antibiotici, né rimedi per la maggior parte dei mali. Non c’erano i sulfamidici, gli antiinfiammatori e tutto il resto. E qui entra in campo il chimico Felix Hoffmann, con un’idea rivoluzionaria: se la sostanza che può aiutare la gente a star meglio non esiste, la invento io.

• Un passo indietro: nel 1874, un ricercatore inglese, C.R. Wright, aveva costruito in laboratorio una molecola per ridurre il dolore. Certo, la morfina esisteva, ma se uno ha mal di testa mica prende la morfina, e Wright cercava qualcosa di più blando, così provò a diluirla con l’anidride acetica (reazione che in chimica si chiama acetilazione della morfina). Provò a sperimentarla su alcuni animali, ma ottenne risultati poco interessanti, e abbandonò il progetto.

 Nel 1897, Felix Hoffmann riprende l’idea. L’acetilazione va bene, ma la morfina no, è troppo pesante. Allora va dal suo capo, un altro chimico della Bayer, Arthur Eichengrün. Il loro dialogo deve essere stato più o meno quello che si legge sul web:

 

Felix: "Senti, ti ricordi di Wright?"

Arthur: "Quell’ubriacone! Stava sempre in laboratorio imbottito di birra!"

Felix: "Però aveva avuto una buona idea..."

Arthur: "Ma sei fuori? Acetilare la morfina? Tu sei giovane, non hai visto quei poveri animali sui quali l’ha testata, sembravano pazzi ..."

Felix: "E se non acetilassi la morfina, ma mettessi invece un gruppo ossidrile dell’acido acetico in un recipiente pieno di acido salicilico?"

Arthur: "Felix, piantala! E’ roba che in natura non c’è!"

Felix: "Se vuoi ti spiego..."

Arthur: "C’è poco da spiegare ... Acetilare l’acido salicilico, ahahah!"

Felix: "Vedi, Erodoto nelle Storie narrava che esisteva un popolo più resistente di altri alle malattie … E mangiava le foglie di salice.”

Arthur: “Ma quella è mitologia! ...”

Felix: “Però anche Ippocrate  dice che la corteccia del salice è utile per alleviare il dolore e abbassare la febbre...”

Arthur: "Corteccia di salice, ma senza acetilare! Erodoto mica acetilava! Tu dà alla gente l’estratto di salice, allora, ma non giocare col fuoco facendo strane reazioni chimiche!”

Felix: “La gente si cura con le erbe e le piante da 3000 anni!”

Arthur: “Giusto! E tu cerca le cure con le erbe e con le piante,, ma non acetilare, non fare intrugli! E’ roba da stregoneria o da alchimia! Noi siamo scienza, non fantascienza”.

Felix: “Non sono d’accordo ... Butto l’aceto sulle foglie di salice e vedo che succede ...”

Arthur: “Felix, piantala!”

 

   Felix torna in laboratorio, rifà la stessa preparazione di Wright, però con l’acido salicilico al posto della morfina. Alla fine ottiene una sostanza solida, biancastra, che si sbriciola al contatto e la prova con gli animali che avevano la febbre. Agli animali passò la febbre. Una sera aveva il raffreddore e siccome non c’erano rimedi oltre al latte caldo col miele, si fece coraggio e prese 100 mg di quella sostanza. Gli passò il raffreddore.

 Una volta fatti i test sugli ammalati, si vide che la sostanza funzionava come analgesico per dolori lievi, come antipiretico (per ridurre la febbre) e come antinfiammatorio. In più aveva un effetto anticoagulante e fluidificante sul sangue, e presa a piccole dosi aiutava a prevenire gli attacchi cardiaci.

• Successo strepitoso. Qualcuno disse che era alchimia e stregoneria, eccetera, o un patto col demonio e giù con i soliti bla bla bla di stampo vetero-teologico. Ma l’invenzione di Felix Hoffmann vive ancora oggi perché acetilando l’acido salicilico, Felix aveva ottenuto l’acido acetil-salicilico, brevettato poco dopo col nome di “Aspirina”. Forse è il farmaco più famoso al mondo, un’invenzione che poteva fare di lui un eroe nazionale, anzi mondiale, della medicina. Ma come spesso accade, tra il paradiso e l’inferno la distanza è breve. E la caduta nell’inferno è arrivata in undici giorni. Undici giorni per combinare un disastro.

 Continuando ad acetilare la morfina aveva sintetizzato una nuova molecola che si chiama Diacetilmorfina, ma che ha un nome “commerciale” diverso, oramai decisamente mostruoso. Aveva inventato l’Eroina. Altro che la mitragliatrice di Gatling da 1.200 colpi al secondo!

 

Inizio 1898

145. Pierre Curie pone la sua candidatura per la cattedra di fisica e chimica alla Sorbona, ma viene respinto e con Marie cerca un magazzino che sarà il loro laboratorio  

• Marie e Pierre Curie lavoreranno alle loro ricerche in un piccolo posto umido e scomodo. Lei studia l’uranio che emette quei misteriosi raggi individuati da Henri Becquerel e si accorge che la stessa cosa accade con il torio. Bisogna dare un nome a questa curiosa proprietà e Marie la battezza radioattività. Mentre Pierre continua a occuparsi dei cristalli di quarzo e della piezoelettricità, lei misura altri minerali, tra cui la pechblenda e la calcolite. Un fisico della scuola, Eugène Demarcay, gliene ha dati dei campioni. Sono radioattivi, ma hanno una attività che a Maria sembra un po’ strana: è molto più intensa di quanto non lasciasse prevedere il loro contenuto di uranio e torio. Che diamine c’è, dentro? Ricomincia a fare esperimenti, forse ha sbagliato qualcosa. Cerca una spiegazione: quei minerali contengono anche qualche altra cosa, più radioattiva dell’uranio e del torio, deve essere un elemento nuovo, ma quale? E’ un elemento che non figura nella tavola periodica di Mendeleev, figurarsi se lei non se ne sarebbe accorta … ma lui ha lasciato delle caselle libere per quelli nuovi. E’ uno nuovo? Pierre non sa risponderle, cercheranno. Marie vuole fare una breve comunicazione per l’Accademia, però un altro la precede: un tedesco ha notificato due mesi prima che il torio emette raggi.

  Va bene, pensa lei, e scrive: “il fatto è notevole e fa pensare che questi minerali contengano un elemento più attivo dell’uranio”. E’ il radio, ma poi scoprono anche il polonio. Lì per lì del radio nessuno sembra interessarsene un granché, ma un giorno se ne interesseranno, e parecchio. La radioterapia sarà la migliore cura per il cancro, anche se - usato male - il radio può essere terribilmente pericoloso, come constaterà Marie in seguito, ammalandosi gravemente.

 

1897/1899

146. La prima spedizione invernale in Antartide è belga: Adrien de Gerlache la organizza con la baleniera “RV Belgica”, ma purtroppo resteranno per due anni intrappolati tra i ghiacci

• Adrien de Gerlache raduna studiosi e scienziati come il medico e antropologo americano Frederik Cook, il geologo e oceanografo polacco Henryk Arctowski, il geofisico belga Elile Danco che morì durante la spedizione (il suo nome però rimane all’isola di Danco e a un asteroide), il biologo rumeno Emil Racovită, il norvegese Roald Amundsen, più i meccanici, un meteorologo e il poeta belga Jan van Niilen che pubblicò il poema “De Gedroomde” per immortalare il viaggio. Dovettero mangiare pinguini e foche, ma scoprirono un insetto che chiamarono Belgica antartica, una specie di moscerino lungo dai 2 ai 6 millimetri, capace di resistere alle temperature mortali di quel continente bellissimo però troppo ostile alla vita.

 

1899

147. Il re Oscar II di Svezia invita tutte le nazioni d’Europa interessate al mare e alla pesca a inviare i loro rappresentanti per una grande conferenza a Stoccolma

• Oscar II, re di Svezia, vorrebbe organizzare un Consiglio internazionale per l’Esplorazione del Mare. Non è solo la pesca che lo interessa, ma anche lo studio del fito e zooplancton.  Sa che a Napoli hanno fondato nel 1872 la famosa stazione Anton Dohrn, e altrettanto hanno fatto Plymouth, Milliport e Woods Hole in America. Sono state poi create numerose stazioni qua e là nel mondo, e vi si fanno continue ricerche sulla struttura, lo sviluppo, la fisiologia, la vita e le abitudini delle creature marine. Re Oscar non vuole restare indietro e la grande riunione porterà, nel 1901, al Grande Consiglio internazionale che lui sogna. Gli studiosi arriveranno a frotte e si occuperanno di tanti argomenti diversi. Scopriranno perfino, un giorno, che le spugne dei mari gelidi possono insegnare agli esseri umani a fabbricare qualcosa che per il momento non immaginano nemmeno, ma con cui “cableranno la Terra”: le fibre ottiche.    

 

1900

148. Tre botanici europei, Hugo de Vries, Carl Correns, ed Erik Tschermak, pubblicano i risultati dei loro esperimenti e ammettono che Gregor Mendel aveva visto giusto

• Gregor Mendel è morto da 16 anni, ma siccome è probabile che in realtà non muoia nessuno, avrà finalmente avuto la soddisfazione di sapere che era diventato, per questo mondo, il padre della genetica.

 E’ lo zoologo di Cambridge William Bateson, il primo ad avere capito le leggi della genetica (la parola ‘genetica’ è di Mendel), aiutato dal reverendo William Wilks, segretario della “Royal Horticultural Society”, e Maxwell Masters, presidente della commissione della società scientifica. Insieme rilanceranno il nome di Mendel, pubblicando finalmente – in modo che vada a un vasto pubblico – il suo lungo lavoro.  E’ vero, oggi lo sappiamo, che lui aveva un po’ imbrogliato, perché pur non avendo le sette coppie di piante gemelle di cui parlava, è andato avanti come se le avesse avute. Anche la terza delle sue leggi è abbastanza discutibile, ma nel complesso aveva ragione perché era riuscito a intuire le leggi dell’ereditarietà.

 

1900

149. Ricordate David Hilbert, nato nel 1862, quello stravagante tipo che considerava la matematica una scienza per chi aveva molta immaginazione, mentre chi non l’aveva si poteva dare alla poesia?

•  David Hilbert, con quel sorriso sornione sotto il cappello di panama, chiude il diciannovesimo secolo nell’estate aa un convegno di Parigi lasciando ben 23 punti da risolvere a chi avrà “abbastanza immaginazione” per dedicarvisi e anche - ma questo lo diciamo noi - sufficiente fantasia per capire che diamine aveva in mente (quando non si perdeva dietro a qualche bella donna). Ecco i punti, e il lettore onestamente potrebbe dire: “Meglio se si dedicava lui alla poesia, lui che ha tanta immaginazione poteva almeno copiare qualche bel sonetto come ‘tanto gentile e tanto onesta pare’ così si sarebbe fatto capire da tutte le persone normali.

 

Problema

Breve descrizione

Stato attuale del problema

Problema 1

L’ipotesi del continuo, cioè determinare se esistono insiemi la cui cardinalità è compresa tra quella dei numeri interi e quella dei numeri reali.

Risoluzione parzialmente accettata

Problema 2

Si può dimostrare che l’insieme degli assiomi dell’aritmetica è consistente?

Risoluzione parzialmente accettata

Problema 3

Dati due poliedri dello stesso volume, è possibile tagliare entrambi nello stesso insieme di poliedri più piccoli?

Risolto

Problema 4

Costruire tutte le metriche in cui le rette sono geodetiche.

Troppo vago

Problema 5

Tutti i gruppi continui sono automaticamente gruppi differenziali?

Risoluzione parzialmente accettata

Problema 6

Assiomatizzare tutta la fisica.

Troppo vago

Problema 7

Dati a ≠ 0,1 algebrico e b irrazionale, il numero a b è sempre trascendente?

Risolto Parzialmente

Problema 8

Dimostrare l’ipotesi di Riemann.

Aperto

Problema 9

Generalizzare la legge di reciprocità in un qualunque campo numerico algebrico.

Risoluzione parzialmente accettata

Problema 10

Trovare un algoritmo che determini se una data equazione diofantea in n incognite abbia soluzione.

Dimostrato irresolubile

Problema 11

Classificare le forme quadratiche nel caso di coefficienti in un campo di numeri algebrico.

Risolto

Problema 12

Estendere il Teorema di Kronecker-Weber sulle estensioni abeliane dei numeri razionali a estensioni abeliane di campi numerici arbitrari.

Aperto

Problema 13

Risolvere l’equazione generale di settimo grado utilizzando funzioni con due soli argomenti.

Risolto

Problema 14

Determinare se l’anello degli invarianti di un gruppo algebrico che agisce su un anello di polinomi è sempre finitamente generato.

Risolto

Problema 15

Fondazione rigorosa del calcolo enumerativo di Schubert.

Risoluzione parzialmente accettata

Problema 16

Topologia delle curve e superfici algebriche.

Troppo vago

Problema 17

Determinare se le funzioni razionali non negative possono essere espresse come quozienti di somme di quadrati.

Risolto

Problema 18

Esiste una tassellazione dello spazio anisoedrale? Qual è il più denso impacchettamento di sfere?

Risolto

Problema 19

Le soluzioni dei problemi variazionali regolari sono sempre analitiche?

Risolto

Problema 20

Tutti i problemi variazionali con determinate condizioni al contorno hanno soluzione?

Risolto

Problema 21

Dimostrazione dell’esistenza di equazioni differenziali lineari aventi un prescritto gruppo di monodromia.

Risoluzione parzialmente accettata

Problema 22

Uniformizzazione delle relazioni analitiche per mezzo di funzioni automorfe.

Risoluzione parzialmente accettata

Problema 23

Sviluppare ulteriormente il calcolo delle variazioni.

Troppo vago

 

 

• Se diamo un’occhiata di straforo al futuro, magari oltre un centinaio d’anni, si vede chiaro che non ne sono stati risolti molti, dei 23 punti di Hilbert, e figurarsi ora, con tutti i problemi che ci sono, se qualcuno perde il cervello per arrivare, per esempio, a “Estendere il Teorema di Kronecker-Weber sulle estensioni abeliane dei numeri razionali a estensioni abeliane di campi numerici arbitrari”. Molto semplice, no? Forse qualche patito di quiz ci arriva in un battibaleno. Però siamo certi che in tutto il Parlamento non c’è uno, uno solo, che saprebbe risolverli, loro hanno ben altro per la testa, cioè vogliono i voti che portano soldi, non arzigogoli … Ma questo Hilbert e i suoi 23 punti con la scienza hanno proprio molto a che vedere?  

 

1900

150. Einstein invece chiude il secolo studiando al politecnico di Zurigo, ma diserta spesso le lezioni perché il suo insegnante se ne infischia della fisica, mentre a lui piace quella

• Albert Einstein, fin da quand’era un ragazzo, marinava la scuola e per un anno ha perfino bighellonato, ma come scrive il fisico Carlo Rovelli se non si perde un po’ di tempo non si arriva da nessuna parte, però dopo un annetto di bighellonaggio ha cominciato ad andarsene al caffè con i trattati di Maxwell sotto il braccio. Li leggeva e li rileggeva all’infinito.

  C’era un punto che lo interessava molto, quello in cui Maxwell dice “…quando un raggio di luce inizia la sua corsa, forse si produce una piccola quantità di energia elettrica la quale, essendo costituita da cariche in movimento, genera il magnetismo, anch’esso in moto, che a sua volta alimenta l’elettricità e così via, formando una concatenazione di onde elettriche e magnetiche che si propagano in una certa direzione (…) elettricità e magnetismo si rincorrono saltellando letteralmente uno sull’altro, quasi fossero avvinghiati in un mutuo abbraccio…” Ma per quanto, si chiedeva Einstein, quelle strane onde si sarebbero intrecciate?

 Non pensava ad altro e aveva capito che la luce si può vedere solo quando l’onda luminosa sta correndo avanti. Maxwell non l’aveva detto, ma quella verità era nascosta nei suoi scritti e nelle sue equazioni, quindi alla fine sarebbe venuta fuori. Poi Einstein si è laureato e si è innamorato di una compagna di studi, Mileva Maric, e l’ha sposata. Però non faceva che pensare a quelle onde e ne parlava di continuo con l’amico Michele Besso. Ora lavorava all’Ufficio Brevetti di Berna, dove aveva un cassetto segreto che chiamava “la mia sezione di fisica” perché dentro, ben nascosti, ci teneva i suoi appunti. E appena arrivava un dirigente chiudeva il cassetto in fretta perché non si accorgesse che stava “perdendo tempo”.

 

2 luglio 1900

151. Il primo dei dirigibili della storia vola oggi sul lago di Costanza, in Germania: saranno padroni del cielo per 37 anni fino al disastro dello Zeppelin, poi verrà l’era degli aeroplani  

• E’ Ferdinand von Zeppelin, ex-generale tedesco e progettista tecnico, che costruisce i dirigibili e dà il via al primo sul lago di Costanza. Dal 1900 al 1914 ne farà fabbricare 26 che trasporteranno 32.750 passeggeri e voleranno per più di 150 mila chilometri. La gloria di queste “navi” volanti considerate più leggere dell’aria purtroppo ha una fine quando il dirigibile Hindenburg (ha il nome del Presidente della Germania) si incendierà nel 1937. Solo 62 persone su 97 riusciranno a salvarsi. Dopo quel disastro il cielo apparterrà solo agli aeroplani.

 

1900

152. Se pensavamo che i fisici dell’800 avessero una mente sveglia, perspicace, sbagliavamo di grosso: a differenza dei chimici non credono ancora nell’atomo, e stiamo entrando nel ventesimo secolo

• Il famoso Ernst Mach, professore di fisica sperimentale, matematico e filosofo della scienza (una specie di guru per i colleghi), sull’orlo del XX secolo non crede ancora nell’atomo. Come si legge nello straordinario Dizionario asimmetrico del fisico Pietro Greco intitolato “Einstein e il ciabattino” (Editori Riuniti), “alla fine dell’Ottocento i chimici hanno ormai accettato la teoria atomica della materia. Non i fisici. Il XIX secolo si chiude mentre Ernst Mach va tuonando, nelle grandi sale dell’Università di Vienna: «Gli atomi non esistono!» All’inizio del XX secolo i fisici pensano che le scoperte fondamentali della loro scienza siano state oramai fatte. La meccanica è descritta dalle equazioni di Newton; l’elettromagnetismo da quelle di Maxwell; la termodinamica sembra aver risolto ogni suo problema con Boltzmann. Lord Kelvin sentenzia: «nulla di fondamentale c’è ancora da scoprire.»

  I chimici pensano che si conosce ormai la maggior parte degli elementi. Si sa che gli atomi si combinano, secondo leggi precise che valgono tanto in chimica organica quanto in chimica inorganica, per formare molecole. Che cosa si deve scoprire? Solo perché gli atomi tendono a riunirsi tra loro per formare molecole. Ma si pensa che presto tutto sarà chiarito.

  Eppure il quadro cambia, per la fisica e per la chimica, tra il 19 ottobre e il 14 dicembre del 1900, quando Max Planck scopre il quanto elementare di azione e si sgomenta. Sa che lo dovrà dire ai colleghi. E’ uno tranquillo e dover ribaltare la fisica classica lo sconvolge. «La faccenda - dice - si può definire un atto di disperazione. Difatti io sono per natura alieno da avventure rischiose. Però una spiegazione teorica andava trovata a ogni costo.»

• Un impatto duro è quello col “Corpo nero”. Si conoscevano gli atomi, però c’era un problema non risolvibile che riguardava il “corpo nero”: pensiamo a una pallina di ferro, cava e verniciata col nerofumo, tanto è solo ideale. E’ “nera”, ma assorbe luce e se la riscaldi la deve ridare, invece non lo fa come dovrebbe. Eppure, per le famose equazioni di Maxwell (il trionfo della fisica dell’800) un oggetto, se riscaldato, deve emettere lo stesso tipo di luce che ha assorbito da freddo. Siccome succede, ma solo in parte e quasi a singulti, un’intera generazione di fisici entra in crisi finché Planck, per quel famoso atto di disperazione, trova che la teoria e i fatti andrebbero a posto solo se si ipotizzasse che la luce non sia emessa come previsto da Maxwell, ma a “pacchetti”, ciascuno dei quali porta una quantità di energia precisa e calcolabile.

  Il guaio, per Planck, era questo: non solo andava contro le famose equazioni che governano elettricità, magnetismo e luce, ma a lui non riusciva nemmeno di capire che cosa fossero quei “pacchetti”: se un artificio matematico o una realtà. D’altra parte solo accettando quell’ipotesi le equazioni si correggevano in modo tale da consentire a un “corpo nero” di emettere una quantità finita di luce. In questa nuova equazione compariva proprio quella costante che avrebbero chiamato “la costante di Planck”, h, e che possiede le dimensioni della quantità nota in fisica come “azione microscopica”, ma di valore determinato; il “Quanto di Azione”. Perché? Crederci o no?

  Solo nel 1905, Einstein dimostrerà che un esperimento altrimenti non spiegabile (l’effetto fotoelettrico che non aveva nulla a che fare con il corpo nero), richiedeva che i pacchetti di luce – nel 1928 il fisico americano Artur H. Compton li chiamerà fotoni - fossero entità fisiche ben precise, e non giochini matematici, dando ragione a Planck il quale, poveretto, non voleva proprio avere ragione...

• I fisici sono sempre più confusi: i “quanti” imperano e saranno loro a dare il nome alla teoria che Planck inaugura così di malavoglia, perché la meccanica quantistica ti fa ribaltare i concetti di base della fisica, della filosofia e anche della logica. Insomma butta all’aria tutto. Il filosofo della scienza Karl Popper più tardi definirà la nuova fisica «The great quantum muddle», ‘il gran pasticcio dei quanti’, e un giorno un altro grande fisico del XX secolo, Richard Feynman, dirà: “se uno sostiene di aver capito la meccanica quantistica vuol dire che non l’ha capita per niente.” E il fisico Wilhelm Weber: “Ma è possibile che il mondo sia così assurdo?”

           •  Possiamo immaginare come si senta un gruppo di scienziati quando uno di loro, importante e col cervello a posto, entra e sospirando annuncia che è tutto da rifare. “Ma … e la fisica di Newton?” Sì, quella va bene, ma solo per le cose grandi, che vediamo, perché la realtà vera è un’altra: ogni cosa è ultramicroscopica, fatta a “pacchetti di energia”.

Sono i “quanti” che formano il mondo, forse l’Universo. E nonostante lo sconcerto di tutti, la Natura ce li impone anche se questa cosa va perfino contro il senso comune. Il nostro, non il suo. 

 

1900

153. Il chimico Marcellin Berthelot fa un discorso che suscita scalpore, però non azzecca una previsione, specie tra quelle veramente serie…

• Marcellin Berthelot, il chimico che deve la popolarità ai suoi lavori sull’alcool, fa un discorso di cui si parlerà non solo in Francia, ma in tutta l’Europa, tracciando un quadro dell’anno Duemila. Dice che “Non ci saranno più dogane, né protezionismo, né guerre, né frontiere macchiate di sangue umano. La navigazione aerea con i suoi motori a energia chimica avrà relegato nel passato tutte le istituzioni antiquate. Il problema dei combustibili sarà risolto con l’aiuto della fisica e della chimica. Allora si potranno realizzare i sogni del socialismo… purché si riesca a scoprire una chimica spirituale che cambi la natura morale dell’uomo così profondamente come la nostra chimica trasforma la natura materiale!” Non prevede che “l’olio senecano” che presto si chiamerà petrolio, diventerà la fonte principale di energia del XX secolo, ma per il XXI annuncia l’utilizzo dell’energia solare”.

• Berthelot è uno dei pochissimi uomini della sua generazione che abbiano stabilito un legame tra il progresso scientifico e il progresso umano, morale. Gli altri sono alquanto disinteressati a queste cose, e anche i Curie che lavorano tanto, ma pensano solo alla fisica, sembrano del tutto indifferenti e forse lo sono. I soli che si occupano dell’umanità, o almeno di quella parte terrena che è il corpo umano, sono i medici. E Berthelot che sognando un futuro di pace e fraternità purtroppo s’è proprio sbagliato: le guerre ci saranno, eccome! Quelle calde e quelle fredde, e il socialismo sarà una frana, non a causa dell’idea che è bella, ma perché gli uomini non lo sanno applicare e nemmeno vivere. Una frase romano-trasteverina dice tutto: “il mondo è una meraviglia, sono i mondaroli che non funzionano.”   

 

1901

154. Gugliemo Marconi lavora agli esperimenti di telegrafia senza fili e fa una prima trasmissione collegando due punti lontani

• Gugliemo Marconi è convinto che il collegamento di telegrafia senza fili con l’America sia realizzabile e in gennaio dà il via ai test sperimentali con l’isola di Wright. Il trasmettitore di Poldhu rappresenta quanto di meglio si possa costruire con la tecnologia disponibile e riassume tutti i perfezionamenti resi possibili dagli esperimenti precedenti.

 La stazione trasmittente ha una forma e una struttura inusuali. L’antenna è fatta da venti piloni in legno, alti 60 metri, infissi nel terreno lungo una circonferenza del diametro di 66 metri. Questi pali sostengono 400  cavi elettrici che convergono, a forma di cono rovesciato, su un edificio posto al centro della circonferenza, dove vengono collegati all’apparato trasmittente che è all’interno dell’edificio e invia le onde. Il brevetto è datato 2 giugno 1897 e l’ha avuto a Londra, dove l’aveva accompagnato la madre, Anita.

  Il giornalista del “Corriere della Sera” che ne parla spiega che si tratta delle famose onde di cui Hertz, pur avendole scoperte, non aveva capito bene la forza: queste onde elettriche possono “forare” lo spazio anche se ci sono nebbie e acqua. Ora Marconi comunica attraversando il canale di Bristol, a 15 km di distanza, e ha successo, ma in Italia continuano a ignorarlo. Nonostante il “Corriere”, quasi non sanno che l’inventore è italiano. Se ne vergogneranno troppo tardi.    

 

1901

155. Karl Landsteiner, biologo e fisiologo austriaco, risolve un problema: scopre che i gruppi sanguigni sono diversi e che le trasfusioni vanno fatte solo con il sangue dello stesso gruppo  

• Karl Landsteiner, biologo e fisiologo austriaco, che ha girato varie università d’Europa per specializzarsi in immunologia, ha scoperto che esistono quattro principali gruppi sanguigni (A, B, AB, O) e che essendo il sangue quasi un tessuto, non si può “impiantare” in un individuo se non è compatibile. Prima della sua scoperta le trasfusioni erano molto rischiose, infatti esistevano tre probabilità su quattro che il paziente non fosse in grado di utilizzarlo.

 Dobbiamo a lui e alla sua équipe anche la possibilità di individuare una certa malattia emolitica dei neonati che ha origine nel “fattore Rh” – il nome viene dalla scimmia Rhesus sulla quale fu notata per la prima volta – ed è legata all’incompatibilità di gruppo sanguigno tra la madre e il feto: si manifesta quando la madre è Rh-negativa ed il feto Rh-positivo. Nel 1930, per la scoperta dei quattro gruppi sanguigni, il dottor Landsteiner ha preso il Nobel.

 

1901

156. Il chimico Jokichi Takamine isola l’adrenalina, l’ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, che entra in circolo nei momenti di pericolo o di tensione (e fa salire la pressione)

• Jokichi Takamine, medico giapponese fa una scoperta importante che suscita grande sensazione. Tutti gli sportivi importanti ora si portano dietro un po’ di adrenalina in modo da affrontare i momenti di tensione e di pericolo con una carica emotiva nuova, eccezionale. L’adrenalina, si scoprirà poi, è utile in cardiologia, in ostetricia e nei trattamenti dell’asma e di altre allergie. E’ utile anche in caso di asma acuta e perfino – tenendo sempre conto del fatto che alza la pressione – nei casi di malattia di Addinson, un morbo che crea gravi disidratazioni, perdite di peso ed è responsabile di alcuni disturbi del ritmo cardiaco.

•  A mano a mano che la conoscenza della medicina avanza, ci si rende conto che molti farmaci del futuro – soprattutto cortisone, insulina, cure ormonali – finiranno per basarsi su questa sostanza-chiave dell’organismo. E non solo dell’organismo umano, ma anche di quello d’altri animali, perché i veterinari nel mondo stanno aumentando e in genere sono molto preparati. Infatti se scelgono di fare quel lavoro di solito vuol dire che amano gli animali.

 

12 dicembre 1901

157. Guglielmo Marconi realizza il gran colpo: fa la sua trasmissione transatlantica senza fili che molti ritengono folle, ma lui è sicuro di riuscirci e infatti ci riuscirà con l’aiuto del “cielo”

• Guglielmo Marconi ha 28 anni (è nato il 25 aprile 1874) e tutto il mondo lo guarda come un giovane prodigio, ma alcuni anche come un pazzo. Come, non era stato bocciato in fisica all’Università? E ora vuole fare una trasmissione transatlantica col telegrafo senza fili! Non si ricorda che la Terra è rotonda e che le onde radio viaggiano in linea retta? Lo sa, lo sa: i segnali partiranno dalla grande antenna che ha impiantato a Poldhu, in Cornovaglia, per raggiungere Terranova dove ha sistemato una ricevente, ma fisici e matematici scuotono il capo e dicono che è pura follia.

  Marconi sostituisce ai riflettori metallici dei fili elettrici posti verticalmente e sperimenta, con grande intuito, nuovi strumenti per la ricezione e la trasmissione. Così nella primavera del 1895 riesce a realizzare una trasmissione radio: i segnali vengono inviati dalla zona di Bologna e sono ricevuti a Terranova. Però la figlia Elettra nel luglio del 1998 fa fare una lapide per commemorare il centenario “del primo segnale radio commerciale partito dall’isola di Rathlin in Irlanda e giunto a Ballycastle”, sulla costa.

  Comunque il giovane fisico, senza neanche portare ceri alla Madonna, avrà poi un formidabile aiuto dal “cielo” che gli farà superare l’ostacolo della curvatura terrestre. Infatti sono gli strati ionizzati dell’alta atmosfera (cioè della “ionosfera”, che però verrà scoperta solo nel 1922) a mandare i suoi segnali a Terranova infischiandosene della curvatura. Il fatto è che le diverse temperature strappano elettroni agli atomi i quali diventano ioni e gli strati di “ionosfera” rilanciano i segnali facendoli arrivare all’altra antenna.

  Il mondo impazzisce, sembra che oramai le distanze non esistano più, ma c’è anche qualcuno che si gonfia di rabbia, come la Anglo-American Cable Company che gli fa causa e gli proibisce l’uso della base di Terranova. Marconi però ne costruisce un’altra nella Nuova Scozia che poi finirà incendiata. Incendio doloso? Non si sa.

• E’ noto che da tempo Marconi si va ispirando a una ventina di brevetti di quel genio misconosciuto di cui inspiegabilmente si cerca perfino di cancellare la memoria, Nikola Tesla; ma a Tesla Marconi era simpatico e così gli dava spesso qualche dritta anche se alla fine un pochino protesta.

  Comunque il telegrafo oramai è nato, ha un nome italiano ed è un bebè robustissimo che nessuno fermerà più.

 

1902

158. Il fisiologo francese Charles Richet fa molte scoperte, dall’anafilassi all’acido cloridrico e ai problemi della respirazione, ma si occupa anche di manifestazioni spiritiche

• Charles Richet, fisiologo francese che lavora da tempo ai sieri immunizzanti, nota uno strano fenomeno che chiamerà “anafilassi” (dal greco ‘difesa eccessiva’): è una reazione dell’organismo a sostanze che provocano allergie e alla lunga possono sensibilizzare una persona fino a esporla a conseguenze gravissime come lo “shock anafilattico” spesso letale. Contemporaneamente incomincia a occuparsi anche di metapsichica e di “ectoplasmi” (questo nome l’ha inventato lui, come l’anafilassi), ossia di fantasmi.

 Sono molti i personaggi famosi che si sono interessati alla “Vita dopo la morte”: per esempio William Crookes (il tubo catodico, ricordate?), Camille Flammarion, Henri Bergson, Cesare Lombroso … ed è meglio fermarsi qui perché più si va avanti nel tempo, più si moltiplicano. La cosa un po’ strana è che nonostante queste attività non del tutto scientifiche, Charles Robert Richet nel 1913 ebbe il Premio Nobel. Per la scoperta dell’anafilassi, non per i fantasmi.

 

1902

159. La tecnologia fa i suoi passi avanti, nascono l’aspirapolvere, il condizionatore, il robot, la chitarra, le lamette da barba, i freni a disco, la candela per motore a scoppio, e soprattutto la bicicletta

• Murray Spangler costruisce l’aspirapolvere: è un’invenzione a scopo del tutto personale. Lui è solo un inserviente stufo di pulire tappeti a mano e inventa un tubo con una ventola. Funziona e avrà un grande futuro. Il robot è cecoslovacco, nasce da un libro di Karel Ciapek, R.U.R. La parola robot viene da “robota”, lavoratore forzato, e l’uomo non vuole più esserlo, è meglio che lo siano gli automi, dice, tanto è il risultato che conta, non chi fa il lavoro. La chitarra è costruita da un amante solitario che vuole fare una serenata più originale e duratura di quelle dei menestrelli. La lametta da barba è una trovata di un viaggiatore di commercio che va da un posto all’altro senza trovare il tempo di fermarsi da un barbiere. Il condizionatore l’inventa l’americano Willis Carrier e fin dall’inizio controllerà anche l’umidità dell’aria. I freni a disco sono di un medico-inventore, Frederick Lanchester, ma per una cinquantina d’anni non avranno successo.

• Nel 1889 nacque il termine bicicletta: l’irlandese W. Hume, proprietario di una fabbrica di velocipedi, aveva presentato alla “Esposizione Internazionale del Velocipede” a Londra   un suo modello con il nome di “Bicyclette Humatic”. Questo veicolo, il primo a montare gomme pneumatiche, era costruito con telaio a trapezio, senza tubo di congiunzione fra la sella e il pedaliere, con lo sterzo a perno e con le ruote di diametro differente: piccola quella anteriore, molto più grande quella posteriore. Per ricordare l’invenzione delle gomme Dunlop e per aver ottenuto l’esclusiva di montarle sui sui modelli, il sig. Hume fece omaggio della prima bicicletta “Humatic” al figlio del geniale inventore. L’anno dopo, 1890, era arrivato un secondo modello “Byciclette New Humatic” con telaio a doppi tubi e ruote di diametro uguale. L’inventore del pneumatico si diede al velocipedismo compiendo ogni giorno lunghi giri per la città e i dintorni di Belfast. Da quel momento tutte le principali case produttrici che ottennero l’esclusiva di cerchiare le ruote con i pneumatici Dunlop  lanciarono i loro modelli con il nome di “Biciclette” (bicicletta in italiano): nome che nonostante la rapida evoluzione e i perfezionamenti meccanici apportati non è stato più cambiato  e con cui ancora oggi si intende il veicolo con telaio, due ruote, mozzi, pedali, trasmissione a catena, manubrio, freni e sella.

• Alla fine del secolo e dall’inizio del Novecento in poi, è quella bicicletta che invade tutta l’Europa e buona parte dell’America. Mentre le automobili fanno i primi passi, lei è la regina incontrastata delle strade. In Italia costava l’equivalente di 10 centesimi di euro (le vecchie duecento lire) e si cantava "ma dove vai bellezza in bicicletta". Le due ruote, dunque, rappresentavano un simbolo di libertà e di affrancamento sociale anche per le donne. Consentivano agli operai di abitare a dieci o quindici chilometri dalla fabbrica, e ai contadini, a volte carichi dei pesanti attrezzi del mestiere, di raggiungere i campi senza dover bruciare troppe energie durante il tragitto.

    

1902

160. Il chirurgo francese Alexis Carrel, noto al pubblico per avere scritto “L’uomo questo sconosciuto”, inventa la chirurgia vascolare e quella dei trapianti

• Alexis Carrel, chirurgo francese (e scrittore di saggi), ora che il biologo austriaco Karl Landsteiner ha scoperto i quattro gruppi fondamentali del sangue, spiega nel libro “La tecnica operatoria delle anastomosi vascolari e dei trapianti d’organo” come si possano collegare grossi vasi sanguigni con tre soli punti, e anche trapiantare alcuni organi. Si è esercitato a lungo su innocenti animali, ma purtroppo non c’è altro modo per impratichirsi di un nuovo intervento e salvare vite umane.

 I suoi studi e i suoi lavori avranno molto successo nel futuro un po’ remoto, ma intanto, nel 1912, Carrel prenderà il Nobel.

 

1903

161. Laureato in medicina generale, il dottor Sigmund Freud però era attratto solo dalla psichiatria e si era sempre occupato del sistema nervoso, di cui nessun medico in realtà si interessava   

• Sigmund Freud lavora come neurologo e psicoanalista in una clinica psichiatrica di Vienna, ha già scritto il libro “L’interpretazione dei sogni” e sta preparando “Psicopatologia della vita quotidiana” che nel 1904 farà un grande scalpore. In quest’epoca, a Vienna, lo studio delle malattie nervose è coltivato da poche persone e ci vorrà più di un secolo prima che incomincino ad andare un po’ di moda e ci si renda conto della loro importanza.

  Per parecchio tempo, quando si parla di Freud, la gente dice: “Ah sì, quello che vede il sesso anche nel caffellatte.” Comunque è lui il vero fondatore degli studi sulla psiche e lo scopritore di molti disturbi che hanno origine in una zona del nostro io spesso trascurata. Inizialmente Freud ha praticato l’ipnosi, ma poi si è reso conto che con quel metodo i sintomi cessavano solo per un certo periodo poi riapparivano perché il paziente non aveva preso veramente coscienza dei suoi problemi. La causa della nevrosi consisteva proprio nel conflitto tra forze psichiche inconsce, ed era vero che i disturbi – spesso - non derivavano da organi ammalati, ma dalla psiche. Così, facendo emergere i ricordi e frugando nei sogni dei pazienti arrivò alla psicanalisi. Inizialmente Freud partì dal ‘metodo catartico’ che consisteva nel provocare una scarica emotiva sperando di liberare il paziente dai suoi disturbi. Lui tendeva a sottolineare il fattore sessuale, o comunque a farlo emergere e in questo molte volte aveva ragione: scavando a fondo nei pensieri il sesso viene sempre a galla. Del resto è una pulsione naturale di cui la gente un po’ si vergogna.

 Secondo Federico Di Trocchio, professore universitario di Storia della Scienza e autore del libro piuttosto polemico “Le bugie della scienza”, in realtà Freud non avrebbe mai guarito alcuni malati di cui parla nei suoi scritti. Documentato com’è, Di Trocchio riporta certi casi di “complessi edipici” che in realtà il dottore non avrebbe mai potuto curare come dice di avere fatto, e non per l’imbroglionica di cui il professore accusa parecchi scienziati (non Freud), ma perché il famoso complesso di Edipo quei pazienti non se lo sognavano nemmeno, mentre Freud ci si basava moltissimo. Comunque le sue teorie col passare del tempo hanno avuto un enorme impatto su tutti i settori della cultura e hanno influito sulla medicina psicosomatica che prima di lui era quasi sconosciuta.

 

1903

162. Il medico svizzero Carl Gustav Jung non conosceva di persona Freud, ma era anche lui uno psicologo e per alcuni anni ha pensato che potessero formare una specie di tandem

• Carl Gustav Jung ha conosciuto Sigmund Freud a Vienna, ma sono subito emerse le loro incompatibilità. Jung pensava che i sogni, per esempio, avessero significati simbolici e ogni simbolo avesse molti significati e a suo parere non erano necessariamente nati da desideri infantili. Il sogno, come lo vedeva lui, era una rappresentazione della situazione psicologica attuale del paziente, ma anche dei simboli mitologici e religiosi che ci portiamo dentro inconsciamente.

  Un punto che separava Freud e Jung era proprio l’inconscio. Infatti Freud parla di un inconscio personale che si identifica con i rimorsi infantili, mentre per Jung, al di là dell’inconscio personale, ne esiste uno collettivo che si porta dietro le immagini primordiali della psiche, frutto del ripetersi di tante situazioni lungo il tempo. L’inconscio collettivo è quindi una specie di eredità spirituale che accompagna lo sviluppo dell’uomo e riaffiora sempre. Jung inoltre è convinto che la personalità dipenda in buona parte dalla società e dal costume, i quali creano una vera e propria maschera, con cui la gente rappresenta se stessa per convenienza. Dietro questa maschera si nasconde la vita privata; ma spesso accade che la gente creda di essere davvero ciò che sembra. Jung definisce ‘archetipi’ le immagini primordiali, cioè forme ereditarie e uguali per tutti.

 La sua nozione di ‘inconscio collettivo’ ce la siamo poi portata dietro per un secolo e più: forse è ancora presente in molti di noi.

 

1903

163. Nasce il primo elettrocardiogramma della Storia

• Il fisiologo olandese Willem Einthoven, utilizzando un galvanometro messo a punto da lui stesso, riesce a riportare su carta fotografica un tracciato che descrive in modo fedele l’attività elettrica del cuore. È il primo elettrocardiogramma della storia. Si racconta che moltissime persone volevano fare questo esame, specie quando erano innamorate e volevano mostrare al partner la foto delle loro sofferenze amorose.

 Al dottor Einthoven fu dato il premio Nobel per la medicina nel 1924.

 

10 dicembre 1903

164. A Marie e Pierre Curie, come a Henri Becquerel, viene dato il premio Nobel per la Fisica. Sarà il rappresentante della Francia a Stoccolma che lo riceverà al posto dei Curie

• Marie e Pierre Curie non vanno a Stoccolma a prendere il premio Nobel: lei è malata, in quell’anno ha perso un figlio (prematuro) e anche il secondo bambino della sorella Bronia è morto. In autunno ha rinunciato ad accompagnare Pierre a Londra per ricevere la medaglia Davy che ha conferito loro la Royal Institution. A novembre Pierre si decide a scrivere al segretario perpetuo dell’Accademia per chiedere che rimandino la data della conferenza che lo statuto del Nobel richiede ai premiati: “Non possiamo assentarci in questo periodo dell’anno senza creare grande disagio all’insegnamento che ci è affidato. Inoltre la signora Curie è stata malata e non si è ancora ristabilita.” Lei, in realtà, non sta più in piedi.

  Tutto il mondo si commuove, Maria e Pierre passano di colpo alla gloria: sono gli scopritori del radio che probabilmente salverà molte vite umane. Anche se esistono altri premi per la ricerca scientifica, il Nobel è il più grande onore che possa venire attribuito a uno scienziato e loro, poveretti, non possono neppure andare a prenderselo.

 

1904

165. Lo spazio interstellare non è vuoto, c’è un gas, una specie di polvere, osservata da un astronomo tedesco  

• Johannes Franz Hartmann, dall’osservatorio astronomico di Potsdam, ha potuto osservare per la prima volta le righe spettrali di assorbimento dovute alla presenza di un gas interstellare piuttosto rarefatto e misto a polvere. Noi vediamo queste nubi, come di nebbia, nella nostra stessa galassia sotto forma di zone buie della Via Lattea. Una è la famosa nebulosa oscura chiamata “testa di cavallo”, che si staglia netta sullo sfondo di un cielo punteggiato da milioni di stelle.

 Ne esiste anche una detta “sacco di carbone” che è nella Croce del Sud, nella parte australe della Via Lattea e che noi dall’Italia non vediamo: è una regione piena di particelle di una polvere che in seguito sarà studiata da altri astronomi. La più difficile da vedere, per noi, è proprio la nostra galassia, dal momento che ci troviamo come “chiusi dentro un sacco”.

 

23 agosto 1904

166. Un inventore americano molto previdente in pieno solleone pensa a quando verrà la neve e fabbrica le catene per i pneumatici

• Si chiama Harry de Weed, vive vicino a New York e già in agosto si preoccupa che i pneumatici possano slittare sulla neve o sul ghiaccio, così fabbrica delle catene che facciano presa sul terreno. L’idea in realtà  era del bisnonno, che vedeva gli autisti impacchettare le ruote con le funi per aumentare l’aderenza della macchina al terreno e ne parlava spesso. Harry lavora in un’azienda del cugino e le sue catene per più di mezzo secolo saranno fabbricate nella American Chain and Cable di un altro dei loro parenti.

• Questa non è scienza, s’intende, è pura tecnologia, ma c’è sotto una curiosità: proprio le catene Weed contribuirono alla fama mondiale di Houdini. Nel 1908 il mago accettò la sfida dell’American Chain and Cable Co. di testare l’invenzione, facendosi legare con sei set di catene (i nodi erano ben controllati da una commissione) e riuscendo poi a venirne fuori con una certa agilità. Trovata pubblicitaria geniale sia per l’uno che per gli altri.

 

Autunno 1904

167. Il nome di Ivan Pavlov, che ha scoperto i “riflessi condizionati” è diventato leggendario: in Russia c’era addirittura la mania di attribuirgli tutte le invenzioni del mondo

• Ivan Pavlov, fisiologo, medico ed etologo russo – nato a Riazan nel 1849 – con la sua lunga esperienza di malati riuscì a capire il meccanismo dei “riflessi condizionati”, dimostrando che il sistema nervoso è quello che domina tutti i processi fisici e in modo speciale il processo digestivo. In realtà questa scoperta, che è alla base della moderna fisiologia della digestione e di certe reazioni nervose non facilmente spiegabili, si è dimostrata valida anche negli animali, perfino quelli inferiori. Pavlov si è meritato veramente il premio Nobel che gli hanno assegnato nel 1904.

 

1905

168. Albert Einstein, ora cittadino svizzero, ha 26 anni, lavora a Berna all’Ufficio Brevetti e invia alla rivista Annalen der Physik tre articoli che cambieranno la storia del mondo

• Albert Einstein da bambino era piuttosto ritardato. Ha parlato solo a tre anni e poi crescendo ha preso l’abitudine di riflettere a lungo prima di farlo, in modo da dire frasi sensate: cosa che dovremmo fare tutti e che è già una prima, grande prova della sua intelligenza. A quattro anni lo zio Jacob gli ha regalato una piccola bussola e lui è rimasto ipnotizzato dall’ago che puntava ostinatamente verso il nord. Aveva la sensazione che ci fosse una realtà nascosta, qualche mistero che non gli spiegava nessuno e che si nascondeva dietro le cose. Rifletteva: “Il mondo deve essere diverso da quel che mi dicono, devo riuscire a capirlo da me.” A 15 anni passava ore a guardare il cielo stellato, poi ha letto Maxwell ed è rimasto affascinato dalle onde di luce di cui lui parlava. C’era qualcosa nella luce che lo attirava, qualcosa da scoprire.  

•  Ora è cresciuto, è cittadino svizzero, e finalmente ad Aarau trova una scuola dove si trova bene, con i professori giusti. Si laurea nel 1900 in fisica e matematica, e comincia a collaborare alla rivista Annalen der Physik scrivendo alcuni articoli sulla termodinamica e la meccanica, ma senza grandi novità. O forse siamo noi, oggi, ad aspettarci che dovesse fare sempre scoperte sensazionali. La collega che ha sposato, Mileva Maric, si è laureata con un punteggio di poco inferiore al suo e sembra che lo abbia molto aiutato sul tema della relatività speciale, ma purtroppo sarà costretta a fare solo la donna di casa spezzando una promettente carriera, perché hanno pochi mezzi e ci sono anche i figli (saranno perfino costretti a darne uno in affidamento). Così litigano sempre finché arrivano a separarsi.

• A marzo del 1905 Albert manda alla rivista Un punto di vista euristico (ossia non proprio rigoroso ma credibile, n.d.r.) relativo alla generazione e alla trasformazione della luce e sarà per questo lavoro che 16 anni dopo avrà il Nobel. La luce è la sua fissazione e questo articolo è anche l’atto di nascita di uno dei grandi protagonisti della fisica quantistica: quel “pacchetto”, quel “quanto di luce” che poi si chiamerà fotone. A maggio invia un altro articolo sui moti browniani – le particelle che vagano nell’acqua o in un raggio di sole (e non a caso, come si credeva) - spiegando che i loro moti si possono prevedere in base agli “urti” molecolari.

“L’apoteosi – scriveva Franco Prattico – però viene in giugno: per cinque settimane Einstein lavora a un articolo di 30 cartelle, l’Elettrodinamica dei corpi in movimento. Lo imbuca e si mette a letto per quindici giorni, stremato. Era nata la teoria della relatività ristretta.”

Nessuno lì per lì se ne accorse, anche perché l’aggiunta che conteneva la famosissima equazione non l’aveva ancora né mandata né scritta. Ci pensò su in quei mesi d’estate, luglio e agosto, forse mentre dondolava la culla del primo bambino chiedendosi che cosa “avesse in mente il Vecchio (chiamava così Dio) per il nostro universo” e alla fine ha intravisto in un’equazione non proprio tutto quel che pensa il Vecchio, ma almeno una parte, e spedisce. Era chiara, chiarissima. E=mc², ossia: Energia=massa x velocità al quadrato. Cioè l’energia si può tramutare in massa e la massa in energia, grazie a un numero inesistente in natura, ma valido lo stesso: la velocità (celeritas) della luce al quadrato, che rappresenta il fattore di conversione tra i due elementi. E’ certo che nemmeno lui sapesse come poi si poteva tradurre in un atto concreto. Può stupire qualcuno che il fattore di conversione sia al quadrato, quando la velocità della luce è già un massimo di per sé con i suoi 300.000 km al secondo, ma sulla Terra chissà perché molte cose funzionano solo se sono “quadratiche”. Un esempio: un pavimento con 4 piastrelle su un lato e 4 su un altro non conterrà 8 piastrelle, ma 16. E si potrebbero portare tanti altri esempi.

  Comunque, per  chi vuole saperne di più,  quel quadrato deriva dalle nuove formule per l’energia: ricordiamo che l’energia cinetica di una particella di massa m si calcola come 1/2 m V^2  (V al quadrato). Analogamente, sviluppando le equazioni, viene fuori la velocità della luce al quadrato. Ma purtroppo non è banalissimo, vero?

  Ora però immaginiamo che “m”, ossia la massa, sia di mezzo chilo: moltiplicata per c², ossia per 1.166.400 bilioni, ci darà più di 10 miliardi di chilowattore ‘pari all’energia – scrive il fisico David Bodanis – prodotta da una centrale di grandi dimensioni.”

 • Così non è vero che il Vecchio, Lassù, ha sistemato le cose sulla Terra in modo che alla fine del discorso – quando sarà – non vi si trovi né un grammo di materia in più né uno in meno di quel che ci aveva messo Lui all’inizio, come tutti credevano di sapere. Un nocciòlo che sta nel pugno di un bambino può far sparire una città . E nell’equazione di Einstein c’è tutto quel che serve anche per far fare buum al mondo e rimandarlo su – o giù - in polvere di stelle.

  In realtà poi vennero altri che, a forza di provarci, con quel valore riuscirono a fare innanzi tutto le bombe, prima per distruggere e poi per ricattarsi a vicenda, mentre Einstein, poverino, si era perfino raccomandato al Presidente Roosevelt perché stesse attento a quel che poteva succedere, ma quello se n’è infischiato e lui quasi piangeva.

  Come si arriva alla bomba è un discorso da fare in seguito con la “fissione”, ossia con la rottura dell’atomo, ed è stata una donna a capire come riuscirci, Lise Meitner, una fisica che passa molte traversie perché come Einstein è ebrea, ma non essendosi naturalizzata svizzera è rimasta austriaca e Hitler presto si annetterà l’Austria, costringendola a lasciare il lavoro e a emigrare in Svezia.  

 

1906

169. L’astronomo olandese Jacobus Kapteyn comincia a disegnare una carta della Via Lattea

 • Jacobus Kapteyn, appena laureato, per un colpo di fortuna è stato assunto all’osservatorio di Leida e ha cominciato a disegnare una mappa dettagliata della Via Lattea, arrivando alla conclusione che la nostra galassia è un disco che ha un diametro di ventitremila anni luce e uno spessore di seimila anni luce. Ha constatato che le “nostre” stelle tendono a muoversi in due direzioni diametralmente opposte: o verso la costellazione di Orione, o verso Scutum, una piccola costellazione dell’emisfero sud. La scoperta di questi due “flussi” è stata una delle più importanti mai realizzate in astronomia.

 

1906

170. Il medico e microbiologo tedesco August von Wassermann riesce a trovare il metodo per evidenziare il “demone pallido”, ossia il batterio responsabile della sifilide

• August von Wasserman è il medico che riuscì a trovare il metodo per individuare il “treponema pallidum”, il batterio chiamato così perché essendo molto trasparente è difficile vederlo nel siero sanguigno. L’avevano portato in Francia da Haiti gli uomini di Cristoforo Colombo, ma allora non si sapeva che fosse il responsabile del cosiddetto ‘mal francese’. Vennero fuori le più strane teorie sulla genesi del male, alimentate dall’ignoranza, dalla superstizione e dall’antichissima credenza nelle influenze astrali. Eccone alcune:

Rapporto di un cavaliere lebbroso con una cortigiana.

Accoppiamento di uomini con scimmie.

Vendetta degli spagnoli che avrebbero mischiato sangue di lebbrosi con il vino greco.

Collera di Dio per punire la lascivia e la concupiscenza umane.

Le congiunzioni astrali: (il 25 novembre 1494 Saturno e Giove si erano congiunti nel segno dello Scorpione e nella casa di Marte, segno funesto). Questa è la tesi più accreditata.

• Il microrganismo, responsabile di gravi alterazioni anche della mente, era stato poi, nel 1905, identificato da Fritz Schaudinn e Erich Hoffmann, considerati i veri scopritori. Infatti ancora oggi, quando i medici parlano tra loro davanti a un malato, per non fare il nome di Wasserman, troppo noto, dicono ‘è una Schaudinn’. Oggi, se presi in tempo, gli antibiotici uccidono il batterio e salvano il malato. Anche Lenin aveva contratto la malattia, e la notizia ci è giunta perché si curava con il Salvarsan, farmaco che si può considerare quello con cui inizia la chemioterapia e che era il solo rimedio prima degli antibiotici. Però confessiamolo: se tornassimo al tempo di Colombo, e sapessimo che l’America sta per darci il treponema pallidum, non lo prenderemmo volentieri sapendo che poi ci dà anche la cioccolata?

   La cioccolata, che Voltaire chiamava “il bruno elisir pagato con la sifilide”.

 

2 febbraio 1907

171. Muore Dimitrij Ivanovic Mendeleev, considerato il padre della tavola periodica degli elementi

• Dimitrij Ivanovic Mendeleev muore il 2 febbraio a San Pietroburgo. Ha 73 anni e ha fama d’essere uno dei più importanti chimici della storia. Aveva strutturato la Tavola periodica degli elementi lasciando vuote le caselle per altri elementi di cui prevedeva le proprietà chimiche, ma senza metterci un nome perché non erano ancora stati scoperti. Poi col tempo si sono trovati, o sono stati fatti artificialmente e così hanno occupato i posti vuoti. Tre vennero fuori mentre era ancora in vita, come abbiamo già scritto: il gallio, lo scandio e il germanio: gli altri poi hanno continuato ad arrivare. Diciamolo: è proprio con quelle caselle vuote che Mendeleev si è assicurato un ‘biglietto premio’ per viaggiare verso il futuro.

 

1907

172. Il chimico e fisico neozelandese Ernst Rutherford si arrabbia moltissimo quando si accorge che l’atomo è in gran parte vuoto

• Sir Ernest Rutherford, I° Barone Rutherford di Nelson, nato come si è già scritto in Nuova Zelanda, a Brightwater, nell’agosto del 1871, chimico e fisico, aveva un caratteraccio e gridava sempre con un vocione terrificante. Quando scoprì che tutta la materia ha una struttura discontinua, diciamo pure ‘bucherellata’ perché le sostanze non sono solidamente coerenti, ma fatte di atomi tenuti insieme in rigido equilibrio grazie a un “collante” di cariche elettriche, la prese molto male. E quando poi seppe che un atomo è come un immenso campo di calcio vuoto (per i suoi tempi sarebbe meglio dire un anfiteatro coperto) con un nucleo non più grande di un pallone messo lì nel mezzo, si arrabbiò e cominciò a gridare: “Ma allora tutto non è che una grossolana turlupinatura!” Infine si è rassegnato, e si è messo a lavorare con i colleghi alla nuova fisica. Diceva sempre che solo la fisica era vera scienza mentre il resto era filatelia, cioè collezione di francobolli. E continuava a darsi da fare per capire meglio gli atomi, con i loro ‘immensi’ vuoti e il loro minuscolo nucleo, finché è riuscito a capirci qualcosa di più, come vedremo. Però un po’ di ragione Rutherford ce l’ha: la fisica, fra tutte le scienze, è la più completa. Come dice Richard Riemann, ovviamente un fisico, è l’equivalente di ciò che un tempo si chiamava ‘filosofia naturale’, da cui sono nate quasi tutte le scienze moderne, e la prova della sua validità è sempre l’esperimento.

  Comunque, nel 1908, Rutherford ha accettato il Premio Nobel per la chimica. Anche quella ai suoi occhi si doveva considerare ‘filatelia’? No, perché da Lavoisier in poi è una vera scienza, non più alchimia.

 

 

26 maggio 1907

173. Il Corriere della Sera, il più importante quotidiano d’Italia, pubblica l’articolo di un docente di fisica, il professor Oreste Murani, che ha assistito a nove sedute con un medium

• Oreste Murani, professore di fisica, scrive un articolo per il Corriere della Sera, che esce in data 26/5/1907, raccolto da Giovanni Caprara (giornalista responsabile della redazione scientifica) nel suo libro “L’avventura della scienza”. Il professore racconta di avere assistito a nove sedute con il medium Zuccarini.

• Il titolo lascia perplessi: “Il medianismo è scienza?” E’ una domanda alla quale è difficile rispondere, a meno di voler prendere in considerazione il fatto che fare scienza significa studiare e approfondire tutto ciò che non si conosce. Ecco alcuni commenti di Murari: “Un dì mi pervenne un gentile invito della Direzione del Corriere di assistere alle esperienze di un medium il quale, tra le altre cose, poteva librarsi nell’aria e rimanervi senza alcun visibile appoggio per parecchi secondi...accettai e mi recai al convegno…sempre però con una buona dose di scetticismo contro possibili trucchi o allucinazioni…Trovai i redattori del Corriere signori Cipriani, Bianchi, Barzini, e mi fu presentato il medium Zuccarini.”

  Murari lo descrive come un giovane sano, di modi civili e onesti, il quale dice che a Bologna viene chiamato per queste esperienze da medici e scienziati, fra cui il professor Augusto Righi, famoso fisico. Si manifestano, attraverso il medium, due entità: il medico Pascal morto – sembra - nel 1600 e un certo John. Con Murari c’era anche Patrizi, professore di fisiologia all’Università di Modena.

  “…dubitosi tutti e due della realtà dei fenomeni, abbiamo esercitato la vigilanza nel modo più rigoroso. Le mani del medium non ci sono mai sfuggite…Zuccarini sembra portato sul tavolo da una forza invisibile…poi il suo corpo si libra nell’aria  per dieci o dodici secondi.”

 Ci furono fenomeni luminosi, scricchiolii, il tavolo si mosse, e questo per nove sere consecutive, con il fotografo lì che scattava freneticamente. Infine la direzione del Corriere della Sera “con cortese insistenza” chiese a Murari di fare il resoconto. E lui l’ha fatto.  

           

Luglio 1907

174. Marte è di nuovo “in opposizione”, cioè si trova più vicino alla Terra e riesplode la speranza che ci siano i marziani  

• Percival Lowell non era uno scienziato, ma un diplomatico che aveva abbandonato il suo lavoro (era ambasciatore in Giappone) per dedicarsi totalmente all’astronomia e in particolare a Marte.

   Era convintissimo che i famosi ‘canali’ scoperti da Schiaparelli nel 1877 fossero artificiali, ossia fabbricati, anche se lo scopritore cercava di gettare acqua sul fuoco dicendo “finora non c’è niente che ci autorizzi a credere che su Marte ci siano esseri come noi. La fantasia dei novellieri è grande, ma la fantasia non è mai una bussola sicura.”

I “novellieri” infatti si sono subito mossi sulle orme della “Guerra dei mondi” di H.G. Wells e molti sono partiti per il Gran Canyon, salendo fino a Flagstaff, in Arizona, dove anni prima Lowell aveva fatto costruire un osservatorio a 2200 metri di altezza, ma sono rimasti delusi: non si vedeva nulla che potesse alimentare la loro speranza di scoprire dei “fratelli di Sistema Solare”, e in più gli esperti dichiaravano decisi che l’ambiente marziano non aveva le condizioni necessarie per ospitare la vita.

  Così Marte continuò la via sulla sua orbita e la “grande opposizione” tanto attesa fu una gran delusione. In compenso si incomincia a parlare della “caduta degli anelli di Saturno”: pare le particelle cozzino fra loro cagionando una perdita di energia e forse gli anelli cadranno. Su Saturno, tanto non c’è nessuno.

 

1907

175. Diodo e Triodo erano il nonno e il padre dei chip che noi ormai conosciamo bene: il primo era nato nel 1873 dall’inglese Gutrie, poi Edison affermò che invece era figlio suo…

• Frederick Guthrie, fisico britannico, è stato il capostipite, ossia ha generato il diodo termoionico nel 1873, spiegando che era una valvola e come funzionava, ma poi Edison ci arrivò anche lui (però diceva che c’era arrivato per conto suo senza copiare nessuno, ma lo diceva sempre) e lo chiamò “effetto Edison”. Guthrie aveva scoperto – mentre cercava di perfezionare una lampada a incandescenza - che una corrente invisibile fluiva dal filamento a una placca metallica inserita nel bulbo quando la collegava al polo positivo. Lo brevettò qualche anno dopo, ma non sapeva a che cosa potesse servire.

• Vent’anni dopo John Ambrose Fleming, ingegnere elettrotecnico inglese che collaborava con la Marconi Company, ma era stato impiegato di Edison, si accorse che l’effetto Edison poteva essere utilizzato come rilevatore di precisione di frequenze radio e brevettò il primo diodo termoionico funzionante, la “valvola di Fleming”, nel novembre 1904. Tre anni dopo ancora, Lee De Forest inventò il triodo, ma già nel 1897 l’indiano Jagadish Chandra Bose aveva dato vita a un apparato simile. Però tutti loro sono sicuramente i nonni e i padri dei chip che ora ci consentono d’essere inseparabilmente legati all’elettronica.

 

10 dicembre 1907

176. Ad Alphonse Laveran, studioso e ricercatore, viene assegnato il premio Nobel per la medicina

• Alphonse Laveran, quando era medico-chirurgo militare in Algeria nel 1880, aveva identificato nel sangue di un paziente il protozoo responsabile della malaria. Il nome Plasmodium sarà trovato, l’anno successivo, dagli italiani Ettore Marchiafava e Angelo Celli.

 

30 giugno 1908

177. Non si è mai trovato il bolide che presumibilmente è caduto su Tunguska, una località della Siberia per fortuna disabitata

 Il luogo dove forse è caduto un bolide celeste prende il nome dal fiume Tunguska Pietrosa che scorre nella parte settentrionale del Territorio di Krasnojarsk, nella Siberia centrale. Ha abbattuto decine di milioni di alberi e bruciato tutta la vegentazione, ma come mai non se ne trovano i resti? Era una cometa,  un asteroide, o che altro? Certo è il più grande evento del genere che sia accaduto sulla Terra in tempi recenti e il bagliore si è visto anche a 700 km di distanza. Si è perfino ipotizzato un “blocco di antimateria”, ma forse un’impronta dovrebbe vedersi, almeno quella della materia “annichilata”, e invece non c’è. L’esplosione sembra sia avvenuta a un’altezza di 5/10 km.

 

8 Agosto 1908

178. Dopo cinque anni dal loro primo volo i fratelli Wrigth si esibiscono in Francia, a Le Mans, con il loro Flyer nuovo

• Orville, uno dei due fratelli Wrigth, viene intervistato dai più noti giornalisti dell’epoca e Ugo Ojetti scrive anche un racconto intitolato Quando tutti gli uomini voleranno. Luigi Barzini è affascinato dai missionari dell’aviazione (li chiama così) e racconta la loro storia, l’ambiente in cui hanno vissuto e vivono, le loro ambizioni (che poi sono anche quelle molto prosaiche di vendere bene l’aereo con cui hanno fatto il loro show). E’ un momento di grande soddisfazione per gli esseri umani che sentono di avere oramai conquistato le ali.

  In Italia è un brutto momento, il 28 dicembre un fortissimo terremoto sconvolge Reggio Calabria e Messina. Le vittime e le distruzioni sollevano un problema serio: come affrontare il futuro in un Paese così irrequieto e tormentato? Un giornalista del Corriere, Odorico Odorici, all’inizio del 1909 parla di ridurre i disastri costruendo Le case antisismiche. Parole al vento: questa soluzione è ancora un sogno.

  L’anno si chiude con una nota comica: all’Ufficio Brevetti britannico propongono di abolire il British Patent Office con la motivazione che “oramai è già stato inventato tutto”.

 

Gennaio 1909

179. Grazie alla radio di bordo, quindi a Marconi, vengono salvati i naufraghi del transatlantico inglese “Republic” speronato dal piroscafo italiano “Florida” al largo di Nantucket

• Guglielmo Marconi ha oramai una fama mondiale e piace a tutti anche perché è bello e perfino nobile, e in più ‘fa del bene’: grazie alla sua radio in dicembre si salvano i profughi della nave “Republic” speronata e affondata dal piroscafo “Florida” a causa di un banco di nebbia all’alba del 23 gennaio. Accorrono quattro navi, chiamate per 14 ore consecutive dal radiotelegrafista inglese Binns con il codice Morse, e trasbordano i passeggeri sul “Florida”. Il dramma ha una risonanza mondiale. Si inneggia anche a Samuel Morse che ha inventato quel sistema di comunicazioni a distanza e si festeggia il radiotelegrafista Binns che ha resistito per tante ore al suo posto, nel freddo, invocando aiuto. Della radio si servirà tutto il mondo, e anche gli aerei potranno lanciare gli S.O.S. dal cielo. Nel dicembre del 1909 il marchese Guglielmo Giovanni Maria Marconi prenderà il Premio Nobel.

 

1909

180. Nasce la vera, potente motocicletta: è la Harley Davidson

William Harley (21 anni) e Arthur Davidson (20), più i fratelli che si uniscono a loro nel 1903, fondano una società che in pochi anni, nel 1909, arriverà a mettere a punto una motocicletta stupenda, con il motore bicilindrico a V giganti di 45°. I cilindri, cioè, sono messi obliqui, appunto a V e solo le basi si toccano. Ne prende subito una serie la polizia e in pochissimo tempo la Harley Davidsons si fa un nome che resterà famoso nel mondo e nel tempo: è la prima vera motocicletta della storia, nata da un sogno: “Perché una bicicletta non può andare più veloce e deve dipendere sempre e solo dalle nostre gambe? Inventiamo qualcosa che la faccia correre da sé.” Eccola, e corre davvero da sé. Finalmente!

 

1909

181. Il fisico-chimico Ernst Rutherford comincia un esperimento per capire come può essere fatto di preciso un atomo, ma ci vorrà parecchio tempo prima di portarlo a termine

• Ernst Rutherford mette una sostanza radioattiva davanti a una sottile lamina d’oro e osserva il bombardamento. Si accorge stupito che quasi tutte le particelle alfa penetrano la lamina, mentre alcune rimbalzano come se avessero sbattuto su qualcosa di duro: erano andate a finire sul nucleo. Gli elettroni, cento volte più leggeri, svolazzavano e se ne infischiavano. Che cos’era allora che li teneva intorno al nucleo? Ma certo, si dice lo scienziato, è la carica, e dato che quella degli elettroni è negativa, il nucleo deve avere una carica positiva e questo li tiene vicini. E di che sarà fatto questo nucleo? Arrivò a capire tutto – o quasi – solo dieci anni dopo. Allora riuscì finalmente a spiegarsi che era il numero dei protoni contenuti nel nucleo a determinare l’elemento. Sì, ma come mai l’atomo di elio che conteneva solo due protoni pesava come se ne avesse quattro? Che cosa si nascondeva là dentro? Stiamo correndo troppo avanti nel tempo, ma l’indovinello deve essere svelato: c’erano anche i neutroni!   

 

30/31 agosto 1909

182. E’ di quest’anno il più importante ritrovamento fossilifero della storia. Lo dobbiamo al paleontologo Charles D. Walcott, ma occuperà diversi scienziati per ottant’anni

• Charles Doolittle Walcott scopre per caso il più straordinario giacimento di fossili di animali marini che si sia mai visto. E’ sulle Montagne Rocciose, negli argilloscisti (rocce argillose) di Burgess in Canada, a 2000 metri, un posto di una bellezza meravigliosa. Lasciamo per un po’ i fisici a digerire la sconvolgente esperienza dei ‘pacchetti’, o ‘quanti’, che secondo un maestro Zen è stata come “il fondo di un secchio che si sfonda’, e occupiamoci di questa vicenda.

  Lo scrittore e scienziato Stephen Jay Gould (docente di biologia e storia della scienza ad Harvard, negli USA) le ha dedicato un libro intitolato La vita meravigliosa, copiando il titolo del bellissimo film di Frank Capra con James Stewart e l’angelo Clarence, perché anche questa vicenda è fantastica e ci spalanca la mente su un’altra realtà.

• Fermiamoci a riflettere: la Terra ha circa 4,5 miliardi di anni, ma nel periodo di formazione forse faceva troppo caldo per la vita. La crosta terrestre, come dimostrano le rocce sedimentarie più remote che parlano di un successivo lento raffreddamento - anche se gli scienziati americani Carl Sagan e George Mullen hanno poi lanciato una teoria diversa, il “paradosso del debole Sole primordiale”: ossia dicevano che era sempre stato freddo e che non ci sono resti di creature viventi. Nei sedimenti di 3,5/6 miliardi di anni fa sono stati trovati stromatoliti  (sedimenti a forma di cuscinetto) con batteri, alghe azzurre e anche vere cellule, ma poi, per circa due terzi della storia della Terra, non c’è un bel niente oltre ai procarioti: né un nucleo, né cromosomi appaiati.

  Finché, all’improvviso, ecco che ci troviamo di fronte all’incredibile esplosione del Cambriano medio con i fossili di Burgess. E’ come se 500/600 milioni di anni fa un alieno pazzo avesse lanciato sul mare del nostro pianeta, nei pressi di quello che sarebbe stato il Canada, anzi la British Columbia, una sacca gonfia di piccoli esseri strampalati e tanto complessi che molti di loro, anzi la maggior parte, non ce l’hanno fatta a sopravvivere e a riprodursi, infatti solo pochissimi si possono considerare i “prototipi’ di quelli che vivono oggi sul pianeta. Ce n’erano alcuni come l’Hallucigenia che solo a guardarla fa girare la testa, e altri ancora più strani. L’Opabinia per esempio: non aveva nulla in comune con gli animali che conosciamo su questa Terra – o su un’altra precedente – dice Jay Gould. Se Harry Wittington, uno dei biologi “dopo” Walcott, avesse voluto classificarla - cosa che saggiamente non fece - avrebbe dovuto inventare un nuovo phylum (un altro ‘tipo’) solo per lei. Cinque occhi, un organo di prensione frontale, e altre stranezze.

• Walcott non s’era nemmeno accorto che quasi tutti quegli esseri ai nostri giorni non c’erano più. Era solo stupito dal fatto che la maggior parte avesse conservato un’essenza molle e carnosa quasi intatta, se pure un po’ appiattita.  Per capirlo e raccontarcelo ci vollero nuovi scienziati, tra i quali anche Stephen Jay Gould, che non era solo un biologo, ma anche un divulgatore scientifico di altissimo livello.

  Ancora un’obiezione: se quegli esseri erano davvero terrestri, com’è accaduto poi che la vita abbia marciato alla rovescia e dalla ‘complicatezza’ sia passata alla semplicità? Non è che tutto questo contraddice l’evoluzionismo? O forse ci siamo fidati un po’ troppo di qualcuno che non conosceva ancora i geni e i cromosomi e le loro bizzarrie, ossia di Darwin.

 

1909

183. Il fisico R. A. Millikan, americano, diventa famoso con l’esperimento “della goccia d’olio”

• Robert Andrew Millikan, importante fisico americano laureato alla Columbia University e ora docente all’università di Chicago, riesce a misurare per la prima volta la carica elettrostatica di un singolo elettrone che sarà una delle costanti fondamentali della fisica moderna. Ha ottenuto questo risultato con un atomizzatore che diffondeva minute goccioline d’olio, nebulizzandole e osservando al microscopio il loro movimento sotto l’effetto di campi elettrostatici molto intensi. Le goccioline erano talmente piccole che alcune di esse portavano una carica elettrica pari a un solo elettrone.

  Il fisico Freeman Dyson, che andò a trovarlo nel suo laboratorio, racconta che quando volle provare anche lui a regolare il campo elettrico afferrò la manopola sbagliata e mancò poco che restasse fulminato: lo trovarono lungo disteso per terra. Così ebbe termine la sua brevissima carriera di sperimentatore militante e lasciò il compito a Millikan, che poi, nel 1923, prese il Premio Nobel.

 

1909

184. Esce un inquietante libro dell’archeologo Ernst Walter Andrae, lo studioso che sta dirigendo importanti scavi in Assiria

• Walter Andrae, archeologo tedesco, che conduce dal 1903 gli scavi in Assiria, pubblica un saggio intitolato Der Anu-Adad Temple in Assur (il tempio di Anu-Adad in Assur). Nel tempio della capitale assira, l’archeologo trova una statua purtroppo abbastanza rovinata, e presumibilmente di Ishtar (dea dell’amore e della guerra), che mostra la dea con strani marchingegni addosso: pendenti ‘misuratori’ alle orecchie; “pietre” gemelle sulle spalle; un cilindro dorato in mano e cinghie parallele che passano ai lati del petto.

Poi viene trovata una statua simile sotto terra (ma in buono stato), che porta l’altro nome di Ishtar, Inanna, e si capisce un po’ meglio lo strano abbigliamento: in testa ha una specie di elmetto dal quale scendono due cuffie ‘da pilota’ a coprire le orecchie. Anche lei ha l’oggetto cilindrico in mano, però le due cinghie parallele si uniscono dietro il collo a reggere una scatola rettangolare legata anche all’elmetto. La scatola doveva essere pesante perché le spalline le fanno da sostegno. Sembra proprio che la donna sia vestita da astronauta, non le mancano neppure gli occhialoni. E in Assur tutti sanno che Ishtar-Inanna ‘andava e veniva dal cielo’. 

  Un inno dedicato a lei dice:

 

   Ella indossa il suo abito del Cielo

   e arditamente sale verso il Cielo

   Al di sopra di tutte le terre abitate

   Ella vola nel suo  MU

 

  Il MU era il veicolo con il quale si diceva in Mesopotamia che gli dèi girassero in lungo e in largo per il cielo e sembra che i popoli del Mediterraneo orientale, Sumeri, Assiri e Babilonesi, li avessero visti in volo più volte. Il professor H. Franklin spiega in un saggio (Cilinder Seals) come nei sigilli cilindrici siano stati incisi molti fatti della vita di allora e pubblica il disegno di un sigillo trovato a Creta nel XIII secolo a.C. dove si vede una navicella spinta da scie di fuoco. Siccome si presume che quei popoli non avessero le conoscenze tecnologiche per fabbricare razzi (definiti nei loro testi ‘fiammeggianti’) con il motore a reazione, deve essere intervenuto per forza, se non un ‘dio’, almeno ‘qualcun altro’. Mu, poi, è un ipotetico continente scomparso nell’oceano Pacifico, descritto da James Churchward (1851-1936), che negli anni a venire, scandagliando quell’oceano, qualcuno sosterrà di avere intravisto almeno a pezzi. Ma tutti quegli Dei che imperversano, compresi gli abitatori dell’Olimpo, non saranno ‘solo’ degli alieni?

  E non potrebbero avere ragione certi scienziati, a cominciare da Anassagora per arrivare a Fred Hoyle, quando parlano di “panspermia”? Cioè: siamo stati seminati dal cielo? O addirittura, per motivi loro, quegli dèi ci hanno portati, o addirittura generati qui su questo pianeta?

      

All’inizio del sesto capitolo della Genesi si legge qualcosa che ha fatto inorridire traduttori e teologi, come spiega Zecharie Sitchin nel famoso libro “Il Pianeta degli Dèi”:

 

    I figli degli dèi

    videro le figlie dell’uomo e le trovarono belle

    E presero per mogli

    quelle che gli piacquero di più.

 

  Non essendo teologi non restiamo inorriditi, ma i dubbi aumentano.

Soprattutto perché molte scoperte astronomiche considerate recenti, in realtà erano arcinote a quei popoli molte migliaia d’anni fa.

 

1910

185. Un fisico tedesco che ha lavorato con Ernst Rutherford costruisce un dispositivo capace di misurare la radioattività

• Johannes Wilhelm Geiger è il fisico che nei laboratori di Potsdam, in Germania, ha messo a punto il contatore che rileva l’intensità delle particelle ionizzanti nelle istallazioni atomiche civili e militari.  Il contatore Geiger diventerà – a mano a mano che ci si rende conto di quanto sia pericolosa la radioattività – uno strumento usato in tutto il mondo e assolutamente insostituibile. Verrà perfezionato, in seguito, anche con l’aiuto del fisico Walter Mueller. Oramai conosciamo tutti il contatore Geiger Quante volte l’abbiamo visto nei film, da quelli di James Bond in poi. Oramai è diventato perfino un ‘personaggio’ delle storielle black humour.

 

1910/11

186. L’idrovolante progettato dall’americano Glenn Hammond Curtiss, che ha già fatto piccoli voli, va da Albany a New York

• Glenn Hammond Curtiss è sempre alle prese con il suo idrovolante e quest’anno gli fa fare 4115 chilometri, pari a 2557 miglia, da Albany a New York. L’aereo è adattato, ossia ha ruote e galleggianti, ma Curtiss vuole qualcosa di meglio, che realizzerà tra un anno: ci metterà uno scafo a tenuta stagna con larghi sci al posto delle ruote.

 • Negli stessi anni 1910 e 1911 ne progetta uno Henri Fabre, che è il nipote del famoso entomologo e si è ispirato al volo a fior d’acqua delle zanzare maschio quando vanno in cerca delle femmine appena uscite dall’esuvia, per metterle subito incinte. Le poverine non fanno neanche in tempo a uscire che già portano decine e decine di uova da cui nasceranno nuove dannatissime succhiasangue.

 

1910/11

187. Wilhem L. Johannsen scopre che c’è una differenza tra le coppie di cromosomi maschili e quelle femminili

• Wilhelm Ludwig Johannsen, genetista e botanico danese, oltre a essere quello che ha coniato i termini di ‘genotipo’ e ‘fenotipo’ per indicare il tipo ereditario dei cromosomi (strutture a filamento o a bastoncino che stanno nel nucleo cellulare), ha inventato il termine ‘gene’. Ha anche scoperto che il cromosoma ha caratteristiche sessuali: quello della femmina contiene due XX e quello del maschio una X e un Y. In seguito il biologo Thomas Hunt Morgan  dimostrò che i cromosomi contenevano già i geni. Morgan è considerato il principale fondatore di quella che divenne ‘la teoria cromosomica dell’ereditarietà’ ed è particolarmente noto per i suoi esperimenti col moscerino della frutta, la Drosofila melanogaster.

• Un comportamento imprevisto, del tutto inaspettato, è quello di un gruppo di drosofile, manipolate all’infinito per studiare le leggi della genetica. Fra le tante manovre di cui sono state vittime nei laboratori di tutto il mondo, c’è stata una loro ‘risposta’ che ha lasciato basiti i ricercatori. Ecco la storia, presa da Un mondo di invertebrati di Andrea Innocenti: “I moscerini erano tenuti in bottiglie superaffollate da cui venivano prelevati con un tubicino… I più curiosi, o più attratti dalla luce, uscivano per primi, i più calmi e timidi restavano dentro e si riproducevano. In breve tempo – che per le drosofile sono parecchie generazioni – rimasero in una bottiglia solo i meno vispi che alla fine cominciarono addirittura a ignorare il tubicino ed era sempre più difficile tirarli fuori.” Non avevano nessuna voglia di tornare a volare in libertà.

Così gli scienziati si resero conto che era stata selezionata una nuova specie, quella della Drosofila melanogaster pigra e menefreghista.

 

1911

188. Parte, dopo un lungo studio e un’attenta preparazione, il norvegese Roald Amundsen per conquistare il Polo Sud

• Roald Engelbreth Amundsen, il famoso esploratore norvegese, intraprende la difficile e pericolosa spedizione al Polo Sud con slitte trainate da cani e arriva a destinazione il 14 dicembre, riuscendo a tornare sano e salvo. Non sarà lo stesso per l’esploratore inglese sir Robert Falcon Scott che raggiungerà il Polo un mese dopo Amundsen con cinque uomini, ma purtroppo sulla via del ritorno moriranno tutti congelati, a soli 17 km dal campo di rifornimento.

Nel suo diario Scott lascia scritto: “per l’amor di Dio abbiate cura delle nostre famiglie” e aggiunge: “Questo luogo è terrificante.”

 

1911

189. Il fisico Heike Kammerlingh Onnes studiando le basse temperature per liquefare certi gas, scopre la superconduttività

• Heike Kammerlingh Onnes, fisico olandese dell’università di Leiden a L’Aia, mentre faceva esperimenti per portare dei gas inerti come l’elio a temperature molto basse in modo da farli liquefare, si accorge inaspettatamente che la resistenza elettrica (un fenomeno escogitato dal diavolo in persona per mettere nei guai gli esseri umani) di molti metalli conduttori, scompare quando si scende sotto i 5 - 10° Kelvin. Insomma: se si ha un anello di metallo superconduttore e in un modo qualsiasi vi si suscita una corrente elettrica, questa corrente seguiterà a ruotare nell’anello per sempre, poiché ogni resistenza elettrica è svanita per incanto. Più tardi, i fisici John Bardee, John Schrieffer e Leon Cooper, che vinsero per la loro scoperta il Nobel nel 1972, si resero conto di uno strano fenomeno per cui, in un superconduttore, gli elettroni si “accoppiavano” in una specie di “particella finta” detta “Coppia di Cooper” e in questo modo si difendevano bene dagli urti con i nuclei atomici che gli facevano perdere energia e perciò causavano la qualità fisica che definiamo Resistenza. In seguito altri fisici e chimici confermeranno che i metalli a basse temperature non fanno perdere elettricità E finora ne sono stati contati 26 diversi e circa 1000 leghe metalliche.    

• Così, inaspettatamente, Onnes ha scoperto la superconduttività, che avrà notevoli applicazioni industriali specialmente negli anni avvenire, quando ci farà sognare cose fantascientifiche. Purtroppo una teoria completa della superconduttività - che è un fenomeno quantistico e non è facilmente spiegabile - non l’abbiamo ancora trovata, e rimandiamo come sempre al futuro ...

 

1911

190. L’astronoma Henrietta Leavitt riesce a calcolare l’intensità di luce delle Cefeidi e se fosse vissuta più a lungo sarebbe stata la seconda donna a prendere il Nobel

• Henrietta Leavitt era entrata volontaria all’Università di Harvard dove le donne erano considerate quasi dei computer, utili solo per leggere nelle lastre fotografiche i movimenti degli oggetti celesti. Ebbe come tutte la paga minima (25 cent all’ora), ma lavorava come una forsennata. In quel tempo si pensava che la Via Lattea fosse  l’universo, e al di sopra magari abitasse Dio. Lei studiava una serie di fotografie della Piccola Nube di Magellano, che pareva essere fuori dalla Via Lattea anche se alcuni astronomi ne dubitavano.

  Quell’insieme di stelle conteneva molte Cefeidi (stelle variabili e pulsanti come lucciole) che mostravano un periodo di pulsazione tanto più lungo quanto più apparivano brillanti al massimo dello splendore, cosa un po’ anomala. La Leavitt capì che doveva dipendere dal fatto che erano più o meno tutte alla stessa distanza dalla Terra, però la distanza non si conosceva, e bisognava riuscire a misurarla. Studiando le foto scattate in tempi successivi, fu in grado di scrivere una relazione che chiariva le cose: ora non rimaneva altro che determinare la magnitudo assoluta di una sola cefeide per conoscere quella di tutte le altre. 
Con questo metodo fu possibile cominciare a misurare l’universo in grandi dimensioni. Del resto Ipparco di Nicea, tra il 160 e il 130 a.C., non aveva già messo a punto un catalogo di 1080 stelle osservandole a occhio nudo? Lei aveva molti mezzi in più, ora.
Le sue ricerche favorirono i successivi studi di Edwin Hubble, noto soprattutto per la scoperta del 1929 fatta con Milton Humason della legge oggi nota come redshift, ossia  spostamento verso il rosso delle righe spettrali, così come ci sembra si spostino le frequenze acustiche (sempre onde sono, anche se di natura diversa) quando la loro sorgente è in movimento.

  Intanto, nello stesso anno, il danese Ejnar Herzprung e l’americano Henry Russel, lavorando ognuno per conto proprio, scoprono un metodo per una catalogazione complessiva di tutte le stelle – tutte, si fa per dire – e infine il diagramma Herzprung-Russel dà indicazioni sull’evoluzione stellare, per esempio di quelle che si avviano a diventare nane bianche.

• Henrietta Swan Leavitt era nata a Cambridge (Massachusetts) nel Luglio 1868, s’era diplomata alla Society for Collegiate Instruction of Women (ora Radcliff College) e si era laureata brillantemente in astronomia. Quando nel 1893 si unì all’équipe dell’osservatorio aveva 25 anni. Dedicava tutte le sue giornate a quel lavoro scrupoloso, così assorbita nelle sue misurazioni che uno dei colleghi la definì posseduta da “uno zelo quasi religioso”.
Non si sposò mai.

 Alla sua morte un collega anziano scrisse di lei: “Miss Leavitt aveva ereditato, in una forma un po’ addolcita, le austere qualità dei suoi antenati puritani. Prendeva la vita sul serio e si interessava ben poco ai divertimenti”.

In realtà aveva lavorato molto negli anni di Harvard, ma era spesso ostacolata da problemi di salute e doveri familiari. Solo dal 1921, quando Harlow Shapley divenne direttore dell’Osservatorio, fu messa a capo della sezione che si occupava di fotometria astronomica. Morì di cancro alla fine di quell’anno. Le sono stati dedicati un asteroide, ‘5383 Leavitt’, e il cratere Leavitt sulla Luna.

  Sulla base del lavoro scientifico svolto, il matematico svedese Gosta Mittag-Leffler la propose per il Nobel. La nomination era dovuta proprio alla sua formulazione della relazione periodo-magnitudine delle Cefeidi, ma la morte è arrivata troppo presto e lei è rimasta, sì, nella storia dell’astronomia, ma un po’ sbiadita e quasi sconosciuta.

 

1912

191.  Il geofisico tedesco Alfred Wegener formula la teoria della deriva dei continenti, convinto che circa 200 milioni di anni fa le terre emerse formassero un unico continente, la Pangea

• Alfred Wegener, geofisico tedesco, dopo avere studiato a lungo le carte geografiche e visto che i profili delle coste dell’America del Sud, all’altezza del Brasile, combaciano con quelle della Guinea, così come la costa degli Stati Uniti – isole dei Caraibi – combacia con le coste Nord occidentali dell’Africa, e altre ‘combinazioni’ dello stesso tipo, decide di scrivere un libro formulando l’ipotesi che i continenti si siano piano piano separati. La cosa era stata notata anche da altri, ma nessuno aveva fatto uno studio serio in cui si ipotizzasse che le terre emerse formassero un tempo - almeno 200 milioni di anni fa – un solo continente, la Pangea, e si fossero poi divise in varie zolle.

•  La nostra Terra in quel tempo doveva essere un luogo fantastico, tutto verde e contornato dal mare come un’immensa isola, ma c’erano quei dannati enormi pterosauri che svolazzavano sempre famelici, come ci ha fatto vedere (ricreandoli al computer) David Attenborough in un documentario presentato da Piero Angela, e noi saremmo finiti di certo in quel loro lungo becco. Così è una fortuna che a quel tempo non fossimo ancora nati e che oggi si possa vedere la Pangea solo in Tv.

 

1912

192. William Coolidge è il fisico e inventore che ha fatto finalmente ‘decollare’ i raggi X di Roentgen

• Il fisico William Coolidge non è così famoso come Roentgen, che nel 1895 aveva scoperto i raggi X, ma sarà lui a farli entrare nell’uso corrente e non solo in medicina: anche in odontotecnica e poi nell’industria. Qualche anno prima aveva inventato il filamento di tungsteno per le lampadine, migliore di tutti i fili usati fino ad allora, e lo userà nel suo tubo radiogeno ad ‘anodo rotante’, aumentando così l’efficienza delle radiografie. Il suo design di base è in uso tuttora, anche se per i raggi X il nome passato alla Storia come inventore è quello di Wilhelm Roentgen.

 

1913

193. Al di sopra della tropopausa (strato dell’atmosfera compreso tra la troposfera e la stratosfera) si scopre l’ozonosfera

• Charles Fabry, fisico francese, scopre l’esistenza dell’ozonosfera. Però l’ozono, cioè l’ossigeno triatomico, è una parte minima dell’aria, pari solo a una parte su 4 milioni, ma è sufficiente per assorbire la luce ultravioletta in modo da proteggere la vita sulla Terra fin da epoche lontanissime. L’ozono è formato dalla combinazione dell’ossigeno atomico (un atomo singolo) con le normali molecole di ossigeno (che hanno due atomi). Essendo instabile non si accumula in grandi quantità e si spezza facilmente.

• L’uomo di oggi, bisogna dirlo anche se il discorso è parecchio anticipato, minaccia seriamente questo scudo naturale. Razzi, aerei a reazione, sostanze chimiche come il freon delle bombolette spray, e così via. Potrebbe risentirne perfino il plancton, con conseguenze disastrose che nel 1913 è ancora difficile immaginare.

 

1913

194. La teoria atomica di Planck, che Ernst Rutherford conferma, non convince i fisici, ma per fortuna Niels Bohr propone un’idea e salva la nuova fisica

• Niels Bohr, fisico danese, si rende conto che la teoria di Rutherford sulla struttura degli atomi ha un punto debole: dato che le cariche negative e positive si attraggono, ogni povero piccolo elettrone dovrebbe precipitare sul nucleo dov’è il grosso protone e incollarglisi addosso. Addio universo, in quel caso. Nessuna molecola – quindi nessuna forma di vita – avrebbe mai potuto formarsi.

  Niels Bohr avanzò un’ipotesi, anzi la presentò come l’unica possibile: gli elettroni non potevano fare il comodo loro, girellando intorno all’atomo, perché dovevano seguire delle orbite precise e si ancoravano a una specie di guscio che stava all’esterno del nucleo atomico, ruotando … “come i pianeti intorno al Sole”, gridò qualcuno tutto contento. E ci fu chi scrisse addirittura dei romanzi di fantascienza dove l’eroe, parecchio rimpicciolito, partiva verso sistemi atomico-solari del genere.

  A Bohr caddero le braccia, proprio perché quel dubbio, all’inizio, era venuto anche a lui, ma poi aveva capito e ora ‘sperava’ di saperlo: i gusci degli elettroni non avevano niente a che vedere col sistema solare e i minuscoli ‘corridori’ potevano perfino saltare da un guscio all’altro liberando a ogni salto un’energia che sprizzava fuori sotto forma di onde elettromagnetiche, e in certi casi di fotoni. Il Sole, per esempio, che è gonfio di atomi di idrogeno (sono i più semplici perché hanno un elettrone solo) non fa che lavorare per trasformarli in elio e non li muove solo come onde, ma li spara anche come proiettili: i ‘quanti’, appunto. E qui la risposta migliore è quella che il Cappellaio matto dà ad Alice che gli chiede: “Ma la luce è fatta di onde o di particelle?” E lui risponde: “Sì, proprio così.” Allora lei si incavola e dice “che razza di risposta è? Ripeto: la luce è fatta di onde o di particelle?” – “Esatto.” Il Cappellaio matto voleva dire, ma senza dirlo chiaro e tondo perché forse non sapeva come spiegarlo, che era fatta di tutte e due, di onde e di corpuscoli, e a volte si comportava in un modo, a volte nell’altro.

  I fisici guardavano Niels come se fosse il cappellaio matto, ma lui dimostrò che le cose stavano proprio così. Un raggio può comportarsi come un flusso di microscopiche particelle, ma anche come un’onda, dipende da circostanze che non sappiamo. Nel mondo degli atomi certi fenomeni si verificano come pare a loro, perché nella dimensione in cui si muovono la causa e l’effetto non esistono e quindi non si può prevedere quel che faranno. E guai a metterci il naso, perché anche un’occhiata li influenza, forse li indispettisce. E’ una fortuna che gli oggetti grandi non si comportino così, sennò si diventerebbe più matti del cappellaio.

  Ed è una fortuna che buona parte degli studi di fisica quantistica si siano svolti in Germania, perché i tedeschi sono abbastanza capoccioni da credere anche alle cose assurde. Però hanno fatto bene a crederci visto che tutti gli esperimenti poi hanno dimostrato, negli anni Venti, che Niels aveva ragione: le cose stanno proprio così.

 

1913

195. Alla fine dell’anno, come regalo per le feste, entra in funzione in una città americana il primo distributore di benzina

• Gli abitanti di Pittsburg, in Pennsylvania, sono felicissimi. Ora chi ha l’automobile non dovrà più fare il rifornimento con barili e imbuti: è stato costruito il primo distributore di benzina e la città è invidiata da mezzo milione di automobilisti che già circolano negli Stati Uniti.

 

1 gennaio 1914

196. In America viene istituita la prima linea aerea regolare

• Il pilota Tony Jannus dà il via alla prima linea aerea regolare della storia. E’ un volo di 23 minuti che collega Tampa e St. Petersburg in Florida. Un po’ alto il costo del biglietto, però, dato che il percorso è di 30 chilometri appena: 400 dollari, che paga il primo passeggero di linea del mondo, il maggiore americano A.C. Pheil (ma forse nell’antica Mesopotamia i ‘Nefilim’ volavano gratis… sempre che si voglia credere ai testi millenari di Sumer).

 I Russi non intendono essere da meno e il pioniere dell’aeronautica Igor Sikorsky, uno dei più grandi progettisti dell’aeronautica, fa volare il primo quadrimotore della storia, il Moroumetz. In seguito sarà proprio lui a progettare il primo elicottero moderno.

 

7 settembre 1914

197. A Mount Pleasant, nello Iowa (USA), nasce James Alfred Van Allen che diventerà un grande pioniere dell’astrofisica

• James Van Allen darà il nome alle “fasce”, le cinture di radiazione ad alta energia che circondano la Terra e che saranno scoperte nel 1958 dall’Explorer 1, il primo satellite americano. Le fasce di Van Allen, il nostro scudo, sono formate da particelle subatomiche elettricamente cariche, un vero ‘mare’ di particelle, in particolare protoni ed elettroni che arrivano con il vento solare e con i raggi cosmici, restando intrappolati nella magnetosfera terrestre.

 

1914

198. Fa i suoi passi avanti anche la tecnologia, con tante utili invenzioni e si dà da fare perfino una bella attrice, Hedy Lamarr

• Il tedesco Oskar Barnack, un meccanico delle officine ottiche, inventa la prima macchina fotografica, la Leica. A Pittsburgh, in Pennsylvania, entra in funzione il primo distributore di benzina. A Cleveland (USA) compare il semaforo. Per ora ha solo due luci, rosso e verde. Mary Phelps, ricca americana, inventa il reggiseno. L’anno successivo un commesso viaggiatore americano inventa i surgelati e due amici, Duncan Black e Alonzo Decker, preparano il trapano elettrico e incominciano a fondare un’industria che apriranno di lì a un paio d’anni e si chiamerà Black and Decker. Ne verrà fuori uno strumento che farà la gioia anche di tutti quelli che si arrangiano da soli per risolvere mille problemini casalinghi e per chi vuole costruire qualcosa da sé. Il Black and Decker arriverà fino ai nostri giorni.

  In quel tempo la bellissima attrice austriaca Hedy Lamarr, emigrata negli USA, diventa addirittura un pioniere nel campo delle comunicazioni segrete senza fili. Mette  a punto un sistema che sarà utile per combattere i nazisti: manipolando le frequenze a intervalli irregolari tra le trasmissioni e le ricezioni, forma un codice che impedisce ai nemici di intercettare i messaggi.

 

1915

199. Secondo molti storici le invenzioni “per il bene” dell’umanità sono state fatte tra la metà del XIX secolo e i primi anni del XX, quelle successive sono tutte “contro”

• Il colonnello Ernest Swinton presenta il primo carro armato (una specie di camioncino corazzato) a Winston Churchill che se ne compiace, e ne fa costruire una ventina anche se al suo generale sir John French e al ministro della guerra Lord Kitchener non era piaciuto. Churchill invece è entusiasta e sembra che pagherà di tasca sua, o almeno si preoccuperà di trovare il denaro necessario per le spese. Dopo meno di un anno i carri armati sono già sul fronte, e uno si chiama con il dolce nome di Little Willie, ma di dolce non ha nulla e farà parecchi morti fra le truppe tedesche. Quello che segnò la storia fu il tank Number 765, che forse era lo stesso Little Willie: fu il primo carro armato a scendere in campo, il 15 settembre 1916, e la battaglia era quella della Somme, in Francia, che vedeva scontrarsi l’esercito francese e britannico con quello tedesco. Una delle più sanguinose della Prima Guerra Mondiale. 

 

Aprile 1915

200. I gas asfissianti del chimico Haber fanno migliaia di morti: i tedeschi li usano nella cittadina belga di Ypres e il gas prende il nome di iprite. Subito dopo il chimico inventa il fosgene

• Fritz Haber, chimico e medico tedesco è “l’unico padre di pesticidi, chemio e guerra chimica.” Lo scrive nel suo libro Il veleno nel piatto Marie Monique Robin (ed. Feltrinelli). Forse era proprio quel che sognava da piccolo e quando gli chiedevano ‘che vuoi fare da grande?’, rispondeva ‘ammazzare più gente possibile, non so ancora come, però inventerò qualcosa.’ E aggiungeva: ‘la scienza è dell’umanità in tempo di pace, ma della Patria in tempo di guerra.’

• Allo scoppio della guerra Haber è alla direzione dell’importante Kaiser Wilhelm Institute a Berlino e la sua missione sarà quella di mettere a punto i gas asfissianti che diventeranno i protagonisti della prima guerra mondiale e indigneranno tutto il mondo civile, tranne i fabbricanti del gas e quelli che sfornano le maschere. Il 22 aprile 1915 l’esercito tedesco scarica 146 tonnellate di gas ‘dicloro’. E il battesimo con l’atroce avvelenamento dell’aria avverrà a Langemark in Belgio e poi, in modo più massiccio, a Ypres. Moriranno 18 mila francesi. Sul fronte italiano – il 29 giugno 1916, Monte San Michele - gli austro-ungarici armati dai tedeschi con il ‘fosgene’ ossia il cloruro dell’acido carbonico ottenuto chimicamente sempre da Haber, seminano morti e orrore, ma non basta: più di 2000 cadaveri presentano enormi ferite sulla testa, inferte con mazze a punte. Le usano per finire i soldati già tramortiti dal gas. Meglio per loro perché quelli che hanno appena respirato il gas e sono in ospedale sperando di salvarsi, sputano pezzi di polmone finché muoiono. Intanto Haber inventa il micidiale Zyklon B che poi sarà usato nei campi di sterminio.

• Clara Immerwahr, la moglie dell’inventore e chimica anche lei, si suicida per l’orrore e la vergogna, ma lui non fa una piega. Lo propongono addirittura per il Premio Nobel, anzi nel 1918 glielo assegnano davvero, ma dichiarano solo che lo merita per avere sintetizzato l’ammoniaca.  

 

1916

201. Un’infermiera fugge dagli Stati Uniti dove la accusano di oscenità perché si batte per il controllo delle nascite. Lei si rifugia in Inghilterra e torna solo quando l’hanno scagionata

• Margaret Sanger, infermiera e figlia di una donna che ha avuto 18 figli ed è morta a 40 anni di cancro all’utero, torna a New York perché finalmente le accuse contro di lei sono state ritirate. Aveva fatto anche un mese di prigione ma alla fine il tribunale le ha consentito di ottenere che i medici potessero prescrivere la contraccezione alle loro pazienti ammalate. In questo periodo è uscito il primo numero della sua The birth control Review. Nel 1016 apre la prima clinica per il controllo delle nascite, un termine coniato da lei, e lotta per la sua legalizzazione.

La Sanger ha concentrato il suo lavoro sullo slogan “ogni bambino dovrebbe essere un figlio desiderato”. Poi ha fondato la Lega americana per il controllo delle nascite.

 

1916

202. Il governo britannico dà il titolo di baronetto a Jagadish Chandra Bose, il più grande scienziato indiano del XX secolo

• Sir Jagadish Chandra Bose, bengalese, è stato un grande scienziato nel campo della fisica, della fisiologia e della psicologia. Sulle piante ha scoperto più di tutti quelli che l’avevano preceduto e forse anche di quelli che sono venuti poi. Presso l’Università di Calcutta, dov’è il Tempio indiano della Scienza, oggi sono racchiusi in varie teche gli strumenti ideati da lui, muti testimoni del suo genio. L’Encyclopaedia Britannica cita le sue opere nel campo della fisiologia delle piante giudicandole ‘così progredite per il suo tempo da non poter essere neppure valutate’.

• Aveva cominciato a lavorare nel 1894 perché voleva perfezionare il lavoro di Heinrich Rudolf Herz (appena morto di setticemia a soli 36 anni) per trasmettere le onde chiamate poi hertziane. Mentre Marconi a Bologna tentava ancora di lanciare segnali elettrici nello spazio, Bose c’era già riuscito, ma se ne accorsero solo gli Inglesi, che gli assegnarono il “dottorato” in scienze. Un giornale, lo “Spectator”, scrisse: “E’ straordinario vedere un bengalese di purissima razza che tiene conferenze a Londra davanti a un pubblico di osannanti e dotti europei su una delle più difficili branche della moderna fisica.”

  Poco dopo Bose fece una scoperta davvero strana che ancora oggi ci lascia perplessi: un suo rivelatore meccanico, se usato in continuazione, diventava meno sensibile e si riprendeva solo dopo un periodo di riposo. I metalli si stancano? Roba da non crederci. Invece Bose in quell’occasione cominciò a capire che la linea di demarcazione tra viventi e non viventi è molto più sottile di quel che si pensa, e così decise di dedicarsi a questi studi. A Parigi, al Congresso Internazionale di Fisica del 1900, dichiarò che a suo parere c’era una “fondamentale unità nell’apparente diversità della natura”. Insomma, aveva già intuito che tutto è composto di ‘atomi vivi’.

• Un giorno sir Michael Foster, segretario della Royal Society, andò nel suo laboratorio e Bose gli mostrò un grafico. “Via – disse il professore di Cambridge – che cos’ha di speciale questa curva?”

“Ma lei cosa crede che sia?”

“Diamine, la curva di una reazione muscolare!”

E Bose: “No no, è la reazione di un barattolo di metallo.”

“Cosa?” gridò Foster saltando giù dalla sedia nonostante i suoi anni. “Ha detto barattolo?” Bose gli mostrò i suoi risultati  e Foster lo invitò a tenere una conferenza alla Royal Society, cosa che lui fece lasciando i presenti sbalorditi. Concluse con queste parole: “A coloro che in tutte le sfaccettature di questo universo non ne vedono che uno solo, appartiene la verità eterna. A loro e a nessun altro.” Negli anni 90 Michel Talbot scriverà un libro intitolato “Tutto è uno”. Misticismo quantico o realtà? Viene in mente un verso recente di Norbert Mayer:

  Proprio ora/ una pietra ha avuto paura/ quando mi ha visto/ E’       fuggita/  fingendosi morta.

 Forse a Mayer appartiene già quella verità eterna di cui parlava Bose.

 George Bernard Shaw, dopo aver visto nel laboratorio di Bose, grazie a un apparecchio che ingrandiva, i violenti parossismi di una foglia di cavolo mentre veniva bruciata, mandò a Bose la sua raccolta di opere con la dedica “dal più piccolo al più grande biologo vivente”.

 Bose ha dedicato alle piante il resto della sua vita e ha scritto vari libri cercando di far capire a tutti che bisogna abbandonare ogni preconcetto e sentirsi parte integrante dello stesso universo.

 

1917

203. Intanto la guerra è al culmine, l’umanità sembra impazzita, le mitragliatrici Gatling fanno migliaia di morti al secondo, in mare imperversano i sottomarini soprattutto tedeschi

• Paul Langevin, il fisico francese che è stato il grande amore di Marie Curie quando è rimasta sola (e la poverina ha subito il furore di tutta la Francia perché lui era già sposato), trova una soluzione agli attacchi dei sottomarini tedeschi, infatti per loro gli ultimi tempi di guerra in mare saranno durissimi. Langevin realizza uno strumento che produce vibrazioni ultrasoniche, più brevi e facilmente riflesse da oggetti anche relativamente piccoli. Con quello strumento è facile registrare la direzione dell’oggetto in moto, mentre il tempo trascorso indica la distanza. Fu chiamato sonar, dalle iniziali inglese Sound Navigation And Ranging e in seguito, tornata la pace, servì anche per studiare la conformazione del fondo oceanico.

• Nessuno però volle ricordare che i delfini (e forse non soltanto loro) possiedono un sonar naturale da tempi immemorabili e che gli esperimenti fatti in seguito da studiosi come W. Schevill, B. Lawrence, W.N. Kellogg e K. Norris hanno dimostrato che i sonar di cui dispongono sono infinitamente migliori dei nostri (anche di quelli recenti e perfezionati) che al confronto sembrano giocattoli. Infatti i delfini riescono a distinguere due pesci della stessa mole e di specie diversa; oggetti di metallo da altri di legno; individuano una barriera di vetro e la scansano veloci senza lasciarsi ingannare dalla trasparenza. Noi umani stiamo cercando da tempo di copiarli, ma è un’impresa difficile copiare la natura. Eppure i migliori brevetti ce li ha suggeriti proprio lei, in tutti i campi.

• Nel 1942 il fisico americano Frederick Hunt che dirigerà il laboratorio di acustica sottomarina di Harvard cercherà di perfezionare il nostro sonar ispirandosi finalmente ai delfini, che vengono tuttora ingaggiati per lavori subacquei anche molto pericolosi e li affrontano allegramente. Chissà perché ai delfini piace molto aiutare gli esseri umani che non se lo meritano per nulla e continuano a ucciderli e perfino a massacrarli a centinaia. Su questo argomento ci sono filmati raccapriccianti e i mattatori sono quasi sempre del nord Europa.

 

1918

204. Ancora lui, Fritz Haber, quello dei gas asfissianti. E’ quest’anno che gli devono dare il Premio Nobel, ma la sua candidatura “non soddisfa i criteri indicati da Nobel”  

• Fritz Haber ci resta male, molti esultano, specie i belgi, gli inglesi, i francesi e gli italiani, ma purtroppo l’anno dopo la commissione ci ripensa e nel 1919 gli dà il Premio davvero. Lui intanto sta manipolando l’ammoniaca per tirarne fuori un altro veleno, tanto la moglie s’è già suicidata e chi ha respirato il gas di sguincio oramai sputa gli ultimi pezzi di polmoni,  mentre tutti quelli che hanno inalato “la costante di Haber” ossia la quantità letale minima, non ci sono più.

 

1918

205. Scoppia la terribile ‘spagnola’ che fa più vittime della guerra

• La guerra finisce, ma incomincia un altro guaio, una tremenda ‘influenza’ (ma in realtà non è influenza) detta ‘Spagnola’ e diffusa da un virus. Sembra che il primo caso si sia verificato nella base militare di Fort Riley, nel Kansas, ma si diffonde rapidamente ovunque. I medici sono sconcertati, non riescono a salvare i malati, le medicine fanno più male che bene e cercando le cause della pandemia nascono infinite controversie. Si fanno perfino accuse a una casa farmaceutica, che poi vengono ritirate. Perché il ceppo della Spagnola è così veloce a diffondersi ed efficiente nell’uccidere? Ricercatori giapponesi guidati da Yoshihiro Kawaokao affermano che la causa risiede nel gene che codifica la proteina Ha, ossia l’elemento chiave che permette al virus di legarsi alle cellule degli organismi infettati. Però nel caso del ceppo della Spagnola, la proteina Ha fa di peggio: suscita una reazione del sistema immunitario che invece di combattere il virus contribuisce alla distruzione dei polmoni.

• Ci sono poi cose che nessuno si spiega: quando scoppia la malattia - che imperversa per due anni e uccide più persone della terribile peste nera del XIV secolo e della stessa Grande Guerra - ci si accorge che il morbo non attacca il personale delle fabbriche di batterie. Sarà perché vivono in ambienti dove si respira aria impregnata di esalazioni solforiche provenienti dalle pile sotto carica? Le cure non si trovano, l’omeopatia è considerata acqua fresca, ma sta di fatto che su 26.795 casi analizzati di Spagnola, i medici omeopati e naturisti hanno un tasso di mortalità pari a l’1%, mentre gli altri, con i loro farmaci, dal 30 al 100%!

   Laudato sii, o mi Signore, per sorella Acqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta, dice qualcuno, e aggiunge: “ben venga l’acqua fresca” .

 

1919

206. Non bastava il rompicapo della relatività ristretta, ora Einstein scopre la relatività generale che unisce lo spazio col tempo

• Albert Einstein, nella sua teoria della relatività ristretta, presentata, o meglio proposta nel 1905, aveva dimostrato come la massa e l’energia siano aspetti differenti di una stessa cosa, infatti si possono convertire una nell’altra e – peggio ancora perché di lì un giorno verrà la bomba – che dalla conversione di una piccola massa è possibile ottenere enormi quantità di energia. Fece anche l’ipotesi che la luce viaggiasse sotto forma di ‘quanti’, riprendendo così l’idea che avesse natura corpuscolare. Però era un tipo di particella nuovo, che aveva le proprietà di un’onda e quelle di un corpuscolo, ma non le esibiva mai contemporaneamente, tesi che non sostenne solo il Cappellaio matto di Alice, ma anche Niels Bohr e che fu chiamata il Principio di contemporaneità. La relatività generale è un rompicapo peggiore.

  Lasciatevi sbalzare fuori nello spazio per un momento. A causa della materia improvvisa che gli capita in grembo – anche noi siamo materia però un po’ troppo leggeri – lo spazio si fa culla, si incurva, si torce. Ma la cosa più difficile da immaginare è che si incurvano anche i raggi luminosi. Non ci credeva nessuno, ‘macché, la luce se ne infischia’, dicevano.

  Bene, tre anni dopo, alla fine di maggio del 1919, quando la prima guerra mondiale s’era conclusa, la Royal astronomical Society organizzò due spedizioni, sotto la guida dell’astronomo Sir Artur Eddington, a Sobral in Brasile e nell’isolotto portoghese di Principe, al largo delle coste occidentali dell’Africa, per assistere a un’eclissi totale che si vedeva solo di là. E constatarono che le stelle sembravano quasi avere cambiato posizione come se la loro luce si fosse piegata per fare in modo che si vedessero lo stesso, e tutte le altre prove fatte in seguito hanno dato sempre ragione a Einstein. Ma non solo a Einstein. Perché il Buddha, già 500 anni prima di Cristo, insegnava che il passato, il futuro e lo spazio erano solo forme-pensiero, realtà non-realtà.

 Anche la filosofia orientale, a differenza di quella greca, ha sempre sostenuto che lo spazio e il tempo sono costruzioni della mente. E sant’Agostino, quindici secoli fa, con la sua famosa frase: “Il mondo è stato creato con il tempo, non nel tempo”, non affermava la stessa cosa? Uno scienziato “duro” oggi commenterebbe che sono fantasie. Certo sant’Agostino poteva essere stato illuminato, e il grande Einstein poteva ispirarsi … Mah. Come dice il fisico e cosmologo inglese Paul Davies “questo mondo è troppo difficile, ci vorrebbe Dio …”

 Quel che fa veramente scalpore è che un giorno, Il 7 novembre 1919 Il “Times” di Londra a pag 12, mentre titolava a centro pagina “I caduti gloriosi/Appello del re al suo popolo/La celebrazione del giorno dell’armistizio/Due minuti di interruzione dal lavoro”, in sesta colonna  pubblica un fatto nuovo, sensazionale, che per la prima volta esce dalle aule universitarie. Si dà notizia di una nuova teoria ideata da un certo Prof. Albert Einstein sulla curvatura della luce. E si aggiunge che quella teoria era stata pure confermata da due spedizioni scientifiche britanniche avvenute nel mese di maggio durante l’eclissi totale di sole visibile il giorno 29 da Sobral in Brasile e dall’Isola Principe in Nuova Guinea.

• Da quel momento in poi il nome di Albert Einstein percorre la Terra: non sarà più un oscuro studioso tedesco, conosciuto solo da pochi addetti ai lavori, ma diventa per i media quello che ha rivoluzionato, con la teoria della relatività, le concezioni di tempo e spazio. E’ chiaro che le sue teorie, così ardite da sovvertire le convinzioni dei fisici, da principio sono state avversate dai suoi stessi colleghi e soprattutto dalla gente comune che per la prima volta sente dire: “l’infinito è finito, la luce pesa, il tempo non passa nello stesso modo per tutti, la realtà non è quella che credevate”, e pensa che agli scienziati stia dando di volta il cervello. Com’è possibile?

  Intanto, nelle stanze della Royal Society, durante la sessione congiunta delle Royal and Astronomical Societies, si discutono i risultati ottenuti dagli osservatori inglesi sull’eclissi totale di maggio. Sir Frank Dyson, Astronomo Reale, descrive il lavoro delle due spedizioni mandate là. In ciascuno di quei luoghi, col tempo favorevole, sarebbe stato possibile fare una serie di fotografie del sole oscurato e di un certo numero di stelle che si trovavano nelle sue immediate vicinanze.

 La luce proveniente da queste stelle, al passaggio del sole, si sarebbe diretta verso di noi come se lui non fosse stato lì, o ci sarebbe stata una deflessione a causa sua? In pratica lo scopo era quello di accertarsi se un corpo celeste con una grande massa avrebbe potuto attrarre un raggio di luce, curvandolo, e misurare la curvatura. Se c’era.

  Dyson spiegò quali strumenti erano stati utilizzati, le correzioni apportate per alcuni fattori di disturbo, e i metodi con cui era stato realizzato il confronto tra la posizione teorica e quella osservata. Concluse dicendo che  la deflessione era avvenuta e le misurazioni mostravano che era proprio come aveva previsto Einstein. Tanto per esser sinceri, oramai Newton poteva andare a riporsi una seconda volta.

 Fino a questo punto la questione era chiara ma quando iniziò il dibattito fu evidente che l’interesse scientifico era rivolto alle conseguenze teoriche dei risultati piuttosto che ai risultati stessi. Anche il Presidente della Royal Society nel dichiarare che ”aveva appena ascoltato uno degli annunci più rivoluzionari, se non il più rivoluzionario, della storia del pensiero umano”, ha detto però che nessuno era ancora riuscito a esporre in un linguaggio chiaro in che cosa consisteva realmente la Teoria di Einstein. Già, succede.  

 Si disse solo che Einstein sulla base di quella teoria aveva fatto tre previsioni. La prima sul moto di Mercurio, che era stata verificata. La seconda sull’esistenza e sul grado della deflessione della luce nel passaggio vicino al Sole, verificata anche quella. Sulla terza, che dipende dalle osservazioni spettroscopiche, c’è ancora incertezza, ma è certo che la Teoria di Einstein debba essere affrontata e che le nostre concezioni sulla nascita dell’Universo debbano essere modificate.

 I relatori seguenti furono concordi nell’accettare i risultati. Più di uno tuttavia, come il Prof. Newall di Cambridge, esitò sul pieno significato delle deduzioni e suggerì che il fenomeno forse era dovuto a una sconosciuta atmosfera solare più ampia di quanto si pensasse e con proprietà sconosciute. Nessun relatore riuscì a dare una chiara esposizione non matematica della questione teorica.

 Certo i principi newtoniani dichiarano che lo spazio è invariabile, mentre la dottrina di Einstein sostiene che le caratteristiche dello spazio non sono assolute: dipendono dalle circostanze e che in alcuni casi l’effettiva misurazione della luce mostrerebbe effetti della curvatura che possono essere previsti e calcolati. A questo punto è difficile opporsi, lui sa tutto.

•  Ci viene in mentre un “gialletto” più banale di cui parla Luc Burgin nel saggio “Le bugie della scienza” (Bompiani 1997). Racconta che nel 1995 Hans-Joachim Ehlers, direttore della rivista “Raum und Zeit” pubblicò una lettera firmata Gustav Luther, che accusava Einstein di plagio di idee, o quasi. “Nell’archivio del municipio di Marosvásárhely (oggi Targu Mures) in Transilvania, c’è una cartella vuota. Ne mancano dal 1911 i voluminosi manoscritti dei due Bolyai, padre e figlio (Farkas, matematico ungherese e suo figlio János ufficiale del genio e autore dei primi teoremi di geometria non euclidea). Secondo un appunto scritto, allegato alla cartella, trattavano della relatività e furono presi in prestito da un giovane di nome Einstein. Questi avrebbe tuttavia dimenticato di restituirli.” (la storia è firmata da Ladislaus Frentzi, amministratore dell’archivio, ed è uscita sulla rivista “A Nap Fiai”, anno IX, luglio-agosto 1971, p. 165).

 

1919

207. Il fisico neozelandese Ernest Rutherford facendo una serie di esperimenti riesce a realizzare una “trasmutazione della materia”

• Ernest Rutherford sorprende tutti con la prima reazione nucleare, ossia con la conversione di un atomo in un altro grazie a un bombardamento subatomico. Lui però non pensava che fosse una cosa importante e infatti, anni dopo, disse le famose parole riportate da vari scrittori: “Chiunque cerchi una nuova sorgente di energia nella trasformazione degli atomi dice delle vere sciocchezze”.

 E pensare che quello fu il primo passo dell’umanità verso la bomba, ma lui non l’avrebbe mai saputo perché sarebbe morto nel 1937.

 

Maggio 1920

199. Una giornalista americana, Missy Meloney Mattingley, riesce, unica al mondo, a intervistare Marie Curie e le promette “un regalo” da un milione di franchi: un grammo di radio

• Marie Curie è vedova, Pierre è morto da quattro anni investito da una carrozza, la sua recente storia d’amore con il fisico Paul Langevin è finita perché la Francia puritana l’ha messa alla gogna (e poi Marie è straniera, i francesi non l’amano). Lavora sempre molto ma è povera. Missy, la giornalista americana, quasi non ci crede, ma lei glielo dimostra: i Curie non hanno preso nessun brevetto per la scoperta del radio. Centinaia di malati di cancro vengono curati con la sua radioterapia, ma lei non ha più radio per altre ricerche: in America ce ne sono cinquanta grammi divisi in vari laboratori, in Francia solo uno. Un grammo costa un milione di franchi, centomila dollari. E quando Missy le chiede “Se poteste esprimere un desiderio che cosa vorreste di più al mondo?” Marie risponde “Un grammo di radio.”

• Missy torna negli USA, forma un comitato, mobilita la moglie di Rockfeller, la moglie del Presidente, i giornali, fa un gran casino e riesce nell’impresa: però Marie deve andare di persona a prendere il suo grammo di radio dalle mani del Presidente (è Coolidge). Marie ci andrà per sei settimane, e l’America le farà una grandissima festa. Quando il ministro francese della Pubblica Istruzione lo viene a sapere si scongela e le offre la Legion d’Onore, ma lei rifiuta.

 Poi, grazie a Missy, Marie e la Francia finiranno per fare la pace.

 

1921

208. Viene assegnato il Premio Nobel ad Albert Einstein, ma stranamente senza neanche citare la relatività: solo per i suoi contributi alla fisica quantistica

• Albert Einstein, il gigante della fisica, deve avere preso il premio obtorto collo. Tanto per cominciare i soldi doveva darli alla moglie Mileva, dalla quale s’era separato con quella promessa. E poi la meccanica quantistica e particolarmente l’esperimento della “doppia fenditura” era la sua eterna disputa con Niels Bohr, benché sia considerato l’esperimento principe di “Quantilandia” (se non lo conoscete andate a cercarvelo su internet così vedete anche i disegnini: vi basti sapere che un fotone passa, incredibilmente, attraverso due fenditure nello stesso tempo). Col trascorrere degli anni, però – e scusate se andiamo un po’ avanti e indietro – Einstein finì per voltare la schiena alla meccanica quantistica.

  Eppure nel 1905 aveva dimostrato, senza possibilità di dubbio, che Planck aveva ragione e cioè che la luce, considerata da tutti un fenomeno ondulatorio come descritto dalle Sacre Equazioni di Maxwell, era fatta anche di particelle, come aveva dovuto ammettere Planck per spiegare la faccenda del Corpo Nero. In questo senso Einstein era diventato un po’ il padre della quantistica, perché senza la sua decisa dimostrazione chissà quanto tempo ci sarebbe voluto prima che si scoprissero l’Equazione di Schrödinger, il principio d’indeterminazione di Heisenberg, eccetera.

  Non è che con questo fosse stata rinnegata la fisica di Newton, Galileo e altri, che funziona bene su scala macroscopica, tant’è vero che si può predire il moto dei pianeti per periodi lunghi, e oggi ce ne possiamo servire anche per i satelliti artificiali e le missioni spaziali. E certo … funziona pure per le mele che cadono.

  Però Einstein dopo un po’ di anni è andato in crisi. “Dopotutto – scrive a Schrödinger per commentare la svolta – molte giovani puttane diventano vecchie suore e molti giovani rivoluzionari si scoprono vecchi reazionari.” Lo racconta David Kaiser, docente di fisica al MIT. Insomma ‘da giovane incendiario, da uomo maturo pompiere’. Ma che cos’è che l’ha fatto cambiare?

• Torniamo all’esperimento delle due fenditure: se pensato in termini particellari, richiede che il fotone passi tutto intero attraverso entrambe le fenditure. E ormai si riesce a eseguire l’esperimento sparando un solo fotone alla volta, così si può evitare l’obiezione secondo la quale i percorsi dei fotoni si influenzano a vicenda. Ma che succede guardando la lastra che è dietro la porta dalle due fenditure? Che si forma un puntino in un luogo a casaccio. Poi si spedisce un altro fotone, ed ecco un altro puntino. Solo quando i fotoni spediti (sempre uno solo alla volta) sono migliaia, o decine di migliaia, si riconosce, sulla lastra, che i puntini hanno formato le normali bande di diffrazione a righe ordinate. 

  Che vuol dire questo? Che ogni singolo fotone ha orientato il proprio movimento in modo da finire sul punto giusto. E’ possibile (lasciamo stare i dettagli tecnici) solo se il fotone è passato attraverso entrambe le fenditure, proprio come nel normale caso elettromagnetico: la luce passa attraverso le due fenditure, e questo influenza il suo moto. D’altronde, come dimostrato da Planck e da Einstein, e accettato da Bohr e tutti gli altri come dogma fondamentale della meccanica quantistica, il fotone è uno e indivisibile. Di conseguenza già il semplice esperimento delle due fenditure urta il buon senso: una palla da tennis non può, una volta colpita dalla racchetta, seguire due percorsi diversi contemporaneamente, e riunificarsi solo quando batte sull’altra racchetta. Sarebbe folle, no?

 In questo senso, l’esperimento delle due fenditure già contiene in sé il mistero fondamentale della meccanica quantistica ed Einstein, il quale pensava che le cose fossero reali, non riusciva ad accettarlo.  Quando si rese conto che la meccanica quantistica portava a paradossi logici, cominciò a pensare che in quella teoria mancasse qualche pezzo fondamentale, e  per tutta la vita cercò di cogliere in castagna la visione di Bohr e degli altri, costringendoli ad approfondire il mistero, fino all’entanglement (la ‘correlazione’ a distanza tra due particelle) che fu il suo capolavoro. 

  Nessuno se l’aspettava, ma tutti poi dovettero ammettere a mezza bocca (ammetterlo tout court sarebbe stata una violazione formale della logica) che la meccanica quantistica non rispetta la causalità, e questo andava al di là di quel che il Grande si sentiva di accettare. Così il ‘vecchio reazionario’ voltò la schiena alla meccanica quantistica. Ma in realtà quello è un altro dei suoi trionfi intellettuali, perché molti cittadini di “Quantilandia”, anche se stavano lì ad ascoltare senza fiatare, la pensavano come lui.

 

1921

209. Per curare l’anemia un patologo americano fa diversi esperimenti su animali da laboratorio e trova ‘carenza di ferro’

• George Hyot Wipple, patologo americano, studiando le anemie che egli stesso provocava negli animali, si rende conto che se nell’alimentazione manca il ferro il sangue si impoverisce e rende i globuli rossi meno capaci di assumere ossigeno nei polmoni. Dopo avere tentato varie diete si rende conto che l’alimento più ricco di ferro è il fegato. Così incomincia lo studio delle anemie e la ricerca delle cure per i ‘visi troppo pallidi’.

• Nello stesso anno due medici canadesi, Frederick Banting e il suo assistente Charles Best scoprono l’importanza dell’insulina, che a volte il pancreas non produce in modo sufficiente causando il diabete, ma solo nel ’52 troverà una soluzione il biochimico inglese Frederick Sanger, che meriterà per questo il Premio Nobel.

 Nel 1921, invece, il biochimico inglese Edward Mellanby trovò la cura per il rachitismo: era l’olio di fegato di merluzzo che ha afflitto l’infanzia di tutti noi e affligge ancora quella di tanti bambini.

 

1922/1923

210. Nasce la portaerei: la costruiscono tutte le grandi potenze, perché sanno che oramai comanderà chi avrà il dominio dell’aria

• L’America incomincia con una grossa nave mercantile nel 1911, poi nel 1912 nasce la corazzata Pennsylvania; gli Inglesi ne varano una tra il 1917 e il 1918, poi la Argus nel 1923. I Giapponesi nel 1922 avevano già la portaerei Hosho. L’unico a infischiarsene fu Mussolini: disse che l’Italia era già una portaerei infilata nel Mediterraneo. E infatti proprio dal Mediterraneo durante la guerra fu fatto il tiro al piccione sulla flotta, a Taranto. Dopo la seconda guerra gli Stati Uniti fabbricarono la superportaerei Forrestal e nel 1961 la prima a propulsione nucleare, la Enterprise, che poi divenne la diva della serie StarTrek.

 

1922

211. Tra le più sofisticate strumentazioni di bordo, ecco il RADAR (Radio Detection And Ranging), ma gli Inglesi non si accontentano: ne vogliono uno ancora migliore

• Il fisico scozzese sir Robert Alexander Watson-Watt allora fece un radar veramente perfetto, ma ci mise ben tredici anni e lo portò nella massima segretezza alle autorità inglesi solo nel 1935. IL principio è semplice: conoscendo la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche e calcolando i tempi di andata e ritorno, si può stabilire la distanza dalla sorgente. La traduzione letterale è “individuazione e misurazione di distanza via radio”. Alla base del dispositivo c’è un diodo, quello inventato nel 1921 dall’americano Hull. Però lo strumento sarà battezzato RADAR solo nel 1940 e sarà molto utile nella guerra che sta per scatenarsi, ma si chiamerà solo ‘radar’, senza maiuscole.

 

1923

212. Un medico mette a punto il “pap-test” che quasi tutte le donne oramai faranno per togliersi l’incubo del tumore all’utero

• George Papanicolau, un medico greco-americano, inventa una tecnica per rassicurare – quando è negativa – le donne che hanno problemi all’utero e temono il tumore. Si tratta di un esame indolore ma sicuro: prelevando alcune cellule dal collo dell’utero e sottoponendole a un’indagine istologica, si mette facilmente in evidenza qualunque alterazione del tessuto.

  E’ uno strumento di prevenzione molto efficace che continua a essere usato anche ai nostri giorni. Nel caso poi che ci sia qualcosa di allarmante, consente di evitare che vada avanti e metta a rischio la vita della “possibile malata”, che per il momento è ancora sana.

 

1923

213. Il primo film con sequenze in technicolor è “I dieci comandamenti” dell’americano Cecil B. De Mille

Herbert Kalmus, americano, che lavora con sua moglie Nathalie Dunfee, è l’inventore di questo nuovissimo sistema di spettacolo che presto si imporrà sui mercati. Seguiranno altri film. “Il Fantasma dell’Opera” sarà il secondo e uscirà nel 1925. 

 Le prime pellicole bicromatiche in Technicolor sono prodotte dalla Kodak che incomincia così una collaborazione trentennale con i Kalmus. La tricromia dovrà aspettare ancora nove anni.

 

1924

214. La ionosfera che aveva rilanciato le onde radio di Marconi nella Nuova Scozia viene chiarita dall’inglese Edward Appleton

Il fisico Edward Victor Appleton riesce finalmente a spiegare come facciano le onde radio a superare la curvatura terrestre nelle trasmissioni transatlantiche. Scopre che nella parte superiore dell’atmosfera, sopra i 96 km di altezza, ci sono strati di particelle cariche (è la ionosfera) capaci di riflettere le radioonde lunghe. Si è tanto interessato al problema degli strati che mentre studia uno strano fenomeno di affievolimento (fading) nelle trasmissioni radiofoniche arriva a individuare anche quelli più alti, che cominciano all’altezza di 225 km, capaci di riflettere anche le onde rimandano le onde corte. Quegli strati – sempre della ionosfera - si chiamano ancora oggi strati di Appleton. Il fisico, per queste scoperte, nel 1947 prenderà il Premio Nobel. In seguito si saprà che la ionosfera è soltanto una delle fasce di radiazione che circondano la Terra, ma lo scopriranno i satelliti artificiali più tardi, nel 1958.

 

1925

215. Lo scienziato Robert Robinson non lo immagina, ma sta aprendo la via alle droghe pesanti che seguiranno la sua morfina

• Il chimico inglese Robert Robinson vince la corsa nella fabbricazione delle molecole di sintesi. E’ diventata una mania tra gli studiosi di chimica organica: sono tutti impegnati nei propri laboratori o in quelli delle grandi industrie a produrle, mettendo insieme vari elementi.

  Robert Robinson ha sintetizzato la morfina ed è un gran successo, ma  accade che non la usino solo i morenti con grandi sofferenze da attutire e lui diventa il padre dei paradisi artificiali, anche se l’oppio era già conosciuto e stava rovinando gli orientali grazie agli Inglesi che glielo stravendevano. Oggi è vietato in tutto il mondo, e purtroppo sono vietate anche le altre droghe analgesiche di cui avrebbero bisogno i malati con sofferenze atroci. Però si vendono a “borsa nera” perfino sotto gli occhi dei vigili come accade nel centro di Roma e sicuramente molti anche ‘in alto loco’ ci guadagnano. Ora, dice la “Nonciclopedia”, la vendita è proibita “ma non per i politici che cercano con la droga di vedere un mondo migliore di quello che vanno costruendo ostinatamente”.

 Chi sapeva però che i soliti Sumeri la conoscevano già e la usavano?

 

1925

216. Il Weather Bureau americano attrezza una piccola flotta di aerei per rilievi meteorologici e li manda in cielo, ma sarà un sovietico a inventare la ‘radiosonda

• Pavel Molchanov, meteorologo sovietico, appena viene a sapere che gli americani spediscono aerei in cielo per sapere che tempo farà si mette subito a lavorare. E’ il tempo in cui USA e URSS cominciano le competizioni più forsennate, però Molchanov riuscirà a spedire in aria la sua radiosonda solo nel 1930. In seguito, nel 1941, la polizia di stato sovietica per ordine di Stalin lo farà arrestare e gli agenti lo uccideranno mentre sale su una scaletta per respirare aria fresca. Non si sapranno mai i motivi dello strano delitto.

• Comunque la meteorologia era già nata ai tempi dei Babilonesi e dei Sumeri, questo oramai lo sappiamo, però fino all’Ottocento nessuno aveva mai fatto rilievi ad alta quota con palloni e uomini. Nel 1862 l’inglese James Glaisher, a bordo di un pallone pilotato da Henry Tracey Coxwell è arrivato a 9.000 metri. Vent’anni dopo è la volta dei francesi che però non mandano in cielo nessuno, solo un strumento, il meteorografo. Solo dal 1893 in poi i palloni sonda viaggeranno di continuo per i cieli e così all’inizio del XX secolo i calcoli si fanno su basi matematiche molto precise.

 Nel 1917 i norvegesi avevano aperto la scuola di Bergen che studia come nascono i cicloni extratropicali, così era nata l’idea del fronte meteorologico, e si sono create le mappe con le isobare e le isoterme. Però i calcoli erano troppi per essere gestiti senza computer, quindi bisognava aspettare che l’inventassero. Solo la radiosonda di Molchanov fornirà dati abbastanza precisi in attesa del computer.

• Nel 1925 si inaugura nell’osservatorio di Arcetri la prima torre solare d’Europa. Come sarebbe stato felice Galileo! In compenso le officine che lo realizzano portano il suo nome, “Officine Galileo di Firenze”. La torre è alta 25 metri e servirà particolarmente per lo studio del Sole, la cui radiazione viene raccolta alla sommità da specchi che convogliano il fascio di luce alla base, dove uno spettroeliografo e altri strumenti la potranno studiare.

 

1926

217. Viene fabbricato il primo apparecchio televisivo: se lo vedessimo oggi non lo riconosceremmo neppure, ma è l’avo delle nostre tv

• L’ingegnere scozzese John Logie Baird ha mostrato più di una volta la sua stramba neonata “Radiovision” prima d’essere sicuro che la gente avesse capito a che serviva: l’ha fatta vedere alla Royal Institution di Londra  e l’ha esposta nei grandi magazzini, ma finché non ci ha messo gli occhi la BBC, che ha subito capito quanto poteva diventare importante in futuro, nessuno se n’è occupato davvero.

 Baird l’ha costruita in un seminterrato di Soho, il quartiere più malfamato di Londra, con i soldi di un impresario cinematografico che è riuscito ad accalappiare con una notice sul Times (dove si possono trovare i più strani annunci del mondo, infatti chi scrive ha visto anni fa questa inserzione: “cambiasi moglie ancora giovane con macchina d’epoca”).

 L’impresario si chiamava Will Day e ha guadagnato bene quando la BBC ha fatto la prima stazione televisiva nel 1927. Radiovision ha sicuramente dato il via a questo genere di spettacolo, ma chi poi realizzerà la prima vera televisione – elettronica - è un russo-americano, Vladimir Zworkin.

 

1927

218. Un neurologo portoghese inventa l’angiografia che utilizzerà i raggi Roentgen per studiare la struttura delle arterie

• Si chiama Egas Moniz il medico portoghese che ha la cattedra di neurologia a Lisbona (è anche un politico e sarà ambasciatore in Spagna) e inventa un metodo che consiste nell’iniettare sostanze radioopache nella carotide per osservare con una radiografia la struttura delle arterie cerebrali. Con questo metodo si mettono in evidenza occlusioni, trombi, aneurismi e malformazioni varie.

• Se Moniz si fosse fermato a questa scoperta avrebbe davvero meritato il Premio Nobel che gli hanno invece dato nel 1949 per un lavoro infame: praticava la lobotomia cerebrale, che toglie agli esseri umani qualsiasi forma di iniziativa personale, rendendoli obbedienti automi, un po’ sulla scia dell’eugenetica di Menghele ai tempi del nazismo.

 La lobotomia lascia gli operati come zombie. Walter Freeman, un medico americano che si era specializzato in questo intervento usava perfino un punteruolo da ghiaccio per perforare il cranio e fare anche 25 operazioni al giorno. Negli anni ’40 sono state lobotomizzate migliaia di persone.

  Allora, ci chiediamo, perché Moniz ha avuto addirittura il Nobel? Perché nessuno ha capito che cosa succedeva in realtà agli operati, o nessuno ha avuto la forza di opporsi.

 

20 maggio 1927

219. Il coraggioso pilota Charles Lindberg vola da solo e senza scalo da New York a Parigi

• Charles Lindberg è acclamato da folle intere quando arriva dopo 33 ore e 8 minuti a Parigi all’aeroporto francese di Le Bourget il 21 maggio, con un volo di 4000 miglia, diventando il primo uomo che attraversa l’Atlantico ... E’ considerato un eroe da tutti, e vivrebbe felice con la sua faniglia a East Amwell, nel New Jersey, se cinque anni dopo l’assurdo rapimento del suo bambino di 20 mesi non gli distruggesse la vita. Il bimbo, che era il suo primogenito, fu ritrovato dopo due mesi in un boschetto, con il cranio sfondato. Il Congresso degli USA decise di approvare il Federal Kidnapping Act, con la pena massima per i delinquenti che pure avendo ottenuto il denaro del riscatto non restituiscono la vittima. Il colpevole fu trovato attraverso le banconote segnate. Si chiamava – o si faceva chiamare – John, ma il suo nome era Bruno Hauptman, scandinavo. Fu condannato a morte anche se verso la fine del processo qualcuno ha tentato di difenderlo, non si sa più con quali argomenti, ma forse la gente ha preferito non ricordarseli neppure.

 

1927

220. Il fisico Werner Heisenberg afferma che non si potrà mai conoscere nello stesso tempo la velocità di una particella e la sua posizione: o l’una o l’altra

• E’ Werner Heisenberg, con il suo principio di indeterminazione, a dichiarare che è impossibile seguire per esempio la traiettoria di un elettrone, se non se ne conosce con precisione assoluta la posizione iniziale. Dice che la legge di causalità (se conosciamo il presente, possiamo calcolare il futuro) è falsa perché – in linea di principio – non possiamo conoscere il presente di ogni elemento … e figurarsi dunque l’avvenire. Questa affermazione sconforta alcuni, fa incavolare altri e così siamo da capo con il disagio e la rivolta nei riguardi della meccanica dei quanti. Vogliamo allora, come suggeriva già Laplace ai suoi tempi, ragionare “con una razionalità probabilistica”? Insomma, tutto è incerto, soprattutto il futuro. Se poi parliamo della predicibilità del mondo, è sicuramente una grazia del cielo non sapere come andrà a finire, visto che è nelle nostre mani.

  Sta di fatto che, all’epoca, altri fisici dimostrarono che, se Heisenberg avesse avuto ragione, un gatto chiuso in una scatola avrebbe potuto essere vivo e morto contemporaneamente, al verificarsi di particolari circostanze. La cosa sembrava così assurda, che neanche valeva la pena di discuterne. Esperimenti recenti (eseguiti senza gatti) mostrano che le cose vanno proprio così: il "gatto" (in questo caso una grossa molecola organica) è "vivo e morto", e cioè la molecola si trova in due configurazioni diverse contemporaneamente! 

  E il futuro della nuova fisica, così strana, così inafferrabile, così priva della logica che conoscevamo, è davvero incerto, al punto che incredibilmente un giorno la salveranno gli hippie! Ma questa è una storia che racconteremo nel momento in cui si verificherà, cioè verso gli anni ’70. 

 

Ottobre 1927

221. Esce negli Stati Uniti il primo film sonoro, “The jazz singer” realizzato dalla Warner Brothers che presto diventerà famosa

• Al Jolson è il primo cantante jazz che si affaccia dagli schermi. I fratelli Sam, Al, Albert e Jack Warner dopo vari tentativi, alcuni quasi riusciti, ora si lanciano sul mercato che è maturo per accogliere la Warner Brothers e la renderà famosa nel mondo. Gli apparecchi televisivi neonati porteranno i film anche nelle case.

• Intanto l’astronomo e abate Georges Lemaitre elabora la teoria di un universo nato da un superatomo: si sta piano piano avvicinando alla teoria del Big Bang. Dice infatti che il superatomo è un concentrato di energia che a un certo momento esplode, dando origine alle galassie. La maggior parte della gente pensa che sia una follia finché George Gamow, uno scienziato di origine russa, non farà la stessa ipotesi prevedendo anche il raffreddamento di tutto il cosmo a una temperatura appena superiore allo zero assoluto.

 

1928

222. A forza ‘di analisi matematiche’, un fisico inglese si convince che debba esistere anche l’antimateria. E intanto Hubble mette fine a una inquietante controversia: le galassie si allontanano davvero

• Paul Dirac, fisico teorico inglese, in base a un’analisi quantistica dell’elettrone trova una soluzione “positiva” (il normale elettrone) e ne cerca una “negativa” convinto che ci debba essere anche un antielettrone, esattamente uguale, ma di carica opposta. L’idea di Dirac, quando poi si decise a parlarne nel 1930, lasciò indifferenti i colleghi e il mondo scientifico. Però qualche anno dopo, con gran sorpresa di tutti, l’antielettrone uscì fuori. Dunque l’antimateria esisteva? Esisteva, ma era meglio non incontrarla, era una che “annichilava”. Pericolosissima a se stessa e agli altri. Aveva quel vizio lì, se incontrava la materia la faceva fuori fino a morire anche lei.

• La faccenda andò così. I fisici americani Carl D. Anderson e Robert A. Millikan si stavano chiedendo se i raggi cosmici si dovessero considerare una radiazione elettromagnetica o particelle. Anderson decise di scoprirlo. I raggi, introdotti in un’apparecchiatura detta ‘camera a  nebbia’ (un recipiente di vetro che si riempie di vapore), venivano poi rallentati con una barriera di piombo. Il fisico ha visto che si incurvavano, però succedeva anche un’altra cosa: attraversando la barriera i raggi facevano schizzare fuori dal piombo alcune particelle e una lasciava la traccia simile a quella di un elettrone, ma incurvata dalla parte sbagliata: la stessa massa, dunque, ma con carica opposta. Era proprio l’antielettrone di Dirac, e Anderson lo chiamò positrone.

  Ora osserviamo l’istante in cui i due simili/opposti si incontrano: se accade è uno spettacolo, sembrano due nemici che si squadrano, valutando ognuno le forze dell’avversario e girandosi intorno in una specie di minaccioso balletto. Il fisico americano Arthur Ruark propose di chiamare quell’accoppiata di nemici con un nome solo, positronio. Quando alla fine si ‘abbrancano’, subito si annullano in una totale, mutua annichilazione. Resta solo un po’ di energia sotto forma di raggi gamma. Dunque Einstein aveva ragione, la massa si può convertire in energia e l’energia in massa. Infatti Anderson vide anche il fenomeno inverso cioè la fulminea scomparsa dei raggi gamma con l’immediata formazione di una coppia elettrone/positrone. Che succede poi non lo sappiamo: però Anderson per la sua scoperta prende il Nobel.

  Ci si chiede se l’antimateria circoli sempre per il mondo, e quanta ce ne sia, perché sarebbe davvero un brutto incontro. Beh, l’idea più accreditata è che in gran parte sia scomparsa subito dopo il Big Bang quando si è scontrata con la materia producendo un mare di luce (in realtà ha prodotto fotoni che non sono soltanto luce visibile, ma anche raggi gamma, raggi X, ultravioletti, onde radio). Per ragioni che non sappiamo ancora è sopravvissuta una piccola parte di materia (una su un miliardo) e lo prova il fatto che il numero dei fotoni – frutto dell’annichilamento – è miliardi di volte superiore alle particelle di materia.

•  La storia dell’antimateria però non finisce qui. Nel giro di alcuni anni il fisico italiano Emilio Segrè e il suo collega americano Owen Chamberlain scopriranno il secondo, simmetrico elemento dell’antimateria, il protone negativo, ossia l’antiprotone, e anche loro prenderanno un bel Nobel.

• Bisogna dire che questo è un periodo di confusione e di grandi controversie, come quella sulle nebulose: che diamine saranno? Su una cosa – completamente sbagliata – però si trovano tutti d’accordo, perfino Einstein: non è possibile che le galassie si allontanino da noi. E rimangono cocciutamente fermi su quel punto finché l’astronomo Hubble, verso la fine degli Anni Venti, scopre che si allontanano davvero, anche se non si sa perché, e chiude la bocca a tutti.     

 

1928

223. Come evitare le gravidanze indesiderate? Il medico Ernst Frafenberg inventa una spirale che inserita nell’utero blocca la strada allo spermatozoo. Avrà un grande successo

• Il medico tedesco Ernst Frafenberg trova un metodo per impedire che il rapidissimo spermatozoo fecondi un ovocito e l’embrione cominci la sua vita di essere umano nuovo. Si tratta di una spiralina d’argento che va inserita nell’utero e che non è solo un ‘elemento di disturbo’ per il viaggetto dello spermatozoo, ma riesce anche a modificare l’ambiente chimico dell’utero rendendolo inadatto alla gravidanza. La spirale però non blocca la trasmissione di eventuali infezioni sessuali, come molti credono.

  In seguito un giapponese, Ishihama, migliorerà il metodo, ma intanto passerà del tempo. E soprattutto a causa delle prolifiche popolazioni africane il numero degli umani continuerà a crescere mentre la quantità d’intelligenza del mondo non cresce e le risorse calano. Una rivista “strilla” in copertina: “Siamo un’astronave nello spazio con 10 miliardi di persone a bordo, senza comandante e con le risorse in esaurimento”.

 

Settembre 1928

224. Un batteriologo inglese si accorge che una muffa è capace di fare piazza pulita dei batteri e così scopre la penicillina.

• Alexander Fleming, batteriologo, il cui nome non sarà mai dimenticato (ma non è parente del Fleming inventore di James Bond),  per un colpo di fortuna vede che una colonia di batteri allevati nel suo laboratorio è stata spazzata via da una muffa verdastra che s’era formata per caso. Distruggerà anche i batteri che portano malattie mortali? Certo è che gli antichi cinesi la usavano già, ma poi i medici non se n’erano più ricordati, tranne Arnaldo Cantani e Vincenzo Tiberio che però non avevano trovato i mezzi per le ricerche.

  Il mondo accademico non dà importanza alla cosa, Fleming è un po’ perplesso e anche la muffa che ha chiamato Penicillum notatum, finisce per essere dimenticata. Per fortuna dopo una decina di anni altri due scienziati – Howard Florey australiano ed Ernest Chain tedesco - vanno in Inghilterra (Chain è filato via dalla Germania perché non gli piaceva Hitler), si incontrano con Fleming e si mettono a lavorare sulle muffe con lui per fare un farmaco che salverà molte vite e diventerà famoso.   

• Nello stesso anno il biochimico russo-americano Selman Waksman sperimenta sull’uomo un altro antibiotico. Anche questo viene da una muffa, ma è della famiglia Streptomyces e si dimostra abbastanza efficace nei casi di tubercolosi, però ha uno sgradevole effetto collaterale, fa diventare quasi sordi, o sordi del tutto. Per fortuna in molti casi la sordità è solo temporanea e comunque tra l’essere duri d’orecchie e tubercolotici c’è una bella differenza, anche perché di tubercolosi è facile morire e di sordità difficile: bisogna non sentire il tram che passa, o magari – ai nostri giorni - il clacson di qualche mezzo a motore guidato da un tipo distratto.

 

1929

225. Un inglese e un irlandese, questa volta in buona armonia grazie alla scienza, inventano un “moltiplicatore di tensione”

• John Douglas Cockeroft (l’inglese) e Thomas Sinton Walton, due fisici, inventano un apparecchio che accumula elevate tensioni elettriche in grado di accelerare a un punto tale i protoni – un tipo di “acceleratore di particelle” – che alla fine contengono più energia delle particelle alfa naturali, utilizzate da Ernst Rutherford per bombardare gli atomi e provocare mutamenti nucleari. Servono dunque e soprattutto, almeno intorno agli Anni Trenta, a studiare i costituenti più piccoli del mondo conosciuto. L’acceleratore inventato dai due fisici avrà un futuro.

 

1929

226. L’idea che esista una sola galassia e che il resto dell’universo sia vuoto resiste fino agli Anni Venti quando nuove osservazioni fanno andare in frantumi quella illusione

• Edwin Hubble, il famoso astronomo, avrà la gloria della scoperta dei redshifts (spostamenti verso il rosso) delle galassie: se si analizza la loro luce e si vede che tende al rosso, significa che sono lontane (oggi sappiamo che continuano anche ad allontanarsi), ma come scrive Fred Hoyle il merito non è tutto suo. Anzi la scoperta in realtà si deve a Vesto Melvin Slipher, un pioniere della spettrografia astronomica durante una lunga carriera nell’osservatorio di Flagstaff in Arizona. Certo Hubble e il suo assistente Milton Humason, grazie ai grandi telescopi di Monte Wilson in California, riuscirono a dimostrarlo inequivocabilmente e nel 1929 Hubble dimostrò anche  che più le galassie sono lontane più accelerano la loro ‘fuga’ (legge di Hubble).

• Il nome di Hubble poi è stato dato a una nebulosa scoperta da William Herschel e da sua sorella Caroline nel 1783 e in seguito al famoso telescopio spaziale in orbita intorno alla Terra dal 1990.

 

13 marzo 1930

227. I collaboratori dell’astronomo Lowell scoprono un pianeta che lui aveva cercato per tutta la vita: secondo i suoi calcoli doveva esserci

• Clyde William Tombaugh, giovane fan di Percival Lowell il quale in base a certe irregolarità nel percorso di Urano (che circa cent’anni  prima avevano permesso di scoprire Nettuno) riteneva che ci fosse ancora un altro pianeta, volle continuare a cercarlo anche se il grande maestro da tempo non c’era più. Così gli venne in mente che, fotografando a distanza di qualche giorno la stessa zona, se ci fosse stato un puntino in movimento non avrebbe potuto essere che un pianeta e lui avrebbe potuto individuarlo perfino in mezzo a tante stelle (dalle 50 mila alle 400 mila!). Il ragionamento era giusto, infatti scoprì un piccolo pianeta.

Lowell sarebbe stato davvero soddisfatto. Il pianetino era il nono del sistema solare e Tombaugh lo chiamò Plutone. E’ lontanissimo dal Sole (5.900.000.000 km) quindi è gelido, il suo anno solare dura 247,7 volte quello della Terra e ha un diametro di 2600 km. Però gli astronomi pensano che la ricerca non si debba fermare perché le irregolarità di Urano in parte persistono e quindi, oltre Plutone e i suoi 6 satelliti (il più importante è Caronte, 600 km di diametro), ci dovrebbe essere ancora un’altra sfera. Certo non sarà più gelida di Plutone, dal momento che la temperatura non è soltanto un numero, ma un fenomeno fisico, e sotto i -273 gradi centigradi, ossia lo “zero assoluto” di Plutone, non può scendere.

In Italia, per il Corriere della Sera e per i suoi lettori, il 1930 è “l’anno di Plutone” e chissà, forse di un decimo pianeta che si ipotizza, ma è anche il tempo in cui si incomincia a parlare di viaggi spaziali e di scorribande umane ‘nel grande reame del Sole’ che invece – tutto è relativo – al confronto con l’immenso e forse infinito Universo risulterà molto piccolo.

 

1931

228. Grazie a un setaccio di tela molto fine uno scienziato trova i virus, più piccoli dei batteri e ‘semiviventi’, ma pericolosi

• William Joseph Elford, batteriologo inglese, adopera un pezzo di velo finissimo per filtrare un brodo di coltura e trova degli esserini ancora più piccoli dei batteri, 100 volte più minuti di una cellula: saranno chiamati virus, dal latino “veleno”, perché possono causare morbi letali. Si conosceva una quarantina di malattie provocate da loro, ma la causa non era mai stata scoperta.

Sconosciuti al tempo di Elford, si saprà in seguito che sono antichissimi, forse tra i primi esseri comparsi sulla Terra, ma ci deve essere stato anche qualche altro vivente in quel limo primordiale, perché i virus sono parassiti e senza una cellula che li ospiti non possono neppure replicarsi. Da soli come avrebbero fatto a sopravvivere?

 

1931

229. Temendo un’altra guerra dopo la crisi del ’29 l’USA cerca qualcosa per sostituire la gomma che si trova solo in Malesia

• Julius A. Nieuwland, chimico americano e sacerdote della congregazione “Santa Croce”, oltre che docente universitario di chimica, scopre i materiali che serviranno per fare una gomma sintetica, basata sul policloroprene. Il chimico lavora in tandem con William Hume Carothers, che poi inventerà il nylon. Il neoprene sarà resistente alle abrasioni, alle ossidazioni e perfino alle alte temperature (in conclusione la gomma autentica oramai può andare a nascondersi). 

 

1931

230. Non bastava la perdita di tutte le certezze nella fisica, ora si perdono anche quelle millenarie nella matematica

• Kurt Gödel, matematico austriaco, pubblica il “teorema di incompletezza sintattica” e manda in tilt anche i matematici che fino a quel momento stavano abbastanza tranquilli. Dichiara che è impossibile costruire un sistema matematico capace di dare una certezza assoluta … insomma bisogna rendersi conto che non è possibile stabilire un numero infinito di formulazioni matematiche partendo da un numero finito di proposizioni fondamentali. In due parole la matematica (più la scienza e ogni altra certezza assoluta) è un’opinione. Niente è assoluto, niente è sicuro. Ok, basta saperlo, ma bisogna che lo sappiano tutti sennò campare in questo mondo si fa molto più complicato di com’è ora … sempre che sia possibile.

Con l’aggiunta di questo imprevisto “teorema di incompletezza di Gödel” sembra che il principio di indeterminazione di Heisenberg si allarghi a macchia d’olio su tutto lo scibile scientifico. Qualcuno, con le lacrime agli occhi, mormora: “torniamo alla poesia, facciamo l’amore, cancelliamo tutto, anche i numeri primi.”

 

1931

231. Uno sguardo alla tecnologia: tante novità utili, di cui alcune molto importanti che si intrecciano con la scienza

• Ernst Ruska, ingegnere elettrotecnico tedesco, inventa il microscopio elettronico. Sarà la Siemens a portarlo dovunque rivoluzionando soprattutto la chimica e la biologia. Un giorno lontano permetteranno all’umanità di conoscere bene anche gli esserini che forse, se fanno in tempo, salveranno il mondo: le meravigliose diatomee. Si vedranno anche gli atomi e negli anni avvenire Ruska, Rohrer e Binning (col microscopio elettronico a effetto tunnel che sfrutta un fenomeno descritto della fisica quantistica) prenderanno il Nobel. Intanto un giornalista americano, Carl Magee, inventa il parchimetro: funziona con una monetina.

  Un suonatore americano di banjo, Richard Drew, inventa il nastro adesivo; un chimico canadese fabbrica il “plexiglas”; si leva in cielo il primo elicottero e si canta al promettente futuro con la chitarra elettrica di George Beauchamp. Vogliamo aggiungere anche gli assorbenti interni per signora? Beh, forse è meglio soprassedere, però la chitarra elettrica nell’elenco ci sta bene. E’ un po’ arrangiata: si mette un microfono in una chitarra tradizionale e si collega a un amplificatore… i posteri lo faranno meglio, pazientiamo.

• La trovata che avrà più successo invece è una trasmissione prima radiofonica, poi televisiva, che prende il via in America il 20 ottobre scorso e da quest’anno diventa famosissima: la prima si chiama Painted dreams, “Sogni dipinti” e la battezzano subito soap opera, un soprannome che rimarrà per sempre, dovuto al fatto che sono le industrie dei saponi e delle saponette a pagarle. Decine e decine di soap opera (il nome non prende la ‘s’ del plurale, è come quello di un astro con infiniti raggi) invaderanno il mondo, come vedremo poi.  

 

17 febbraio 1932

232. Un tiramisu per tutti i fisici depressi: James Chadwick annuncia la scoperta del neutrone e loro prendono fiato, anzi questo diventa l’anno mirabile della fisica delle particelle

• James Chadwick, fisico inglese, individua finalmente il neutrone, l’altro componente nucleo atomico, ipotizzato da Anderson nel 1928, ed entro pochi mesi sarà trovato anche il deuterio (ma si conosceva come ‘acqua pesante’). Si costruirà poi il primo ciclotrone, capace di accelerare fasci di particelle elettricamente cariche - soprattutto ioni leggeri - utilizzando una corrente alternata ad alta frequenza e un campo magnetico.

  Sarà utilissimo in futuro e la fisica se ne avvantaggerà non poco, infatti è il primo dei tanti acceleratori di particelle che si faranno nel III millennio quando si cercherà il famoso “bosone di Higgs”, quella ‘Goddamned particle” a cui qualche anima buona cambierà il nome chiamandola ‘particella di Dio’. Ora c’è finalmente questo neutrone, che spiega il ‘peso’ dell’atomo, perché nel nucleo si accompagna al protone. Anche la figlia e il genero di Marie e Pierre Curie - Irene e Frédérik - lo trovano, ma non se ne accorgono, tanto che il fisico italiano Ettore Majorana (quello che scomparve non si sa come il 26 marzo del 1938) ha commentato: “Che cretini! Hanno trovato il protone neutro e non se ne sono neanche accorti!”

Però ‘i cretini’ prenderanno lo stesso il Nobel perché riescono a ottenere la radioattività artificiale.

 

5 maggio 1933

233. Esce sul New York Times la notizia di una scoperta fatta da un esperto della Bell Telephon che mentre captava un rumore ritenuto un radiodisturbo, si accorge che proviene dallo spazio

• L’ingegnere Karl Guthe Janski nel 1931 era stato incaricato di cercare la fonte di un rumore radio di fondo, forse un disturbo atmosferico, che poteva interferire con le trasmissioni della voce. Lui ci lavora, costruendo anche un’antenna che monta su una piattaforma girevole per individuare la direzione dalla quale il disturbo arriva, ma scopre che i disturbi hanno una periodicità giornaliera e trova l’origine nella costellazione del Sagittario. Nel dicembre del 1932 la notizia esce sulla rivista Proceedings of the Institute of the radio engineers e l’anno dopo sul New York Times. E’ l’inizio della radioastronomia che oggi ci permette di sondare le regioni lontane dell’universo.

• A questo proposito è interessante raccontare qualcosa di inspiegabile avvenuto più tardi, nell’ottobre del 1971. Accadde a un tecnico elettronico, George Lawrence, che era andato con un assistente in una zona boscosa considerata ‘frangia profonda’ ossia senza interferenze prodotte dall’uomo. Usava uno strumento in cui aveva messo del tessuto vegetale vivo, protetto da un tubo di Faraday, perché sperava di captare segnali dalle piante. Mentre facevano uno spuntino lo strumento era rimasto lì, puntato a caso verso l’Orsa Maggiore. All’improvviso, dopo un lungo silenzio, hanno sentito una serie di impulsi, certo ad alta energia se arrivavano fino alla Terra. Ma quelli che “parlavano” non si rivolgevano a loro, sembrava una conversazione tra due gruppi. Lawrence era sconvolto. Si rendeva conto che per comunicare con eventuali alieni ci sarebbe voluta una radio biologica. Fece un rapporto di sette pagine, lo mandò alla Smithsonian Institution di Boston. E non ne seppe più niente.

 A volte viene davvero il dubbio che gli alieni, per noi terrestri, siano “tabu”. Per togliergli qualunque importanza, ogni volta che accade qualcosa del genere ci dicono che è fantascienza.

 

Giugno 1933

234. Mentre Einstein oramai famoso nel mondo della scienza tiene una conferenza a Oxford, in Germania Hitler prende il potere e lui che è ebreo non ci tornerà mai più

• Alfred Einstein ha quasi 55 anni ed è un mostro sacro, il fisico più famoso del mondo. Proprio mentre si trova a Oxford alla Herbert Spencer Lecture a parlare sul Metodo della Fisica Teorica e sulla filosofia della Scienza, in Germania Hitler prende il potere e lui che è ebreo, resta in America dove accetta la cattedra all’Institute of Advanced Studies di Princeton: non gli piace un granché, ma è sempre meglio della Germania nazista. Ci rimarrà fino alla morte. Chiede solo 5.000 dollari l’anno e il direttore gliene offre sorridendo 15 mila. Del denaro non gli importa, il suo unico svago è suonare il violino, ma nonostante la stima di tutti non è mai stato tanto isolato come ora, in questo brancolare - che durerà per il resto della sua vita – alla ricerca di una teoria fondamentale, la “teoria unitaria del campo” - capace di legare tutto, di dare un senso a tutto, cominciando dall’esistenza umana. E’ diventato, o forse lo è sempre stato, anche un filosofo. Cerca di unificare la gravità con l’elettromagnetismo e un modo per legare il rapporto tra micro e macro, il mondo degli atomi e quell’universo che fin da ragazzo scrutava con una passione profonda, a volte addirittura perdendocisi mentre era sdraiato in terra e guardava il cielo.

• Col tempo, diventerà prima un filosofo della natura e poi della scienza. Crede profondamente nella capacità dell’uomo di capire, di trarre un senso dai fatti. Non lo sa con chiarezza, benché ogni tanto lasci cadere qualche frase che ci consente di intuirlo, ma pensa che qualcosa, Qualcuno di unificante ci sia e un giorno scriverà all’amico Michele Besso che “per i fisici credenti (forse intendeva dire ‘convinti’, ma non lo sappiamo) la separazione tra presente, passato e futuro è solo un’illusione …” E’ probabile che in qualche momento, mentre cercava soluzioni sempre introvabili, abbia detto fra sé quello che il fisico Paul Davies dirà anni dopo e che – se ricordate - abbiamo già citato: “questo mondo è troppo difficile, ci vorrebbe Dio.”

  Il divulgatore scientifico statunitense Amir D. Aczel, nel suo libro “Perché la scienza non nega Dio”, riprende alcune parole di Einstein che spiegano bene come la pensava: “Chiunque si occupi seriamente di scienza si convince che una sorta di spirito, di gran lunga superiore a quello umano, si manifesta nelle leggi dell’Universo. In questo senso la ricerca scientifica conduce a un sentimento relgioso particolare, del tutto diverso dalla religiosità di chi è più ingenuo.”

  Sono tanti i fisici che hanno scritto e continuano a scrivere su Einstein, il don “Chisciotte della Einsta” (come lo chiama scherzosamente l’amico Michele Besso), che ha ingaggiato la sua solitaria battaglia con i “malvagi quanti” e non per eliminarli, ma per costringerli a inserirsi razionalmente nel tutto. Ha trascorso una vita molto difficile, Mileva non gli perdona ancora il divorzio e il successivo matrimonio con la cugina Elsa. Si dice che abbia cercato di allontanargli i due figli. Con il minore c’è riuscita, ma il maggiore lo seguirà in America e gli starà vicino nell’ultimo giorno.

• “Sono diventato, agli occhi dei miei colleghi, una sorta di eretico testardo”, dice in una lettera, ma questa solitudine non lo spaventa anzi, in fondo lo esalta, lo tiene in piedi. E forse oggi il fisico più capace di parlarne con una comprensione emotiva, un’ammirazione speciale, è Pietro Greco: è uscito, per le edizioni Carocci, un altro suo libro su Einstein, intitolato “Marmo pregiato, legno scadente”. Un titolo strano, che si ispira a un commento di Einstein sulle due componenti dell’equazione della teoria della relatività: secondo lui una era perfetta, l’altra no. Il nostro genio sarà dominato da una continua, faticosa ricerca fino all’ultimo giorno. Una volta ha detto, con tristezza: “i fisici mi capiranno solo tra un secolo”. Aspettiamo, dunque …

 

15 gennaio 1934

235. I Joliot-Curie, ambedue fisici, ottengono la radioattività artificiale

• In laboratorio la figlia e il genero dei Curie, Irène e suo marito Frédéric, scoprono che bombardando un foglio di alluminio con i raggi alfa emessi dal polonio (n. at. 84) - l’elemento trovato da Marie nei minerali di uranio e battezzato polonio dalla sua terra d’origine – anche l’alluminio diventa radioattivo ed emette positroni. La radioattività poi decade come succede normalmente.

  E’ dunque una radioattività indotta, quindi artificiale. La notizia fa un certo scalpore, tanto da uscire sulla rivista “Nature” e questo li consola  d’essere stati scavalcati da James Chadwick nella scoperta del neutrone.  Comincia con questa la serie di scoperte che porterà poi alla fissione nucleare, grazie soprattutto alla tedesca Lise Meitner alla quale il collega Otto Hahn, da vero gentiluomo qual è, soffierà la gloria cancellandone anche il nome.  

  Per fortuna David Bodanis nel suo libro intitolato “E=mc2” lo dirà chiaro e tondo e con tutti i particolari, raccontando anche come Hahn abbia suggerito al capo del loro ufficio di liberarsi della Meitner perché era ebrea, mentre lui simpatizzava col nascente nazismo. Lei poi si è rifugiata in Svezia continuando sempre a tenerlo informato delle proprie scoperte. Forse ne era innamorata, altrimenti perché sarebbe stata così cieca?

 

1934

236. Enrico Fermi nella sede di via Panisperna, a Roma, è riescito a spaccare l’atomo con i neutroni rallentati, ma lì per lì non si rende conto di quanto sarà importante questa “operazione”

• Enrico Fermi è il primo nella storia della fisica a spaccare l’atomo, lì nella scuola di via Panisperna dove lavora insieme con altri fisici, ma non si accorge di avere fatto qualcosa di sensazionale. E pensare che fin dagli anni ’30 i fisici italiani avevano lavorato più o meno isolati ed erano in condizioni di notevole arretratezza rispetto al resto dell’Europa. Si può dire, come racconta il fisico Carlo Bernardini, che ognuno lavorasse quasi in segreto. Eppure “se qualcosa di buono l’Italia ha dato al mondo questo è accaduto nel settore della scienza” commenta, rivangando quei tempi. La scuola romana di via Panisperna cominciò presto a funzionare come un gruppo, Orso Mario Corbino affidò a Enrico Fermi e a Franco Rasetti la formazione dei nuovi arrivati, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo e molti altri, anche quelli che lavoravano isolati come Ettore Majorana. Tutto sembra andare bene finché arrivano le leggi razziali, il gruppo ben coeso va a brandelli e molti emigrano in America. Il seguito poi sarà come un film drammatico e tra poco ci arriveremo, sempre seguendo la rivisitazione di Bernardini, ma questo è un momento confuso e pochi si accorgono delle nubi che si vanno addensando, da principio sull’Europa, poi sul Giappone e sull’America.

 

Maggio 1934

237. Il nylon che usiamo in tutte le occasioni possibili nasce dagli esperimenti di un chimico americano che lavora alla Du Pont

• William Hume Carothers, il chimico che ha già collaborato con il collega Nieuwland all’invenzione del neoprene, ora si occupa di fibre sintetiche a base di polimeri (sostanze costruite con molte molecole diverse) cercando di realizzare qualcosa che sostituisca la seta. Ricordiamoci che tutti i precedenti tentativi di sostituirla erano falliti e uno addirittura metteva a repentaglio la vita di chi l’aveva addosso, perché bastava una scintilla per fare incenerire completamente un abito (della sorte di chi l’indossava le cronache non parlano). Il materiale inventato è oramai diffusissimo. All’inizio l’avevano chiamato “Polimero 66”, poi è diventato “Nylon”.

• La storia di questo nome è buffa e potrebbe essere solo una leggenda metropolitana. Comunque ve la raccontiamo: il nome nylon sarebbe composto con le iniziali delle parole Now You’ve Lost, Old Nippon, che significano “ora hai perso, vecchio giapponese”. E questo perché con la seconda guerra mondiale il Giappone aveva bloccato l’importazione dalla Cina della seta che gli americani usavano per i paracadute, ma la verità sarebbe ancora un’altra, o meglio un’altra frase: Now You Louse Old Nippon e cioè “Ora a te, vecchio pidocchio giapponese”.

Si dice anche che i Nip abbiano mosso i loro spiriti maligni per punire William tanto che il chimico finì per suicidarsi nel 1937, ma questa ha proprio l’aria d’essere una leggenda.

 

Giugno 1934

238. In Germania inventano il primo nastro magnetico per registrazioni: è l’origine di tecnologie che muteranno la storia

• Friederich Mattias, un chimico che lavora presso la società tedesca BASF, ed Edward Schueller della società elettrotecnica AEG, si mettono a studiare insieme la possibilità di fare un nastro da registrazione, sperimentando 15 tipi di sostanze diverse. Infine scelgono l’acetato di cellulosa che rivestono con il ferro carbonile, un materiale magnetizzabile. L’invenzione ha successo e la AEG decide di presentare tutto il 27 aprile del 1935 a Mannheim.

 

1935

239. Per misurare la ‘magnitudo’, cioè l’energia meccanica che sprigiona un terremoto nella zona di origine, detta epicentro, si inventa la scala Richter, elaborata da uno scienziato americano

• Charles Richter, sismologo statunitense, in collaborazione con Beno Gutenberg – ambedue lavorano al California Institute of Technology  - si è occupato della ‘magnitudo’, cioè dell’energia sprigionata dal movimento tellurico. Si sono subito inalberati i costruttori di case delle zone colpite, dicendo ovviamente che non era colpa dei lavori di costruzione ecc.  In realtà la colpa non è di chi fa i lavori in superficie, sono le rocce della crosta terrestre che si fratturano, liberando energia che si trasforma in onde sismiche.

  All’interno della Terra, il punto da cui partono queste onde si chiama ipocentro, mentre in alto, sulla verticale dell’ipocentro, c’è appunto l’epicentro. Richter ha dato il nome alla scala che misura l’intensità del terremoto, mentre la scala Mercalli, che prende il nome da Giuseppe Mercalli, misura soprattutto gli effetti che il terremoto produce sugli edifici e sull’ambiente, basandosi su 12 livelli crescenti. Il terremoto più violento mai misurato sarà quello cileno del 22 maggio 1960, che raggiungerà la magnitudo 9,5.

 

1935

240. Da un colorante usato nell’industria tessile, il prontosil rosso, si cominciano a individuare i sulfamidici

• Gerhard Domagk, medico e biochimico tedesco, si accorge che un certo colorante molto usato nell’industria tessile ha proprietà antibatteriche. Provandolo su topi e conigli infettati con lo streptococco, li vede guarire in pochi giorni. Però è nel 1935 che alcuni ricercatori francesi individuano nella sulfanilammide il componente attivo che agisce nel prontosil rosso. Ora si possono preparare dei farmaci per combattere molte infezioni batteriche e questo apre la via ai medicinali che in seguito si chiameranno sulfamidici. 

 

1935

241. Dalla zoologia nasce l’etologia, una scienza che si interessa anche alla psiche degli animali, e non solo quelli “di casa”

• Konrad Lorenz, medico, zoologo e paleontologo dà vita a una nuova scienza, l’etologia, e con lui Niko Timbergen, zoologo olandese, che studia le vespe della sabbia, i gabbiani e tutti gli animali che vede, cercando di intuire le ragioni dei loro comportamenti. Finora però si potevano contare sulle dita delle mani gli scienziati che si occupavano di ciò che pensano e sentono gli animali. Jean-Henry Fabre, Karl von Frisch, Leon Dufour, Louis Figuier, Emile Blanchard e quel grande umorista che è Gerald Durrell. All’inizio del secolo un medico vivisezionista, mentre un cane torturato guaiva disperatamente e qualcuno protestava, diceva ancora: “Ma via, non è un lamento, mica soffre! Dovete considerarlo come il cigolio di una porta oliata male”.

• Darwin, dal Luogo dov’è oggi, non approva sicuramente che il mondo consideri Lorenz il fondatore dell’etologia: è convinto che quel titolo spetti a lui. Basta guardare, nel suo scritto L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, il magnifico disegno del gatto incavolato per rendersi conto della sua partecipazione ai sentimenti delle bestie. Cartesio diceva “Cogito, ergo sum”, ma un’ape potrebbe dire “Ronzo, dunque sono e penso”.

Fin da ragazzo Konrad Lorenz porta a casa nuovi inquilini d’ogni razza. Poi si sposa, si laurea e vive, grazie alla pazienza della moglie Gretel, tra oche, lucertole, cani, pappagalli. Quando va alla guerra, nel ‘41, deve lasciare tutto, ma ai suoi animali pensa Gretel e lui ne porta altri quando torna a casa nel ’48. Ha imparato tante cose oramai, anche dallo storno addomesticato Hansi, e diventa il papà delle taccole che lo considerano invece una mamma. E’ l’imprinting: la prima persona che una bestia vede, diventa sua madre. Scrive tanti libri, ma l’ultimo, Il declino dell’uomo, dovrebbe farci riflettere. Però noi non amiamo riflettere e così tutto potrebbe andare a catafascio. O meglio: l’umanità, perché la Terra si riprende sempre, basta lasciargli qualche migliaio d’anni di tempo.

 

1936

242. L’ateismo di stato che oramai impera nell’URSS vuole varcare i confini e gli scienziati lo aiutano a dilagare

• Aleksander Oparin, chimico russo, dimostra che entità simili a cellule possono formarsi perfino dai carboidrati della gomma arabica. E’ possibile, del resto, che attraverso reazioni semplici queste similcellule si siano evolute fino a formare un organismo unicellulare con un genoma a DNA (di lui si parlerà in seguito) che lui chiama progenote – il termine proposto da Carl R. Woese per indicare il progenitore comune delle tre linee cellulari attuali: gli Archeobatteri, gli Eubatteri, gli Eucarioti  - e alla fine anche noi.

Oparin dice che la vita può avere avuto origine spontaneamente miliardi di anni fa e che un Dio non gli sembra necessario. Però portando avanti il suo ragionamento ci sembra più facile anche per un’eventuale divinità far nascere gli animali, addirittura parlanti come noi, da qualcosa come la gomma arabica piuttosto che dal fango biblico. Non siete d’accordo? Peccato.

Però potrebbe averci seminati sulla Terra qualche cometa vagabonda che passava e di cui il Sole ha liquefatto un po’ la coda di ghiaccio che porta sempre dentro trucioli di ‘spazzature’ celesti. Menomale che ora hanno incominciato a costruire il grande Osservatorio di Monte Palomar (a 1700 metri di altitudine). C’è il famoso telescopio Hale, 508 cm di apertura e lo gestisce il California Institute of Tecnology.

Chissà che non ci dica qualcosa di più sulla nostra provenienza: magari veniamo da un pianeta che – bravi come siamo a distruggere tutto – è già esploso, però può darsi che ne rimangano in giro un po’ di pezzi e che ci si possa ancora saltare su trovandoci magari la tomba del bisbisavolo.

 

1936

243. Rita Levi-Montalcini si laurea in medicina, lavora nell’Istituto anatomico di Torino e nella Clinica neuropsichiatrica cominciando gli studi sul sistema nervoso

• Rita Levi-Montalcini era incerta tra la ricerca pura, che alla fine è prevalsa, e il lavoro del medico di corsia, ma il manifesto razziale del 1938 che privava i cittadini non ariani da ogni diritto alla carriera universitaria  - lei comunque era già laureata – e alle libere professioni, la mette in grave crisi. Nel 1939 si trasferirà in un laboratorio neurologico di Bruxelles dove resterà fino all’invasione del Belgio, facendo appena in tempo a filarsela. 

Rita si muove per anni tra gli Stati Uniti e l’Italia, ma i suoi primi studi sono sempre dedicati ai meccanismi di formazione del sistema nervoso dei vertebrati. Nel 1951-1952 scoprirà il fattore di crescita del tessuto nervoso, noto come NGF, che gioca un ruolo molto importante nella riproduzione e differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche. Durante un intero trentennio prosegue le ricerche su questa molecola proteica e sul suo meccanismo d’azione, ed è in base a queste scoperte che nel 1986 ottiene il Premio Nobel per la Medicina, insieme con Stanley Cohen. Nella motivazione del Premio si legge: "La scoperta del NGF all’inizio degli anni ’50 è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell’organismo".

• Sfortunatamente, e in assoluta innocenza, Rita Levi-Montalcini resterà un po’ coinvolta nella vicenda di un medicinale della ditta farmaceutica Fidia, il Cronassial, che – si scoprirà poi - fa più male che bene e può perfino uccidere. E’ il periodo in cui alla Sanità impera Duilio Poggiolini che dirige il servizio farmaceutico e che verrà condannato in seguito per corruzione insieme con la moglie (a causa delle mazzette miliardarie che prende per approvare i farmaci). La Montalcini accetta dalla ditta Fidia, per la sua Fondazione che non ha purtroppo molti mezzi, 50 milioni di lire e ingenuamente grata si pronuncia a favore di quella società che ne approfitta per vendere colossali quantità di Cronassial, quindi un’ombra sfiorerà per un po’ la nostra illustre scienziata.

 

1937

244. Se la teoria del Big Bang è giusta, sostiene l’astronomo Fritz Zwicky, nell’universo deve esserci anche la materia oscura

• Fritz Zwicky (1898–1974) fu il genio sconosciuto dell’astrofisica del XX secolo. E non solo per aver coniato il detto: “Gli astronomi sono bastardi sferici; da qualunque parte li guardi, sempre bastardi sono”. Tra le tante cose, a lui va ascritta la scoperta della Materia Oscura. Durante gli anni ’30 misurò le velocità di alcune galassie nell’Ammasso della Vergine dopodiché, applicando la Legge di Newton, ne calcolò la massa totale (per un astronomo è un giochino semplice, oltre che di parole). Poi, però, cominciò a misurare la luce totale proveniente dall’Ammasso e, sapendo quanto “pesano” le galassie che emettono una certa quantità di luce, ricalcolò la massa totale senza badare alla quantità di luce: trovò con stupore solo un decimo di quella che doveva essere la massa vera (la Legge di Newton non sbaglia).

Figurarsi se non rifece puntigliosamente tutti i calcoli, ma vide che non aveva sbgliato. Lanciò quindi l’idea (ripresa poi da altri con maggiore successo di pubblico) che, insieme alla materia ordinaria – quella che emette luce, per intenderci – esistesse anche un qualche genere di materia che non interagisce con nulla se non perché è pesante, e perciò attraverso la sola forza di gravità.

• Oggi sappiamo che aveva ragione lui, e le misure più recenti dimostrano come, per ogni grammo di materia come quella che conosciamo sulla Terra e vediamo nel cosmo, ci sono circa 5,5 grammi di qualcosa ancora a noi completamente sconosciuta, sia in teoria, sia come possibilità di misura in laboratorio. Notiamo solo il suo effetto gravitazionale, e sappiamo pure che, senza la sua presenza, le galassie non si sarebbero potute condensare perché la gravità esercitata dalla materia normale non sarebbe bastata. Dunque, senza materia oscura niente galassie, niente stelle, e niente “noi” che ci meravigliamo di questa circostanza e ci poniamo domande alle quali ancora non c’è risposta. E niente bastardi sferici pronti a negare a Zwicky la priorità di una scoperta così sconvolgente.

•   Grande gioia per tutti i patiti delle soap opera i cui asoltatori che oramai sono innumerevoli: quelle storie sentimental-strappacore approdano in Italia dove noi - succubi come sempre della lingua inglese - continueremo a chiamarla soap. La prima, che sarà anche la più lunga del mondo è “Sentieri”. Inizia in radio quest’anno e arriverà in TV nel 1952. Bisogna dirlo e perdonateci se anticipiamo, ma si concluderà nel 2009, mentre ne escono infinite altre, come le telenovelas sudamericane. Che vita lunga hanno quei personaggi, più lunga di quella degli affascinati ascoltatori che fanno in tempo a consumare la propria e quella dei figli mentre loro imperterriti sopravvivono. E se qualcuno sostiene di non aver mai visto almeno un pezzo di soap, è un ipocrita degno di stare nella sesta bolgia dell’inferno con Catalano dei Malavolti e Loderingo degli Andalò.

 

6 maggio 1937

245. Il dirigibile Hindenburg aveva solo due mesi e portava 7 milioni di metri cubi di idrogeno nei suoi 16 serbatoi, ma non è l’idrogeno che l’ha fatto esplodere e allora perché è successo?

• Neppure il pilota Max Pruss che comandava il dirigibile ne è uscito vivo: le vittime sono 34, anzi 35 con lo stesso apparecchio, perché questa data segna la fine degli aerostati. In cielo ne vedremo altri anche ai nostri giorni, ma non trasporteranno più nessun passeggero, sono solo pubblicitari. Il mondo avrà gli aerei di linea, che inaugureranno le rotte commerciali atlantiche due anni dopo, nel 1939. L’era dei dirigibili è definitivamente tramontata con il tragico incendio dell’Hindenburg.

 

1938

246. Un medico italiano, Ugo Cerletti, dà un annuncio che farà epoca e illuderà molte persone: a suo parere i pazzi, gli squilibrati e i depressi, possono guarire con l’elettroshock

• Il dottor Ugo Cerletti, psichiatra, ha un interesse particolare per gli studi istopatologici che fanno in Francia e in Germania. Si occupa della degenerazione delle strutture cerebrali dimostrando che in molti casi la sifilide è correlata con l’infiammazione della corteccia e si dedica alle ricerche sull’arteriosclerosi e l’Alzheimer. Diventa professore, dirige l’Istituto neurobiologico Verga a Milano, poi va a Bari e a Genova dove sperimenta per la prima volta l’elettrostimolazione su uno sfortunato cane, provocando attacchi convulsivi: è l’inizio dell’elettroshock.

  Tornato a Roma nel 1935 per dirigere la clinica universitaria delle malattie nervose e mentali con la collaborazione del dottor Lucio Bini, usa la stessa tecnica sull’uomo, sulla scia di altri metodi di shock - però farmacologici - sperimentati in Europa nei primi anni 30. Il trattamento, che Cerletti battezza elettroshock, è del 1938. Destinata da principio alla cura della schizofrenia, la cura viene usata anche per sindromi maniaco-depressive e diventa la terapia più comune, tanto che le cliniche ne approfittano e i giornali pubblicano la foto di una paziente (vista di spalle) con la scritta pubblicitario-umoristica “Venga a prendere l’elettroshock da noi”.

• In seguito Cerletti sarà nominato presidente della Società italiana di psichiatria e otterrà dal CNR l’istituzione di un centro-studi per la fisiopatologia dell’elettroshock, convinto che la cura faccia produrre  nel sangue alcune sostanze vitalizzanti che chiama "acroagonine", la cui esistenza però non sarà mai dimostrata. Secondo Cerletti queste sostanze vengono prodotte dall’organismo anche durante le crisi convulsive e hanno effetti terapeutici sui pazienti schizofrenici. Riceve numerosi riconoscimenti accademici ed è candidato al premio Nobel, ma poi il metodo delude il mondo psichiatrico e i medici lo avversano perché lo trovano disumano: l’elettroshock è molto doloroso. I movimenti di antipsichiatria ne fanno uno dei bersagli dei loro attacchi finché riescono a farlo cadere in disuso.

In quel periodo, in Oriente, viene trovato un oggetto per loro misterioso detto la ‘pila di Badgad’. E’ stato rinvenuto dal direttore del Museo Nazionale dell’Iraq, Wilhelm Kong, ma nessuno capisce bene a che cosa serva. Comunque lo mettono in una vetrina del Museo con l’assurda targhetta sotto: ‘Oggetto di culto’.

Chi scrive l’ha vista con i propri occhi negli anni Sessanta, ancora con quella scritta, ma ha capito, come molti altri visitatori - esclusi gli esperti del Museo evidentemente un po’ distratti - che aveva tutta l’aria d’essere una pila elettrica, sia pure rudimentale. Dunque conoscevano l’elettricità anche gli antichi abitanti della Mesopotamia? Qualcuno comincia addirittura a mormorare che nel lontano passato si facessero già gli elettroshock usando le pile, e che fosse una forma di tortura.  

 

1938

247. Con la neonata preoccupazione per l’equilibrio ambientale, l’entomologia agraria acquista seguaci: bisogna combattere gli insetti dannosi, ma senza insetticidi nocivi alla natura

• Maria Matilde Principi è una delle poche donne che si occupa di entomologia fin dagli anni dell’università: è strano, dicono gli amici e conoscenti, perché di solito le donne e gli insetti sono nemici giurati. Nel 1938 la Principi concorre per l’assegnazione di una borsa di studio in entomologia dal ministero Agricoltura e Foreste. Nella commissione c’era il famoso, illustre scienziato Guidi Grandi, il primo in Italia a segnalare gli abusi che venivano fatti con gli insetticidi di sintesi e ha affidato alla Principi il compito di cercare altri metodi, già usati in altri paesi.

La scienziata diventa poi direttore dell’Istituto di Entomologia di Bologna e guida le ricerche che consentono di applicare metodologie all’avanguardia, ma non tossiche, specie nella frutticoltura. E’ stata autrice di più di cento pubblicazioni.

 

1939

248. Un gruppo di ospedalieri tedeschi ora vuole dedicare un giorno alla memoria del chirurgo Carl Ludwig Schleich che inventò l’anestesia locale, ma non trovano un accordo sulla data

• Quando Carl Ludwig Schleich aveva inventato l’anestesia locale e cercato di spiegarla ai colleghi, era andato tutto a rovescio. Infatti nella sua autobiografia uscita nel 1920, un anno dopo la sua morte, raccontava come venne accolta: “In aprile mi presento al congresso dei chirurghi col manoscritto, la sala è piena. Comincio tranquillo a parlare e concludo: “Disponendo ora di vari mezzi innocui, non mi pare più lecito – dai punti di vista ideali, morali e penali – usare il procedimento della narcosi totale là dove è sufficiente questo nuovo metodo’. Si leva subito una tempesta di sdegno che mi lascia sbalordito. Von Bardeleben, il presidente, suona a lungo il campanello. Quando il frastuono si calma, chiede: ‘C’è qualcuno che è convinto della verità delle cose oggi presentate? In quel caso alzi la mano!’ (che follia far votare se una nuova scoperta sia vera o no!) Nessuna mano si alza, io sto per dire: ‘Signori, è la pura verità, posso dimostrarvelo quando volete’. Gridai ‘Chiedo la parola’. ‘No!’ urla il vecchio. Allora mi strinsi nelle spalle e me ne andai senza parlare’.

E ci volle tempo prima che i medici capissero quanto Schleich avesse ragione, tanto che alla fine nessuno si ricordava più quando esattamente il poveretto – oramai morto - aveva cercato di spiegare la sua scoperta e di farla intendere ai suoi ottusi e ostinati colleghi.

 

1939

249. Edwin Powell Hubble è stato il primo a capire che le galassie si allontanano accelerando, e l’ha scoperto osservando il redshift, ossia lo spostamento della loro luce verso il rosso

• Edwin Hubble, astronomo e astrofisico americano, nato nel 1889, ha lavorato prima all’Osservatorio di Monte Wilson poi a quello di Palomar. Come si è già detto si è reso conto verso la fine degli Anni Trenta che le galassie si allontanano accelerando la loro velocità di fuga, cosa che nessuno immaginava e che ha stupito anche lui. Ha scoperto poi che molte galassie credute ‘nostre’, ossia della via Lattea, sono invece esterne. Purtroppo Hubble è morto presto, nel 1953, a causa di un ictus. Il suo lavoro nel campo dell’astronomia era veramente rivoluzionario e chissà quante altre cose avrebbe potuto scoprire se fosse vissuto più a lungo.

Per rendere omaggio al grande pioniere dello spazio, la NASA ha messo nome Hubble al suo più famoso telescopio spaziale.    

 

27 agosto 1939

250. Il metodo più moderno per navigare nell’acqua o nell’aria è anche il più antico: 600 milioni di anni fa lo inventarono i molluschi e le meduse, che in acqua andavano già “a reazione”

• E’ l’ingegnere germanico Hans Pabst von Ohain tra gli umani che finalmente inventa il volo a reazione, con parecchio ritardo sugli animali. Infatti il primo aereo che “naviga” così, un Heinkel He-178, si leva da terra nel 1939, con grande invidia degli inglesi che riusciranno a emulare i tedeschi solo il 15 maggio del 1941, oramai in piena guerra. Invece i cefalopodi andavano a jet tranquillamente, a volte rapidissimi, a volte più lenti, e così le meduse che da tempi non databili viaggiavano senza motore, usando l’acqua e nient’altro.

 

1939

251. Come da una serie di vicoli che poi convergeranno tutti in una grande bolgia, i fisici muovono i passi verso “la bomba”, mentre i nazisti “cominciano”, attaccando la Cecoslovacchia

• Lise Meitner, che è ebrea, scrive nel suo diario che il collega Otto Hahn l’ha praticamente buttata fuori dall’Istituto Kaiser Wilhelm di Berlino dove dirigeva  la divisione di fisica teorica e l’ha costretta a “scomparire”. Hahn sa che lei è più brava di lui, ma il nazismo avanza e lui simpatizza con i nuovi padroni. Però Lise lo perdona e continua a collaborare con lui per lettera soprattutto a proposito dell’uranio – il più pesante degli elementi chimici – che Hahn e suo assistente Strassmann stanno bombardando con i neutroni sperando di cavarne fuori qualche altro elemento.

La Meitner e Hahn si incontrano a Copenaghen e lei gli dà istruzioni per nuovi esperimenti dicendogli di badare alle variazioni di concentrazione del radio, che potrebbero rendersi evidenti. E’ appena un’intuizione, basata sul fatto che i due metalli hanno una massa quasi uguale e che sono spesso ‘insieme’ nei giacimenti. “In realtà significava – scrive David Bodanis – che l’enorme portata degli effetti di E=mc2 stava finalmente per essere rivelata.”

  Un giorno Hahn le scrive che è successo qualcosa: in genere lui e il suo assistente adoperano il bario per tenere insieme i frammenti di radio, poi lo lavano via, ma quella volta non riescono a liberarsene: ‘non si scolla’, dice Hahn e solo Lise può spiegargli cos’è successo. Lei è in Svezia e quel giorno c’è anche il nipote, Robert Frisch, un altro fisico: ci riflettono insieme passeggiando sulla neve e - calcoli su calcoli – trovano la verità: senza saperlo, quelli là a Berlino hanno spaccato l’atomo! E’ la fissione.

• L’aveva già fatto anche Enrico Fermi a Roma nel 1934, senza rendersi affatto conto dell’importanza di quell’operazione e infatti per alcuni anni non trovò altre spiegazioni e tutto rimase fermo a quel punto, ma né Lise né Hahn l’avevano saputo. Ora Hahn pubblica quei risultati, ma di Lise non parla e per tutta la vita sosterrà che è stato lui a capire che bisognava rallentare i neutroni, perché spararli velocemente nel grande spazio vuoto dell’atomo è inutile: quelli lenti invece, quasi bighellonando, prima o poi raggiungono il bersaglio, ossia il nucleo e così l’atomo può sprigionare la mostruosa forza individuata da Einstein con la famosa equazione. “In qualsiasi altro momento della storia – scrive Bodanis – il passo successivo sarebbe stato fatto più lentamente e la prima bomba sarebbe nata negli anni Sessanta o Settanta …” Tutti coloro che scriveranno in seguito appoggeranno la bugia di Otto Hahn e diranno che il merito è suo. A che pro metterci di mezzo una donna? (ancora oggi, nei libri di scienza, si fa solo il nome di Hahn, che a guerra finita prenderà il Nobel, come scrivevamo in data 1934).

  Lise comunque pubblica la sua storia su “Nature” e il nipote ne parla con Niels Bohr che è in partenza per l’America. Così gli altri scienziati vengono a sapere della scoperta e ora la potranno sfruttare tutti, ma chi lo farà per primo? Scindere i nuclei significa liberare la pazzesca energia che contengono, compresa la bomba. E proprio allora stava incominciando la peggiore delle guerre.

Qualcuno pensa che Ettore Majorana, con la sua mente fin troppo lucida, abbia intuito come sarebbe andata a finire e pensando alle conseguenze  di quella scoperta si sia suicidato.


1940

252. In Germania Werner Heisenberg lavora alla costruzione della bomba e oramai si profila il pericolo che i nazi riescano a farla in breve tempo, al punto che Einstein, preoccupato, scrive a Roosevelt

• Albert Einstein oramai vive in America, insegna a Princeton, ma è al corrente di tutto e scrive una lettera al Presidente. E’ la seconda, nella prima gli diceva solo che la scienza aveva fatto passi da gigante e che bisognava stare attenti a quello che ne poteva venire fuori. Ora invece ha paura e gli scrive chiaro e tondo che i tedeschi sono sul punto di fabbricare la bomba e che bisogna darsi da fare. Se alla prima lettera Roosevelt ha risposto con un ‘Ah, come no, tante grazie’ e se n’è infischiato, a questa non risponde nemmeno. Tanto l’America non è in guerra. Ma poi in realtà Roosevelt ci ripensa, giusto un giorno prima che i giapponesi attacchino la flotta americana a Pearl Harbor, sconvolgendo il Paese che non se l’aspettava davvero.  

  E’ un caso, o in qualche modo il Presidente USA aveva capito che oramai anche l’America sarebbe stata coinvolta nella guerra con l’Asse Roma-Tokyo-Berlino? La lettera di Einstein gli girava nella mente?

 

1941

253. Nasce il walkie-talkie fabbricato dalla Motorola

•  La fabbrica statunitense Motorola sforna la prima ricetramittente portatile che contribuirà parecchio a molte e complesse strategie militari durante il conflitto. E’ un piccolo oggetto tascabile che si chiama walkie-talkie e tutti vorrebbero possederlo. Questo bisavolo dei telefonini – che sono ancora lontani nel futuro - sembra a tutti una magia, ma per il momento ce l’hanno solo i militari americani per dare ordini (o riceverli) anche se farà presto a diffondersi tra la gente comune.

 

1941

254. Konrad Zuse, un ingegnere civile che aveva studiato a Berlino inventa il computer e oggi lo consideriamo il padre, o perlomeno uno dei padri

• Konrad Zuse, praticamente da solo, realizza il primo computer basato sul sistema numerico binario e totalmente programmabile, lo Z3, che costruisce in Germania grazie a componenti di telefonia riciclati e accroccati da lui.

 

6 dicembre 1941

255. Il presidente degli Stati Uniti autorizza l’avvio di un progetto che per il momento ha un nome un po’ criptico: Manhattan Engineer District, che diventerà Development of Substitute Materials

• Franklin Delano Roosevelt, per decidersi a dare il via a quello che sarà il grande “Progetto Manhattan”, avrà avuto per caso un sogno premonitore? Qualcuno che non sa della lettera se lo chiede. Fatto sta che proprio il giorno successivo alla decisione di Roosevelt di far iniziare i lavori per costruire la ‘bomba’, l’America si trova in guerra.

 Le difficoltà, per il Progetto, si presentano subito: per prima cosa ci vuole molto uranio, e anche sufficientemente puro perché non ci sia spreco di neutroni che possono venire assorbiti dalle impurità. Nella crosta terrestre ogni tonnellata di roccia ne ha almeno 2 grammi e si può dire che l’uranio sia 400 volte più comune dell’oro, però è disperso e non sono tanti i luoghi in cui si trova. E per giunta prima del 1939 non si usava, quindi non era stata messa a punto nessuna tecnologia per purificarlo: fino a quel momento negli USA erano stati raccolti solo 28,35 grammi di uranio metallico (meno di un’oncia) così bisogna darsi subito da fare per ottenerlo e “pulirlo”.

 Quello che serviva era l’isotopo U235 (gli isotopi sono elementi con massa atomica leggermente diversa) e si otteneva con la diffusione gassosa che costava un’enormità mentre in Germania individueranno in seguito un metodo molto più economico, la centrifugazione (così ora ci possono arrivare tutti ed è un bel guaio). C’era anche bisogno di molta acqua pesante, chiamata deuterio, che si trova in piccole dosi nell’acqua comune.

 

1942/43

256. Va a segno il secondo dei due raid inglesi in Norvegia dove i nazisti raccolgono l’acqua pesante per le bombe, mentre sotto lo stadio di Chicago si innesca la prima reazione nucleare a catena

• R.V. Jones, astronomo, era diventato capo dei servizi segreti dell’aeronautica inglese e toccava a lui organizzare un pericolosissimo raid in Norvegia, dove – in uno stabilimento di Vemork – una zona montuosa e scomodissima da raggiungere - si producono 14 cm cubi al mese di acqua pesante per ricerche di laboratorio. I capi s’erano già rifiutati di obbedire ai tedeschi che volevano incrementarne la produzione, ma loro li costrinsero con le armi a obbedire, così nel ’41 se ne raccoglievano già 1350 kg e nel ’42 circa 4500 e la Germania li adoperava per la bomba. Jones allora decide di far saltare lo stabilimento, ma la spedizione finisce in un disastro: il gruppo aerotrasportato per il tempo orribile precipita e tutti vengono trucidati dai tedeschi. La seconda volta gli Inglesi raggiungono Vemork alla spicciolata e aprono falle nei contenitori da cui l’acqua pesante - o deuterio - esce e si disperde nella valle tornando nell’acqua che viene dalla cascata (c’è un bel film del 1963 su questo raid, intitolato “Gli eroi di Telemark”, che sembra d’avventura ed è invece tutto vero).

 Intanto in America i fisici dopo vari tentativi ottengono la prima reazione autosostenuta, a catena. Il 2 dicembre del ‘42 alle 15,45 si apre l’Era nucleare con l’immane potenza prevista da Einstein quasi disponibile, anche se ci vorrà ancora parecchio lavoro. Lo scienziato che dirige il progetto a Chicago è Enrico Fermi. I colleghi telefonano ad Harvard per annunciarlo agli altri: ‘Il navigatore italiano è giunto nel Nuovo Mondo!’

  Non è strano che il navigatore italiano Colombo abbia scoperto il Nuovo Mondo nel 1492 e il secondo navigatore, sempre italiano, ne inauguri un altro nel 1942?

• Cerchiamo di chiarire meglio quello che accadeva. Che cos’è un “reattore nucleare”? Una certa propaganda dell’epoca ci aveva fatto identificare l’insieme di questi due vocaboli con il “male assoluto” ma, ridotto all’osso, un “reattore” è semplicemente un luogo all’interno del quale avvengono “trasformazioni” di qualche genere (un fornello e una pila nella quale facciamo bollire un broccolo costituiscono, nel loro insieme, un “reattore chimico”). In questo caso all’interno della “pila” avvengono trasformazioni nucleari dell’uranio che producono energia (lasciamo stare quali: su Internet ci sono addirittura pagine e pagine che spiegano nei particolari come si fa a costruire una bomba atomica).

 Una volta che Fermi è riuscito a costruire il primo reattore, nasce il problema di come ottenere questa produzione di energia, non un po’ alla volta come può servire per usi civili, ma tutta assieme, in modo esplosivo, per realizzare una “bomba nucleare”. Un po’ come una bombola di gas, che è utilissima là dove manca il gas di città, ma guai se prende fuoco! Con la differenza che una bomba nucleare genera circa un milione di volte più energia – e capacità distruttiva – di una bomba al tritolo delle stesse dimensioni.

 A questo fine fu delineato il “Progetto Manhattan”, dove lavorarono J.Robert Oppenheimer (direttore scientifico), alcuni italiani del gruppo di via Panisperna, il neo-laureato Richard Feynman, con il patrocinio morale di Bohr e addirittura di Einstein il quale poi, vedendo di che cosa era capace una bomba nucleare, si pentì fino alle lacrime e affermò che la seconda lettera da lui inviata al Presidente degli Stati Uniti, nella quale sollecitava la necessità di costruirla, era stata il più grande errore della sua vita. E ne portò il rimorso fino alla morte.

 

18 aprile 1942

257. Ecco la prima risposta all’attacco giapponese di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941: l’Air Force USA bombarda Tokyo

• Il tenente colonnello Jimmy Doolittle comanda una incursione aerea su Tokyo, nota anche come ‘raid di Doolittle’. E’ il primo attacco aereo degli Stati Uniti al Giappone durante la seconda guerra mondiale. Sedici bombardieri dell’Air Force USA decollano dal ponte della portaerei USS Hornet della United States Navy. Il bombardamento è la risposta all’attacco di Pearl Harbor e ha più valore morale che strategico: vuole far capire ai giapponesi che gli Stati Uniti combatteranno fino alla fine, e questo servirà a risollevare il morale del popolo e delle truppe americane.

 Jimmy Doolittle è un famoso aviatore e ingegnere aeronautico, ma l’idea è stata del capitano di marina Francis Low il quale ritiene che un bombardiere bimotore possa decollare senza difficoltà dal ponte di una portaerei. Doolittle pensa che i B-25 Mitchell sono capaci di portare un buon carico di bombe, colpire un obiettivo in Giappone e atterrare in Cina. Gli aerei, modificati per l’occasione, erano stati caricati sulla Hornet ad Alameda, in California, con gli equipaggi formati da 5 volontari più il personale di manutenzione. Alleggeriti al massimo e con il mirino Norden (uno strumento di precisione) sostituito e semplificato per evitare che cada in mano ai giapponesi, gli aerei hanno ognuno 4 bombe da circa 500 libbre, due mitragliatrici calibro 0,50 nella torretta dorsale, una mitragliatrice da 0,30 nel muso e taniche di carburante extra.

  In coda all’aereo vengono montate due mitragliatrici posticce, fatte di legno, per scoraggiare eventuali attacchi giapponesi da dietro. La portaerei lascia il porto di Alameda il 2 aprile e pochi giorni dopo raggiunge nel Pacifico l’Enterprise con la sua scorta. Gli aerei da caccia della Enterprise avrebbero fornito la protezione aerea necessaria, dato che quelli della Hornet erano stati stivati sotto il ponte per far posto ai B-25. Le due portaerei e le navi di scorta procedono in silenzio radio fino al punto di lancio all’interno delle acque controllate dai giapponesi.

 La mattina del 18 aprile, a circa 1.200 km dal Giappone, la task force viene avvistata da un’imbarcazione giapponese che lancia un allarme via radio; e benché l’imbarcazione venga subito distrutta da un cacciatorpediniere, Doolittle e il comandante della Hornet, capitano Marc Mitscher, decidono di far decollare i bombardieri con un giorno di anticipo, circa 370 km più lontano dal punto previsto. Gli aerei volano in fila e a bassa quota fino al Giappone, lo raggiungono verso mezzogiorno e scaricano le bombe su obiettivi militari a Tokyo, Yokohama, Kobe, Osaka e Nagoya, ma colpiscono anche insediamenti civili.

 Dopo il bombardamento volano verso la Cina, dove sono state allestite le basi di supporto. Durante il volo però incontrano alcune difficoltà: il sole sta tramontando, il carburante è in esaurimento e le condizioni meteo stanno peggiorando. Così capiscono che non raggiungeranno le basi di supporto, e non sanno se lanciarsi sopra la Cina orientale, o tentare l’atterraggio sulle coste. Quindici equipaggi scelgono di lanciarsi, ma uno benché Doolittle sia contrario atterra a Vladivostok, in Russia, dove viene sequestrato e i membri dell’equipaggio sono internati fino a quando riusciranno a fuggire in Iran. Doolittle e i suoi uomini, dopo essere atterrati con il paracadute in Cina, ricevono assistenza dal missionario americano John Birch. Il primo raid è riuscito, ed è solo il primo. Ma gli USA hanno sempre in mente “delenda Tokyo” come gli antichi romani quando s’erano fissati con “delenda Carthago”. E faranno del loro meglio per riuscirci. 

 

Anni di guerra

258. In Germania un fisico che voleva occuparsi solo di voli spaziali si trova sotto il controllo dell’esercito che gli impone di fare nuove armi e così nascono le V1 e le V2

• Il fisico Wernher von Braun si rende conto che bisogna trovare una base segreta per sviluppare il lavoro e suggerisce Peenemünde, sul Mar Baltico, un posto che conosce bene perché suo padre, il barone Magnus von Braun, ci va spesso a caccia di anatre. E sarà lui, trentunenne, a diventarne il direttore scientifico.

 Lì a Peenemünde, nel ’42, viene collaudata la prima V2. Il missile si chiama così perché vuole ricordare che è un’arma di rappresaglia (Vergeltungwaffe) e infatti verrà utilizzato nel ’44 per bombardare Londra. La Lutwaffe, l’aviazione tedesca, aveva costruito già le V1, prime ‘rappresaglie’, ma i caccia britannici le neutralizzavano in fretta così erano passati alla V2 che nel suo libro sulle scoperte scientifiche il giornalista Giovanni Caprara descrive così: “Il decollo avveniva in verticale e i suoi sistemi la guidavano nella prima parte del volo facendole compiere un arco nel cielo sino a raggiungere l’altezza massima di 80 km. Quando il motore si spegneva dopo una sessantina di secondi, il missile aveva raggiunto la velocità di 1.500 metri al sec. Poi proseguiva… con un punto di caduta a 300 km di distanza dal luogo di partenza…La V2 era alta 14 metri col diametro di 165 cm.”

 Dato che Hitler non aveva molta fiducia in quell’arma, la costruzione era andata a rilento e per via delle solite ubbie naziste von Braun era stato perfino imprigionato con l’accusa di pensare solo ai razzi lunari. A guerra finita lo scienziato se l’è filata in Usa portandosi dietro 300 collaboratori. E lì finalmente s’è occupato dei razzi per la Luna.

• Nel 1944 si sperimenta anche una novità, la “ bomba a spillo” inglese. L’annuncia festosamente Radio Londra, dicendo l’hanno lanciata “per prova” in una città del Veneto, ossia Vicenza. Alle 10.40 sono passati circa 300 aerei scaricando una quantità impressionante di bombe a spillo. Ecco la testimonianza di un sopravvissuto, Domenico Tizian: “Mai viste scene di quel genere: le bombe non erano grandi, circa 60 cm, ma appena toccavano terra si frantumavano in migliaia di schegge, e la gente moriva dilaniata”.

 Un altro testimone, Giuseppe Prandina: “Una madre correva dietro il figlio colpito in più punti, che moriva come ballando, senza riuscire a cadere, in modo atroce. L’inferno.”

 

15 giugno 1944

259. Gli Usa bombardano il Giappone con i nuovi Boeing B 29, detti Superfortress e straordinaariamente efficienti

•  Lo scenario nello scacchiere del Pacifico ora sta cambiando in favore degli americani. Per la prima volta, dopo il raid del 18 aprile su Tokyo,  i loro aerei bombardano il Giappone, un attacco diurno ad alta quota su Yawata. Però i danni prodotti non bastano per fermare le industrie e sbattere a terra il morale e in più la caccia giapponese di dà troppo da fare. E’ anche noto che i piloti degli aerei americani che cadono vengono aperti e il loro fegato mangiato (lo ammetteranno al processo di Norimberga). Bisogna usare una tattica diversa: prenderà il comando il Generale Curtis LeMay e stravolgerà l’ultimo anno di guerra.    

 

Anni 1944/45

260. Mentre buona parte dell’umanità si dà da fare cercando nuovi modi per uccidersi a vicenda, c’è qualcuno che invece lotta per curare i malati

• Charles Brenton Huggins, canadese, decide di diventare uno scienziato clinico e ha un’intuizione geniale: gli ormoni possono controllare un tipo di cancro abbastanza diffuso, quello della prostata. Studia la malattia sui cani, che sviluppano lo stesso cancro, e si accorge della relazione tra la malattia e il livello di testosterone. Vede che un mezzo, sia pure drastico – ossia la castrazione - fa regredire il tumore. Comincia così a immettere nell’organismo del malato ormoni femminili, con buoni risultati e decide di dedicarsi all’urologia che arriva a considerare una scienza fondamentale, importantissima per ogni persona. E’ praticamente lui che la fonda, e diventa il Rettore dell’Acadia University, in Canada, dedicandosi alla ricerca.

• Poco prima Konrad Bloch aveva scoperto come e perché l’organismo formi il “killer delle arterie”, ossia il colesterolo, e nel 1964 prenderà il Nobel, ma poi ne verranno altri ancora che punteranno il dito accusatore sul colesterolo “cattivo”, detto Ldl e sui “trasportatori” che dal sangue lo trasferiscono nei tessuti. Però Bloch non dimentica le armi, e invece di occuparsi solo della salute, inventa un sistema di radioguida dei siluri perché puntino diritti sul bersaglio e non si lascino distrarre dal loro “dovere”.

 Durante la guerra i piloti tedeschi della Luftwaffe e i kamikaze giapponesi usavano un prodotto derivato dalle surrenali dei bovini ed Edward C. Kendall, ricercatore della Mayo Clinic di Rochester (USA), ha isolato 8 composti uno dei quali è un ottimo antinfiammatorio. Dopo di lui Lewis H. Sarrett ha sintetizzato il composto E, ossia quello che sarà chiamato “cortisone”.

 La cosa incomprensibile è il motivo per cui i kamikaze si curassero, visto che il loro “mestiere” era quello di suicidarsi.

 

1944

261. Il tedesco Artur Scherbius inventa “Enigma” una macchina che permette di scambiare messaggi con 15.576 codici praticamente indecifrabili, ma poi interverrà un inglese geniale

• Alan Turing, inglese, era il deus ex machina che i tedeschi inventando il codice “Enigma” non avevano previsto: Churchill affidò a lui un gruppo di menti brillanti che misero in piedi “Colossus”, il primo calcolatore capace di provare a enorme velocità tutte le combinazioni possibili fino a trovare il bandolo e a decifrare il codice “Enigma” che permetteva ai tedeschi di localizzare le navi alleate e affondarle. Ci fu anche “Mark1”, chiamato “Bessie”, che pesava 5 tonnellate, ma nonostante quella stazza faceva agilmente il suo lavoro.

 Alan Turing, intanto, studiava anche i primi computer. Alla fine gli Inglesi gli furono “così grati” per quanto aveva fatto, che l’hanno costretto al suicidio. Appena hanno saputo che oltre a essere intelligentissimo era anche gay, gli hanno lasciato due sole scelte: “o morire, o andare in galera a vita”. Forse c’era anche una terza scelta: farsi castrare.

 

1944

262. Tra quelli che non lavorano “contro” c’è il chirurgo olandese Willem G. Koliff: ha realizzato il rene artificiale che salva molte vite

• Willem G. Koliff progetta negli anni ’43 e ’44 una macchina che deve sostituire il rene ammalato, ma le prime vere sperimentazioni saranno fatte nel ’45, a guerra finita. La funzione del rene artificiale è quella di sottoporre i malati di uremia a una periodica filtrazione dell’urea dal flusso ematico. Un trattamento che oggi chiamiamo dialisi, anche se il vero nome è emodialisi (dialisi del sangue). Si pratica tre volte la settimana molto facilmente e consente ai malati di guadagnare anni di vita. Non moltissimi, purtroppo.

 

1944

263. Procedono gli studi sul DNA, avviati dal batteriologo Oswald Avery, ma già altri medici in passato avevano cominciato a capire qualcosa dell’acido “desossiribonucleico”

• Friedrich Miescher, medico svizzero, già nel 1869 aveva capito qualcosa maneggiando bende sporche e anche – incredibile! – sperma di salmone: aveva trovato una sostanza che chiamerà “nucleina”. Poi silenzio fino al 1900 quando Walter Flemming e un suo collega hanno scoperto i cromosomi, fatti di proteine e acidi nucleici. Ed ecco arrivare nel 1928 un frullato di batteri buoni e cattivi (questi ultimi portano la polmonite): Frederick Griffith li mescola e diventano cattivi tutti, per fortuna li ha già uccisi. Ma dove si nasconde la vita? Il chimico americano Phoebus Levene alla fine dell’Ottocento aveva però isolato uno zucchero – l’ha chiamato ribosio – originato dall’acido organico detto “ribonucleico”, poi anche un altro acido che ha un atomo di ossigeno meno del ribosio. Fuochino fuochino …

  All’inizio del 1944 il batteriologo americano Oswald Avery pubblica un geniale lavoro sulla genetica (Mendel al quale si devono le leggi sull’ereditarietà intanto è stato rivalutato) ma non ci bada nessuno: nel suo scritto Avery afferma che l’informazione ereditaria è nell’acido desossiribonucleico e che è quella la ‘molecola della vita’ di qualsiasi creatura.

• Se ne riparlerà con grande chiasso quando Watson e Crick, gabbando la collega cristallografa Rosalind Franklin (alla quale il ‘capo’ e compagno di stanza Wilkins ha sottratto l’immagine in cui già si intravvedeva la doppia elica e l’ha portata a loro di soppiatto) ne “scopriranno” la struttura nel 1953 e dopo due anni prenderanno il Nobel per questa trovata, senza neppure nominare la Franklin.

  Nella sua ‘Breve storia delle grandi Scoperte’ il giornalista scientifico Giovanni Caprara, commentando una foto di Watson e Crick giovani e ridenti, dice che sono un po’ ‘il gatto e la volpe della genetica’. A nostro parere ha proprio ragione.

 

Notte tra il 9 e il 10 marzo 1945

264. Sono le ore 00.15 e con la nuova tecnica gli USA incominciano a lanciare spezzoni incendiari su Tokyo per indicare i bersagli da colpire

 Alle h. 2.40 iniziano i passaggi di circa 300 B 29 che sganciano solo bombe incendiarie. Il bombardamento a tappeto ha un effetto spaventoso anche perché è alimentato da forti venti che creano un fronte la cui temperatura è 700° per un raggio di vari km. Quasi tutte le vittime muoiono dopo essersi trasformate in torce, mentre chi cerca di ripararsi nelle piscine e nelle fontane muore bollito. Le vittime sono circa 200 mila, secondo il Guinness Book of Records (anno 1970) ma gli americani ne calcolavano solo 83 mila: difficile contarle, sono incenerite e gli uffici anagrafici distrutti, impossibile fare un conto preciso.

 

23/25/29 maggio 1945

265 Sono avanzate tonnellate di bombe, che farne?

. Tonnellate di inutili bombe rimaste vengono sganciate verso la fine di maggio su Tokyo e Yokohama, così come capita, a piacere. Tanto oramai sono le ultime, prima del botto finale.

 

1945

266. Avanti tutta con le muffe: è la volta della streptomicina e nasce la parola “antibiotico” che per la penicillina non si era ancora usata

• Selman Waskman, biochimico russo-americano fa la prima sperimentazione sull’uomo con un nuovo antibiotico che battezza streptomicina perché viene da muffe del gruppo Streptomices. Dopo qualche anno diventerà la cura di base della tubercolosi e avrà molto successo. La prime fiale giungeranno in Europa dall’America subito dopo la guerra (anche la penicillina arriverà d’oltre oceano) e sarà accolta dai medici, ma soprattutto dai malati, con grande sollievo, anche se da principio è molto costosa.

  Per questa scoperta il biochimico Selman Waskman prenderà il Premio Nobel per la medicina nel 1952, ma in realtà la scoperta l’aveva fatta uno dei suoi studenti, Albert Schatz, il quale lo cita in giudizio e chiede almeno una parte del denaro. Sembra incredibile, ma il mondo scientifico si avventa contro di lui scandalizzato dal fatto che un allievo osi citare il proprio ‘capo’. Sottoposto a un feroce ostracismo il povero Albert non trova più nemmeno un lavoro e finisce per rifugiarsi in Sudamerica dove fa l’insegnante in una scuola secondaria.

 

1944

267. Il Giappone è alle sue ultime ore, l’America incalza

• Dopo la caduta delle Isole Marianne nel luglio del 1944, la sconfitta del Giappone appare piuttosto inevitabile. L’impero nipponico è stato ripetutamente battuto dalle forze aeree alleate e anche pesantemente bombardato: il solo raid su Tokyo nel marzo del ‘44 ha ucciso circa 90 mila persone e ne ha ferite più di 160 mila; un secondo attacco aereo nel maggio dello stesso anno ha provocato 83 mila vittime. Inoltre, un blocco navale impedisce l’importazione di materie prime e quindi la possibilità di produrre materiale bellico. Per di più, nel maggio 1945, la resa della Germania consentirà agli alleati di concentrare truppe e risorse sul fronte del Pacifico.

 

1945

268. Nell’aprile 1945 muore Franklin D. Roosevelt, e il suo vice Harry S. Truman diventa Presidente degli Stati Uniti. 

• Harry S. Truman - vice di Roosevelt - alla sua morte avvenuta il 12 aprile diventa Presidente degli Stati Uniti e viene informato con ogni dettaglio sul Progetto Manhattan e quindi sulla costruzione della bomba atomica. Truman decide immediatamente di usarla contro i Giapponesi. Sostiene di avere capito benissimo non solo l’importanza, ma anche l’effetto degli ordigni nucleari “per le iniziative diplomatiche e militari presenti e future”. Parole sue. Dichiara che il bombardamento avrebbe portato a una risoluzione rapida della guerra. Comunque il 26 luglio 1945 lui e gli altri capi di Stato Alleati stabiliscono, nella Dichiarazione di Potsdam, i termini per la resa del Giappone. Il giorno dopo i giornali giapponesi riportano la dichiarazione, il cui testo viene diffuso anche radiofonicamente in tutto il Paese, ma il governo militare la respinge. Il segreto della bomba atomica era ancora custodito, e della sua esistenza nella dichiarazione non si parla.

La decisione però è oramai presa.

 

16 luglio 1945

269. Primo test nucleare nel Nuovo Messico, sotto gli occhi degli scienziati, tra cui Enrico Fermi

• Il primo test nucleare della storia è il Trinity, e avviene al poligono di Alamogordo, nel deserto di Jornada del Muerto (un nome davvero adatto!) nel Nuovo Messico, USA, il 16 luglio 1945 alle ore 5.29 e 45 secondi nell’ambito del Progetto Manhattan.

  La bomba atomica era stata costruita nei laboratori di Los Alamos (Nuovo Messico) da un team multinazionale di scienziati, che lavoravano al Progetto. In questo team, guidato da Robert Oppenheimer, c’era anche Fermi, mentre il capo dei militari era il generale Leslie Groves. Tutti si ripararono ben bene e si tennero abbastanza lontani dal punto dell’esplosione, anche se non si rendevano pienamente conto di quanto sarebbe potuto diventare radioattivo tutto l’ambiente. Da incoscienti, molti stavano a non molta distanza e guardavano, ma si è saputo poi che Oppenheimer a un certo momento ha gridato “via, via, allontanatevi e non guardate il punto dell’esplosione, fa male agli occhi”. Poi, rivolgendosi a quelli che aveva accanto, ha detto: “Ora si può fare, no?” Infatti …

 

6 agosto 1945

270. E’ mattina e fa quasi bel tempo sulla costa meridionale del Giappone, dove nessuno immagina che stia arrivando la fine

• La scelta del 6 agosto si basa sul fatto che nei giorni precedenti diverse nubi stratificate coprivano la città, mentre il giorno dell’attacco il tempo  previsto è migliore. Decidono di far decollare, prima della missione vera e propria, un B-29 senza armamento, il cui compito è quello di indicare al comando la situazione del tempo sopra le città della zona. Altri due B-29 stanno già volando e dopo poco ricevono l’ok per sganciare la bomba su Hiroshima, la città “prescelta”. Tutti i dettagli, la pianificazione della tabella di volo e l’armamento della bomba con i suoi 60 kg di 235U (uranio 235) erano stati studiati nei minimi particolari. Così tutto si svolge come era stato stabilito a tavolino.

 •  Un’ora prima del bombardamento, la rete radar giapponese lancia un allarme, rilevando l’avvicinamento di un gran numero di velivoli americani diretti nella zona meridionale del Giappone. L’allarme viene diffuso anche attraverso trasmissioni radio in moltissime città nipponiche e fra queste anche Hiroshima. Gli aerei si avvicinano alle coste dell’arcipelago giapponese a una notevole altezza, ma poco prima delle 8.00, la stazione radar di Hiroshima comunica che il numero di velivoli è basso, forse non più di tre, perciò l’allarme aereo viene ridimensionato (il comando militare giapponese infatti ha deciso, per risparmiare carburante, di non far alzare in volo i propri aerei quando le formazioni aeree americane sono piccole). Ecco i tre aerei: i bombardieri Enola Gay, The Great Artiste, e un altro, in seguito chiamato Necessary Evil, cioè "Male necessario" (ma l’unica sua funzione sarà quella di documentare fotograficamente gli effetti della bomba). Così il normale allarme aereo non entra in funzione.

•  Alle 8.14 e 45 secondi, l’Enola Gay sgancia la bomba chiamata "Little Boy" sul centro di Hiroshima. Immediatamente dopo fa un’inversione di 178°, allontanandosi alla massima velocità possibile per i 4 motori a elica. La bomba esplode a 580 m dal suolo, con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni, uccidendo sul colpo tra le 70.000 e le 80.000 persone. Circa il 90% degli edifici viene raso al suolo e tutti i 51 templi pressoché polverizzati.

  Testimone oculare del bombardamento di Hiroshima fu il padre gesuita e futuro Generale dei Gesuiti Pedro Arrupe, in missione presso la comunità cattolica della città che cercherà di aiutare i sopravvissuti. Scrisse poi: «Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8:15, quando vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un’esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per vedere meglio. La città era in rovina: di fronte a noi c’era una Hiroshima decimata. E siccome accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un’enorme vampa. Non dimenticherò mai la prima vista di quello che fu l’effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l’una all’altra trascinavandosi lungo la strada. Continuammo a cercare qualche modo per entrare in città, ma fu impossibile. Facemmo allora l’unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle ginocchia e pregammo …”

 

9 agosto 1945

271. Gli Stati Uniti, o meglio Harry Truman, non perdono tempo: 72 ore dopo la distruzione di Hiroshima è la volta di Nagasaki

Sono le 11,52 e soltanto 72 ore separano i Giapponesi dalla distruzione di Hiroshima: a Nagasaki non pensano che stia per toccare a loro ma gli Americani vogliono la resa, e la vogliono subito. Non bisogna solo colpire il nemico, bisogna terrorizzarlo. Così, dopo aver scaldato i motori, il bombardiere B-29 Bockscar decolla dall’isola di Tinian – il comando militare USA è nel Pacifico - con a bordo una bomba al plutonio soprannominata Fat Man: un mostro di cinque tonnellate capace di scatenare un’esplosione da 21 chilotoni. Nella coltre di nubi che sovrasta la città di Nagasaki – questa volta gli USA non badano al maltempo - si apre uno spiraglio. Sotto la carlinga del bombardiere americano, 9000 metri più in basso, appaiono i capannoni del quartiere industriale Urakami. Oltre ad ospitare alcune fabbriche di munizioni, la zona è anche sede del Nagasaki Medical College, di parecchie scuole, edifici pubblici e abitazioni civili. Due terzi della città. Un bersaglio strategico, popolato da 250 mila persone, scelto espressamente per annientare il morale del nemico.

  La bomba atomica esplode a 500 metri dal suolo, investendo la zona sottostante con un’esplosione che polverizza completamente gli edifici e uccide all’istante qualsiasi essere vivente nel raggio di un chilometro. L’aereo scompare tra le nubi. Dopo il primo impatto, la vampata di calore e l’onda d’urto generate dalla deflagrazione radono al suolo l’80% degli edifici che si trovano entro i 2 km, mentre gli effetti della bomba arrivano fino a 15 km di distanza, causando crolli e incendi.

•  Sei giorni dopo, il Giappone si arrende senza condizioni ed è la fine della Guerra. Ma la ferita causata dal bombardamento atomico è ancora aperta. Gli effetti delle radiazioni hanno continuato a decimare la popolazione anche dopo il 1945 per anni e anni, facendo altri morti, o feriti e contaminati irrecuperabili. Secondo il matematico Tadatoshi Akiba, Fat Man ha causato, solo fino al 1983, almeno 140 mila vittime, quasi tutte civili. Qualcuno si è chiesto “ma come hanno potuto gli Americani commettere un simile sterminio?” La risposta è stata: “Cominciava la guerra fredda con i Russi. Volevano avvisarli …”  mangiavano

 

Ottobre 1945

272. Arthur C. Clarke che tutti conoscono come un ottimo scrittore di fantascienza  inventa i satelliti geostazionari

• Arthur Clarke, fisico inglese, ha un mare di fan in tutto il mondo e i suoi libri sono una via di mezzo tra le intuizioni futuristiche e la scienza. Chi non ricorda “2001, Odissea nello spazio”? Negli anni ‘45/’46 ebbe un’idea che avrebbe rivoluzionato il mondo delle telecomunicazioni e in seguito anche della Tv.

 L’idea di Clarke era questa: utilizzare i satelliti artificiali collocandoli nello spazio perchè servissero da ripetitori. Sarebbero stati molto più potenti di quelli impiantati su una collina o messi su un traliccio. Si basava sul fatto che esiste un’orbita “geostazionaria” sulla linea dell’equatore, a 36.000 km di altezza. Faranno il giro in 24 ore precise e si potranno considerare ponti radio permanenti. Chi li guarda dalla Terra li vede immobili rispetto all’orizzonte perché si muovono in sincronia con la rotazione terrestre. Secondo lui al pianeta ne bastano tre per assicurare agli umani una copertura di telecomunicazioni mondiale, poli esclusi. Allora sembrò un sogno pazzesco, ma entro un po’ di anni – vedremo quando – il sogno diventò realtà. Però non molti sanno che il merito è dello scrittore di fantascienza Arthur Clarke.

 

1946

273. Il computer che conosciamo oggi ha subito tanti cambiamenti che se vedessimo il primo lo prenderemmo per un intero ufficio in cui non sapremmo dove mettere le mani

• John von Neumann, geniale matematico americano-ungherese, dirige il progetto che va avanti da tempo per costruire un computer all’Istituto di studi avanzati dell’Università di Princeton. Partecipano anche altri, perfino Robert Oppenheimer, e poi Herman e Adele Goldstine e Julian Bigelow. Il progetto in parte è frutto della scienza e in gran parte della tecnologia. Si chiama EDVAC 1 (Electronic Discrete Variable Automatic Computer). Basta parlare la sua lingua, ossia esprimersi in codice binario e lui, il computer, non solo elabora i dati che gli vengono forniti, ma risponde ed esegue molte operazioni matematiche. Entrerà in funzione nel 1952.

 

1947/1948

274. Procede grazie a un chimico americano lo studio del C14  (Carbonio 14) su cui si baseranno i geologi del futuro per datare la materia che un tempo era vivente

• Willard Frank Libby, chimico statunitense, scopre che un isotopo radioattivo del carbonio, e precisamente il 14 (significa che ha 14 neutroni), può dirci quanti anni aveva al momento della morte l’organismo che lo possedeva. Il C14 è presente nell’anidride carbonica dell’atmosfera e viene assunto in continuazione da ogni essere vivente, ma quando la vita finisce comincia a decadere. Conoscendo il periodo di dimezzamento di un atomo radioattivo (5.730 anni) e confrontandolo con il C12 che è stabile, si può calcolare quanti anni aveva l’organismo – pianta, o animale – al tempo della morte.

  Ovviamente è indispensabile che ci sia della sostanza organica, che purtroppo tende a decomporsi e a conservarsi, nei resti fossili, in quantità minima. Se passano 60 mila anni, il C14 sparisce del tutto e il reperto non è più databile. Tanto per essere chiari: le ossa dei dinosauri non si datano più. Nel 1960 a Libby verrà dato il Nobel.

  Nel frattempo si prepara la fondazione IUCN (International Union for the Conservation of Nature), organizzazione internazionale indipendente che vuole promuovere e avviare la conservazione della fauna, della flora, degli habitat e delle risorse naturali di tutto il mondo. Nascerà nel 1948.

 

Anni ‘50

275. Il gruppo originario dei fisici di via Panisperna si era disperso, molti erano fuggiti verso l’America a causa delle leggi razziali, ma ora il gruppo si sta riformando

• Torniamo a Carlo Bernardini, fisico e divulgatore scientifico, che ha narrato tutta la storia italiana dell’atomo sulla rivista Analysis, spiegando come i primi passi fossero stati mossi negli anni 30 e citando gli eventi successivi. Poi, “subito dopo la guerra, nei secondi anni ’40 del ‘900, Edoardo Amaldi aveva ripreso la sua prodigiosa azione di ricucitura dei brandelli di ricerca ancora disponibili. Due le possibilità: o continuare sulla fisica dei nuclei, che però era stata portata ai risultati più spinti già dalla realizzazione della bomba; oppure dare vita a una fisica delle alte energie utilizzando i raggi cosmici (…)”

  Vale la pena di seguire la storia che lui racconta, da ottimo scrittore qual è: “E qui avvenne il prodigio… assumere giovani, neolaureati in fisica o in ingegneria a cui offrire un futuro che poteva essere gratificante se ‘ce l’avessero messa tutta’… I Grandi Maestri davano un’impareggiabile copertura: Edoardo Amaldi in primo luogo, con Gilberto Bernardini … ai due dobbamo la nascita dell’autonomo INFN, l’Istituto di Fisica Nucleare che esce dalla costola del CNRN, a sua volta figlio del CNR di Vito Volterra. Era tornato Enrico Persico dal Canada; il compagno di scuola di Fermi era già conosciuto come il più rinomato professore di fisica teorica in Italia, ma venne anche arruolato da Salvini per guidare un gruppo embrionale che farà (con Angelo Turrin, Giorgio Sona e me stesso) tutti i calcoli necessari alla costruzione di un elettrosincrotrone.” Quel sincrotrone è, in nuce, il grande collisore che nascerà a Ginevra, l’LHC. Ora a Frascati si chiama ADA (anello di accumulazione) e serve allo studio delle particelle subnucleari. Sono giovani, quasi tutti poco più che ventenni, “l’entusiasmo guida le menti e l’impegno come un miracoloso peperoncino”, scrive Bernardini. “Costituivamo una sfida, un miraggio, una speranza. Da quell’impresa dipendeva il consolidamento del Paese nella comunità scientifica internazionale.” L’attrattività dei laboratori era misurata dalla fama dei visitatori che venivano da tutto il mondo a documentarsi sui risultati delle nostre ricerche. Tutti volevano vedere e consigliarci. Erano estremamente incoraggianti ... C’era perfino un giovane collega russo, Sergei Elsine di Tomsk, che pochi anni dopo ci fece vedere una copia del ‘nostro’ sincrotrone, già funzionante, lì al bordo della Siberia.”

• Insieme con questi grandi fisici, come Italo Federico Quercia, Bruno Touschek, Giorgio Ghigo, Roberto Habel, Romano Toschi e molti altri, era cresciuto un personale tecnico che aveva condiviso ogni impresa, dando un contributo straordinario di abilità e inventiva: per esempio Rino Piredda, Attilio Lupoli, Stanislao Stipcic, Guido di Stefano e altri.

E’ lo staff dei futuri laboratori di Frascati che nascerà nel 1957. All’interno dei vari laboratori si formò il laboratorio ‘gas ionizzati’ che doveva arrivare alla fusione: cioè trarre fuori energia dall’idrogeno, praticamente infinita e a costo zero e inquinamento zero. Tre nomi: Bruno Brunelli (direttore), il professor Ugo Ascoli Bartoli, l’anima della ricerca legata alle diagnostiche strumentali e - di tanto in tanto - arrivava dall’America il professor Franco Rasetti grande fisico del gruppo di via Panisperna. Ora è il fotografo scientifico dei laboratori, Giancarlo Mancori, che ci racconta una storia curiosa: dice che Rasetti era anche un grande paleontologo e botanico. Così, tra uno studio e l’altro, andava a fotografare le orchidee selvatiche del Lazio con lui.

  Era un bel periodo, pieno di speranze … Nel 1959 Ascoli Bartoli fu il primo fisico al mondo a misurare la densità elettronica di un RF plasma usando un interferometro ottico. Negli stessi laboratori la ricerca sulla fusione da parte dell’Euratom era diretta dal professor George J. Linhart, un fisico che stava realizzando la fusione al torio, ma per decisioni politiche straniere (c’è sempre sotto qualche motivo d’interesse) venne poi ridotta drasticamente, anzi fermata.

Il fatto è che finché ci sarà il petrolio gli altri tipi di energia dovranno sempre rimanere al palo.

 

Anni 1950

266. La prima persona a capire che nel Sole e in tutte le stelle dell’universo c’è l’idrogeno è stata l’astronoma Cecilia Payne, ma per molto tempo non le ha creduto nessuno …

• Cecilia Payne era un’astrofisica inglese di cui avremmo dovuto già parlare perché è arrivata negli USA, ad Harvard, negli Anni Venti, cominciando subito a dire che nelle stelle doveva esserci ben altro, oltre il ferro, ma nessuno scienziato le ha dato retta. Per loro nel Sole e nelle altre stelle, come sulla Terra, c’era solo tanto ferro e basta. Lei invece s’è ostinata e ha ‘letto fra le righe’. Sì, proprio fra le righe dello spettrografo (quelle di Fraunhofer, v. 54) e ha capito che il Sole non poteva erogare tutto quel calore grazie al ferro, come sostenevano gli altri astronomi. Nel Sole, in ogni secondo, avvengono esplosioni della forza di almeno 100 milioni di bombe atomiche: la formidabile E=mc² di Einstein non vale solo per i fenomeni terrestri ed è molto deprimente pensare che il primo uso che ne ha fatto l’umanità sia stato per distruggere due città piene di gente.

• Gli astronomi a volte avevano avuto il dubbio che l’uranio o qualcosa del genere fosse coinvolto nella combustione: il Sole mica poteva andare a carbonella, questo lo capivano. Però, trovando solo ferro nelle righe nello spettroscopio, si erano convinti che in qualche modo il merito fosse suo: ce n’era tanto nelle stelle, perfino più che sulla Terra. Purtroppo però era un elemento che si prestava poco a farsi utilizzare dall’Equazione, ma secondo loro non c’era scelta. O almeno così credevano.

Anni dopo anche l’importante astronomo-capo Henry Norris Russell ha capito che l’idrogeno c’era davvero e ha riconosciuto nel suo rapporto che la Payne aveva avuto ragione. Per questo ricordiamo questi fatti solo oggi, tempo in cui c’è una certa ‘rivincita’ femminista, a volte perfino un po’ eccessiva, e si nomina più lei che Russell.

 

1950

267. Il computer di Zuse non diventa maggiorenne, ma continua a crescere

• E’ ancora Konrad Zuse che fa crescere il pc: nasce  la prima unità a nastro e si inventa la “interfaccia a schermo”, mentre il primo hard disk venne fatto sei anni dopo.

 

1951

268. Un biologo americano studiando il ruolo degli ormoni femminili nel meccanismo dell’ovulazione inventa la pillola anticoncezionale

• Gregory Pincus, biologo statunitense, scopre che un ormone – il progesterone, che aiuta l’embrione a ‘fare tana’ nell’utero una volta iniziata la gestazione - inibisce le ovulazioni successive. La sua trovata è quella di riprodurre farmacologicamente quel che succede nella donna incinta. Studia così un’associazione di estrogeni e progesterone che bloccherà una eventuale gravidanza: infatti lei non resterà incinta perché dal punto di vista clinico ‘lo è già, ma senza esserlo’. Prima che la Pillola Pincus nel 1961 entri in commercio, se ne avvantaggeranno le “cavie” haitiane, portoricane e californiane che non vogliono correre  rischi. Sarà una bella spinta all’amore libero e senza grattacapi.

 

1952

269. Nel dicembre del 1938 a East London, in Sudafrica, s’era trovato un ‘fossile vivo’ e lì per lì è passato sotto silenzio, ma in realtà è il più importante ritrovamento zoologico del XX secolo

• Marjorie Courtenay-Latimer, giovane conservatrice dell’East London Natural History Museum del luogo, la mattina del 22 dicembre 1938 viene chiamata al telefono dal porto. Le dicono che il capitano della Nerine, Gosen, ha messo da parte un certo esemplare per lei. Quando arriva sul ponte guarda e dice: “Peccato, non vedo nulla di nuovo”, ma poi si ferma interdetta: “E questo cos’è?” – “Beh, tesoro – le risponde un vecchio marinaio scostando gli altri pesci e scoprendone uno grosso almeno un metro e mezzo, bluastro e con macchie argentee iridescenti – questo ha cercato di mordere la mano del capitano mentre lo stava esaminando nella rete a strascico. Era venuto su con una tonnellata e mezzo di pesce oltre a tutti questi pescecani…” – “E’ così strano – dice lei - che me lo porto al Museo.”

 Mentre il pesce avvolto in formaldeide moriva, Marjorie si rivolse all’unico ittiologo del Sudafrica, James L.B. Smith, mandandogli le fotografie e anche un disegno, ma il plico arrivò solo il 3 gennaio. Lui restò senza fiato. “Mi scoppiò una bomba nel cervello … quel pesce doveva essere estinto da almeno ottanta milioni di anni. Era un celacanto, o mi sbagliavo? E se era quello, forse aveva incontrato i dinosauri. Purtroppo mi riuscì di partire per andare a vederlo solo sei settimane dopo.”

 Lo battezzarono Latimeria (dal cognome di Marjorie) Chalumnae dal luogo del ritrovamento. Smith il 18 marzo 1939 pubblicò un articolo su “Nature” intitolato “Un pesce vivente dell’era mesozoica” e altri giornali se ne occuparono senza capirne molto. Quelli che non erano d’accordo con l’evoluzionismo di Darwin ne fecero una bandiera. “Questo pesce ha mantenuto inalterate le caratteristiche che aveva nel Devoniano superiore, quasi 400 milioni di anni fa.”  Ma poi venne la guerra.

• I celacanti erano importantissimi perché i paleontologi riconducevano a loro le origini degli anfibi, dei rettili, degli uccelli e di tutti i vertebrati terrestri, noi compresi. Nel 1952 Smith organizzò una grande spedizione pensando che se ce n’era uno potevano essercene altri. E su tutti i muri comparve una specie di WANTED: 100 sterline di ricompensa a chi lo trova (più o meno una vincita alla lotteria) e ci mancava solo DEAD OR ALIVE, vivo o morto. C’era la sua immagine e la scritta in tre lingue. Molti tra il 1952 e il 1956 corsero alle Comore, “Life” pubblicò un bel racconto con la vicenda del francese Jacques Stevens che finalmente ne incontra uno vivo a 40 m. di profondità e riesce a fotografarlo, però non lo prende. Ne furono trovati davvero anche altri, e oggi fra tutte le specie in pericolo nel mondo la Latimeria chalumnae, ossia il celacanto, è l’unica la cui estinzione dopo centinaia di milioni di anni può capitare solo per colpa degli scienziati che lo cercano e lo vogliono imbalsamare.

 Corre anche un altro grave pericolo: è un pesce oleoso, di sapore immangiabile, ma il suo olio è lassativo. Alle Comore, che sono in crisi economica, li pescano frenetici. Per venderseli come purganti.

 

1953

270.  L’importanza del DNA comincia a chiarirsi anche se non si riconosce alcun merito alla studiosa che l’ha individuato

• Rosalind Elsie Franklin meritava il Nobel, ma non l’ha avuto. Fin da1951 lavora al King’s College di Londra, diretto da Maurice Wilkins, e la sua specializzazione è la diffrazione dei raggi X che consente di analizzare la struttura di molecole anche di grandi dimensioni. La Franklin si dedica allo studio del DNA di cui ottiene, proprio usando la tecnica della diffrazione, un’immagine sfocata, ma nella quale è possibile intravvedere – senza alcun dubbio – la struttura a elica del DNA e in particolare della cosiddetta forma A. Però nessuno lì per lì dà molta importanza alla scoperta, è come se non l’avesse fatta.

• Nel 1951 il biologo-zoologo americano James Watson inizia la sua collaborazione al Cavendish Laboratory dell’Università di Cambridge, dove incontra il fisico Francis Crick. Tra i due si stabilisce una stretta collaborazione, e il campo di studio che li accomuna è proprio la struttura del DNA. Sembra che i due abbiano ipotizzato il modello a doppia elica, ma necessita di qualche fondamento sperimentale in più.    A fornirglielo – senza saperlo – sarà proprio la Franklin. Infatti Wilkins prende - senza dirglielo - l’immagine che lei aveva ottenuto e nel corso di un convegno che si svolge alla Stazione Anton Dohrn di Napoli la mostra a Watson, mentre il biologo Max Perutz, direttore del Cavendish Laboratory, dà ai due una copia del rapporto in cui la Franklin presenta un’elaborazione matematica dell’immagine.

 Ed ecco che il 25 aprile del 1953 sulla rivista “Nature” compare un articolo in cui Watson e Crick dicono di avere identificato la struttura a doppia elica del DNA. Nell’articolo non si fa alcun cenno alla Franklin e nessuna sua pubblicazione verrà elencata tra le 98 citate dai due  compari quando, nel 1962, prenderanno il premio Nobel con Maurice Wilkins per avere scoperto il “disegno” del DNA. Rosalind muore il 16 aprile 1958 all’età di 37 anni per un tumore molto probabilmente provocato dalla continua esposizione alle radiazioni X durante le lunghe ricerche, che frutteranno il Nobel al “Gatto e alla Volpe della genetica” (come li chiama il giornalista scientifico Giovanni Caprara).

 

1953

271. C’è anche chi riesce a prendere due premi Nobel: è il biochimico che ha capito la struttura molecolare di una proteina

• Si chiama Frederick Sanger, è un biochimico inglese e lavorando sull’insulina apre la strada alla biologia molecolare (non è che altri non ci avessero pensato: ricordate Kekulé e il serpente che diceva di avere sognato?), ma lui va ancora avanti e dopo la scoperta del DNA decifra la sequenza delle quattro basi chimiche della molecola che porterà a scoprire il grandioso progetto del genoma umano. Lo seguiranno, sviluppando le scoperte sul meccanismo che fa funzionare le risposte immunitarie, Peter Medawar e Frank Burnet, ai quali si devono gli studi sulle terapie immunitarie e quelle che permetteranno di evitare i rigetti nei casi di trapianto: una snocciolata di premi Nobel: due per Sanger e uno per uno a Medawar e Burnet. Ma quanti soldi aveva lasciato quel benedetto Nobel? Oppure il notaio a cui li ha consegnati è così in gamba che li ha fatti fruttare alla grande?

 

21 gennaio 1954

272. Il primo sottomarino nucleare viene varato dalla base di Groton nel Connecticut e tutti credono che il nome nasca dal Nautilus di Julius Verne, ma è una frottola

• Robert Fulton fu l’imprenditore che ai primi dell’800 tentò di costruire alcune imbarcazioni sottomarine di cui una - che aveva chiamato Nautilus ispirandosi al mollusco cefalopode - suggerì a Verne il nome per la fantascientifica nave di “Ventimila leghe sotto i mari”, ma chissà da quale dei due ha preso il nome il primo sottomarino nucleare americano. Il sommergibile costò 50 milioni di dollari e fu varato nel gennaio del 1954. Aveva dei motori che potevano contare su una fonte di energia pressoché illimitata e viaggiare a più di venti nodi.

 Il Nautilus USA – voluto anche dall’ammiraglio Chester Nimitz che in seguito darà il nome a un’altra nave – parte da Groton nel Connecticut al comando di Eugene Wilkinson e fa 1380 miglia senza risalire. Le prime barre di uranio saranno cambiate dopo due anni. Anche la Russia prepara il suo sottomarino atomico che varerà nel 1958 e battezzerà Lenin.

 

1954

273. Viene ritrovata un’antica imbarcazione egizia sepolta nei pressi della Grande Piramide di Cheope, a Giza

• Il faraone Cheope nel 2580 a.C. forse era stato trasportato nella dimora dei morti con quella barca, lungo il Nilo. Gli esperti hanno impiegato – lo racconta la rivista “Storica” con dovizia di notizie e di illustrazioni – ben 14 anni per ricomporre il puzzle di 1200 pezzi di cui era fatta l’imbarcazione, ricorrendo a materiali usati allora, picchetti di legno, corde di paglia, papiri.

 La barca ‘solare’, secondo le credenze egizie, era il mezzo con cui l’anima del faraone, accompagnata dal dio Ra, partiva per il regno dei morti, dove sarebbe stata giudicata. La barca quindi bisognava lasciargliela, così non doveva cercare mezzi di trasporto poco adatti a un grande faraone. Però bisognava dissotterrarla … o forse l’avevano solo appoggiata lì in attesa che Cheope fosse pronto per il viaggio, ma i millenni intanto passavano e la sabbia l’aveva sepolta.

 

1954

274. Il mistero dei buchi neri che inghiottono tutto, perfino le equazioni di Einstein, come risulta dopo vari tentativi di svelarlo

• I famosi astronomi John Michell e Pierre Simon de Laplace già nel ‘700 avevano ipotizzato i buchi neri (dopo aver trascorso, pare, la serata alla taverna le Trou Noir di Parigi dissertando sulla quadratura del cerchio (ma non badiamo ai secoli, per la scienza il tempo non esiste, tutto è contemporaneo). Dunque i buchi neri sarebbero stelle che non si vedono (per ora), però si possono intravedere dopo due fiaschi di Bordeaux. Non si sa bene se esistano e perché (un buon esempio sarebbe la classe politica), ma non vanno confusi con le “stelle di neutroni”, dagli atomi così compressi che un cucchiaino della loro terra pesa tonnellate… però anche i loro atomi sono molto compressi, ma può darsi che se li siano  già mangiati.

 Nulla si sa del loro interno, li possiamo solo immaginare come vortici che ruotano nel nostro universo (un ibrido fra la centrifuga di una lavatrice e un aspirapolvere). Però nel loro interno fino a un certo punto le equazioni di Einstein continuano a dirci qualcosa, per esempio che tutta la materia caduta dentro va verso il centro e pare che lanci strida di orrore in forma di raggi x, anzi γ (anche la gente lo fa, stride sempre quando cade, si frattura e poi le fanno i raggi x). Cosicché, paradossalmente, i buchi neri sarebbero “vuoti” a partire dall’orizzonte degli “eventi” (che è sul bordo del buco) tranne che per il centro (dove c’è di tutto, pentole, asciugamani, lattine, fette di prosciutto, pantofole e  perfino una foto del duo di Piadena), e dove forse esiste un punto di densità infinita. Ma è proprio qui che le equazioni di Einstein falliscono (eppure noi le abbiamo controllate più volte e ci sembravano giuste) infatti anche lui diceva che i buchi erano cose da pazzi e non ci credeva perciò non sappiamo proprio nulla di quella che potrebbe essere la parte più interessante. L’astronomo Karl Schwarzchild  (che vanta nel nome ben 10 consonanti su 12 lettere), nell’ultimo mese della sua vita - era in guerra e pure malato - calcolò il raggio eventuale di un buco nero  e lo scrisse a Einstein, ma chissà se il nostro genio ha fatto in tempo a rispondergli anche perché quell’argomento lo faceva incavolare.

 Oggi non ne sappiamo molto di più, però nominiamo quella misura lì ‘il raggio di Schwarzchild’  (se si fosse chiamato Schwarzloch – ‘buco nero’ in tedesco - sarebbe stato il perfetto “nomen omen”) . E spesso diventa difficile distinguere tra un buco nero - eventuale - e una stella di neutroni, il cui raggio sarebbe il doppio o il triplo di quello del buco nero, dicono, per cui non è il caso di soffermarsi troppo su questi mostri, che servono solo a spaventare gli astronomi e a farli litigare furiosamente lì sull’orlo della ‘singolarità’ che si chiama così e basta (a volte ti mettono certi nomi, quando nasci, che poi ti tocca portarteli per tutta la vita). Solo Stephen Hawking ne parla chiaramente, dicendo una cosa un giorno e l’opposto il giorno dopo (specialmente se trascorre la serata in compagnia di Michell e Laplace a le Trou Noir) e la penultima è che non esistono (lo scrive su “Nature” nel 2014 ma tanto il tempo non è reale), mentre l’ultima è il contrario “Ce ne sono a miliardi!”. Comunque vada, per noi i Buchi Neri restano un denso mistero da diluire. Proveremo a farlo nella Via Lattea con un po’ di zucchero.

 

1954

275. America dei miracoli: fanno davvero in fretta a cambiare le cose, ora nasce la radiolina nuova e la comperano tutti

• Il giornalista Antonio Angeli racconta su “Il Tempo” come fu - una sessantina di anni fa - l’ingresso della radiolina nel mondo. Gli abbiamo chiesto il permesso di prendere in parte la sua storia per farvela leggere (magari vi è sfuggita ed è un peccato): “Improvvisamente la radio cambia: non è più un mobile ottocentesco che sbuffa, fischia e per spostarlo ci vogliono due facchini. Diventa tascabile, è elegante, colorata, non scalda e non ha fili. Nasce l’era dei transistor…”

 Siamo in ottobre, in vista del Natale, la Texas Instruments decide di lanciare la prima radio tascabile (obbligo per i produttori che entri nel taschino della giacca). Costa 49,95 dollari, senza batterie, un mese di stipendio di un onesto artigiano. Ma i 150 mila pezzi vanno a ruba e a Dallas dovranno intensificare la produzione per smaltire gli ordini. Il segreto si chiama transistor: abbreviazione di Transconductance varistor. Un oggettino prezioso per la nascente elettronica che permette di fare gli apparecchi più piccoli e più potenti. All’inizio il transistor era un progetto militare che fu sviluppato da tre professori: William Shockley, John Bardeen e Walter Brattain. Studiando le caratteristiche del silicio misero a punto il dispositivo e presero il Nobel.

 • “Il vero segreto dei ‘transistori’ (come li chiameranno per un po’ in Italia) è che oltre a essere eccezionalmente piccoli, consumano poco… Con il passaggio dalle vecchie valvole termoioniche grandi come lampadine ai transistor, piccoli come un fiammifero, il fabbisogno di energia diventa minimo …” E non hanno bisogno di scaldarsi. “Quella Regency Tr-1, andata a ruba, è un po’ la nonna degli smartphone e l’antenata di tutti i dispositivi di comunicazione portatile… e fu come una scintilla dalla quale nacque un gigantesco fuoco d’artificio: dopo la radiolina portatile arrivarono i giradischi, gli impianti stereofonici, la diffusione di massa della televisione che divenne a colori e alla quale si collegò poi l’alta fedeltà, creando l’home theatre. Parallelamente si sono sviluppati i computer, prima grandi, pesanti, poi portatili e infine sono arrivati gli smartphone così simili, per portabilità, a quella prima radiolina da tasca.” Ecco, è detto tutto, non c’è altro da sapere.

  No, qualcosa c’è: uno dei tre professori, William Shockley, rivelò di avere consegnato un campione del suo sperma a una banca perché lo mantenesse congelato finché “una donna di elevata intelligenza” non l’avesse chiesto per farsi inseminare. E’ ancora lì.

 

1954

276. In America ora si sta lavorando per un uso pacifico dell’energia nucleare, ma bisogna scipparla ai militari

• Il presidente Eisenhower lancia il programma “atoms for peace”, atomi per la pace. Con questo programma si apre la terza età dell’energia nucleare nel mondo. La prima era stata quella della ricerca pura al tempo di Einstein e di Fermi. La seconda è l’applicazione pratica solo a scopi militari, culminata con la bomba e poi con il sommergibile nucleare Nautilus. La terza è questa, che forse condurrà a centrali sparse qua e là nel mondo.

 Per un po’ la guerra fredda tra USA e URSS sembrava potersi intiepidire grazie a un incontro Eisenhower-Krusciov a Parigi, ma poi con la storia dell’aereo-spia americano - l’U-2 abbattuto dai Russi - era tornata a congelarsi. Un ex-pilota sovietico, Igor Mentyukov, dopo molti anni ha raccontato a un giornalista del “Trud” che l’aereo americano non era stato proprio abbattuto ma che lui, senza alcuna arma, solo con la scia del suo caccia Sukhoi Su 9, aveva fatto vibrare le ali dell’U-2 tanto da spezzarle. “La corrente d’aria della mia scia andava a 180 metri al secondo quando ho sorpassato Gary Powers e le sue ali sono andate”. Comunque l’ordine di abbattere gli aerei spia l’avevano avuto e chiarissimo. Quella vicenda è stata determinante per il ritorno del gelo tra le due potenze, che alla fine – diciamolo pure - tenevano in equilibrio il mondo.

• Nel frattempo Eisenhower ha passato il nucleare ai civili. Gli industriali immaginano subito che l’atomo dia la possibilità di produrre energia a basso costo, senza più dipendere dai combustibili tradizionali come il carbone e il petrolio. Così l’industria energetica americana si impadronisce senza tante storie del lavoro dei militari che non sono contenti, ma abbozzano.

 Tutti i reattori che nascono qua e là nel mondo, quelli ‘ad acqua leggera’, discendono tecnologicamente dai reattori della marina americana. Sono gli anni dell’entusiasmo e non si pensa neanche troppo alla sicurezza. Ci si penserà dopo. Ma intanto, a Ginevra, il 29 settembre si inaugura il CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire). Si prepara il Large Hadron Collider (Lhd) ossia il Grande Collisore di particelle, che nulla ha a che vedere con un reattore nucleare, e si cerca (inutilmente) la Materia Oscura. Si riuscirà a trovare, invece, il bosone di Higgs e si cerca (inutilmente) la Materia Oscura, il bosone di Higgs e si traffica con le affascinanti alte energie. In questo mondo non si sa mai come vanno a finire le cose, meglio tenersi allenati.

 

1954

277. A Boston un chirurgo americano esegue il primo trapianto di rene, il donatore è un gemello del malato

• Il chirurgo Joseph Murray fa il primo trapianto di rene della storia. L’organo è stato donato all’uomo da uno dei suoi due gemelli. Murray potrà poi farne un altro con un donatore non consanguineo, nello stesso ospedale in cui aveva fatto il primo, e cioè il Peter Bent Brigham Hospital di Boston.

 Il secondo trapianto, più difficile perché non è tra consanguinei, Murray lo eseguirà nel 1962 grazie a un nuovo farmaco antirigetto, l’azatioprina, inventato dai farmacologi americani Gertrude Elion e George Hitchins che qualche anno dopo, nel 1970, sintetizzeranno il primo farmaco antivirale, l’aciclovir, sulla base del quale nascerà un farmaco anti Aids.

Tutti e tre, il chirurgo e i due farmacologi, prenderanno il Nobel.

 

1954

278. Finalmente qualcuno riesce a trasformare l’energia del Sole in energia elettrica e i ricercatori fanno la prima cella al silicio

• Il fisico Gerald Pearson e il chimico Calvin Fuller lavorando sulle proprietà dei semiconduttori si accorgono che il silicio immerso nel litio fa splendere una luce e si mettono a cercare il modo migliore e più pratico per produrla. Nei Laboratori Bell – dove lavorano – c’era stato anche l’ingegnere Daryl Chaplin che da principio cercava di ottenere energia elettrica usando il selenio e poi, convinto dal fisico Pearson, s’era convertito al silicio. Infine i tre ottengono una cella efficiente e i Bell Labs ne danno l’annuncio il 25 aprile del 1954.

 Il New York Times scrive che la cella solare al silicio “potrebbe segnare l’inizio di una nuova era, che porta infine alla realizzazione di uno dei sogni più cari dell’umanità: lo sfruttamento dell’energia illimitata del Sole per gli usi della civiltà”.

 

3 gennaio 1954

279. Fulvia Colombo inaugura la prima trasmissione regolare in Italia e nasce ufficialmente la televisione, ma la RAI in realtà è nata dall’EIAR subito dopo il fascismo

• Si racconta che John Logie Baird, un ingegnere scozzese, avesse ideato la Tv e l’avesse esposta al pubblico per la prima volta il 25 marzo del 1925, ma subito – nel 1927 - l’inventore americano Philo T. Farnswort ha costruito un sistema televisivo con tubi catodici (benché lo schema teorico fosse già stato descritto nel 1908 su “Nature” da un altro scozzese, A.A. Campell Swinton). Insomma, è diventata una specie di fiaba, anche se da principio si vedeva poco e male, ma poi la Tv – chiamiamola già così – ha fatto presto a migliorare e a invadere tutto il mondo conosciuto.

 

1954

280. Parte negli USA la prima vaccinazione antipolio di massa con il vaccino preparato dal biochimico Jonas Salk

• John Enders, Thomas Weller e Fredrik Henrik af Chapman, tre batteriologi che nel ’49 avevano isolato il virus della polio e l’avevano coltivato in provetta, forniscono il materiale a Jonas Salk per preparare il vaccino. In un anno i casi di polio diminuiscono dell’80%. Anche il microbiologo Albert Sabin realizza un vaccino antipolio, fatto con virus vivi però attenuati, ma le autorità sono un po’ diffidenti e non lo metteranno in commercio fino al 1962. Per ora solo i tre ricercatori Enders, Weller e Chapman avranno il Nobel.

 

18 aprile 1955

281. Albert Einstein muore all’ospedale di Princeton

• Albert Einstein muore per la rottura dell’aorta a 76 anni, dopo tre giorni di ricovero all’ospedale dove avrebbero voluto operarlo. Lui aveva rifiutato. Il presidente degli Stati Uniti Eisenhower dichiara: “Nessuno nel ventesimo secolo ha contribuito di più a estendere il sapere umano.”

 Secondo la sua volontà quindici ore dopo la morte è stato cremato senza alcuna cerimonia funebre. Il suo cervello viene consegnato al dottor Harry Zimmermann, dell’ospedale Montefiore di New York: lo studieranno. Lascia un pacco di lettere per la figlia Lieserl che non vedeva da tanto tempo. Su una parete dell’università di Princeton resta una sua frase: “Il buon Dio è sottile, ma non è malizioso”. E forse non scherzava quando diceva che per conoscere tutte le risposte una volta o l’altra sarebbe andato a consultare “la biblioteca divina” che era lì ad aspettarlo. Negli ultimi anni della vita si era dedicato alla ricerca di una teoria che conciliasse la sua della relatività con quella quantistica, ma non era riuscito a trovarla, anche se a volte gli sembrava d’esserci andato vicino.

 Questa ricerca è l’eredità che lascia agli scienziati del futuro. Lui, dato che la biblioteca divina probabilmente esiste, l’avrà finalmente trovata.

 

1956

282. Le fibre ottiche con cui poco a poco sarà cablato il mondo stanno nascendo ora grazie (sembra) alle spugne antartiche

• Narinder Kapany, un ricercatore inglese di origine indiana (bisogna riconoscere che gli indiani sono bravi in questi lavori di precisione) il quale studia e lavora all’Imperial College di Londra, riesce a fabbricare la prima fibra ottica, fatta con un filo di vetro in cui corre la luce senza modificarsi e indebolirsi. Le fibre sono cedevoli come cordicelle, possono curvarsi e torcersi senza rompersi e senza disperdere molta luce. Sembra – così riportano alcuni studiosi e viaggiatori delle zone polari – che l’invenzione non sia dovuta proprio a noi umani, ma ad alcuni molluschi e anche spugne dell’Antartico che avendo a disposizione poca luce possiedono un sottile “stelo” che si ripiega verso l’interno e porta luce.

  Quando sarà inventato il laser le fibre ottiche saranno fondamentali per le nostre telecomunicazioni specie quando si tratterà di diodi-laser. Nel 1994 un gruppo di ricercatori avrà la prova – studiando certe spugne raccolte presso la base italiana di Baia Terra Nova sul mare di Ross - che le porifera, insomma le spugne, usano proprio quel prodigioso stratagemma anche per nutrire le alghette verdi con cui vivono in simbiosi (e che sicuramente quando il cibo scarseggia diventano il loro pasto), ma non erano riusciti a dimostrarlo anche perché le spicole, fatte di morbida silice vetrosa, sono lunghe due mm.

    Poi, nell’ambito del Programma Nazionale Ricerche in Antartide (PNRA) sono state trovate spugne con spicole che hanno dimensioni fantastiche: più di 10 cm di lunghezza

 

1956

283. Il computer continua a crescere: nel 1956 viene creato il primo hard disk che è la sua memoria. Spesso, per sicurezza, se ne mette anche uno supplementare, detto hard disk esterno.

 

1956

284. L’uomo scopre il neutrino, già ipotizzato da Fermi e Pauli, ma ancora oggi non si sa qual è la sua funzione nell’universo

• Frederick Reines, fisico americano che lavora al Laboratorio Scientifico di Los Alamos con il collega Clyde Lorrain Cowan, vuole tentare l’impossibile, o quasi. Insieme studiano e poi installano un’apparecchiatura “acchiappaneutrini” vicino a un reattore nucleare sul fiume Savannah, in Georgia. Il reattore avrebbe fornito fasci di neutroni e quelli a loro volta avrebbero buttato fuori gli antineutrini. I due fisici speravano proprio di catturarli dentro grandi vasche d’acqua, contando sul fatto che un protone li avrebbe assorbiti schizzando fuori e facendosi vedere dai rivelatori. Bisogna aggiungere che fasci di neutrini si staccano di continuo dalle stelle e vanno nello spazio, vengono anche da noi e ci attraversano, ma quasi non hanno massa, o almeno ne hanno una tanto piccola che non ce ne accorgiamo neppure.

Il reattore dunque ha buttato fuori gli antineutrini, la stampa americana però si è sbagliata e ha scritto che erano neutrini, ma intanto si dava da fare un altro fisico, Raymond R. Davies e ne è nata una lunga odissea che non abbiamo lo spazio per raccontare. Quando poi i neutrini sono venuti fuori, tutti ci hanno capito poco: sono addirittura di tre tipi diversi, e una piccolissima massa - come si diceva - ce l’hanno. Allora, visto che sono tanti, forse alla fine l’universo comincerà a contrarsi, dice Reines. Ma non spiega perché.

 

1956

285. A Boston un ematologo fa il primo trapianto di midollo osseo per curare un malato di leucemia

• Edward Donnall Thomas, Don per gli amici, al Peter Bent Hospital di Boston, esegue il primo trapianto di midollo osseo per tentare di guarire un malato di leucemia, e ci riesce. Il primo trapianto – era di rene – l’aveva fatto Joseph Murray nel 1953. Il dottor Thomas, ematologo, lavorava sempre con l’aiuto della moglie Dottie (Dorothy) che era tecnico di laboratorio e hanno operato insieme in vari ospedali.

Edward Thomas e Joseph Murray hanno poi preso il premio Nobel.

 

1957

286. Viene scoperto l’interferone: una serie di proteine secrete dall’organismo che sembra possano bloccare la proliferazione dei virus, ma sono meno valide di quanto si credeva

• Alik Isaacs, virologo inglese e il suo collega svizzero Jean Lindenmann comunicano di avere scoperto alcune proteine – una vera famiglia - che difendono l’organismo dalle invasioni virali. Da principio, quando la notizia esce sui “Proceedings of the Royal Society”, l’entusiasmo è al massimo, ma presto arrivano le prime delusioni. Gli interferoni dovrebbero rafforzare le difese immunitarie, ma non riescono a farlo sempre, e raramente agiscono sulle recidive. Gli studi proseguono, ma non si otterrà quell’ottimo prodotto che avevano sognato Isaacs e Lindenmann.

 

4 ottobre 1957

287. Gli Usa piangono di rabbia: l’Urss manda in orbita il primo Sputnik della storia

• L’Unione Sovietica mette in orbita il primo satellite artificiale, lo Spuntik I (sputnik in russo significa ‘compagno di viaggio’, nel senso di ‘satellite’): pesa 86,3 chilogrammi, è una sfera di alluminio del diametro di 58 centimentri da cui escono quattro antenne, lunghe circa tre metri, e vola a 28.000 km l’ora stabilizzandosi a quota 900 km. Orbiterà intorno alla Terra una volta ogni 95 minuti. Gli esperti americani sono sbalorditi e non soltanto perché “i rossi” li hanno battuti sul tempo (il loro primo lancio è previsto per l’inizio del 1958), ma per la dimensione del satellite, otto volte più pesante di quello che stanno preparando loro.

 I Russi ci sono riusciti anche perché hanno messo da parte un po’ di missili tedeschi V2 recuperati alla fine della Seconda Guerra (non tutto il male viene per nuocere), infatti il programma Sputnik era stato avviato nel 1948, quando qualcuno ha intuito la possibilità di modificarli in vettori per il lancio dei satelliti. L’annuncio dell’ok viene dato da Radio Mosca la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1957 e a New York - calcolando la differenza di orario - l’hanno saputo “la sera prima”, quindi avranno dormito malissimo.

 

3 novembre 1957

288. Parte lo Sputnik 2 con la cagnetta Laica a bordo: quel fox-terrier è il primo essere vivente che traversa la frontiera tra la Terra e lo spazio, ma per il suo viaggio non è previsto il ritorno

• Il nome di Laica e il suo musetto sono apparsi su tutti giornali del mondo e la gente si chiedeva “chissà quanto si è spaventata, poverina” e “chissà com’è stata la sua morte” in quella piccola cabina cilindrica provvista d’aria, d’acqua e di cibo per una sola settimana. La morte viene accelerata con una dose di veleno, ma tanti bambini la piangeranno e anche qualche adulto.

 Lo Sputnik ha trasmesso alla Terra tutte le reazioni di Laica e in base a quelle decideranno come e quando mandare in orbita un essere umano. Prima, però, verranno lanciate anche le cagnette Otvazhnaya e Snezhinka, e la coniglietta Marfusha che invece saranno recuperate senza un graffio. Ma perché i Russi sceglievano solo femmine? Secondo loro valgono meno dei maschi e si possono buttare via? Bene, dopo molti anni l’abbiamo fatto anche noi italiani, ma è stata la ragazza stessa che ha chiesto di andare su, nello spazio. Non a morire, certo, ma a coprirsi di gloria.

 

1958

289. Il computer si evolve: molte industrie presentano i nuovi modelli a transistor, però la sua vera storia viene da molto lontano, forse risale addirittura ai Sumeri

• Conrad Zuse era un giovane ingegnere tedesco e la storia ufficiale lo indica come progenitore dei computer moderni, ma non è del tutto vero. In realtà i pc – sia pure molto diversi dai nostri – sono nati probabilmente in tempi antichissimi, quando in Mesopotamia, e precisamente a Sumer, esplose quella straordinaria civiltà forse venuta dallo spazio e di cui sappiamo ben poco. Poi nell’Ottocento anche una donna li ha ‘quasi’ inventati.

 Comunque  non sono i suoi circuiti elettronici, o la cosiddetta CPU (Central Processing Unit), che interessano la maggior parte dei lettori. Quelle notizie si trovano dappertutto, basta avere un computer, appunto, e andarle a cercare su uno dei tanti motori di ricerca. Però più che di scienza si tratta oramai di tecnologia.

 Quello che vorremmo capire è come e quanto ha cambiato la nostra vita, e se l’ha cambiata in bene o in male. A questo punto consentiteci una riflessione filosofica: sono davvero le cose a cambiarci, o il nostro modo di usarle? Esiste un esercito di giovani oramai perduti nella penombra di una stanza (li chiamano lost millions boys) ai quali i genitori mettono il cibo fuori della porta chiusa perché non comunicano più con nessuno. Sono persone che non hanno una vita reale, solo uno schermo con ‘amici’ mai visti da vicino, quelli dei social network; fanno l’amore col video, si scambiano parole inutili e spesso oscene.

  Era questo che volevamo? Se le cose procedono così, tra poco non andranno più neanche a scuola e perderanno il gusto di sfogliare un libro come si accarezza sempre meno la ragazza o il ragazzo. Molti si portano a letto il pc continuando a lanciare mail. Quasi sempre piene di strafalcioni, perché non si bada più alla grammatica e alla sintassi. Loro però, le mail, sono brave davvero: arrivano in un attimo e in quell’istante vanno in giro per il mondo anche se voi l’avete mandata da Lodi a Milano: si sdoppiano e se ne vanno in tour poi tornano a destinazione riunendosi in una sola mail. E’ così che funziona, e non sfugge una parola, un nome, nulla.

 Il giornalista Giovanni Caprara, nella sua ‘Breve storia delle grandi scoperte scientifiche’ parla dei tempi in cui nei giornali cominciava a serpeggiare ‘una certa inquietudine’. “La macchina che sostituisce duemila contabili” era il titolo di un servizio uscito nel luglio 1946 sulla “Domenica del Corriere”. Caprara cita alcuni titoli del “Corriere della sera” dei primi anni Cinquanta che sembravano esorcizzare i nuovi ‘mostri’ visti sempre più come rivali… “Sono pur sempre macchine, i più perfetti cervelli elettronici” (ma si può direpiù perfetti’? Chi sarà stato l’autore?), “Al cervello elettronico l’intelligenza la dà l’uomo” e infine, “Non bisogna illudersi che la macchina riesca a imitare il pensiero”. Ma il tempo correva.” E se oggi noi riuscissimo a imitare davvero le macchine, forse non ci comporteremmo come ci comportiamo, un modo che non è da sapiens sapiens, ma da stupidus stupidus.

 Basta, dei computer abbiamo già parlato troppo, ma lui, sotto le nostre dita, non protesta. Il suo cervello al silicio non fa una piega.      

 

Gennaio 1958

290. Per la prima volta si usa l’ecografia per fare le diagnosi

• Il medico inglese Jan Donald annuncia sulla rivista scientifica “Lancet” di avere fatto una “Indagine di masse addominali attraverso ultrasuoni impulsati”. In parole semplici si tratta di un esame radiografico, un’ecografia. Non se ne serviranno solo per individuare qualche malattia o malformazione, ma anche per osservare un feto nell’utero materno.

 Non si era mai visto un bambino ‘non ancora nato’, è emozionante. E a quanto pare quell’esame non danneggia né il piccolo né la madre. Oramai si sta già arrivando a farlo solo per curiosità, per sapere di che sesso è il nascituro, e preparargli un nome.

 

31 Gennaio 1958

291. L’America lancia il primo satellite artificiale, è l’Explorer 1  e dovrebbe restare in orbita alcune settimane. Invece resta 12 anni e continua a trasmettere finché durano le batterie.

• E’ Werner von Braun che ha progettato l’Explorer 1, un razzo Jupiter a 4 stadi che il 1° maggio raggiunge le due “Fasce di Van Allen”, chiamate appunto col nome di chi le ha studiate per primo, ossia il fisico James Van Allen, dell’Università dello Jowa. Le fasce di van Allen circondano il nostro pianeta, una più interna e una più esterna. La più interna è molto stabile ed è costituita da un plasma di elettroni e di ioni positivi ad alta energia, mentre la più esterna è fatta di soli elettroni ad alta energia e ha una funzione più dinamica, ossia ci protegge abbastanza dalle tempeste solari. Van Allen è il responsabile del programma di studio sulle radiazioni nell’atmosfera superiore, in particolare sull’intensità dei raggi cosmici, che sono particelle ad energia elevata.

  La scoperta di queste cinture radioattive fece temere che il loro attraversamento fosse pericoloso per gli astronauti: si pensò di far passare le ‘navi’ sopra i Poli (dove la radioattività è minima), oppure adottare pesanti schermature, ma poi nuove ricerche hanno dimostrato che il pericolo era stato sopravvalutato; e infatti gli astronauti hanno sempre attraversato le cinture senza problemi.

  Qual è, comunque, l’intensità della radiazione al di sopra dello scudo costituito dall’atmosfera? Il contatore Geiger di cui è dotato il satellite ne misura la concentrazione: la quantità è quella prevista, ma su, verso i 2.500 km di altezza, il numero di particelle si azzera. Perché? Accade la stessa cosa con l’Explorer III lanciato il 26 marzo, che sale addirittura a 3.400 km, e con lo Sputnik sovietico che parte il 15 maggio. 

  Poi ’Explorer IV, che li segue il 26 luglio con nuovi contatori più sofisticati, dà una risposta nuova. Non è vero che le particelle diminuiscono, tutt’altro: lassù ce ne sono troppe e i contatori si rifiutano di contarli. In autunno partono le sonde Pioner I e Pioner III, che salgono ancora di più segnalando le due bande principali di radiazione: le Fasce di Van Allen e la “magnetosfera”.

 

1959

292. Un genetista francese individua la causa del mongolismo, o “sindrome di Down”: i figli di madri mature sono a rischio

• Jérôme Lejeune pubblica un articolo sugli “Annales de Génétique” in cui parla del mongolismo individuabile già nei cromosomi. Nelle persone che hanno la cosiddetta “sindrome di Down” il cromosoma 21 possiede tre copie invece di due. Questa volta avere qualcosa in più porta ad avere qualcosa in meno, infatti questa anomalia di solito è associata a un ritardo mentale.

 Il quoziente di intelligenza dei bambini con questa sindrome è circa la metà di quelli che hanno cromosomi normali. Nel 1866, ben prima che Lejeune notasse l’anomalia, il medico inglese John Langdon Down l’aveva descritta anche senza conoscerne i motivi. Sembra comunque che il mongolismo sia in parte collegato all’età della madre: oltre i 35 anni la donna ha qualche probabilità di mettere al mondo un figlio mongoloide.      

17 luglio 1959

293. Dal 1931 ha preso il via in Tanzania una serie di ricerche degli antenati dell’uomo: ci rendiamo conto che le nostre origini sono là        

• L’antropologo Louis Leakey aveva scoperto i primi utensili dei Sapiens in Tanzania, e anche la sua seconda moglie, Mary Nicols, viene presa dalla stessa febbre di ricerca, come i figli Richard e Jonathan. Mary trova in questo giorno, nella pianura del Serengeti e precisamente nella gola dall’Olduvai, il cranio di un ominide che chiameranno Zinjantropus boisei. Risale a 1,75 milioni di anni fa. Questa scoperta dimostra che le nostre origini sono là, in Africa. Sulla gente fa colpo l’idea che l’ominide abbia tanti anni, ma col tempo si scoprirà addirittura che ne ha molti, molti di più.

  Di quei nostri antenati africani si parla per mesi e mesi, finché il 10 ottobre la serie di fotografie della faccia nascosta della Luna, scattate dalla sonda Luna-3 dell’URSS, riempirà le pagine dei giornali e dimenticheremo gli antenati. Siamo fatti così, noi.

 

1959

294. William Masters e Virginia Johnson avevano un interesse comune, il sesso, ma non soltanto per dedicarcisi personalmente e farlo: hanno anche lavorato su quel problema per una vita intera

•  Pochi in Italia, forse, hanno sentito nominare William Masters e Virginia Johnson, ma negli Stati Uniti sono stati molto famosi. Una coppia di sessuologi che, si dice, ha influenzato pesantemente la rivoluzione sessuale degli anni ’60. Come? Pare che abbia esaminato, fotografato e filmato ben 10,000 atti sessuali compiuti da 700 volontari. Eh sì, migliaia di ore di duro lavoro ... ci viene in mente quel bambino che chiese alla madre: "Perché quando parli del nostro cane dici che è bravissimo perché mangia e dorme tutto il giorno... e se lo faccio io invece sono un fannullone scansafatiche?". Se guardassimo noi migliaia di ore di film hard (scopo studio, naturalmente) saremmo considerati scienziati e potremmo diventare altrettanto famosi? E non vogliamo scendere troppo in dettaglio, raccontando del fallo mobile in plexiglas chiamato "Ulisse" che i nostri due sessuologi utilizzavano occasionalmente. Ma la scienza ha i suoi eroi e le sue vittime, la coppia Masters e Johnson fa parte degli eroi, gli altri invece affondano nel secondo gruppo.

• Il risultato di tanto studio porto’ alla scoperta che la sessualità femminile è almeno uguale a quella maschile, ed ebbe un grandissimo successo in un’epoca in cui si inseguiva la parità di diritti su qualunque cosa, però a quello non si era ancora pensato …

• La coppia Ginny e Willie si sposo’ ed ebbe due figli, uno dei quali fu colto a masturbarsi nudo in un parco e venne condannato. Come mai? La sessualità colpisce ancora? Credevamo che oramai fosse come bere un caffè …

 

1960

295. Un chirurgo americano del Veterans Administration Hospital di Buffalo impianta il primo pacemaker completamente interno al corpo, ma anche altrove si fanno vari tentativi e in Italia c’è una buffa storia

• Wilson Greatbatch, cardiochirurgo, impianta nel torace di un paziente il primo pacemaker d’America. Già due anni prima uno svedese e un americano avevano fatto degli apparecchi per sostenere il battito cardiaco, ma erano in parte esterni. I fili, cioè, fuoruscivano dal petto collegandosi a una valigetta dalla quale il malato non poteva in nessun caso separarsi. Ed ecco una curiosa storia, tipicamente italiana.

  A Firenze, all’ospedale di Careggi, approda un paziente più morto che vivo. I cardiologi hanno un pacemaker a valigetta, è appena arrivato, ma come si usa? Per prima cosa aprono il torace e scoprono il cuore, ma dove si infilano i fili, come si fa? Chi scrive ha conosciuto bene il laureando che all’improvviso è apparso in sala operatoria come un deus ex-machina. Si chiama Gualtiero Frangini e veniva giusto dall’America dove aveva visto rimettere al mondo il malato con uno strano aggeggio, che però, accidenti, non somigliava per niente a questa valigetta da commesso viaggiatore. Beh, quello moriva se aspettavano ancora un po’, e così lui, a tuffo, gli ha cacciato gli elettrodi nel cuore, come facevano i medici americani.

 “Non lo scrivere! Non mi nominare, guai a te!” Dice l’amico Frangini minacciosamente. Perché no? Era il primo pacemaker che veniva impiantato in Italia, nell’anno del Signore 1959. E tutto andò per il meglio. Quel dottorino poi divenne primario al Pronto Soccorso di Orbetello e i pacemaker non li volle più toccare. 

 

1960

296. Il chimico tedesco Adolf Butenandt, che prese il Nobel solo dopo la guerra perché i nazi gli impedivano di ritirarlo, diventa presidente della società Max Planck per lo Sviluppo della Scienza

• Adolf F. Butenandt, il chimico che aveva isolato estrogeni, progesterone (ormoni femminili) e anche l’androsterone (maschile), finalmente ottiene tutti gli onori in Germania, però la sua notorietà è dovuta soprattutto alla scoperta del Bombicol, il feromone del baco da seta. Una storia che vale la pena di raccontare anche se… ma cominciamo dal principio.

• Esiste un filtro magico, il feromone sessuale del baco da seta femmina che manda - in forma di profumo – il messaggio più particolareggiato e convincente che si conosca. Ne bastano 0,000000000000001 grammi e subito il bombice maschio accorre dalla femmina, folle di desiderio. Lui però ha naso, ossia ha 16.000 recettori che gli permettono di captare l’odore anche da 11 km di distanza. La scoperta risale al 1939 ma solo 30 anni dopo Butenandt viene premiato con l’altissima carica di Presidente dell’importante società scientifica di Monaco di Baviera, che prima si chiamava Wilhelm Kaiser e poi Max Planck.

  Il chimico aveva importato dall’Estremo Oriente un milione e mezzo di giovani femmine del baco da seta e ne ha sacrificare molte per spremerle: prima 300 mila, poi altre 500 mila ancora vergini. I bombici maschi sono accorsi a frotte attratti dall’odore, ma finirono per corteggiare scatole vuote, coni di carta e tutti gli strumenti che avevano toccato il profumo. 

  Perché Butenandt fece questo scempio? Per avere la prova che si poteva ingannare un bombice dandogli solo l’odore e quindi era possibile farlo con altri insetti nocivi all’agricoltura, dirottandoli. Molti allevatori se la presero con lui: come, il povero baco da seta che aveva dato tanto agli umani veniva truffato e spremuto fino alla morte? Sì, ma ora gli umani avrebbero spostato il loro inganno sugli insetti nocivi e senza più spargere veleni. Le femmine sarebbero rimaste lì in vana   attesa come Butterfly, e non avrebbero fatto figli.

  Butenandt produsse in laboratorio più di 500 essenze capaci di ingannare i maschi e forse sarebbero bastate, ma intanto i produttori d’altri veleni hanno continuato a spargere morte e il mondo è sempre più inquinato. Se ne parla, lo dicono e lo ripetono i giornalisti sui quotidiani e in televisione, però non cambia nulla e quel sacrificio non ci ha salvato dagli insetti cattivi né dai tossici che sparsi a tonnellate.

 

1960

297. Uno scienziato italiano, Renato Dulbecco, scopre che il tumore può essere indotto dai virus e grazie a lui in questa direzione si farà molta strada

• Renato Dulbecco è in America quando scopre quasi per caso che certi virus trasformano le cellule sane in cellule cancerose. Studia il virus “polioma” e uno scienziato, Max Delbruck, lo invita al California Institute of Technology, dove fa ricerche sui virus animali che alla fine risulteranno utili per un vaccino contro la poliomielite.

  Dulbecco si occupa a fondo dei meccanismi genetici che trasformano le cellule sane in cancerose e in seguito riuscirà a preparare anticorpi per il cancro della mammella.

 Prenderà il Nobel nel 1975.

1960

298. Il fisico Bruno Touschek realizza all’INFN di Frascati (RM) il primo anello di collisione, sulla base di un principio molto più efficace di quelli dell’acceleratore creato da J. Cockcroft ed E. Walton nel 1929 e nel 1932 da E. Lawrence

• Bruno Touschek, fisico italo-austriaco, ha realizzato nei Laboratori di Frascati il primo Anello di Collisione per accelerare le particelle. In questi anelli si scontrano elettroni e positroni, ovviamente di carica opposta, perché nell’urto a velocità prossime a quelle della luce vengano fuori altre particelle e si possa ottenere una trasmutazione di elementi chimici. Da questo circuito chiamato ADA (Anello di Accumulazione) prenderà l’avvio una serie di anelli che forniranno all’umanità grandi scoperte fino a quella del bosone di Higgs nel 2012, nel grande collisore del CERN, lungo circa 27 km.

 

1960

299. Il primo satellite meteorologico del nostro pianeta si chiama Tiros-1 ed è l’America a mandarlo in orbita

• “Tiros” sta per Television Infrared Observation Satellite, ossia satellite per l’osservazione televisiva all’infrarosso. Può fare solo foto con la luce diurna, però in 78 giorni manderà ben 19.389 immagini che daranno il via alla meteorologia spaziale. In novembre – sempre di quest’anno che è proprio l’inizio degli anni mondiali del boom – partirà Tiros-II, che secondo le previsioni invierà 20.000 immagini in dieci settimane. Con Tiros-1 si vedono vasti tratti della superficie terrestre, un ciclone nella Nuova Zelanda e ammassi di nubi nell’Oklahoma che hanno tutta l’aria di preparare dei bei tornado.

 

1960

300. Ecco il primo televisore a transistor: ora scienza e tecnologia stanno così avvinghiate che diventa difficile districarle

• E’ la Sony che mette in vendita il primo televisore del mondo completamente a transistor. Lo comprano in molti anche in Italia, oramai chi non ce l’ha si sente handicappato. Nei paesini lo acquistano soprattutto i gestori dei bar e fanno pagare 5 lire a chi va a passarci la serata, ma sono le seggiole non bastano mai e lo spazio è limitato, così molti stanno in piedi e pagano solo 2, 50.

 

1960

301. Dopo lo Zinjanthropus Boisei scoperto l’anno precedente da Mary Leakey, suo figlio Jonathan scopre i resti dell’Homo habilis  

• Jonathan Leakey (tutta la famiglia è pazza per l’archeologia) scopre nell’Olduvai, in Tanzania, i resti fossili di un ominide che secondo gli esami delle ossa, dei denti, eccetera, era sicuramente capace di costruire e usare bene utensili in pietra. L’ominide doveva essere vissuto circa un milione e mezzo di anni fa, ma le datazioni al C.14 di 30 mila anni fa non sono più molto attendibili e a 60 mila il Carbonio scompare addirittura.

 Comunque l’ominide viene battezzato Homo habilis, e sarà seguito poi dall’Homo erectus (trovato da Richard, l’altro fratello, 24 anni più tardi) e dall’Homo sapiens che risale al paleolitico medio (circa 200 mila anni fa) finché si arriva al sapiens sapiens, che saremmo noi: se non avessimo fatto tanti disastri da meritare oramai il nome di stupidus stupidus.

 

Maggio 1960

302. Nasce il Maser,  Microwave Amplification by Stimulated Emission of Radiaton (amplificazione di microonde da emissione stimolata di radiazioni), ma poi arriva il Laser che è migliore

• Theodore Harold Maimann, fisico americano, costruisce il primo laser funzionante e  per farlo usa una barra di rubino sintetico, che è, in fondo, ossido di alluminio con un po’ di ossido di cromo. Se si espone quella barretta alla luce, gli elettroni degli atomi di cromo vengono “pompati” a livelli energetici superiori … ma parlando così, diciamo la verità, chi capisce?

•  Facciamo conto, allora, di raccontarlo a un bambino, e non perché i lettori siano tutti bambini, ma perché di fronte a questi argomenti molti volterebbero pagina. Proviamo a metterci un po’ di fantasia: “Immagina delle onde che si susseguono, tutte uguali, precise, e la seconda invece di seguire la prima, sai che fa? Ci va sopra, e le altre che arrivano fanno lo stesso, cioè salgono una sull’altra finché diventano una specie di montagna. Immagina poi che abbiano davanti una vetrata – o magari uno specchio - che le blocca. Però il loro peso è tale che lo specchio poverino si spacca e tutte quelle onde, che un tempo erano piccole e ora sono diventate un cumulo, si lanciano in avanti con una forza incredibile: siccome sono uguali, vanno tutte nella stessa direzione senza sfrangiarsi e diventano un getto lungo, compatto. Un fascio di luce laser è un po’ questo, e le onde sono così serrate e parallele che potrebbero raggiungere la Luna senza disperdersi nello spazio, cosa che nel 1962 hanno fatto davvero. Potrebbero arrivare fino alle stelle della Via Lattea, perché no. Ecco che cos’è il laser, e la sua forza è così concentrata, così potente che fora anche l’acciaio”. 

 • A questo punto però, se il bambino domanda “serve solo a fare buchi?” bisogna spiegargli “no, serve a tante cose … per esempio, manovrato bene, sa anche ricucire, com’è accaduto a persone che avevano un distacco di rètina. L’oculista gliel’ha riattaccata proprio col laser.” E’ una scoperta meravigliosa per tanti problemi che ci assillano, perfino per il mal di schiena che, a causa delle scimmie (si sono messe in posizione eretta troppo presto), affligge quasi tutti.

 

12 aprile 1961

303. Un simpatico e sorridente aviere russo di 27 anni, Gagarin, va a passeggio per 108 minuti nello spazio a bordo della capsula Vostok: è il primo essere umano che esce dall’atmosfera

• Si chiama Yuri Alexejevič Gagarin e diventa famoso in tutto il mondo. Va su fino a 327 km e vola alla velocità di 28 mila km l’ora. L’America frigge di rabbia, molto più di quanto avesse digrignato i denti il 4 ottobre del 1957 quand’era andato in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik1.

 Trenta paesi del mondo si contendono una visita di Gagarin e il giovane aviere diventa famoso e certo più amato di Lenin. Dappertutto lo festeggiano come un eroe e un eroe diventerà davvero sette anni dopo, nel 1968, quando sacrificherà la propria vita per non far precipitare il suo aereo, che è in panne, su un centro abitato.

La più arguta barzelletta che lo riguarda però nasce in Italia: in quel periodo il partito comunista italiano era il più nutrito d’Europa, e agli italiani di solito l’umorismo non manca (oggi si sgonfia a vista d’occhio mentre si gonfia la politica). Vale la pena di raccontarla.

• Quando Gagarin rientra, Krusciov che aveva studiato in seminario e Dio non riusciva a toglierselo del tutto dalla testa, gli chiede: “Ma dimmi un po’, in confidenza, lassù in cielo per caso hai incontrato … Qualcuno?” E Gagarin, timidamente: “Sì, compagno, a te lo posso dire: Lassù Qualcuno c’è, l’ho visto.” E Krusciov, sospirando: “L’avevo sempre sospettato. Ma per carità, ora che ti invitano a destra e a sinistra, tieni la bocca cucita. Guai a te se ne parli in giro”.

  Gagarin arriva anche dal Papa, che gli fa la stessa domanda. Lui, obbediente e soprattutto consapevole del casino politico che potrebbe suscitare – e non solo nell’Urss - scuote il capo: “No, Santo Padre, mi dispiace, non ho visto nessuno.” E il Papa, sospirando: “L’avevo sempre sospettato.” Ma la storiella faceva solo sorridere, perché quel papa lì, Giovanni XXIII, il dubbio non l’ha mai avuto di sicuro.

 

25 maggio 1961

304. Il Presidente Kennedy annuncia che gli Americani sbarcheranno sulla Luna e i Sovietici crepano di invidia

• John Fitzgerald Kennedy annuncia che la NASA sta facendo i preparativi per far “allunare” gli astronauti USA: il programma Apollo è già avviato. Botta e risposta, compagno Krusciov. Se non ci fosse di mezzo il mondo, sembrerebbe proprio un  gioco da ragazzi titpo “Risiko”. Infatti “quelli contro” si danno da fare finchè arriveranno a inventare che è tutta una finta, che l’allunaggio non è mai avvenuto, e così via. Intanto, il 29 giugno, parte il primo satellite artificiale provvisto di un generatore nucleare che potrà produrre energia elettrica.

 

1961

305. La medicina avanza: oltre al pacemaker che regola il ritmo cardiaco bisogna risolvere anche il problema delle valvole (dove passa il sangue ossigenato) che sono spesso danneggiate

• L’ingegner Lowell Edwards esperto in idraulica, è convinto che anche il cuore umano possa essere meccanizzato e parla del problema con il giovane chirurgo Albert Starr, della University of Oregon Medical School, il quale però pensa che farlo sia un po’ troppo complicato. Così incoraggia Edwards a cercare invece di costruire una valvola cardiaca artificiale, che secondo lui sarebbe utilissima. Dopo solo due anni, nel 1961, la prima valvola mitrale Starr-Edwards è stata progettata, sviluppata, testata e fissata con successo nel petto di un paziente. I giornali di tutto il mondo parlano di quel che definiscono un’operazione cardiologica “miracolosa”.

• Questa innovazione dà poi vita a una società, la Edwards Laboratories, che apre un’attività commerciale a Santa Ana, California (USA), e sarà in quella zona che in seguito si organizzerà la sede centrale di Edwards Lifesciences.

 

20 febbraio 1962

306. La sfida spaziale continua. Dieci mesi dopo Gagarin, in USA va in orbita un ufficiale dei Marines che resta nello spazio 4 ore, 55 m. e 23 sec.  

• John Glenn vola in capsula e c’è anche un po’ di suspense, roba da film d’avventura: una spia rossa (di colore rosso, non politica) a un certo punto si accende e avvisa Glenn che il suo scudo termico - indispensabile per il rientro nell’atmosfera - non funziona più. L’ufficiale dei Marines però ha i nervi saldi e fa tutti i controlli finché si accorge che è un errore della spia (eppure una capsula Mercury-Friendship doveva essere perfetta!).

Bene: non rischierà di finire arrosto né di apparire in Tv come una stella cadente che poi scompare.

 

1963

307. Dall’osservatorio di Monte Palomar un astronomo statunitense (di origine olandese) riesce a individuare una QUASAR: è la prima ed è fuori della Via Lattea   

• L’astronomo Marteen Schmidt si accorge che le righe spettrali della stella quasar (che poi non è una stella ma addirittura una galassia) aumentano e diminuiscono, a volte quasi periodicamente, nel giro di pochi giorni, o poche settimane. Quella scoperta fatta da Schmidt avrà un numero: 3C273.

 Le quasar sono dette radiosorgenti, si tratta di ‘quasi-stelle’ ma in realtà non ci mandano veri suoni, anche se ci entusiasmerebbe molto ricevere qualcosa tipo la Jupiter di Mozart da un ammasso di stelle extragalattiche.

• In seguito ne abbiamo scoperte altre, e tutte irradiano un’enorme potenza, centinaia di volte superiore a quella delle galassie più brillanti. Queste “quasi stelle” sono anche quasi rosse, benché il loro rosso non abbia nulla a che vedere con il redshift, ossia lo spostamento verso il rosso delle galassie in fuga, lanciate lontano dal centro dell’universo (dove sarà quel centro?) forse dalla violenza del Big Bang.

 

1963

308. Dopo il programma “atomo per la pace” del Presidente USA, ecco il primo contratto con i privati per una centrale nucleare: finora tutto era dei militari, anche le spese e le fatiche          

• Ike Eisenhower ha tolto il sigillo del top secret ai militari per il nucleare e quelli dell’industria elettrica ci si sono tuffati pensando di poter produrre l’energia a buon mercato. Allora non si prendeva molto in considerazione il problema della sicurezza. Il disastro di Tree Mile Island è del 1979 e quello di Chernobyl dell’86: nessuno allora poteva prevederli e così le grandi compagnie americane hanno preso la volata, ma già in Inghilterra, in Francia e in Italia si davano da fare. Washington garantiva ai clienti del modello USA la fornitura di uranio arricchito (il combustibile dei reattori). I Francesi hanno costruito anche gli impianti per produrre il combustibile. Le società americane che ora producono elettricità dall’atomo sono parecchie, per competere sul mercato ordinano centrali sempre più grosse e un po’ sbagliano. Più grosso significa più pericoloso e quindi più misure di sicurezza, più problemi di ingegneria e di manutenzione, significa costi più alti. Quelle a carbone – e di carbone l’America ne ha tantissimo –  costano circa mille dollari meno ogni kilowattore.     

 

1963

309. Negli Stati Uniti è l’anno dei primi trapianti di organo, ma ancora non funzionano proprio bene

• Il chirurgo Claude Hitchcok, a Minneapolis, tenta il primo trapianto di rene, da un babbuino a un uomo, ma il paziente sopravvive appena 12 giorni. Il suo collega, dottor Keith Reemtsma, ci prova col rene di uno scimpanzé, e l’uomo vive solo 18 giorni. A Denver il chirurgo Thomas Starsl si azzarda addirittura a trapiantare un fegato, purtroppo con poco successo. Il chirurgo James Hardy tenta il trapianto di un polmone su un condannato a morte. Male che vada … Anche questo malato sopravvive solo 18 giorni. Ci vorranno ancora un po’ di anni prima che i farmaci antirigetto siano in grado di portare a buon termine tentativi così azzardati.

 

1963

310. Una paracadutista sovietica va nello spazio nella capsula Vostok-6. Là vicino, nella Vostok-5, c’è il cosmonauta Valery Bykovsky, lanciato due giorni prima, che le dà il benvenuto

• Valentina Tereskhova, la prima donna spaziale, il cui viso sorridente e trionfante appare su tutti i giornali e in Tv, con il suo soggiorno di 70 ore e 50 minuti nello spazio, darà al mondo la prova che tra donne e uomini non c’è molta differenza. O meglio, una piccola differenza c’è e guai a cancellarla, infatti diciamo con i Francesi (loro di queste cose se ne intendono) “Vive la petite difference!” E ora sappiamo che il soggiorno nello spazio, in assenza di peso, non danneggia la capacità di diventare madre. Infatti di lì a un anno Valentina metterà al mondo una figlia, Yelena, con un altro cosmonauta, suo marito Andrian Nikolayev.

  E’ evidente che questa volta la sfida con l’America l’ha vinta l’Urss, infatti la prima donna americana a volare nello spazio – Sally Ride – sarà sparata in cielo solo nel 1983. 

 

1964

311. Si scoprono vari farmaci, innanzitutto una proteina che prenderà il nome di “antigene Australia” e diventerà un vaccino per difendersi dall’epatite B

• Il medico americano Baruch Blumberg isola nel sangue di un aborigeno australiano una proteina di superficie –  si può anche dire di membrana della cellula – che in seguito, una volta individuato il virus dell’epatite B, consentirà ai malati di avere un vaccino, e al dottor Blumberg di prendersi un bel Nobel. Saranno due i medici premiati: l’altro è Daniel Carleton Gajdusek che scopre il virus di una malattia neurologica diffusa in Nuova Guinea e chiamata “kuru”. Tra alcuni anni si scoprirà il virus dell’epatite A e di quella più pericolosa per il fegato, la C.

•  E’ un anno importante per la medicina: il farmacologo inglese James Black realizza il primo gruppo di farmaci capaci di contrastare l’effetto dell’adrenalina sul ritmo cardiaco (angina, aritmie, ipertensione): i betabloccanti. Anche James Black avrà un Nobel e molte benedizioni dalle persone troppo ansiose che hanno sempre il cosiddetto “cuore in gola” e si svegliano di notte con le “palpitazioni” perché fanno un brutto sogno, o magari perché hanno mangiato troppo.   

 

1964

312. La Olivetti produce i primi computer, è un successo

Quest’anno l’Olivetti produce un computer che ha veramente le dimensioni giuste (48x61x19 cm): si tratta del Programma Olivetti 101. Il brevetto viene ottenuto su soluzioni tecniche adottate dal P101, però fu violato dalla società americana Hewlett Packard con la sua HP9100. In parole semplici, era piaciuto tanto agli USA, quel modello, che se lo sono accaparrato. Accadrà che poi, costretta ad ammetterlo, l’HP si rassegni a pagare, infatti e nel 1967 verserà all’Olivetti 900.000 dollari di royalties. Dei circa 44.000 modelli venduti ne esistono soltanto 8 ancora funzionanti. Si è trattato in realtà del primo vero e proprio personal computer, ossia del pc.

 

1964

313. Il Big Bang aveva lasciato uno strascico dopo il grande botto ma nessuno lo sapeva. Lo scoprono un fisico e un astronomo: si tratta di microonde che arrivano da ogni parte dell’Universo

• Robert Wilson, astronomo, e Arno Penzias, fisico (ambedue americani) si accorgono di certe strane microonde registrate dai loro strumenti senza però che si possa definirne la sorgente, e le collegano alla teoria del Big Bang ipotizzata dal fisico russo-americano George Gamow. Potrebbe trattarsi della “radiazione fossile”, ossia di ciò che resta, dopo quasi 18 miliardi di anni, di quell’immenso spaventoso calore generato dall’esplosione originaria.

  Piano piano l’Universo si è raffreddato ed è sceso a 3 gradi Kelvin. Il fisico Robert Dickie ha appoggiato e sostenuto questa teoria che oggi è accettata da tutti.

 Penzias e Wilson hanno preso il Nobel.

 

1964

314. Muore il Premio Nobel Gerhard Domagk, scopritore dei sulfamidici e inventore delle prime chemioterapie che in seguito altri studiosi hanno perfezionato

• Gerald Domagk, biochimico e patologo tedesco, aveva scoperto i sulfamidici intorno agli anni 30 ed era diventato molto famoso quando aveva curato la propria figlia, Hildegarde, che aveva contratto una gravissima infezione da streptococco. Era riuscito a guarirla, come poi aveva guarito con il Prontosil il figlio di Franklin Delano Roosevelt che stava morendo per una brutta infezione. Domagk è tra i medici che dettero origine alla chemioterapia anche se ci sarebbero voluti molti anni prima che si perfezionasse.

  Per le sue scoperte lo avevano chiamato a Stoccolma dove gli volevano dare il premio Nobel, ma i nazisti non gli permisero di andare a riceverlo. L’avrebbe poi avuto nel 1947 dopo la sconfitta della Germania. Muore a 69 anni mentre ancora lavora cercando di perfezionare la chemioterapia, sicuro com’è che quella sia la strada giusta per curare il cancro, ma purtroppo è costretto a lasciare il lavoro incompleto. Ci penseranno i posteri.

 

1° ottobre 1964

315. E’ il momento della velocità: le automobili e le moto corrono sempre di più e in Giappone nasce il primo ‘treno proiettile’

• Il capo ingegnere Hideo Shima e Shinji Sogo, presidente delle Ferrovie Nazionali Giapponesi, fanno partire il treno – che andrà a 210 km l’ora - pochi giorni prima delle Olimpiadi di Tokyo. Ne parleranno tutti i giornali, le radio e le Tv del mondo chiamandolo “treno proiettile”.

  Qualcuno c’è salito, altri invece hanno avuto paura: “No no, chissà dove ci sparano …” e ha preferito quello ‘lento’. Col tempo quella velocità sarà messa un po’ da parte, almeno fino al terzo millennio, quando ci sarà un treno in Giappone che può andare a 500 km l’ora.

 

Anni 64/65 

316.  Sui problemi insoluti della fisica e della chimica si affaccia il volto nuovo di uno scienziato italiano 

• Carlo Rubbia, anzi il professor Carlo Rubbia, che un giorno sarà Premio Nobel, affronta il tema più importante della fisica moderna: la piramide intellettuale che è la Grande Unificazione delle quattro forze fondamentali della natura, un sogno che aveva già sognato Faraday e fatto disperare Einstein. Una è la forza elettromagnetica che lega gli atomi e rende possibile la chimica; un’altra la forza nucleare forte che tiene insieme i nuclei atomici; poi la forza elettro-debole o interazione debole (la sola che interviene sui neutrini), e la forza gravitazionale che regge l’universo. 

  Anche Rubbia, col suo “Modello Standard”, arriverà a legarne tre, lasciando sempre fuori l’inconciliabile gravità. Il Modello Standard è, finora, il punto più alto raggiunto dalla fisica, poiché perfino il grande acceleratore di Ginevra non ha fatto che confermarlo con precisione fino ad altissime energie. Dal punto di vista matematico (e in parte anche fisico), però, viene fuori che è un colabrodo perché è sbagliato per principio! La cosa ci può stupire, ma è così.

  Ricordiamo con divertimento che quando l’astrofisico Italo Mazzitelli (ex-dirigente di Ricerca presso l’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica) faceva conferenze, quelle sul Modello Standard le intitolava: "Un colabrodo di precisione". E quante volte la fisica ci ha fatto e ci fa disperare!

  Gli anni d’oro di Carlo Rubbia verranno più tardi, nel 1983-84. Ma uno dei suoi aforismi più famosi è preoccupante: “Siamo su un treno che va a 300 all’ora, non sappiamo dove ci sta portando e soprattutto ci siamo accorti che non c’è il macchinista.”

 Poi qualcuno dirà anche qualcosa di peggio, col passare degli anni. 

 

18 marzo 1965

317. Urss e USA continuano la sfida: due cosmonauti sovietici vanno in orbita e uno uscirà a svolazzare nello spazio, ma tre mesi dopo lo farà anche un americano 

• Alexej Leonov esce dalla Voskhod per dodici minuti e nove secondi, mentre il compagno Pavel Belyayev controlla da dentro che tutto funzioni regolarmente. Leonov è legato con un cavo di cinque metri, ma prendono tutti e due un grosso spavento quando, al rientro, la sua tuta pressurizzata che si è gonfiata troppo non passa più attraverso il tunnel. Alla fine però, tira di qua e tira di là, riescono a farlo rientrare.

 L’americano Edward White in giugno farà lo stesso, uscendo dalla sua capsula Gemini 4, e resterà fuori 36 minuti. Ha vinto la gara, ma non ha fortuna: di lì a un paio di anni, nel 1967, finirà bruciato in una capsula con altri due colleghi.

 

1965/66

318. Impazza la tecnologia mista alla scienza: schermo a cristalli liquidi, il kevlar, il computer con la voce, il jet a decollo verticale

• George Heilmeyer, tecnico della RCA americana inventa lo schermo a cristalli liquidi, che sostituiranno i tubi catodici nei televisori. Una ricercatrice della Du Pont, Stephanie Kwolek, realizza un materiale sintetico resistentissimo, il kevlar. Un “meccano” elettronico è già in tutti i negozi specializzati: si tratta del Sistema 360 della IBM, un computer di terza generazione. E’ una macchina che può essere ampliata, potenziata e abbinata ad altri sistemi compatibili, non solo, ma la IBM ha presentato già da un anno il primo elaboratore di testi che chiama all’americana word processor.

•  Si alza in Inghilterra il primo caccia-jet a decollo verticale: porta il nome “Harrier” ed è della classica Rolls Royce, ma sembra qualcosa di fantascientifico, e sarà l’unico fin dopo il Duemila. Intanto nel New Jersey entra in funzione la prima centrale telefonica elettronica, e nello spazio la sonda Mariner fa 21 fotografie a Marte, da una distanza di soli 9.844 km senza trovare nulla che suggerisca la presenza dei marziani, né canali, né case, né strade.

 E’ in questo periodo della corsa tecnologico-scientifica che la lingua inglese a poco a poco invade tutte le altre e finisce per creare una frattura sempre più profonda tra chi se ne intende almeno un po’ e chi invece continua a vivere in un mondo che sta velocemente scomparendo. Presto molte persone non riusciranno più a capirsi. 

 

1967

319. Spunta negli USA uno strano genere di fisici: si sono definiti Fundamental Fisiks Group, vestono da hippie e sono davvero hippie, ma anche figli della Beat Generation Anni 50

• Fisici come Fred Alan Wolf, Jack Sarfatti e Fritjof Capra (autore de Il Tao della fisica) si legano a personaggi come Werner Erhard, capo del ‘Movimento del potenziale umano’ che li sostiene a colpi di dollari perché è straricco e generosissimo. Così il gruppo si forma con uno stravagante tessuto di studiosi, capaci di un intenso brainstorming unito alla droga e sfociante nei Veda - i più antichi documenti dello spirito umano - come riscoperta della verità assoluta, ammesso che esista e si possa trovare. Ronald Reagan, governatore della California nel 1967, quando oramai la sceneggiata bohémien di San Francisco era diventata ossessione nazionale, definì gli hippie “gente che si veste come Tarzan, ha i capelli come Jane e puzza come Cita”.

•  Per i giornali il Fundamental Fysiks Group è una pacchia. Quale miglior specchio dei tempi che una tribù di fisici alle prese con la coscienza, il misticismo e il paranormale? Cominciano le rivistine underground celebrando le nuove direzioni della controcultura, poi Francis Ford Coppola acquista la rampante testata “City of San Francisco” e dedica al Group due intere pagine dove spiega come i nuovi fisici si tengano occupati andando in trance, lavorando con la telepatia e attingendo al subconscio per comprendere i più astrusi effetti quantistici. Viene fuori anche Timothy Leary – ex-professore di psicologia ad Harvard - che si fa oracolo della New Age e della psichedelia.

  ‘Viene fuori’ si fa per dire,  visto che è in galera per droga, ma lavora anche là. Uno dei membri storici del Gruppo appare sulla copertina del “Nord Beach Magazine” in stile guru, però con Einstein sullo sfondo e un libro di George Gamow in mano, “La mia linea di universo”. E quanti giovani sono andati persi, anche in Italia, credendo che per essere à la page ci volesse la droga, che subito è diventata una compagna mortale.

 Cinquant’anni dopo uscirà un libro di David Kaiser (docente di fisica al MIT) intitolato “Come gli hippie hanno salvato la fisica”, che spiega in che modo questo è veramente successo: il fatto è che tra il 1968 e il 1972 la professione del fisico in USA stava subendo una ‘tempesta perfetta’. Il Dipartimento della Difesa aveva fatto enormi tagli nel settore della ricerca che finanziava la formazione degli studenti di fisica e poi i giovani dovevano andare a battersi nel Vietnam, mica stare lì a far chiacchiere su formule e teorie stravaganti.

• Così molti giovani inventarono altri modelli di “vita da fisico”. Intanto cercarono di ripristinare quella ricerca a tutto campo dei grandi maestri tirandosela dentro la vita di tutti i giorni. Poi salvarono un teorema che stava affondando nel nulla, quello di John Stewart Bell il quale affermava che ogni ‘oggetto quantistico’, dopo avere interagito con altri, manteneva un legame definitivo con essi. Non contavano né la distanza né la velocità limite stabilita (quella della luce): il loro legame era per sempre e soprattutto no-local. Però questo, a pensarci bene, era un fenomeno che ricollegava la fisica agli insegnamenti buddhisti. Il Buddha insegnava che il passato, il futuro, lo spazio fisico e le singole cose non fossero che forme di pensiero… E il teorema di Bell dava un chiaro contenuto mistico all’affermazione “siamo un tutto unico, una sola cosa.” La grande attenzione dei nuovi fisici a quel teorema trascurato portava a scoperte e intuizioni clamorose, e un po’ di Lsd poteva aiutare a capire, perché no.

 Da quel ‘sogno’ ai trasferimenti bancari elettronici c’era solo un piccolo passo, ed è così che è nata l’informatica quantistica.

• In Italia viene istituito il WWF per la difesa dell’ambiente (sembra vero!) e lo presiede Donatella Bianchi, mentre il Presidente onorario è Fulco Pratesi.     

 

1967

320. Gli etologi hanno ragione, gli animali pensano, e sentono proprio come noi

Bhupati, un pastorello sui quindici anni, indiano di Surat (India occidentale), mentre pascolava il gregge di pecore è stato attaccato da una tigre. Le sue pecore l’hanno capito, si sono unite in formazione serrata, precipitandosi al trotto di cento zampe contro il grosso felino sbalordito e l’hanno calpestato a morte, mentre Bhupati se l’è cavata con un grosso spavento.

  La notizia è giunta da New Delhi e la racconta l’etologo, esperto in radar ed elettronica Vitus B. Dröscher (che ha anche brevettato certi strumenti per comunicare con i pesci), nel suo libro “Il cosiddetto animale”.

 

1967

321.  Gli USA preparano lo sbarco sulla Luna, ma il programma comincia male: tre cosmonauti muoiono arrostiti, uno è Edward White di cui avevamo parlato il 18 marzo 1965

• I cosmonauti Edward White, Virgil Grissom e Roger Chaffee, muoiono chiusi nella capsula Apollo che è sulla cima del grande razzo vettore Saturno 1-B a Cape Canaveral mentre fanno una prova. L’impressione in America è enorme: una scintilla ha fatto incendiare l’aria pressurizzata della capsula portando la temperatura a 2.500 gradi. La gara spaziale rallenta, e i disastri coinvolgono anche l’Urss che perde prima il cosmonauta Vladimir Komarov e poi altri tre uomini, Jury Dobrovolsky, Vladislav Volkov e Viktor Patsayev, nel 1971.

  In compenso in ottobre la sonda Venera4 dà una quantità di dati sull’atmosfera di Venere, mentre atterra col paracadute sul pianeta e si schianta. Ufficialmente, per ora i cosmonauti non vanno più nello spazio, ma non è affatto vero: solo che i sovietici non ne parlano perché molte cose non vanno bene e non vogliono fare figuracce.

 

  Box

 

Chi scrive si è occupato spesso di voli spaziali sovietici: avendo fatto amicizia con Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia, radioamatori fin da ragazzi, andava con il collega Silvano Villani del “Corriere della Sera” a trovarli nei pressi di Torino, a Torre Bert, dove avevano un attrezzatissimo “studio-spia”. Negli anni ’60 erano già noti in tutto il mondo perché riuscivano a captare le comunicazioni tra le capsule e le basi. In Urss non c’era ancora la glasnost (la trasparenza voluta poi dalla perestroika ma soprattutto da Michail Gorbaciov) e i Sovietici, maniaci della segretezza, non davano notizie dei loro lanci come facevano invece gli Americani. Temevano che un guasto o un incidente potessero sciupare il mito di tecnologia avanzata che doveva essere sempre associato a quel che produceva l’Urss.

I giovani Cordiglia, grazie a un’interprete (donna), non solo erano sempre al corrente dei lanci, ma certe volte avevano captato le strazianti grida d’aiuto di cosmonauti in difficoltà. Qualcuno aveva parlato di un incendio a bordo, una voce femminile diceva “questo il mondo non lo saprà mai…” (invece la vicenda è stata raccontata da loro stessi in un libro). Tra le registrazioni ce n’era una particolarmente toccante: una voce maschile diceva “ho tanto freddo, mi sto perdendo …” e si sentiva il battito a martello di un cuore.

Passavamo con loro intere giornate, poi Villani scriveva articoli mozzafiato per il Corriere o la Domenica, io per Tempo Illustrato e i sovietici smentivano, ma i nostri direttori se ne infischiavano. Ci interessava anche un altro ‘mistero’, quello della Sindone, perché papà Judica Cordiglia - libero docente di medicina legale e anatomopatologo all’Università di Milano – ne aveva una copia identica all’originale in una teca e la studiava scoprendo nuovi particolari. Era certo che la morte di Gesù dovesse essere attribuita alle tante ferite di cui riscontrava i segni e non solo alla crocifissione che avrebbe causato una morte lenta. Infatti anche Pilato s’era stupito di quella fine così rapida.

Il dottor Cordiglia pensava che la Sindone fosse autentica. Tutte le dispute successive non hanno mai portato a una conclusione definitiva, e lui l’aveva previsto: “Non si metteranno mai d’accordo – diceva – perché i non credenti faranno di tutto per non cedere. E’ da superuomini avere la forza di cambiare parere e di veri superuomini ce ne sono troppo pochi!”

In più era certo che l’immagine – oltre a essere un ‘negativo’ in tempi ben lontani dall’invenzione della fotografia - non poteva essersi impressa ‘per contatto’: in quel caso, aprendo il telo, sarebbe diventata larga, deforme.

  

     (chiusura del box)

 

3 dicembre 1967

322. Il primo trapianto di cuore avviene a Città del Capo                    

• Il cardiochirurgo Christian Barnard fa il primo trapianto di cuore su un uomo, Louis Washkanski. Diventeranno ambedue famosi in tutto il mondo, Barnard sarà pazzamente amato dalle donne, ma Louis potrà sopravvivere solo 18 giorni. E com’è che quasi sempre i ‘trapiantati’sopravvivono solo 18 giorni? Sarebbe una cosa da studiare. Per fortuna col secondo tentativo andrà meglio, il paziente guadagnerà quasi 600 giorni di vita.

 

1968

323. Un’ondata internazionalista e libertaria coinvolge quasi tutti i paesi, in parte sbloccando filosofie congelate, in parte creando guai

• Herbert Marcuse è il filosofo che primeggia in questo ‘anno terribile’, che alcuni invece chiamano ‘anno dei portenti’. Lui ci va giù pesante: ”Nove decimi dei critici dovrebbero essere impiccati” è una delle sue frasi preferite. Altre parole smitizzano tutto, contestano qualunque credenza, sputano sulla guerra in Vietnam e non hanno torto, perché oltre al fatto di perderla, gli Americani hanno distrutto i loro giovani che sono tornati diversi, incattiviti, che si drogano, non studiano più e scansano la scienza perché “nulla è credibile, nulla è sicuro. I ragazzi hanno tutti un libretto di Marcuse in mano, o in tasca. Il preferito è “L’uomo a una dimensione”. Qualcuno dice “Attenzione, è un tedesco!” – “E che importa, oramai il nazismo è morto”.

• Però l’America è troppo grande per una sola filosofia. Il nuovo movimento si sfrangia abbastanza presto e ancora si arroventa in Francia: quel maggio a Parigi, chi lo può dimenticare? Sono cambiate molte cose anche in Italia: abbiamo ottenuto il divorzio, l’aborto, è mutato il mondo del lavoro. E’ arrivata purtroppo anche la droga a dare man forte alla rivolta e tra i giovani nessuno capisce che sta costruendo la propria rovina. Il Fundamental fysiks Group intanto cresce rapidamente e per ora aiuta solo a confondere le idee a diffondere l’uso delle droghe. Ci metteranno subito le mani i delinquenti, i mafiosi. Che importa se i giovani crepano, purché ci si guadagni il più possibile.

 

1968

324. Una teoria unifica per la prima volta due delle quattro forze, quella “debole” e quella “elettromagnetica”

• I fisici americani Steven Weinberg e Sheldon Lee Glashow ideano dei metodi matematici per fondere due delle quattro forze, o leggi della natura, e ci arriva nello stesso tempo il pachistano Abdus Salam. Sembra perfino che in realtà l’atomo sia governato da un’unica forza e la battezzano “elettrodebole”, ma la prova della teoria non c’è ancora. La forza debole richiede lo scambio di tre particelle, una con carica positiva, un’altra negativa e una neutra. Usando il potente acceleratore del Cern di Ginevra il fisico italiano Carlo Rubbia e Simon van der Meer lavoreranno finché riusciranno a trovare le particelle che si nascondono, ma dovranno passare un po’ di anni.  

 

29 febbraio 1968

325. Un inglese scopre le pulsar: sono stelle di neutroni, morenti

• Anthony Hewish, astronomo inglese, scopre le stelle di neutroni che sono nella fase finale della loro vita, però una delle sue studentesse, Jocelyn Bell, c’era arrivata prima di lui e ne aveva scoperta una con il radiotelescopio che aveva battezzata CP1919. Queste stelle morenti emettono a intervalli regolari onde radio frequentissime, come un cuore che a volte accelera in vista della morte. Sono le pulsating star, da cui viene il nome pulsar. Lei, ovviamente, non prenderà il Nobel.

• Esce un libro di Nikolas Witkowski intitolato “Troppo belle per il Nobel”, e forse lei era davvero troppo carina, chissà. Hewish invece lo prenderà nel 1974, dividendo il premio con sir Martin Ryle, col quale aveva ideato i primi radiotelescopi ad apertura sintetica, grazie alla quale si possono individuare strutture celesti piccolissime usando sistemi molto complicati, che sarebbe troppo lungo descrivere qui.

 

1969

326. Nel 1969 vi erano già 63.000 computer negli Stati Uniti e stava nascendo la rete che si sarebbe allargata in tutto il mondo.

Naturalmente incominciano i militari con ARPANET ma in poco tempo la “rete” si diffonderà in tutto il mondo specie in Europa.

 

1969

327. Non vanno molto bene le centrali nucleari americane: ci vogliono almeno 10 anni per costruirne una, mentre per quelle a carbone ne bastano 5 e loro di carbone ne hanno tanto

• Secondo il professor Richard K. Lester, docente di ingegneria nucleare al Massachusetts Institute of Technology, uno dei massimi esperti del mondo (il giornalista Vittorio Zucconi lo intervisterà qualche anno dopo), dice che l’industria nucleare negli USA incomincia già a presentare alcuni lati oscuri. Il problema delle scorie da smaltire, i costi di manutenzione alti … E’ tutto piuttosto preoccupante per chi ha investito nel nucleare.

 

4 aprile 1969

328. Siamo arrivati al cuore artificiale… chissà se con un cuore così ci si può innamorare?

• Il chirurgo è Denton Cooley e l’operazione viene fatta all’ospedale St. Luke di Houston, con un cuore artificiale fabbricato da Domingo Liotta, su un uomo di 47 anni, Haskell Karp. Per il momento non si fa in tempo a sperimentare se si riesce ad innamorarsi lo stesso: quel cuore artificiale batte solo per 63 ore, così bisogna fare un trapianto, ma Karp muore dopo 31 ore. Ci riproveranno nel 1982.

 

16 maggio 1969

329. Un ragazzo di 15 anni muore di AIDS, è il primo nel mondo, o almeno così si credeva perché poi se ne scoprono altri

• Robert Rayford – la gente quando sente la notizia crede che sia morto l’attore Robert Redford e molte donne piangono – è giovanissimo, ha solo 15 anni e ha preso non si sa come una malattia che nessuno conosce. Forse è stato vittima di un pedofilo che l’ha contagiato. La sua morte però non sarà inutile: il siero congelato e messo in ‘banca’, quando sarà studiato in futuro, permetterà di isolare il virus della malattia e di scoprire che molte altre persone, qua e là nel mondo, erano morte a causa della stessa infezione senza che si capisse di che si trattava.

  

16 luglio 1969

330. Gli americani lanciano l’Apollo 11 con tre uomini a bordo: arriva sulla Luna quattro giorni dopo

Neil Armstrong è il comandante ed è lui a lasciare la prima famosa impronta sul suolo lunare. Von Braun aveva promesso a Kennedy che gli uomini sarebbero arrivati sulla Luna e ha mantenuto l’impegno. Qualcuno, da qualche parte, si domanda: a che serve? Prendiamo le risposte di Sergio Zavoli, dal suo “Diario di un cronista”.

 “Si chiamano ricadute: sono le risorse liberate dalla scienza attraverso la tecnologia. A esse si accoda anche qualche lascito di altra natura: psicologico, letterario, artistico.” Dunque a qualcosa serve, o servirà.

• Dopo la Luna arriva il grande momento degli UFO. E’ una faccenda, si sa, molto controversa. “Scienza e politica si battono - dice Zavoli - per screditare l’ipotesi che nel cosmo, chissà dove, qualcuno possa venire a dare un’occhiata qui. A svalutare ogni notizia sono impegnati tutti i ‘grandi’ della Terra. Eppure Einstein ci credeva e ci credeva anche von Braun. Neil Armstrong confidò di esserseli visti accanto, attorno alla Luna … Alle 5,46 del 21 luglio 1969, a chi da Houston gli chiedeva ragione delle interferenze sulle trasmissioni radio, rispose: ‘Vedo degli oggetti enormi, sembrano astronavi, ci guardano …’ Il dialogo, che ha fatto il giro del mondo e in Italia è stato ripreso da ‘Epoca’, non passò sull’audio ufficiale delle Tv americane, ma venne registrato da alcuni radioamatori che si videro sequestrare il materiale. Qualche anno dopo, chiestane conferma ad Armstrong, l’astronauta si rifiutò di rispondere.”

 

1970

331. La microelettronica inventa il microprocessore monolitico, grande come una scatola di dolciumi.

• Un microprocessore monolitico è un microprocessore costituito da un unico circuito integrato (non bisogna dimenticare che il processore è il cervello del computer). Questo importante traguardo è stato raggiunto nei primi anni settanta grazie ai notevoli e sorprendenti passi avanti compiuti dalla microelettronica: soltanto due decenni prima non era neanche immaginabile un processore che fosse interamente contenuto in un unico componente elettronico in grado di occupare lo spazio di pochi centimetri cubi! Oggi invece il microprocessore è tipicamente implementato (inutile cercarlo sul dizionario, la parola “implementare” non c’è, ma vuol dire solo “rendere operante”, “attivare”), o meglio fatto funzionare come microprocessore monolitico, ossia a un solo pezzo.

 

1970

332. Se ne parla tanto, ma se ne sa poco: questo buco nell’ozono chi l’ha fatto? Si può riparare? Meglio andare a vedere

• Il fisico francese Charles Fabry aveva scoperto l’ozonosfera già nel 1913. E’ una piccola frazione dell’aria - una parte su 4 milioni - formata dalla combinazione dell’ossigeno atomico (un atomo singolo) con le normali molecole d’ossigeno (due atomi). Sembra niente eppure ci fa da ‘parasole’ tanto da assorbire l’eccesso di luce ultravioletta che danneggia la vita sulla Terra e perfino quella del plancton sulla superficie del mare.

  Molte delle nostre tecnologie l’hanno messa in pericolo specialmente in questi anni ‘60/70’: gli aerei a reazione, i razzi che attraversano l’atmosfera per andare nello spazio, alcune sostanze chimiche e perfino le bombolette spray (questo lo scopriremo solo nel ’74) a causa del gas freon  - uno dei clorofluorocarburi - che contengono e che serve a ottenere la pressione necessaria per spruzzar fuori il contenuto: si saprà che ogni anno se ne versano in cielo, ossia nell’atmosfera, 770.000 tonnellate.

• Così ora gli USA lanciano il satellite meteorologico Nimbus-4 per andare a vedere come sta il buco, ma solo nel 1985 gli Inglesi scopriranno che lo strato di ozono sopra il Polo è veramente nei guai e quindi noi lo siamo ancora di più: malattie respiratorie, attacchi d’asma, irritazione agli occhi e quel che è peggio tumori della pelle. Com’è pericoloso sciupare anche una piccola parte di questa ‘pellicola’ che protegge il mondo! Purtroppo bisogna dire “che lo proteggeva”…    

 

1 dicembre 1970

333. Grande emozione: cade un meteorite e i ricercatori vi trovano 17 amminoacidi diversi, anzi qualcuno afferma che sono di più, ma andranno mai d’accordo gli scienziati?

• George Cooper, ricercatore della NASA, trova gli amminoacidi, i cosiddetti mattoncini della vita su un meteorite caduto nel 1969 a Murchison, in Australia, e subito si riapre il discorso della ‘panspermia’, la teoria secondo la quale la vita potrebbe essere arrivata dallo spazio sulla coda di una cometa o su un meteorite. Insomma: la vita va girellando per l’universo e se trova il posto giusto dove attecchire vi si insedia e nasce. Il nostro pianeta aveva tutto quel che serviva per accoglierla e farla ‘germogliare’. E’ bello pensare che veniamo dalle stelle, no? Infatti anche noi, come sostanza, siamo fatti di polvere di stelle …

 

1970/1971

334. E’ appena nata la ‘trascrittasi inversa’ quando viene alla luce la bioingegneria: anche i corpi viventi sono come un gioco di ‘lego’,  cioè i DNA di organismi diversi possono ricombinarsi

• David Baltimore e Howard Temin scoprono la trascrittasi inversa. Si tratta di un enzima presente nei virus composti solo di RNA. Quando avviene l’infezione e il virus entra in una cellula, la trascrittasi entra in ballo copiando l’RNA virale e usandolo come stampo per costruire molecole di DNA provirale, ossia mascherato da DNA vero. Il più studiato è quello che provoca l’AIDS.

  E’ il gran momento dei biologi: l’americano Paul Berg della Stanford University riesce a saldare per la prima volta il DNA di due specie diverse, quello del virus della scimmia-40 (SV-40) e di un batterio. E’ la prima molecola di DNA ricombinante, cioè ottenuta prendendo un pezzo da un organismo e un pezzo da un altro. L’unione dei due pezzi del DNA viene realizzata utilizzando i due “enzimi di restrizione” considerati “le forbici”, e un altro enzima, il DNA ligasi che funziona da colla. Li avevano già scoperti gli americani Hamilton Smith e Daniel Nathans, con lo svizzero Werner Arber. Prenderanno tutti il Nobel nel 1978, e Berg lo avrà nel 1980.

• Il DNA ricombinante che di solito viene detto di ‘Berg’ è destinato a trasformare molti aspetti della scienza e in particolare della chirurgia, ma forse anche di dare vita a esseri artificiali … o siamo in piena fantascienza? Qui ci manca Verne! In compenso arriverà un altro biologo, Bruce Lipton - biologo cellulare - che vede ancora più in là ma è malvisto dai soliti togati. Per il momento insegna biologia all’Università del Wisconsin, poi si dedicherà a nuove, pionieristiche ricerche alla School of Medicine della Stanford University, scoprendo che “ciò in cui crediamo determina ciò che siamo” e che non è solo il DNA a comandare sulla nostra salute e nella nostra vita, ma possiamo agire anche con la mente. Ne riparleremo presto.

 

19 Aprile 1971

335. L’Urss lancia la stazione spaziale Saliut-1, una specie di casa nello spazio dove gli equipaggi si possono alternare per fare ricerche, ma non va tutto bene

• La Saliut-1 era certo la risposta dell’Urss allo sbarco degli Americani sulla Luna, però quella che doveva essere una novità assoluta viene colpita da una serie di guai: un incendio a bordo, un equipaggio che doveva andare ad abitarla eliminato perché un cosmonauta è malato di tubercolosi, mentre i tre che finalmente vi si installano per 23 giorni non torneranno mai sulla Terra: moriranno nel viaggio di rientro. Questo gioco politico costa vittime, e continuerà a costarne, da una parte come dall’altra.

  Gli Americani portano anche un’automobile sulla Luna, si chiama Lunar Roving Vehicle, e la utilizzeranno due astronauti, David Scott e James Irving che passeranno due interi giorni sul nostro satellite. A un certo punto, però, sia gli uni che gli altri smetteranno di uscire dalla Terra anche perché si stanno accorgendo che ‘lo spazio’ interessa sempre meno il pubblico, non solo, ma che abbiamo tanti guai da sistemare qui che è opportuno, anzi urgente pensare ad aggiustare i problemi nostri piuttosto che continuare a giocare ‘partite’ fuori casa con presunti nemici terrestri.

 

1971

336. Una zoologa inglese studia per anni la vita degli scimpanzé e pubblica un libro con le sue esperienze, ma gli Italiani non si interessano molto di animali finché non arriva ‘qualcuno’

• Jane Goodall, etologa, vive per anni tra gli scimpanzé convincendosi che ci somigliano molto più di quanto immaginiamo, ma in Italia pochi sanno chi è e quel che ha scoperto. Dian Fossey, che ha vissuto accanto ai gorilla, invece è nota e non perché i gorilla ci siano più simpatici, ma perché è stata assassinata e i gialli ci affascinano più del comportamentismo animale.

 Gli Italiani della natura in genere e degli animali in particolare – a parte cani, gatti, canarini, in rari casi cavalli, oppure polli, conigli e bovini, ma solo per mangiarli – se ne sono sempre infischiati. Però negli ultimi anni qualcuno li ha cambiati. Questo qualcuno è Piero Angela, che da tempo nutre i giovani, per fortuna, ‘a pane e Quark’. Tutti lo conoscono come giornalista, scrittore, autore televisivo. Il suo curriculum prenderebbe pagine e pagine, così lo riduciamo all’essenziale, partendo non dal 1952 quando ha cominciato come corrispondente, inviato e conduttore televisivo, ma dal 1969 quando si è dedicato completamente alla divulgazione scientifica.

•  Negli anni ’70 ha realizzato più di 50 documentari. Citiamo solo “Il futuro nello spazio”, 
4 puntate in occasione
dello sbarco sulla Luna; “Destinazione uomo”, 
10 puntate sulla biologia e il cervello; “
La macchina umana”, “
Nel cosmo alla ricerca della vita”,
9 puntate sull’origine della vita e sulla possibilità che
esista altrove nello spazio.  Poi, nel 1981, ha creato la rubrica Quark (in onda in prima serata su Raiuno fino al 1994, e diventata in seguito SuperQuark), lavorando con con Lorenzo Pinna, Giangi Poli, Marco Visalberghi. Numerosi ricercatori e divulgatori italiani hanno collaborato (in particolare Danilo Mainardi, Roberto Vacca, Piero Bianucci, Fabio Pagan, Franco Foresta Martin, Paco Lanciano). A "Quark", sin dal 1981, si è affiancata la rubrica naturalistica "Quark speciale", che durante il periodo estivo presentava ogni anno una serie di documentari sul comportamento animale e sulla ricerca etologica, realizzati dai migliori documentaristi del mondo. Ogni anno oltre 100 documentari sono diventati un familiare appuntamento per un pubblico sempre più numeroso. Nel 1987 ha realizzato 6 “Serate Natura” sugli animali.

• All’inizio del 1988 ci ha dato 200 "Pillole di Quark", brevi spot di carattere educativo: al 31 dicembre 1991 erano state trasmesse oltre 6 mila "pillole". Uno studio dell’Ufficio Opinioni della RAI ha mostrato l’altissimo gradimento di questi "spot". C’è stato poi il programma "Serata atmosfera" (sui cambiamenti climatici e l’effetto serra) alla presenza di 7 mila spettatori e anche "Serata Oceano", sulle dinamiche climatiche e i rischi di inquinamento dei mari.  Impossibile non citare il fantastico viaggio nel corpo umano “La Macchina Meravigliosa”, 8 puntate di 1 ora in prima serata. Questo programma (co-prodotto dalla NDR, prima rete televisiva tedesca), girato anche in versione inglese, è stato venduto in oltre 40 Paesi. La casa editrice De Agostini ha realizzato le videocassette. Nel 1991 sono andati in onda due suoi documentari realizzati in Africa con il figlio Alberto: "Una Giornata di 2 milioni di anni fa" (sull’Homo habilis), e "Alla Ricerca del leopardo".

 Nel settembre 1993 è andato in onda il "Pianeta dei Dinosauri" in prima serata, realizzato con il figlio che è paleo-antropologo. Era un programma basato su sofisticate tecniche di robotizzazione e di effetti elettronici, che ha permesso di far rivivere l’epoca dei grandi rettili. Sembrava di trovarceli accanto. Il programma è stato girato in lingua inglese e francese e anche questo è stato venduto in 40 Paesi. Ora ci sono anche altri esperti, come l’ornitologo Francesco Petretti che vediamo su “Geo”, e di cui parleremo.

•  Piero Angela continua, anzi i suoi documentari si sono allungati, durano 100 minuti e intanto l’Italia è conquistata, tutti sanno tante cose sugli animali, sono convinti che perfino le piante siano vive e intelligenti, che la natura anzi sia tutta viva e intelligente – noi umani un po’ meno perché stiamo facendo un mucchio di dnni - ma se i giovani crescono migliori il merito è in gran parte suo. E dobbiamo a lui e ai suoi seguaci se non vediamo più, o quasi, tante doviziose dame pavoneggiarsi nelle pellicce di visone (a proposito, lo sapevate che per far rizzare il pelo ai visoni gli infilano un ferro rovente nel sedere prima di ucciderli?) Certo non è stato Angela a suggerire ai giovani di prenderle a pomodorate all’uscita dal teatro, ma chi è cresciuto a ‘pane e Quark’ sente questa spinta irrefrenabile e come non capirlo? 

 

Dicembre 1971

337. Da un fungo spunta un farmaco antirigetto, chiamato ciclosporina, che consente ai ‘trapiantati’ di vivere più  a lungo

• Lo svizzero Jean François, un ingegnere agrario che lavora alla Sandoz di Basilea, si accorge che una certa sostanza trovata in un fungo ha ottime proprietà antirigetto, ma solo nel 1976, quando sarà trasformata in un vero farmaco utilizzabile, ne darà l’annuncio sulla rivista “Agents actions”. La ricerca avanza, presto se ne troverà anche un altro migliore, e di questo passo – così spera l’umanità – chissà che un giorno non si possa trapiantare anche il cervello, o perlomeno la memoria: magari prendendoli da un delfino che a quanto sembra è più intelligente di noi, o da un elefante, che non dimentica mai nulla.

 

1972

338. Ricombinare i geni, che divertimento! Però attenzione, capita anche di fare le cose alla rovescia…

• E’ quello che succede a due studiosi americani, Stanley Cohen ed Herbert Boyer, che usano il sistema del DNA ricombinante per ottenere un Escherichia coli differente. Si tratta di quell’ostinato batterio che risulta così difficile togliersi dall’intestino e che più o meno, purtroppo, portiamo sempre con noi (un microchirurgo americano, Eben Alexander, se l’è trovato perfino nelle meningi rischiando la vita). Il patrimonio genetico che Cohen e Boyer sono riusciti purtroppo a dare all’Escherichia coli, è così robusto e resistente che se ne infischia  degli antibiotici. Che magnifica trovata! Se quello scappa dal laboratorio e invade il mondo? Beh, per la verità lo sta già invadendo.

 

1972

339. La quantistica continua a tormentare gli studiosi: ecco che ora viene fuori la “cromodinamica”

• Il fisico americano Murray Gell-Mann elabora la Teoria della cromodinamica … Ma è meglio ripartire dal principio, abbiate un po’ di pazienza. Dunque, sappiamo che le calamite hanno due ‘poli’, il Nord e il Sud: i poli uguali si respingono, i poli contrari si attraggono. Anche l’elettricità si presenta con due ‘poli’ o ‘cariche’ opposti: positivo e negativo, e cariche uguali si respingono mentre cariche opposte si attraggono. Sono cose che abbiamo succhiato col latte. Ebbene: la chiave per capire la ‘Cromodinamica quantistica’ è già in questi concetti, e capirete tutto se avrete un po’ di pazienza.

 • I fisici si sono accorti che, nei nuclei atomici, opera una forza circa cento volte più intensa dell’elettricità, e le sue ‘cariche’, anziché essere due come nei casi di cui si parlava, sono tre. Bisognava pur battezzarle e, dopo qualche battibecco tra Feynman e Gell-Mann (che si è sempre ritenuto il degno avversario di Feynman, ma non vale altrettanto) ha prevalso l’opinione di quest’ultimo. Così, alle tre cariche è stato assegnato il nome di ‘Rossa’, ‘Verde (Green)’ e ‘Blu’ come ai tre colori fondamentali di un monitor o di un televisore. RGB, dunque.

  Lo diciamo, ma lo avete già capito: due cariche Rosse si respingono, mentre una Rossa e una Verde si attraggono. Poi, la coppia Rosso- Verde va a caccia di una Blu, perché attrae anche questa, ovvio. Insomma: le particelle che compongono il nucleo atomico, come il protone e il neutrone, sono composte da tre ‘quark’ ciascuno di diverso colore, e solo le particelle ‘bianche’ – perché in un monitor un pixel rosso più uno verde più uno blu danno il bianco –  sono stabili.

  E’ sbucato un ‘quark’, e adesso bisogna rammentare qualcosa su queste particelle, che sono le più minuscole briciole di materia. Un quark non si spacca; non c’è dentro nulla (a parte che è ‘colorato’) e, nella gerarchia di matrioske di cui è composto il cosmo, partendo da oggetti grandi e sminuzzandoli per ottenerne di più piccoli (cristallo di sale à Cloro + Sodio à nuclei + elettroni à protoni e neutroni à quark), è la matrioska più piccola, dentro tutte le altre.

  Quanti tipi di quark esistono? Ce ne sono sei, ma quelli che compongono tutta la materia dell’universo sono solo due. I nomi? Qui c’è stata poca fantasia: si chiamano ‘quark su’ e ‘quark giù’. Il protone è composto di ‘su + su + giù’ (di tre colori diversi) e il neutrone di ‘su + giù + giù’. Poi, la materia è composta di protoni + neutroni + elettroni (anche questi ultimi sono particelle davvero ‘elementari’, non si spezzano ecc.) che formano gli atomi, e così via.

•  Dopo avere letto questa paginetta, non andate all’Università a sostenere l’esame di ‘Fisica delle Particelle’ perché vi boccerebbero con infamia. Però, è vero che la ‘Forza di colore’ completa il Modello Standard (v. 298 anni 64/65 ). E non venite a chiedere: «perché tre cariche, sei quark, gli elettroni e i neutrini, cos’è una carica» e così via, dato che nessuno lo sa. Le risposte vanno oltre il Modello Standard, e per il momento non le conosciamo.  

 

3 marzo 1972

340. Ora che sappiamo quasi tutto del nostro satellite è ora di andare a curiosare tra gli altri pianeti del sistema solare

• Gli Americani cominciano a sondare i nostri vicini da Giove (vicini si fa per dire): il Pioneer 10 parte il 3 marzo e arriva il 3 dicembre dell’anno successivo. La distanza minima tra noi e lui è di 588 milioni di km quindi c’è voluto un po’ di tempo. Giove è il più vicino al Sole tra i pianeti giganti e gassosi del sistema solare. Beh, a dire la verità saranno il Voyager 1 e il Voyager 2 a vederli meglio dei due Pioneer (il n.10 e il n.11), ma solo nel 1979. Pioneer 10 fa delle belle foto del pianeta e della strana macchia rossa che ha dato il via a tante teorie contrastanti anche perché sembra rotolar via in mezzo a strati di nubi che corrono ad alta velocità. Giove emette radioonde e ha un vasto e intenso campo magnetico.

 

1972

341. Si può finalmente guardare dentro un corpo vivente senza doverlo tagliare a fettine per fare una diagnosi

• L’ingegnere inglese Godfrey Hounsfield fa la prima TAC (Tomografia Assiale Computerizzata). Questo metodo di indagine, abbinato alle radiografie, cambierà completamente la diagnostica clinica. L’anno 1972 ci regala anche la Rmn (Risonanza magnetica nucleare) proposta con un articolo su “Nature” dal fisico americano Paul Lauterbur, benché i fisici Felix Bloch ed Edward Purcell ne avessero già gettato le basi con dei lavori sulla “Physical Rewiew” americana, e il chimico-fisico svizzero Richard Ernst ne avesse chiarito le basi teoriche.

  Seguiranno altri metodi di indagine così accurati che la gente dirà “oramai il corpo umano non ha più segreti per i medici, ma resta un mistero la mente” e quel mistero non sarà svelato neppure dopo il Duemila.          

 

1972

342. Nel mare Ionico a 8 metri di profondità davanti alla piccola marina di Riace vengono trovati due magnifici bronzi antichi

• L’archeologo Salvatore Settis, calabrese, dichiara che le due statue sono certamente greche. Chi le avrà fatte? Si parla addirittura di Fidia. Fra tutte le statue che sono arrivate fino a noi, quei due bronzi hanno colpito in modo particolare il pubblico. Sono esplose polemiche d’ogni tipo, perfino sui loro attributi virili. Perché così graziosamente minuti, in quei due corpi tanto imponenti e vitali?

  Divertente il libro di Alberto Angela sui due bronzi oramai famosi, e anche affascinante, perché cerca di svelare i misteri che li avvolgono. Vale la pena di seguirlo in questo viaggio fantastico, che attraverso i millenni ha portato i due bronzi a finire nel nostro mare, chissà perché.

• Si svolge a Stoccolma la Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo, che dovrebbe segnare il decollo del movimento ecologista internazionale e c’è perfino chi ci crede, o finge di crederci.

 

 

 

 

1973

343. Ci si batte per la paternità del computer e si comincia a frugare nel passato così torniamo al punto in cui si scoprì che fu invece una maternità … riparliamone, lo stavamo dimenticando

• Ada Lovelace, figlia del poeta lord Byron, avrebbe meritato il brevetto per l’invenzione del primo computer (v. n. 44, marzo 1866). Era l’unica figlia legittima del poeta: nata a Londra nel 1815, conobbe appena il padre che lasciò la famiglia quando lei aveva un anno e morì otto anni dopo senza averla mai rivista. Sua madre, la matematica Anne Isabella Milbanke, per paura che anche lei, crescendo, si mettesse a scrivere poesie, la tuffò nelle scienze matematiche e Ada si interessò al lavoro di Charles Babbage sulla macchina analitica.

•  Babbage era uno scienziato che oggi possiamo definire ‘proto-informatico’, infatti ebbe per primo l’idea di un calcolatore programmabile ed è conosciuto nel mondo dell’informatica proprio per i suoi progetti. Del primo, la macchina differenziale, fu realizzato un prototipo imperfetto mentre il secondo, la macchina analitica, fu solo programmato. Alcune parti di quei meccanismi sono in mostra ancora oggi al Museo della Scienza di Londra.

 Ada rimase affascinata dai suoi lavori e studiò anche un algoritmo per generare i numeri di Bernoulli, considerato come l’unico che potesse essere elaborato da una macchina. Babbage chiamava Ada “Incantatrice dei numeri” e lei viene davvero ricordata nel mondo come la prima programmatrice di computer. Si pensava però che gli antichi avessero già inventato aggeggi simili e li usassero perché su un vecchio veliero affondato era stata trovata una macchina detta di Antikythera (il nome viene dall’isola greca presso la quale giaceva) che era sicuramente un calcolatore analogico.

• Anche se il suo non è mai stato costruito, gli studi della Lovelace sono importanti, perché la giovane donna aveva previsto anche la possibilità di andare oltre il calcolo numerico, mentre Babbage si fermava solo su quello. Bisogna aggiungere che il linguaggio di programmazione ‘Ada’, il cui sviluppo è stato finanziato in seguito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, si chiama così in suo onore.

  Nel 1973 il giudice dichiara nullo il brevetto del primo computer, l’EDVAC, poi diventato ENIAC, e attribuisce la paternità dell’invenzione al fisico americano (di origine russa) John V. Atanasoff. Nel 1973 il numero dei computer in America sale a 105.000; in Italia a 4.400.

 

1973

344. Nasce internet, grazie all’Agenzia per i progetti di Ricerca Avanzata (DARPA)

•  L’Agenzia per i progetti di Ricerca Avanzata del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti avvia un programma di studio sulle tecnologie necessarie a interconnettere reti di calcolatori di tipo diverso. L’obiettivo era di sviluppare un sistema che avrebbe permesso di comunicare tra reti diverse collegate insieme. E’ stato chiamato internet project e alla fine è diventato internet.

 In questa prima fase la rete su cui si conducono gli esperimenti è sempre ARPANET e collega i vari computer dei centri che svolgono ricerche per conto dell’ARPA e dell’IPTO (Informating Processing Tecnologies Office), operativi fin dal 1969.

  In questa prima fase la rete è ancora allo stadio sperimentale: è composta da qualche decina di nodi (i computer che compongono la rete) tutti negli Stati Uniti o in basi americane all’estero, e le regole per l’accesso le dettano – rigorosamente – i militari. Nella seconda fase entrano nella rete varie altre agenzie governative, in particolare la National Science Foundation (NSF) e la Nasa. Crescerà molto rapidamente.  

 

Aprile1973

345. Momento frenetico per la tecnologia: nasce anche il cellulare che cambierà il mondo e i rapporti umani

E’ Martin Cooper, direttore della sezione Ricerca e sviluppo della Motorola, che inventa il “telefonino”. Si racconta che ha fatto la sua prima telefonata da un cellulare il 3 aprile 1973 a un potenziale concorrente. Però ci sono voluti 10 anni prima che la Motorola si decidesse a produrre un buon modello che però costava 4000 dollari (qualcuno dice 3000).

 

1974

346. E’ l’anno in cui due astronomi si accorgono dell’esistenza di pulsar binarie e trovano la prima a circa 15.000 anni luce da noi

• Russel Hulse e Joseph Taylor, giovani astronomi americani, scoprono per la prima volta una pulsar binaria. La individuano o meglio le individuano, visto che sono due, nella costellazione dell’Aquila. Ma cos’è una “pulsar binaria”? Semplicemente una coppia di stelle di neutroni, che orbitano attorno al baricentro comune, e una o tutte e due si presentano come pulsar.

  Nel caso di “PSR J1915+1606” detta anche “PSR B1913+16” (sentendola nominare in un congresso, l’astrofisico Shaviv urlò: “Non datemi numeri di telefono! Ditemi che oggetto è!”) una delle due è una pulsar, e l’altra forse lo sarà pure, ma la sua emissione non punta verso di noi, e non possiamo esserne certi. Comunque, le stelle di neutroni sono così dense e ‘piccole’ (mica tanto, però) che le due compagne di questa coppia ruotano in un’orbita ellittica che le porta a una distanza variabile tra 1 e 5 volte il raggio solare, appena in 7 ore e 45 minuti. E qui viene il bello.

• Sappiamo, da Einstein, che la forza di gravità è, in realtà, curvatura dello spaziotempo. Ebbene: masse così grandi (ciascuna stella pesa 1,44 volte più del Sole) a distanze così piccole, muovendosi scavano veri e propri solchi nello spaziotempo, che prendono il nome di onde gravitazionali. Qualunque massa quand’è accelerata lo fa, ma a un ritmo minimo rispetto a queste due stelle. Però l’emissione di onde gravitazionali richiede tanta, tanta energia, e da dove si prende? Facile, dalla rotazione delle due stelle. Con il risultato che l’orbita si restringe di circa tre metri e mezzo ogni anno, e quindi accelera. Così, fra 300 milioni di anni le due stelle di neutroni cadranno l’una sull’altra.

• Ci si chiede: perché questa scoperta è importante? Il motivo è che, con gli strumenti disponibili già nel 1974, e a maggior ragione in seguito, è possibile seguire nei dettagli il restringimento dell’orbita e di conseguenza misurare quanta energia viene emessa in onde gravitazionali. Allora, seguendo per vent’anni queste due stelle, Alan Russell e Joseph Taylor hanno trovato che teoria e osservazione conducono a risultati assolutamente identici, dimostrando, indirettamente, che le onde gravitazionali esistono davvero anche se con i nostri strumenti non siamo riusciti a pescarne neanche una.  Così i due astronomi hanno ricevuto il Nobel per la Fisica nel 1993.

• Dopo di allora sono state scoperte altre pulsar binarie, di cui alcune ancora più “estreme” (vicinissime tra loro), e anche queste hanno confermato puntualmente le previsioni fatte nel 1915 dal Grande Vecchio della Fisica del ‘900. Non c’è da meravigliarsi se molti fisici venerano Einstein come una divinità …

 

1974

347. Un momento difficile nello studio della fisica, le particelle subatomiche e le loro strane famiglie sono più labili del vento

• Gell-Mann, il fisico, è il più colpevole. Stiamo per fare un po’ di autobiografia: parleremo del tempo in cui, avendo una passione per la fisica (tutt’altro che condivisa da parenti e amici) ci avviavamo verso la ‘fisica delle alte energie’. Trovarsi di fronte alle particelle subatomiche fu complicato, però sintetizziamo arrivando alle 5 particelle conosciute allora: elettroni, neutrini, muoni, mesoni e barioni. Col muone che sembra una fotocopia dell’elettrone, ma più pesante. Ora ci sarebbe voluta una tavola periodica tipo quella degli elementi. Non c’era. 

• Quando si capì che i barioni e i mesoni erano fatti di altre particelle più piccole, e che erano queste la chiave per la tavola periodica, sono incominciati i guai perché un certo Gell-Mann (già, proprio quello della cromodinamica) sceglie di chiamarle quark, nome che, a chi scrive, faceva venire in mente il Finnegan’s Wake di Joyce e il versetto “Three quarks for Muster Mark” (bislacco al punto che il traduttore si rifiutò di fare la versione italiana perché, scrisse, “io traduco solo dall’inglese”). Poi, siccome i quark che compongono tutto il mondo visibile sono due, senza nessun motivo Gell-Mann decise di nominarli “su” e “giù” – “up” e “down” - quindi “u” e “d”. Così, “u” e “d”, più elettrone e neutrino, compongono la parte prevalente dell’universo: la prima “famiglia di particelle” in senso lato. Ma c’era ancora il famigerato “muone” con qualche stranezza rimanente, così venne fuori anche il quark “s” che sta per “sideways”, ossia “a lato”, in modo che si legasse agli altri due, ma la “s” va interpretata come l’iniziale di “strangeness”, “stranezza”. E siccome si capì presto che i quark dovevano essere sempre a coppie, eccone un quarto che diventa “c”.    Ovvio che è l’iniziale di “compagno”, ma sa troppo di sovietico. Meglio “charm”, che poi vuol dire fascino, quindi qualcosa fuori da ogni riferimento politico, non solo, ma anche da ogni senso comune.

  Così, per miracolo, andò a posto anche il “muone”: si trattava dell’ “elettrone” corrispondente alla coppia “s” e “c”, alla quale doveva corrispondere perciò anche un altro neutrino, poi individuato sperimentalmente pure lui. Fin qui, dunque, ecco due “famiglie” di “quark” e “leptoni” (si chiamano così elettrone e neutrino, o fotocopie più pesanti). Ma non basta: Madre natura è fantasiosa, e ha inventato anche una terza famiglia, composta dai quark “beauty” e “truth”, più un’altra fotocopia dell’elettrone, pesantissima, dal nome “tau”. Presto “beauty” e “truth”, abbreviati in “b” e “t”, furono sostituiti dai più prosaici “bottom” e “top”, e così c’erano tre famiglie di quark e leptoni, tutti individuati in laboratorio, incluso il terzo “neutrino”. Per fortuna, pare che non possano esistere altre famiglie, ma già della seconda e della terza possiamo dire: “Chi le ha ordinate?” I fisici no: le hanno solo incontrate per strada, perché bastava la prima famiglia a costituire tutta la materia conosciuta.

Mah! E Gell-Mann, che per seguire la simmetria parlava addirittura di eightfold way (ottuplice sentiero), non sembrava un buddhista? Quello del “Nobile ottuplice sentiero” era il Buddha, no? E fu allora che abbandonammo l’idea di studiare la fisica delle alte energie.

 

16 dicembre 1974

348. I terricoli inviano un messaggio in cifra agli extraterrestri

• Carl Sagan, astronomo e divulgatore scientifico, molto conosciuto soprattutto per le sue opere di fantascienza, ha voluto preparare un messaggio per gli eventuali abitanti dello spazio. Come destinatario ha scelto l’ammasso globulare M13 dove ci sono molti pianeti ‘possibili’ e che non è troppo lontano da noi, “solo” 25 mila anni luce. Ha cercato di descrivere un po’ i caratteri fondamentali degli umani e dei terrestri e ha fatto un disegnino del nostro sistema solare, indicando il pianeta dove viviamo, il luogo da cui è partito il messaggio (l’osservatorio di Arecibo in Portorico) e poi si è messo in attesa della risposta. Non qui, perché è morto presto – a 62 anni – ma nell’Aldilà dove il tempo non esiste, mentre i nostri spiriti sono eterni e un’attesa di 50 mila anni è come aspettare l’ora del tè.

 

Anni imprecisabili

349. Le mucche cominciano ad ammalarsi, ma forse non tutte sono pazze a causa dell’encefalopatia spongiforme, qualcuna magari era drogata: tutti gli animali si drogano, dai più grandi ai più piccini

• Giorgio Samorini, esperto di etnobotanica (la scienza che si occupa degli usi delle piante in vari paesi) e quindi anche di droghe per animali, fa ricerche tra gatti erotomani, farfalle sbronze, capre caffeinomani, formiche allucinate, che alla fine del XX secolo radunerà in un curioso libretto intitolato “Animali che si drogano”.

 I primi accenni sull’argomento risalgono alla metà dell’Ottocento e precisamente a Paolo Mantegazza, fisiologo e antropologo, autore di un’opera sugli alimenti che lui chiama “nervosi”, con una nota conclusiva in cui dice che l’uso di queste sostanze non è solo nostro come abbiamo sempre creduto. Poi però non se ne è più parlato: eravamo abbastanza stravolti dal problema dei drogati umani.

  Samorini insegue la tossicodipendenza animale qua e là nel mondo. Esistono, scrive, almeno una quarantina di erbe “pazze” e il locoismo – ossia quel vizio - coinvolge mucche, muli, cavalli, pecore, antilopi, maiali, conigli, galline, e vari insetti che usano le più strane sostanze. Racconta che tra gli allevatori del Kansas è rimasta memorabile l’epidemia da “erba pazza” del 1883 che ha attaccato 25.000 mucche da pascolo, le quali hanno smesso di mangiare e in gran parte sono morte. E chissà se tra le mucche inglesi con l’encefalopatia spongiforme non c’era per caso qualche drogata… Dalle tigri ai gatti anche i felini si drogano, ma i gatti, furbi, fanno un uso molto moderato della loro Nepeta cataria, ricavandone solo un po’ di spasso e nessun danno, infatti per un po’ saltano vivaci come gattini, poi ridiventano i pigri e sonnacchiosi come sempre.

  Fra gli uccelli si conosce bene un caso di sbornia collettiva dei pettirossi americani, che si ripete ogni anno a febbraio quando migrano in California dove crescono certi alberelli carichi di fruttini, i Christmas berries. Allora per qualche settimana sono come folli, svolazzano fra le macchine, entrano nelle case, o cadono, incapaci di volare, e finiscono sotto le ruote. Gli elefanti invece diventano molto pericolosi e vanno in giro spaccando tutto. Si drogano con i frutti delle palme Borassus che fermentano e diventano alcolici. E’ l’alcol che li attira e anni fa, quando hanno scovato in Bangladesh una distilleria clandestina (là non si beve) si sono ubriacati al punto da distruggere buona parte di un paese.

  Anche i frutti dei corbezzoli fermentano e un’altra patita di sbornie è la bellissima farfalla Charaxes jasius. Chi scrive l’ha vista ubriacarsi in un boschetto sopra Capalbio, in Toscana, ed esistono persone che per prenderla mettono in terra un bicchierino pieno di liquore, che lei va a succhiarsi con la spiritromba e poi svolazza inebriata, e più ondeggiante del solito. Certo non è da gentleman approfittarsi di una signora che ha alzato il gomito, o meglio l’ala, ma si sa che gli umani della cortesia se ne infischiano quasi sempre.

  Le più sfortunate sono le formiche perché quando si drogano mandano in rovina tutto il formicaio: milioni di sorelle, più la regina. Lo spacciatore – si chiama Lomechusa – è così furbo che vince sempre: si intrufola nei nidi delle formiche rosse che lo accettano e non si sa perché dal momento che le formiche non accolgono intrusi. Poi si mette lì e in cambio di cibo, alloggio, lavatura e stiratura, secerne un liquorino che fa impazzire dalla gioia le formiche. Drogate marce, non pensano più neppure a curare la regina – esigenza primaria nel loro codice genetico – e gli portano perfino le loro uova da mangiare.

• “Si chiamava Lomechusa - scrive il grande biologo francese Rémy Chauvin - un’avvelenatrice dell’antica Roma. E io quando penso a quell’insetto malefico penso a lei”.     

 

22 febbraio 1975

350. Cade un razzo americano e in Italia la stampa commenta

• Il giornalista Indro Montanelli scrive: “Un razzo spaziale americano che doveva mettere in orbita un satellite per le telecomunicazioni è sfuggito al controllo delle apparecchiature di Capo Kennedy, esplodendo e inabissandosi nell’Atlantico. Venti miliardi perduti in pochi secondi. Sulla distanza i gestori dei nostri enti inutili riescono anche a far meglio, nello sperpero di denaro. Quanto alla velocità sono stati irrimediabilmente battuti. Ce la mettono tutta, ma venti miliardi in qualche secondo sono troppi anche per loro.”

 

1975

351. Esce un libro che diventa subito un bestseller: “La vita segreta delle piante” in cui gli autori elencano sbalorditive prove dell’intelligenza, coscienza e sensibilità dei vegetali

• Peter Tompkins e Christopher Bird pubblicano il libro più strano che uno possa immaginare perché dice cose folli, però vere: “La vita segreta delle piante”. Incomincia con la storia di Clive Backster, il  famoso esperto della macchina della verità che ha insegnato l’arte del rilevamento delle menzogne a poliziotti e agenti di sicurezza di tutto il mondo. Backster, nel 1966, applica per curiosità gli elettrodi della sua macchina a una pianta che ha in casa, la Dracaena massangeana. Fa vari esperimenti constatando che mostra sofferenza, paura ed è perfino capace di perdere conoscenza se viene minacciata da un serio pericolo, mentre non reagisce quando Clive finge di voler bruciare una foglia senza averne davvero l’intenzione: è come se gli leggesse nel pensiero. Da quel momento Backster mette su una specie di laboratorio scientifico e fa esperimenti perfino con i batteri e le cellule dello sperma, che sanno “riconoscere” il donatore fra diversi uomini.

  In realtà molti filosofi e scienziati anche del lontano passato hanno sostenuto che le piante sono vive, pensanti ed estremamente sensibili, perfino più di noi, a volte, ma purtroppo non hanno fatto la stessa cosa le religioni che si sono quasi tutte schierate contro l’idea che siano esseri viventi e non si capisce perché. Non avranno per caso paura che si sostituisca un dio con un mazzo di cipolle? Abbiamo, per nostra fortuna, anche uno scienziato italiano contemporaneo che crede nella ‘sapienza’ delle piante, il professor Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale e ha al suo attivo più di 250 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali. Con la giornalista scientifica Alessandra Viola ha scritto poi un affascinante libro: “Verde brillante” (ed. Giunti, 2013, euro 14).

  Questi libri, di pagina in pagina, trascinano in un mondo che si scopre tutto vivente e pensante. Sapevamo tutti, per esempio, che le piante amano la musica, ma non immaginavamo che avessero anche buon gusto. Però gli autori di “La vita segreta…” citano gli esperimenti fatti a Denver – nel Colorado – dalla biologa Dorothy Retallak la quale ha scritto poi un libro, “Piante e musica”. Lei chiudeva alcuni rampicanti in due celle diverse e metteva in ognuna un registratore a nastro. Quando la musica era di loro gradimento, dolce o comunque armoniosa, gli steli si inclinavano fino ad abbracciarlo, mentre quelli ai quali toccava un nastro con l’acid rock cercavano di scappare magari da un buco, o comunque si allontanavano il più possibile. Se non ci riuscivano crescevano con foglie contorte, diseguali, o addirittura con aborti di foglie. I ragazzi che la scienziata aveva invitato a vedere gli esperimenti restavano basiti: “Se l’acid rock fa così male alle piante, che farà al nostro cervello?”

 

1975

352. Qualcuno comincia finalmente ad accorgersi con una piccola dose di apprensione che il clima del nostro pianeta si sta ammalando

• Il climatologo americano Stephen Schneider della Columbia University lancia un allarme perché si trovi il modo di arrestare il riscaldamento globale. La colpa è nostra che inquinando creiamo una specie di calotta impermeabile da cui il calore del Sole non riesce più a sfuggire e si accumula. Sembra però che alla fine diventi solo un buon

argomento da caffè e da salotto: se ne parla, ci si indigna, ci si fa sopra qualche film, poi stupidamente si ride, ma inquiniamo sempre di più e l’effetto serra aumenta.

 • Dite che non è grave? Pensate un momento anche a uno solo degli effetti possibili, anzi inevitabili: se al Nord si scioglie il permafrost (9 milioni e mezzo di km quadrati di ghiaccio) e il metano imprigionato viene fuori e ci avvelena l’aria, sul serio continuate a ritenere che non sia grave? In più, come scopriremo, ci sono rimasti chiusi antichi virus per i quali non abbiamo difese e che sicuramente scatenerebbero nuove pandemie.  

 

Dicembre 1976

353. Nel trigesimo della scomparsa del famoso medico Pietro Valdoni si rievoca un fatto avvenuto quando curò Togliatti

• Il giornalista Indro Montanelli scrive: “Il professor Valdoni, considerato un grande scienziato, aveva curato Palmiro Togliatti quando era stato ferito alla testa dalla rivoltella dell’attentatore Pallante. Dopo l’intervento gli mandò una parcella salatissima.  Quando Togliatti gli inviò il pagamento, sul biglietto che l’accompagnava scrisse: “Eccole il saldo, ma è denaro rubato”. Il grande medico rispose: ”Grazie per l’assegno. La provenienza non mi interessa.”  

 

1976

354. L’universo inflazionario e il mistero dell’energia oscura

• Il fisico Alan Guth, americano, elabora la teoria dell’universo “inflazionario”. Quando si parla di questa inflazione i ministri delle Finanze non si preoccupano di sicuro, ma i divulgatori scientifici sì e molto. Infatti è un’espressione che tocca diversi aspetti della vita del cosmo, a volte simili, però con effetti del tutto diversi, e si rischia di fare una gran confusione. Vediamo se ci sono modi per districarli.

  Subito dopo il Big Bang lo “spazio” si gonfiò mostruosamente per un brevissimo periodo chiamato, appunto, di “inflazione”. Inutile usare i numeri, sono talmente enormi che non dicono nulla. Ma è come se ci fosse stato qualcuno a manovrare con precisione le manopole, perché se l’inflazione fosse stata anche di poco maggiore o minore, l’Universo sarebbe invivibile e noi non saremmo neanche qui a stupirci. E uno.

Ora però c’è una forza, definita dagli scienziati “Energia oscura”, che ha ricominciato a far gonfiare l’Universo. Molto lentamente, ma in un crescendo che, in una decina di miliardi di anni, condurrà a qualcosa che potrebbe essere addirittura più violento della prima inflazione: staccherebbe le molecole una dall’altra, gli atomi dalle molecole, gli elettroni dai nuclei, i quark dai protoni e dai neutroni e chissà cos’altro (aprirebbe perfino i quark?). Nessuno ci capisce nulla, e i calcoli non possono essere precisi: se però mettiamo un numeretto in più nelle Equazioni di Einstein, in un posto già previsto dal Grande Vecchio, ecco che tutto torna! Perché? Beh, il fatto è che l’Universo attuale va incontro a una nuova inflazione. E due.

 Tornando alla prima inflazione, c’è chi afferma – è solo teoria, ma sembra abbastanza ragionevole – che quella del nostro Universo sia solo una tra tante. Quante? Semplice: infinite, che si verificano da sempre e per sempre. E dunque, esisterebbero infiniti universi paralleli al nostro, non necessariamente con le stesse leggi di Natura, che non possono nemmeno sfiorarsi e che si sviluppano in dimensioni differenti. In genere, l’espressione “Universo inflazionario” si applica più spesso a questa teoria, che non ai due casi precedenti. E tre.

Ci sono tante altre varianti di “inflazione”, specie quando si parla di “superstringhe”, ma questi tre dovrebbero bastare. Chi scrive lo spera proprio e dopo avere consultato gli esperti ha capito che per diventare astrofisici non è indispensabile essere matti, però aiuta. Molto.

 

1977

355. E’ l’Apple II che viene considerato il primo “personal computer” e diventa accessibile a tutti

• Nel 1977 nasce l’Apple II, il primo computer per il quale fu usata l’espressione “personal computer”. E’ anche il primo modello di successo prodotto su scala industriale. Steve Jobs e Steve Wozniak l’anno precedente avevano già costruito nel loro garage l’Apple I, un computer che però poteva interessare solo un pubblico di appassionati di elettronica.

  E’ ancora Jobs che si dà da fare. S’è messo in mente di rendere l’informatica accessibile a tutti, quindi rielabora il progetto dell’Apple I, e mette tutto in una scatola di plastica beige. C’è anche la tastiera che lo rende facile da usare e nel complesso ha la forma del personal computer che utilizziamo ancora oggi.

 

1977

356. Un giovane dottorando fa una tesi sull’eutanasia dalle origini ai nostri giorni

• Filippo Robinson, oggi medico noto e stimato, si è laureato nel 1977 con una tesi originale che offre un vasto panorama degli aspetti medico-sociali dell’eutanasia nel corso dei millenni. Ci ricorda che è stato Francesco Bacone a coniare questo termine per spiegarne il significato profondo, che poi è la scienza di ‘dare agli altri una morte dolce e serena’ quando la malattia è incurabile. Oggi la chiamano “uccisione pietosa” ed è la soppressione a richiesta di un essere umano sofferente per evitargli uno strazio irriducibile.

  Già nell’antichità - scrive il laureando - alcuni popoli la ammettevano, e altri l’avevano addirittura legalizzata. Sappiamo però che Epicuro, due secoli a.C., preso da atrocissimi dolori, non si era ucciso, mentre Plinio, nel primo secolo d.C., ritiene giustificato il suicidio di Cornelio Rufo, che aveva perso la vista (sembra mentre dormiva) e quello di parecchie altre persone.

  Il primo caso di cui siamo a conoscenza è quello biblico di Saul, vecchio e gravemente ferito, che viene ucciso da Davide per pietà. C’è poi una sorella di Giuda Iscariota che per abbreviare la sofferenza di Gesù gli avvicina alla bocca una spugna imbevuta del “vino di Merian” (un sedativo), mentre la gente credeva a una crudeltà in più.

• Poi ecco Platone il quale però sembra più vicino al nazista Menghele che a un medico pietoso: vuole eliminare i malati, ma anche i deboli e i vecchi perché allo Stato serve gente valida e non gente che consuma inutilmente le risorse. Nell’insieme, dice Robinson, l’epoca romana fu contrassegnata da un gran numero di suicidi. Ma il concetto di uccisione davvero pietosa è del Medio Evo. Esistevano perfino dei pugnali chiamati “Misericordia” per sopprimere chi soffriva troppo. Tommaso Moro nell’Utopia dice che i sacerdoti devono esortare i sofferenti a lasciare questa Terra, e di ‘buon cuore’. Anche Ruggero Bacone (1621) scriveva: “il medico deve alleviare la sofferenza (…) e invece molti si fanno degli scrupoli religiosi …”

• Col passare degli anni la scelta dell’eutanasia non è diminuita, tutt’altro: non dimentichiamo il filosofo Nietszche che ha influenzato parecchio gli assassini nazisti, com’è risultato poi al processo di Norimberga. Era poi eutanasia, quella dei nazisti? Non tanto. Nel 1974 tre Premi Nobel (Monod, Pauling, Thompson) con 37 personalità della cultura hanno sostenuto che “è immorale tollerare, accettare e imporre la sofferenza”, deplorando “la morale insensibile e le restrizioni legali che si oppongono all’Eutanasia.” La tesi del dottor Robinson è ben scritta e varrebbe la pena di parlarne ancora a lungo, ma lo spazio ce lo vieta. Aggiungiamo solo il commento conclusivo (e alquanto negativo) dell’autore: “L’Eutanasia non si concilia con la scienza, né con la coscienza, né infine con l’interesse del medico”.

Infatti uno di loro ci ha detto un giorno, ridendo, però sinceramente: “Noi medici abbiamo bisogno di gente che invecchi piena di malanni, dolori, eccetera, sennò come campiamo, noi e le industrie farmaceutiche?” Secondo noi lo pensava davvero.

  Torneremo sull’argomento in seguito e vedremo quello che dicono invece le varie associazioni pro-eutanasia, come nei casi gravissimi e senza speranza di Eluana Englaro, di Luca Coscioni e di altri come loro.

   In quel periodo Raymond Moody, un altro dottorando che diventerà medico e psicologo di lì a poco, esce con un libro che apre un percorso nuovo per molti studiosi: “La vita oltre la vita”. Il libro vende subito 20 milioni di copie in tutto il mondo, e ha molto successo. Prima di Moody soltanto la dottoressa svizzera (che lavora negli Stati Uniti) Elisabeth Kubler-Ross, del tutto estranea anche lei, come Moody, alla tradizione dello spiritismo, aveva affrontato tali questioni, raccogliendo e analizzando sistematicamente le testimonianze delle persone al limite della vita. Poi si è dedicata alla psicotanatologia, e in particolare alla teoria dell’elaborazione del lutto.

  Lo studio di Moody è un esame serio e sistematico delle testimonianze sulle NDE “Near Death Experiences”, che suscita l’interesse di altri studiosi, i quali analizzano il fenomeno confermando le prove raccolte da lui. Alcuni hanno dichiarato, specie nei casi di NDE infantile, d’essere disposti a credere nella “reincarnazione”.

 

1977

357. Anche Urano ha gli anelli, non solo Saturno e Nettuno, ma chissà quante sorprese verranno ancora dallo spazio

• Tre astronomi americani. J. Eliot, T. Dunham e D. Mink, da un aereo-osservatorio a 12.500 metri sull’Oceano Indiano, si accorgono che il pianeta Urano deve avere degli anelli e ritengono che la sonda Voyager 2 dovrà andare a controllare, cosa che farà nel 1986. Ma perché vogliamo saperlo? Per pura curiosità scientifica: di che cosa saranno composti quegli anelli? I soliti detriti, un po’ di ghiaccio, qualche meteorite vagabondo che preferisce non girellare da solo, forse. Lo sapremo presto, tanto gli anelli, ora che si sono sistemati lì, non si allontaneranno più. Ci chiediamo solo se potrà succedere anche a noi, con tutta la spazzatura spaziale che lasciamo in orbita …

 

1978

358. La fisica dei cristalli di neve si studia anche per misurare l’inquinamento atmosferico e i cambiamenti del clima

• Kenneth G. Libbrecht, ventenne, comincia gli studi di fisica. Oggi è capo del dipartimento di fisica dell’Istituto Tecnologico della California ed è l’unico capace di ‘fabbricare’ i cristalli di neve, che sono il suo interesse speciale. Ne ha fabbricati a migliaia in una specie di incubatrice di rame, dove riesce a riprodurre le condizioni ambientali in cui si formano, cominciando da un granello di pulviscolo avvolto dal ghiaccio: però anche lui, come madre natura, non è stato capace di fabbricarne due identici. Alcune immagini si trovano sul web  e sono stupende, infatti gli appassionati di queste minuscole meraviglie sono molti, e non solo da bambini: www.snowcrystal.com.

  Ogni anno cadono sulla Terra milioni di miliardi di miliardi di cristalli di neve. Scendono alla velocità di 50 cm al secondo e non ce n’è uno uguale all’altro. Si può dire che tra le infinite rotture di scatole da cui siamo afflitti noi umani e quelle che i fisici chiamano ‘rotture di simmetria’ non ci corra poi tanto: continui inciampi e alterazioni di dell’ordine naturale fanno andare le cose in modo imprevisto, e nel caso dei cristalli di neve si propagano, perché ogni fiocco ne abbraccia almeno 10 mila incollati l’uno all’altro.

  Se guardiamo altri tipi di strutture, per esempio quelle geologiche, le falle sono facili da individuare perché ogni sostanza cristallizza in una forma caratteristica, secondo il suo reticolo tridimensionale che si può vedere solo grazie alla cristallografia a raggi X: se non trova ostacoli la forma segue l’ordine previsto, ma non illudiamoci, è raro che la natura sia così garbata da attenersi alle sue stesse leggi. Sgarra spesso anche lei. Dunque senza gli imprevisti la realtà e di conseguenza il mondo sarebbero più comprensibili e più normali? I fisici pensano di sì.

  Vediamo: esistono 32 classi di simmetria e ognuna riunisce quei cristalli che pur avendo composizione chimica diversa hanno la stessa architettura atomica di base. La pirite per esempio è di quelli che cristallizzano in cubi, mentre il quarzo genera esagoni come le molecole d’acqua che gelando si sistemano in quella tipica forma a sei lobi dei cristalli più comuni. Però qualcosa va sempre storto.

  Dice Libbrecht che la causa della loro infinita varietà è nelle combinazioni di temperatura e umidità che incontrano a varie quote e che la forma finale di un cristallo di neve contiene la storia di tutte le condizioni atmosferiche incontrate quand’era giovanissimo, ossia “nella fase instabile del congelamento.”

  Una curiosità: Potrebbe nevicare d’estate? Potrebbe. Sembra che il 5 agosto del 335, sul colle Esquilino di Roma, sia successo. La leggenda dice che la Madonna indicava così il luogo dove voleva la sua chiesa e la piccola cappella costruita allora, oggi è Santa Maria Maggiore. 

 

1978

359. Entra in commercio il primo farmaco prodotto dai batteri con la tecnica del DNA ricombinante, è la somatostatina

• Herbert Boyer dell’università della California al San Francisco- Gennetech realizza il primo farmaco usando dei batteri, con la tecnica del DNA ricombinante. Si tratta della somatostatina, l’ormone che controlla la crescita. Una volta isolato il gene, lo si immette nell’Escherichia coli, batterio che vive e vegeta nei nostri intestini e così l’ormone diventa un farmaco. Dopo questo, che è il primo, si troveranno e si fabbricheranno con lo stesso sistema diversi medicinali usando non solo i batteri, ma anche geni presi da altri animali.  

 

25 luglio 1978

360. Nasce in Inghilterra il primo figlio con la fecondazione artificiale: una femmina. Intanto in Africa si trova “Lucy”

• Louise Brown nasce al General Hospital di Oldhan, G.B., ed è perfettamente normale. Il medico che si è occupato di questo nuovo tipo di inseminazione è Patrick Streptoe, assistito dal dottor Robert Edwards. L’ovulo è stato fecondato in provetta perché la madre aveva difficoltà a concepire, ma questo ‘miracolo’ scientifico suscita la disapprovazione degli ambienti religiosi, e non solo. I giornali ne parlano ed esprimono parere contrario. Polemiche di tipo etico si fanno sentire, figuriamoci, anche per la fecondazione artificiale dei vegetali. Tutti zitti, invece, per il sangue artificiale ‘costruito’ coi fosfolipidi del rosso d’uovo dal medico giapponese Ryoichi Naito.

• In quell’anno – o prima? - compare sulla scena un’altra femminuccia (alta tra i 107 e i 122 cm) che ai suoi tempi, ossia 3,2 milioni di anni fa, doveva avere una ventina d’anni. La scopre il paleontologo americano Donald Johanson in Etiopia, nella regione di Afar, e la chiama Australopitecus afarensis, ma tutto il mondo la conoscerà come “Lucy” (dalla canzone dei Beatles “Lucy in the sky”) che stavano ascoltando al momento in cui lei è stata ritrovata.

   Anche qui ci sarà polemica, questa volta con i Leakey, non per una questione etica, ma per la collocazione nel tempo e nel genere. Insomma non va mai bene niente, o meglio: gli esseri umani se non litigano non si sentono a posto con se stessi e con chi li segue parteggiando per l’uno o per l’altro. Sarà una specie di sport.  

 

1978/’79

361. Il disastro nucleare di Three Mile Island in USA e più tardi quello di Chernobyl fanno “intonare il requiem per i reattori”  

• Il professor Richard K. Lester del MIT spiega al giornalista Vittorio Zucconi, che lo intervista, come l’onda lunga dei disastri nucleari, mossa dai costi finanziari delle società che avevano puntato migliaia di dollari sull’energia dell’atomo, stia mettendo in crisigran parte delle speranze, almeno negli USA. Purtroppo gli incidenti sono numerosi anche se non così gravi. Il Paese dove le ideologie contano sempre meno dei dollari, guarda il problema del nucleare senza faziosità e senza le emozioni del pentitismo (per la bomba) ma ritiene che una certa età dell’atomo sia finita. Quando l’80% dei cittadini si dichiara contro e le compagnie cancellano i contratti, non si crede più molto nel possibile sfruttamento civile della fissione atomica.

  L’incidente di Three Mile Island è avvenuto il 28 marzo 1979 alle 4.00 del mattino quando il reattore era a un regime di potenza del 97%. C. C’è stata una pericolosa fusione parziale del nocciolo e in conseguenza dei gravissimi danni riportati l’unità 2 venne chiusa ed è ancora sotto monitoraggio, in attesa delle azioni di smantellamento che ancora non si verificano. Furono subito evacuate 140 mila persone e ancora oggi sulle eventuali conseguenze rimangono molti punti oscuri.

  Intanto, proprio dagli anni Settanta, cresce la spinta a costruire acceleratori di particelle, ossia laboratori nei quali si può cercare di riprodurre le immani energie in gioco nell’universo. Come fare per ottenerle? Noi “terricoli” possiamo tentare, ma solo miniaturizzando gli esperimenti, cioè facendo muovere in piccolo forze di intensità pari a quelle che si sono mosse nei primi istanti dell’Universo.

• Lo scienziato Carlo Rubbia in un’intervista a Giovanni Maria Pace lo spiegherà in modo così chiaro, in seguito, che ci permettiamo di riportare qui le sue parole: “L’operazione è difficile e richiede macchine di enormi dimensioni … più il cerchio è grande meglio si sfrutta l’energia disponibile per curvare la traiettoria delle particelle. Due sono i modi per ottenere le collisioni in cui la materia si disgrega e mostra i suoi segreti: uno consiste nell’inviare un fascio di particelle contro un bersaglio fisso … l’altro è il modo che prevede la collisione tra due fasci che procedono in senso opposto, come due auto che si scontrano frontalmente. E’ sullo scontro frontale che si basano i nostri esperimenti al Cern di Ginevra a partire dagli anni settanta” e che ci porteranno, nel 1981, a osservare le prime collisioni protone-antiprotone…” In fisica, infatti, scontro non vuol dire “distruzione”, ma al contrario produzione di nuovi elementi. “Noi fisici non facciamo altro che ripetere quotidianamente il miracolo della creazione, trasformando l’energia in materia.”   

 Gli anni che verranno gli daranno ragione.

 

1979

362. La parola ecologia – ricordate, l’aveva inventata il biologo Haeckel – va sempre più di moda, se ne parla tanto e non si fa nulla

• Anche Adriano Celentano con Il ragazzo della via Gluck e Un albero di trenta piani faceva l’ecologista, e forse è vero che l’umanità è la più grave malattia di cui la Terra abbia sofferto fin dai duri colpi che ha patito per cause naturali durante la sua lunga vita. Troppe persone sono perfino convinte che le strade siano una gigantesca pattumiera dove si può gettare tutto quello che si vuole. Quante volte vediamo in terra lattine vuote, bottigliette, cartoni con la cartuccia infilata dentro, pacchetti vuoti di sigarette, magari lanciati fuori dal finestrino di una macchina… Abbiamo inventato oggetti biodegradabili, sì, ma quanto ci mettono a biodegradarsi?

 Ecco alcuni tra i tempi di sopravvivenza di ciò che viene lasciato sulle strade, sui prati, sulle spiagge e perfino sulle scogliere più belle, oltraggiate da umani incivili: una lattina di alluminio, un sacchetto di plastica (anche se è di quelli chiamati ecologici) hanno bisogno, per distruggersi, di un periodo che va tra i 10 e i 100 anni. Le cannucce delle bibite durano circa 300 anni. Le schede telefoniche e il polistirolo sono indistruttibili. E poi, passando a un altro problema, i jeans sono inquinanti soprattutto a causa della tinteggiatura.

  Così i bioingegneri di alcune aziende americane stanno cercando di produrre un cotone che non abbia bisogno d’essere tinto, che nasca già azzurrognolo. “dateci tempo e denaro e faremo crescere i jeans sulle piante”, ha detto Ken Barton, ricercatore dell’Agracetus, un’industria del Wisconsin specializzata in prodotti agricoli d’avanguardia. Il denaro magari potrebbero averlo, ma il tempo stringe: tra una ventina d’anni doppieremo il Duemila e non abbiamo inventato niente per biodegradare neanche le migliaia di schede telefoniche.

 

1979

363. La paura del vaiolo scompare dal mondo. Si conserverà un po’ di vaccino negli USA e nell’Urss, congelato e chiuso in provette

• Edward Jenner, il medico inglese che quasi due secoli prima aveva  combattuto il vaiolo, ora è imitato dai medici moderni. La ‘terapia’ era arrivata dall’Oriente, dove immunizzavano i malati con il pus infetto e lui è stato subito pronto ad applicarla. E’ proprio dal dottor Jenner che Louis Pasteur ha appreso l’esistenza dei germi e curato il suo primo caso di rabbia: un bambino in pericolo di vita perché era stato morso più volte da un cane rabbioso. Non era mai accaduto prima che si riuscisse a far scomparire del tutto una malattia infettiva, ma c’è stato un diluvio di vaccinazioni che hanno funzionato al 100%. Ora si fanno sempre, sono preventive. La parola vaccinazione viene dal fatto che il pus adoperato era di origine bovina, ossia vaccina, e Jenner aveva constatato che funzionava bene, pur essendo meno violento.

• L’organizzazione Mondiale della Sanità è orgogliosissima del lavoro svolto dai medici con la prevenzione, anche se non può nemmeno immaginare che in seguito, con il bioterrorismo, la paura tornerà.   Allora bisognerà riaprire i due preziosi contenitori e preparare altro vaccino, ma certo può essere difficile affrontare in tempi brevi una nuova ondata di infezione: purtroppo non esistono farmaci per combattere il vaiolo e l’unica difesa è la prevenzione. Ai tempi di Jenner non si sapeva neppure che il contagio fosse portato da un virus (l’orthopoxvirus), la verità si è scoperta solo più tardi, ma Edward Jenner sarà sempre considerato il padre dell’immunizzazione e la medicina gli deve molto. E anche l’umanità.

  

1980

364. E’ probabile che sia stato un meteorite a causare la fine dei dinosauri: due scienziati, un fisico e un geologo, trovano una prova

• Luis e Walter Alvarez, padre e figlio, fisico e geologo, portano una prova certa, o quasi, che i dinosauri scomparvero a causa di un grosso meteorite. Luis Alvarez, il fisico, è un Premio Nobel. Gliel’hanno dato nel 1968 per avere realizzato la “camera a bolle”. Che strano nome, ma cos’è? Diciamolo in parole povere, anzi con meno parole possibile. Dunque: supponiamo di avere un liquido che sta per bollire. Per i primi esperimenti usarono l’etere dietilico che bolle a 34°, messo in un cilindro trasparente che ha sopra un pistone (a tenuta stagna, ovvio) per aumentarne o diminuirne la pressione e quindi la temperatura di ebollizione. Ma ecco che arriva un raggio cosmico, una delle particelle di media-alta energia che ci bombardano sempre, e che passando “scalda” le particelle del liquido e lascia una scia di bollicine.

  C’è modo (aggiungendo campi elettrici e magnetici) di stabilirne massa e carica, e si può ripetere il gioco più volte, basta ripulire il liquido con una ‘bollitura’, alzando e abbassando il pistone, che cancella la scia di bollicine. In poche parole è un rivelatore, una spia. Oramai siamo andati più avanti, ma allora Alvarez prese il Nobel per una ‘camera a bolle’ fatta così. E ora torniamo ai dinosauri che fino a 65 milioni di anni fa c’erano, eccome (per fortuna non c’eravamo noi, sennò ci mangiavano e addio Mozart e tutto il resto).

• Il meteorite dev’essere stato molto grosso, più o meno 12 km (come Deimos, il satellite di Marte) e cadde nel Messico, vicino a Chicxulub. Fece una nuvola immensa, forse scatenò uno tsunami, ci fu una lunga notte, forse un gran freddo e scomparvero molte creature anche marine come le ammoniti. I due scienziati studiarono gli strati geologici, da principio in Umbria, poi qua e là e infine nel Nuovo Messico. Dappertutto – negli strati geologici che risalivano al Cretaceo - riscontrarono una forte presenza di iridio, un metallo bianco splendente del gruppo del platino, che sulla Terra è raro. Nel Nuovo Messico c’era anche una forte diminuzione di polline fossile: sembra che il meteorite abbia causato pure l’estinzione di buona parte della flora.

 I due scienziati hanno pubblicato un pezzo su “Science” dicendo che secondo loro era stata proprio quella la causa dell’estinzione dei dinosauri e la scienza ritiene che sia proprio quella la causa del disastro, ma anche, forse, l’origine di nuovi esseri, per esempio le diatomee che probabilmente salveranno l’umanità del futuro.   

 • Quest’anno, nel calcare cretaceo della cava di Pietraroja presso Benevento, due appassionati di fossili, Giovanni Todesco e sua moglie trovano il corpo quasi intatto di un piccolo dinosauro e lo salvano dalla distruzione perché le ruspe stanno arrivando sul luogo a fare degli scavi. I Todesco pensano che sia il fossile d’una grossa lucertola, e lo conservano in casa per anni, ma dopo aver visto il film “Jurassic Park”, pensano che quello possa essere un piccolo dinosauro. Così lo affidano per una prima consulenza al paleontologo Giorgio Teruzzi che lo riconosce: è proprio il fossile di un piccolo dinosauro carnivoro. Subito il reperto diventa “bene dello Stato” e viene affidato al Museo di Storia Naturale di Milano, dove lavora Teruzzi, mentre i Todesco passano un mare di guai perché li accusano di averlo “occultato” e deve arrivare il 1988 prima che tutto sia chiarito e il piccolo dino venga battezzato Scipionix samniticum con tutti gli onori della stampa. Ne riparleremo.

 

1981

365. Due primizie, una in cielo e una tecnologica in terra

• Gli astronauti americani John Young e Robert Crippen portano un traghetto spaziale – oramai li chiamiamo all’americana, space shuttle – a spasso nel cielo. Lo Space Shuttle Columbia è stato il secondo orbiter costruito nell’ambito del programma, dopo l’Enterprise, ma fu il primo a volare nella missione STS-1 compiuta tra il 12 e il 14 aprile 1981 e durata quasi 55 ore. Gli shuttle possono essere riutilizzati perché ridiscendono a terra planando e c’è anche il vantaggio, oltre a quello economico, di non continuare a sporcare lo spazio che di volo in volo si va riempiendo di spazzature d’ogni genere. Questo poi è alto più di 55 metri, pesa 2000 tonnellate e salirà nell’esosfera a 1.100 km di altezza (l’esosfera incomincia dopo i 480).

  Ci si può domandare a che cosa serva, ma rispondere è difficile, se si esclude il fatto che la sfida con l’URSS è sempre un buon motivo, sia pure soltanto politico. Infatti i Russi sono verdi dalla rabbia e subito - ossia nel novembre del 1988 – cercheranno di fare il pareggio, che avverrà quando l’America non avrà più tanta voglia di gareggiare perché nel 1986 gli esploderà il Challenger con 7 astronauti a bordo.

  Intanto sulla Terra Bill Gates con l’amico Paul Allen fonda una società, che poi diventerà la Microsoft, e mette a punto per l’IBM un linguaggio operativo che trasformerà il mondo dell’informatica, mentre lui diventa uno degli uomini più ricchi del mondo.

 

1881

366  Il 12 agosto 1981, IBM immette nel mercato il primo di una serie di personal computer che diventerà molto popolare

• Sarà l’IBM 5150, meglio conosciuto come PC IBM, a far capire com’è più facile usare il computer che la macchina da scrivere.

 

1981/1982

367. L’AIDS è stato identificato: è una malattia del sistema immunitario causata dal virus HIV associato all’AIDS

• Luc Montanier medico e virologo dell’Istituto Pasteur, non voleva credere che la pandemia di HIV/AIDS, che ogni anno uccide più di 2 milioni di persone nel mondo, fosse cominciata nel Congo belga, all’inizio del secolo, a causa di un uomo che aveva fatto l’amore con una femmina di scimpanzé (prima delle siringhe infette e delle trasfusioni l’unica via di trasmissione era quella sessuale). Per lui erano stati i cacciatori di pellicce – figuriamoci che pelliccia ha lo scimpanzé – a prendersi il contagio. Si sa invece che le scimmie sono molto piacevoli, e affettuose come partner sessuali, oltre al fatto che stanno distese sul dorso e ti guardano in faccia con occhioni teneri. I maschi ribattevano che poteva essere stato l’opposto: una donna con uno scimpanzé. Ma le donne giravano sole per boschi e montagne?

 L’AIDS è stato riscontrato per la prima volta il 5 giugno 1981, quando ad Atlanta furono registrati strani casi di polmonite in cinque uomini gay. In principio non era stato dato un nome specifico alla malattia: il CDC (Center for Disease Control) si riferiva all’AIDS solo citando le infermità associate, come la linfoadenopatia. In pochi anni da Leopoldville – oggi Kinshasa - s’era diffusa negli Stati Uniti e poi, a causa della prostituzione, anche nel resto del mondo contagiando circa 60 milioni di persone.

• Tra le vittime famose l’attore omosessuale Rock Hudson, Nicholas Eden, membro gay del Parlamento inglese, figlio del defunto Primo ministro del Regno Unito Anthony Eden, il ballerino russo Rudolf Nureyev, il regista inglese Derek Jarman, quasi cieco per le complicanze dell’HIV/AIDS. Luc Montagnier non era il solo a studiare la malattia, ci si dedicava anche il biologo Robert Gallo. C’è stata una lunga disputa tra loro, su chi per primo avesse individuato il virus dell’HIV, e Montagnier molti anni dopo prenderà il Nobel, ma la cura non si era trovata. E qualcuno si chiede ancora se il virus esista sul serio.

 Queste sono le ultime notizie del momento, ma che cosa è vero in tutta la vicenda? Nessuno lo sa. Sappiamo che “il paziente malato di Aids non muore a causa del virus dell’HIV, ma per alterazioni dell’assorbimento intestinale e quindi per malnutrizione dovuta a una grave micosi.”

  Però la conclusione non cambia: la malattia è veramente mortale e miete molte vittime specialmete tra i drogati, le cui difese immunitarie sono molto diminuite.

 

1982

368. Si trova la particella “W” che si cercava dal 1934: è quella dell’interazione debole e infatti la W sta a indicare “weak”, debole

• Quando Fermi scrisse una prima teoria approssimativa dell’interazione debole, gli acceleratori di particelle erano ancora di bassa potenza e poiché la sua teoria forniva previsioni precise l’abbandonò. Forse non si era neppure accorto che aveva tra le mani proprio il grimaldello usato da Madre Natura per far ballare il Cosmo alla sua musica, e non alla nostra. Eppure, quell’aggettivo, debole, sembrava renderla così innocua…

  Furono altri fisici, per la verità moltissimi, a raffinare la teoria di Fermi e a introdurvi dentro tre bosoni dai nomi W+, W- e Z0, dove l’apice indica la carica elettrica trasportata da ciascuno di essi. Ed ecco la sorpresa: se il Sole splende, è grazie al bosone W+! Ma non basta: se Alice nel Paese delle Meraviglie avesse eseguito un semplice esperimento sull’Interazione debole, avrebbe potuto capire da quale parte dello specchio si trovava. E poi: l’interazione debole è mamma con la materia ordinaria, ma è matrigna con l’antimateria, e solo per suo merito può esistere il nostro universo formato di materia… Per finire, molti fisici sono convinti che essa sia il pertugio che, un giorno, sarà spalancato e ci condurrà nel mondo della Nuova fisica, con il superamento del Modello Standard il quale, finora, pur con tanti scossoni, sembra voler reggere a ogni tentativo di scasso nonostante sia pieno di buchi. Chissà?

 

1982

369. L’ipotesi di un gruppetto di scienziati ci fa un po’ rabbrividire

• Il fisico Alain Aspect riesce per primo a eseguire un esperimento d’importanza fondamentale sulla Meccanica Quantistica. Senza troppi dettagli, parleremo solo di due particelle nate assieme e che poi si allontanano. Ebbene: se eseguiamo un esperimento su una delle due e la costringiamo a collassare in uno stato ben preciso, anche l’altra se ne accorgerà e collasserà pure lei. Niente di male, tranne che per un dettaglio: il collasso della seconda particella è contemporaneo a quello della prima, come se tra le due si fosse passato un segnale a velocità infinita. Ma ciò non è possibile: nulla, nell’Universo, può superare la velocità della luce.

• Come si risolve il problema? Non si risolve, ma un tentativo è stato eseguito da un altro fisico, David Bohm. Avete presente un ologramma? È la foto di un oggetto tridimensionale eseguita con tecniche particolari. Volete vederne uno? Tirate fuori la Carta di Credito (tranquilli, non è una rapina) e guardate il rettangolo iridescente con una figurina (nella nostra c’è una colomba). Ora inclinate verso destra e verso sinistra la Carta sempre guardando la figurina, e la vedrete da diverse prospettive: qualcosa sparisce e qualcos’altro appare. Quindi basta guardare lo stesso punto da diverse angolazioni e vedremo oggetti che si trovano in posti differenti. In pratica, il concetto di distanza svanisce. Se poi tagliate in due la figurina (non fatelo finché la Carta non scade), si continua a vedere tutto perché ogni pezzetto di ologramma mantiene memoria dell’intero. Insomma: un ologramma (a 2 dimensioni) immagazzina informazioni sufficienti a vedere da ogni lato un oggetto in 3 dimensioni.

  Ebbene: secondo Bohm l’Universo intero, noi compresi, sarebbe come un ologramma. Le due particelle di cui abbiamo parlato prima sembrano allontanarsi, ma in realtà continuano a trovarsi in contatto nello stesso punto dell’Universo. Perciò, se misuriamo una delle due, stiamo misurando insieme anche l’altra. Vi sembra una follia? Allora aggiungiamoci anche Karl Pribram: un neurofisiologo il quale, studiando la memoria (dei topi, per fortuna) si è accorto che anche togliendo un pezzo del cervello i topi ricordavano come uscire da un labirinto e le altre cose utili. Come se la memoria non fosse localizzata, ma ogni pezzetto del cervello la mantenesse tutta intera. A che cosa vi fa pensare? Che il cervello funziona come un ologramma. A questo punto basta gettare tutto nel calderone, aggiungere frequenze cosmiche (?) in abbondanza, un pizzico di Marijuana (non stiamo scherzando: c’entrano pure gli Stati di Coscienza alterati) e mescolare bene, per concludere che l’Universo è solo una percezione all’interno del nostro cervello (ma allora, chi siamo noi?) e di qui il concetto di Paradigma olografico della realtà. Povero Alain Aspect, che con la sua misura aveva compiuto un piccolo miracolo tecnologico, e poi è stato tirato per la giacchetta in questo modo indegno… Noi (pluralis mjestatis!) diciamo: ma se fossimo davvero un ologramma, perché dovremmo avere il mal di schiena, o il mal di pancia? Le fotografie non ce l’hanno mai.

 

1983

370. Esce un libro del fisico e cosmologo Paul Davies in cui si riesamina l’atteggiamento degli scienzati nei confronti dell’esistenza di Dio e si riaffronta il controverso tema dell’entropia (vedi n.40)

•  Il fisico Paul Davies sostiene nel libro “Dio e la nuova fisica”, di avere la prova che l’universo non può essere sempre esistito e che non può durare sempre. E’ d’accordo con i matematici sul fatto che l’entropia (leggi ‘disordine’) non può diminuire mai, solo aumentare fino a raggiungere una sorta d’equilibrio termodinamico. A questo punto si hanno due immediate conseguenze: la prima è che “sguazzando nella sua propria entropia”, l’universo dovrà morire. E’ ‘la morte termica’, come la chiamano i fisici.

•  La seconda è che non può esistere da sempre, perché avrebbe raggiunto quella condizione d’equilibrio infinito tempo fa. Conclusione: l’universo non è sempre esistito. E neanche la Terra perché si sarebbe già raffreddata, quindi tutto è destinato a una fine. Ma se alcune stelle si spengono e altre nascono non può darsi che questo ciclo di vita e morte continui da un tempo infinito? Ecco il punto chiave: non può darsi. Perché la seconda legge della termodinamica dice di no. E’ impossibile riciclare tutto il materiale delle stelle spente. Una parte della materia stellare si è persa senza possibilità di recupero nei buchi neri. E allora Qualcuno l’ha acceso, questo universo che non si sa neppure se ruoti o no, e Qualcuno lo spegnerà. Lui ne è sicuro.

•  In conclusione, Dio creò il cielo e la Terra. Però il fisico Steven Weinberg dice, nel suo “I primi tre minuti”: Ma non c’era nessuno a guardare … E Davies: “Un Dio onnipotente non è soggetto a questi limiti”.  

 

1983

371. Il primo cellulare della storia a essere messo in commercio è ancora della Motorola

• Il telefonino – che però non era tanto piccolo - dava 30 minuti di conversazione, e la possibilità di memorizzare 30 numeri. Prima del 1983 erano stati fatti parecchi tentativi con diverse versioni che pesavano sempre meno ed tendevano a diventare tascabili. In aggiunta alla tipica tastiera telefonica a 12 tasti, hanno tasti speciali per la memorizzazione, l’invio, richiamata, il blocco, il volume.

  Certo nei primi tempi il cellulari se lo possono permettere solo i più ricchi. L’idea d’essere sempre raggiungibili piace solo agli affaristi (mica tanto a chi ha un amante!) e le liste d’attesa nonostante il prezzo sono migliaia.

 

1983

372. Ecco affacciarsi sul mondo dei computer il primo virus informatico

• E’ Fred Cohen, uno studente che non ha paura delle maledizioni, quello che ha diffuso il primo virus informatico. Ecco le sue parole:  "Definiamo virus informatico un programma capace di infettare altri programmi modificandoli in modo da includere una copia, possibilmente evoluta, del virus stesso. Un virus con questa capacità può diffondersi all’interno di un sistema o di una rete di computer, utilizzando i permessi dell’utente per infettare altri programmi; ogni programma infettato si comporta a sua volta come un virus e l’infezione si diffonde progressivamente." Ma che caro ragazzo! Adorabile, con quella faccia da luna piena e i baffi neri. Quanto gli si riempirebbe di volentieri di schiaffi. E pensare che a lui il virus ha fruttato la laurea …

• Il guaio è che i virus informatici hanno tutte le proprietà dei virus biologici: come il virus si infila in una cellula modificandone il DNA per replicarsi, così lui si annida all’interno di altri programmi allo scopo di moltiplicarsi e diffondersi. Molti anni prima della diffusione su larga scala di Internet e dei computer, qualcuno si era già reso conto del fatto che i virus sarebbero diventati un problema planetario invincibile.

  MyDoom, il più recente virus a diffusione globale, ha spinto persino la potente Microsoft a mettere una taglia milionaria sulla testa dell’ideatore, e ha convinto il Dipartimento di Stato USA a catalogare gli attacchi dei virus come veri e propri atti terroristici, ma la sicurezza informatica non è una scienza esatta, e qualunque soluzione si trovi sarà precaria. Continuerà ad andare avanti la lotta eterna fra guardie e ladri, fra chi cerca di tutelare la sicurezza e chi cerca di violarla.

  Fred Cohen ora è a capo di una piccola impresa denominata Fred Cohen & Associates che si occupa di "Strategic Security". Oggi è considerato una delle personalità di punta nel mondo della sicurezza informatica. Capito? Fa il danno e poi guadagna riparandolo. Un mestiere anche quello.

 

1984 (Comunicazione privatissima con divieto di divulgazione)

373. Uno scienziato trova finalmente la risposta a un dubbio che tormenta l’uomo da millenni e millenni

• E’ l’astrofisico Italo Mazzitelli, Dirigente di Ricerca presso l’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica, che l’ha trovata e ce la manda “privatissimamente”. Noi invece la divulghiamo: non si può lasciare l’umanità a dibattersi in questo dubbio atroce, ha il diritto di sapere.

“Siamo finalmente in grado di rispondere a un interrogativo metafisico che ha travagliato le migliori menti dell’umanità, partendo dagli antichi Greci, passando per Bacone, Cartesio e Kant, per giungere irrisolto fino a Wittgenstein e ai filosofi post-moderni. “È nato prima l‟uovo o la gallina?” Con la formazione della prima cellula eucariota, dove ritroviamo sia l’uovo (il nucleo), sia il metabolismo che permette al nucleo di riprodursi (la gallina), la risposta è: “sono nati contemporaneamente.”

 

1984

374. Esce un libro intitolato “Le Chaud e le Froid” (ed. Fayard, I tempi delle Scienze) così una scienza di cui si sapeva poco o nulla ma si usava sempre, la bionica, torna alla ribalta affascinando tutti

• Pierre Douzou col suo libro, seguito a distanza di un anno da Le bricoleur du septième jour (Dio ha realizzato tutto in sei giorni, si fa per dire, ma al settimo i viventi d’ogni tipo si sono dedicati al bricolage), e Douzou riporta alla luce la bionica, una scienza antichissima le cui scoperte, per pigrizia e per ignoranza, attribuiamo sempre e solo a Leonardo da Vinci. L’idea, più ancora che sua, è di Francis Jacob (che nel 1965 ha preso con Monod il Premio Nobel per la medicina), ma ora se ne occupano molti: Yves Coineau con Biruta Kresling, Claude Nuridsany con Marie Perennou, le Edizioni Paoline con Mirella Delfini, ecc. Saranno così rivelati moltissimi segreti di fabbricazione e di funzionamento, a partire da soluzioni trovate dalle cellule stesse grazie al loro fantastico ‘cervello’ (il nucleo).

  Insomma esiste un solo caso in cui rubare è lecito, quando si riesce a copiare le tecnologie messe a punto dalla Natura attraverso miliardi di anni di lavoro. Gli umani hanno sempre rubato brevetti al suo Ufficio Evoluzione, ma dagli anni Sessanta hanno deciso di chiamare questo furto ‘bionica’ e battezzarlo scienza. Giusto: sono studi di tecniche naturali che oramai si utilizzano perfino sul piano industriale.

• La storia di queste reinvenzioni è infinita perché lì all’Ufficio Brevetti della Natura si lavora giorno e notte, senza mai uno sciopero. Diceva Einstein che l’umanità ha aperto il Grande Libro con l’elenco, ma per ora ha decifrato solo poche frasi. Un esempio? La musica. Il famoso scienziato francese Rémy Chauvin racconta una storia incredibile.

Nel 1962 il musicista ungherese Szabolcs Szöke aveva avuto l’idea di rallentare i canti di alcuni usignoli: il loro “tempo” gli sembrava accelerato. Così ha provato a rallentare le registrazioni di alcune cantate e ha scoperto che quelle musiche diventavano composizioni simili, come bellezza melodica e fantasia ritmica, ai nostri pezzi più famosi. Già Beethoven nella Sinfonia Pastorale, Messiaen e altri si erano serviti dei cinguettii, ma questo era diverso: era decifrare una realtà sconosciuta. Rémy Chauvin, il biologo francese, ha voluto fare la controprova: ha dato a una musicologa una delle registrazioni rallentate senza dirle di che cosa si trattava. Lei, molto colpita, ha detto che l’opera era magnifica ma che non riusciva a identificarne l’autore e non capiva con quale strumento fosse stata eseguita.  

  Gli antichi attribuivano alla musica un’origine divina: oggi sappiamo che l’hanno inventata gli uccelli. E quante cose hanno scoperto gli insetti! Milioni. Perfino il modo di salvare le ali agli aerei nei primi voli: bastava appesantirne un pochino la punta perché non sbattessero, come fa la libellula con una sacchetta di emolinfa (il suo sangue). Delle spugne antartiche, inventrici delle fibre ottiche, abbiamo già parlato (v. n. 271), come della navigazione a reazione (v. 241), ma sono migliaia e si trovano sui libri dedicati ai brevetti rubati alla Natura …

• I primi partiti Verdi europei a livello nazionale si aggregano nel “Coordinamento”. Vane speranze …

 

1884

375. Quest’anno la Apple produce il secondo passaggio evolutivo che porta agli attuali personal computer.

• Dopo l’Apple Lisa, che, nel 1983 fu il primo computer (che non ebbe un gran successo) dotato di serie di interfaccia grafica e di mouse, ma era troppo costoso e con un design poco appariscente, l’azienda di Cupertino (California) decide di ritentare l’impresa col Macintosh, decisamente più elegante nel design e nell’approccio all’interfaccia grafica. Nasceva così il concetto WIMP: Windows Icons Mouse and Pointer (o secondo altri Pull-down menu).

Presentato con uno spettacolare spot televisivo che si ispirava al Grande Fratello di Orwell (ma alludendo anche all’azienda di computer dominante, l’IBM), il primo modello di Mac viene messo in vendita al prezzo di 2.495 dollari. Ottiene un successo di mercato senza precedenti, grazie al suo approccio amichevole (user-friendly) e alla facilità d’uso del suo sistema operativo, il Mac OS. L’interfaccia grafica (GUI) usava per la prima volta metafore facili da comprendere, quali il cestino, la scrivania, le finestre, gli appunti ecc. aprendo finalmente l’uso del computer anche a persone con limitate conoscenze informatiche.

• In seguito al successo mondiale del Macintosh, molte di queste caratteristiche innovative furono mutuate dalla Microsoft nella creazione del proprio sistema operativo Windows, scatenando una battaglia anche legale durata oltre un decennio.

  

1984/’85

376. Esiste una molecola del carbonio con 60 atomi, simile a un pallone da calcio: la copiano per fare cupole più resistenti

• Richard Buckminster Fuller era un architetto affascinato dalla scienza. Nel 1927 a 32 anni - a Chicago - in bancarotta e disoccupato, vide sua figlia Alexandra morire di polmonite. Si mise a bere e pensò al suicidio. All’ultimo momento decise invece di trasformare la sua vita in un esperimento, ossia di “usarla per scoprire che cosa può fare un singolo uomo per cambiare il mondo e fare del bene all’umanità intera”. Non c’è riuscito, ma è famoso per le sue cupole geodetiche, ‘copiate’ da una molecola gigante di carbonio. Le cupole ora fanno parte anche delle moderne stazioni radar, di edifici civili e tensostrutture. La loro costruzione si basa sull’estensione di alcuni principi base dei solidi semplici, come il tetraedro, l’ottaedro, ma con un numero di facce tale da avvicinarsi alla sfera: sono leggere e stabili. La cupola geodetica è stata brevettata negli anni ‘50, ed è la parte fondamentale del suo lavoro.

• I successivi cinquanta anni di Fuller sono documentati con cura in 28 “Diari”: sono quelli in cui fa invenzioni nel campo dell’edilizia, del trasporto e delle costruzioni. Era diventato un ottimista: credeva che la società umana si sarebbe rifornita di energia soprattutto da fonti rinnovabili, come la solare e l’eolica, e che tutto sarebbe andato per il meglio su questa Terra. Ottenne 25 brevetti, e numerosi dottorati onorari. Nel 1970 ebbe la Medaglia d’Oro dall’American Institute of Architects e nell’83 fu premiato con la Medaglia della Libertà dal Presidente Reagan. E’ uscito perfino un francobollo in suo onore.

 

28 gennaio 1986

377. Lo Space Shuttle Challenger americano va in pezzi: ecco come accadde il disastro in cui morirono sette persone

• Valerie Neal, curatore della sezione dedicata agli shuttle del National Air and Space Museum di Washington, dice che la navetta non esplose “anche se l’incidente sembrò proprio un’esplosione e tutti i media parlarono di esplosione”. Nei primi momenti della tragedia, persino alcuni funzionari della NASA usarono questo termine.

 Dalle inchieste successive però è venuto fuori che la dinamica dei fatti fu molto più complessa. Il serbatoio esterno dello shuttle si spezzò, lasciando uscire ossigeno e idrogeno liquidi, ossia il carburante. Mescolandosi, quelle sostanze si incendiarono, creando una gigantesca palla di fuoco a diverse centinaia di metri di quota.

  Fino a quel momento però lo shuttle era rimasto intatto e continuava a salire, anche se stava diventando sempre più instabile, ma tentava disperatamente di tenere la rotta, perché i piloti si rendevano conto che sotto di loro stava succedendo qualcosa. Alla fine il serbatoio si staccò, e a quella velocità lo shuttle, ormai privo anche dei booster, i razzi che danno la propulsione per il decollo, fu fatto a pezzi dalle forze aerodinamiche. La coda, il motore principale e tutte e due le ali si staccarono. La cabina dell’equipaggio e la fusoliera anteriore si separarono dalla stiva: a grossi pezzi caddero dal cielo, e furono poi distrutti dall’impatto con l’acqua. C’era anche una donna, con i 6 astronauti, l’insegnante Christa McAuliffe, che si preparava a fare un reportage speciale per gli studenti.

 

13 marzo 1986

378. Parte la sonda Giotto dell’Agenzia spaziale Europea: deve studiare la cometa di Halley e si avvicina a 596 km dal nucleo

• Il pittore Giotto aveva osservato la cometa di Halley nel 1301 e si era ispirato ad essa per la stella di Betlemme dipinta nella “natività” che è nella cappella degli Scrovegni a Firenze. Ora, dopo 600 anni, la sonda Giotto dell’Agenzia Spaziale Europea studierà la cometa da vicino. Chissà come sarebbe stato contento di esserci, il pittore …

  Secondo il progetto una sonda USA doveva accompagnare Giotto, ma tagli di bilancio hanno costretto la NASA ad annullare il progetto e a limitarsi al riutilizzo della sonda ISEE-3 (poi ribattezzata ICE), per effettuare delle misure da lontano. Poi, quando la cometa di Halley si sarebbe avvicinata alla Terra, erano previste misurazioni con gli strumenti dello Shuttle, ma il disastro del Challenger le ha impedite.

• Oramai il programma di ricerca scientifica si basa totalmente sulle sonde. Per Halley ne vennero mandate cinque: Giotto, poi Vega 1 e 2 dall’Unione Sovietica e altre due dal Giappone, Sakigake e Suisei. Il piano prevedeva che le sonde giapponesi e la sonda americana International Cometary Explorer avrebbero studiato la cometa da lontano, seguite dalle sonde russe, che dovevano individuare la posizione del nucleo e fornire a Giotto misure precise per indirizzare meglio gli strumenti. Poiché Giotto sarebbe passata molto vicino al nucleo della cometa, all’ESA si pensava che non sarebbe sopravvissuta all’incontro per i molti microimpatti che avrebbe subito. L’insieme delle sonde veniva indicato come l’armata Halley.

• Invece, a dispetto delle aspettative, Giotto sopravvisse. Un impatto però ne modificò l’asse di rotazione, così l’antenna non restò più costantemente puntata verso la Terra e poi la nuova angolazione non permetteva più allo scudo anti-polveri di proteggere gli strumenti. Però dopo 32 minuti la sonda si ristabilizzò e ricominciò a raccogliere i dati.

La missione fu approvata dall’ESA nel 1980 e lanciata dal razzo Ariane 1 il 2 luglio 1985. La sonda sovietica Vega 1 iniziò a fornire immagini il 4 marzo 1986 e fu la prima a far vedere il nucleo della cometa. Un impatto poi distrusse l’Halley Multicolor Camera (la macchina fotografica speciale), ma non prima che avesse ripreso spettacolari immagini ravvicinate del nucleo.

  Intanto la traiettoria di Giotto venne modificata per il ritorno alla Terra. La ricerca però aveva fruttato: sono stati trovati due tipi di polvere, uno composto da carbone, idrogeno ossigeno e azoto; l’altro da calcio, ferro, magnesio, silicio e sodio. Il rapporto delle quantità di elementi leggeri nella cometa, escluso l’azoto (idrogeno, carbonio, ossigeno) era lo stesso di quello del Sole. Significava che i costituenti della cometa sono fra i più antichi nel sistema solare. Lo spettrometro al plasma e agli ioni ha mostrato che Halley ha una superficie ricca di carbonio. Il 2 luglio 1990 Giotto raggiunse la Terra, passando ad una distanza di circa 16.300 km e compiendo anche un esame del campo magnetico terrestre. Venne subito reindirizzata verso un’altra cometa.

 

27 marzo 1986

379. Il telegiornale sovietico delle ore 13 dice: “Grave incidente nella centrale nucleare di Chernobyl. Uno dei reattori e l’area circostante hanno subito gravi danni. Si sta facendo il possibile …”

• Il noto giornalista Sergio Zavoli, andato a Chernobyl quando l’autorità ha consentito che una televisione occidentale ne filmasse il bilancio, dice: “Ci fu tutto taciuto, per oltre un anno. Chi vi parla ha ricostruito sommariamente quel disastro non appena è stato possibile valutarne, tra mille ostacoli, la portata”. Così comincia il reportage televisivo del 1987 “rubato” a un sistema (politico ed economico, militare e civile) che, non potendo più negare l’accaduto, cercava di ammorbidire le immagini mitigandone l’effetto... Finché Gorbaciov, fautore della glasnost, cioè della trasparenza, non dirà: “Quei ‘30 chilometri quadrati’ devono essere sottratti alla mappa del territorio civile sovietico perché costituiscono un ‘percolo non eliminabile neanche in cent’anni’ ”. 

• Pripyat, la città vicina, era davvero morta, morta da più di un anno. Zavoli seppe che 35 mila soldati-operai erano sfilati di continuo davanti al contenitore del nucleo ancora acceso, con il compito di lanciare ciascuno una badilata di cemento, sabbia e piombo: un gesto da compiersi in un tempo considerato di sicurezza, trenta secondi, in una sequenza interminabile, giorno e notte senza soste, a migliaia e migliaia finché il sarcofago non fu alzato. Dal tempo delle piramidi non si era visto né compiuto uno sforzo umano più grande e rischioso.

 La nube mortale intanto continuava a scendere sull’Europa, mentre molte persone si preparavano a morire prima del tempo.

“Ho visto, a Kiev, il più singolare dei cimiteri – scrive poi Zavoli nel suo ‘Diario di un cronista’ – quello delle foglie.” Le foglie sepolte, strappate dagli alberi da migliaia di mani, rimarranno radioattive per un numero incalcolabile di anni. E le scorie di uranio 238 sono attualmente (scrive nel 2002) oltre 6 milioni di tonnellate, un chilo a testa per ogni abitante del pianeta. Un anno dopo quel servizio, il fonico che aveva accompagnato Zavoli è morto di cancro.

 

1986

380. La rete di computer che si connettono si sta allargando: è la seconda fase

•  La seconda fase di sviluppo di internet nel 1973 era stata caratterizata dall’ingresso in rete di varie altre agenzie governative, in particolare la National Science Foundation (NSF) e la NASA. Nel 1986 la NSF fonda un nuovo programma, l’NsfNet, destinato a creare un’infrastruttura per il mondo della ricerca scientifica USA e per la didattica universitaria. E’ una fase di rapida crescita e con uno sguardo al futuro vediamo che nel 1989 verrà superata la soglia dei centomila collegamenti. Ma forse sarà meglio aspettarlo, quel futuro, e spiegare come, e attraverso quali geniali miglioramenti, alla fine ci siamo finalmente arrivati. Ammesso che una fine ci sia.

 

1 gennaio 1987

381. Se siamo sapiens (non tanto a guardare come ci comportiamo) le nostre origini sono senza dubbio africane

• Allan Wilson, genetista americano, pubblica su “Nature” un articolo in cui  spiega che veniamo da una donna vissuta in Africa 150 mila anni fa. Lo dimostra un particolare DNA detto mitocondriale che si trasmette solo attraverso la madre. Questa lontana Eva è all’origine dell’Homo sapiens che poi è risalito dall’Africa prendendo il posto dell’Homo erectus e di là si è sparso andando a popolare gli altri continenti. Dovremmo proprio vergognarci, quando chiamiamo “muso nero” i nostri bisbisavoli, o un Calderoli si permette di dare dell’orango all’ex-ministra congolese Cécile Kyenge. Poveretto, è più darwinista di Darwin: crede ancora che veniamo dalle scimmie.   

 

Marzo 1987

382. Viene autorizzata la commercializzazione di un farmaco creato negli USA, che sembra capace di bloccare il virus dell’AIDS

• Samuel Broder e il gruppo della farmaceutica americana Burroughs Wellcome scoprono nel 1985 una sostanza, la zidovudina, che è in grado di impedire al virus HIV/AIDS di replicarsi, quindi può rallentare lo sviluppo della malattia anche se non la guarisce. Il farmaco si chiamerà Azt. 

 

1987

383. E’ maturo il primo pomodoro con i geni modificati, ossia ‘transgenico’, ma a Napoli per la pizza non li usano: non si fidano

 • La Calgene, una società californiana che si occupa di biotecnologie, ottiene il primo pomodoro buono da mangiare realizzato grazie a innesti genetici: ha il vantaggio di non guastarsi presto come quelli naturali ed è assolutamente commestibile anche se molti non si fidano. E’ stato coltivato in base alla scoperta che un suo gene, detto ‘della morbidezza’, suggerisce al frutto - gli Rna copiano o trasferiscono le informazioni meglio delle spie – d’essere deperibile. Le spie però vengono spesso battute con i loro stessi mezzi e i furbi della Calgene l’hanno fregato: hanno copiato la copia e l’hanno sostituita con una che non fa deperire il pomodoro. C’è voluto un po’ di tempo per convincere la gente (ci sono molti napoletani diffidenti in California e negli USA in genere), ma alla fine, nel 1992, anche a Napoli hanno ceduto. Non tutti, però. Alcuni vogliono sempre i vecchi pomodori. E’ il momento, però, in cui nasce una nuova scienza che toglierà potere ai geni, ma ci vorrà un po’ di tempo perché sia accolta.

 

1987

384. Parte il progetto “Genoma umano” che da principio sgomenta gli scienziati, ma poi grazie all’informatica va avanti spedito e in Italia se ne occupa Dulbecco    

• Renato Dulbecco, biologo e Premio Nobel 1975, ha una personalità speciale e ora si immerge in una nuova colossale impresa: il Progetto Genoma, che ha l’obiettivo di mappare l’intera sequenza del genoma umano per capire e combattere il cancro. La tecnica adottata è vincente: le ricerche sono state condotte sulla ghiandola mammaria dei ratti e si è visto che c’è una correlazione tra l’insorgenza di un tumore e l’alterazione dei geni, ma conoscere tutti i geni umani è un’impresa enorme. Il solo modo per smuovere la comunità scientifica fu quello di lanciare il progetto attraverso una delle riviste scientifiche più autorevoli, “Science”. Nell’arco di pochi mesi la scintilla era innescata, però era in agguato un’altra scienza inedita, l’epigenetica - che secondo il fisico piuttosto anomalo Massimo Corbucci – è “una genetica la quale ha dovuto fare i conti con l’evidenza”, dimostra la vittoria di J.B. Lamarck, specie nel caso dell’allungamento del collo delle giraffe. Qualcuno si sarebbe accorto che anche noi abbiamo un certo potere sui nostri geni e non lo sappiamo, anzi non lo vogliamo riconoscere perché obbediamo ai cosiddetti “maestri”. Il pensiero può modificare – e lo fa – quel 90% di DNA definito con disprezzo dagli epigoni di Newton “spazzatura” e quando pare e piace all’organismo “suddito” si attiva e fa miracoli (sempre Corbucci). Ricapitolando: ogni individuo ha un genotipo che non lo condanna senza appello a una vita di stenti, perché poi a riformare il destino c’è il fenotipo che è l’effetto dell’interazione con l’ambiente, gli altri e … la propria coscienza unita alla mente!

• Intanto il Department of Energy degli Stati Uniti progetta di     mappare per via chimica i tre miliardi di basi che compongono il DNA umano e di localizzare i geni sui cromosomi: si pensa che siano circa 120 mila, invece ci si accorgerà che sono meno, molti meno, tra i 25 e i 29 mila. Ora si elencano i più importanti, per esempio il cromosoma 9 che è quello responsabile del melanoma ereditario, l’11 dell’anemia falciforme e così via. Secondo loro se ne deduce che siamo schiavi dei geni, che sono quelli a condizionare la nostra salute, la nostra capacità d’essere felici, il tempo della nostra vita. E non le cose che accadono. Ma se l’80% del DNA previsto – e perfino necessario – non esiste, allora come si spiega la complessità della vita umana e delle malattie? Un biologo cellulare scrive: “I sostenitori della teoria “geni uguale destino” … non possono ignorare la nuova ricerca che mina alle fondamenta la loro fede nel determinismo genetico. Mentre il progetto Genoma Umano era sulle prime pagine di tutti i giornali, un gruppo di studiosi, come il biologo molecolare Bruce Lipton (dapprima disprezzato proprio perché non seguiva il gregge), si stava già orientando verso quella rivoluzionaria branca della biologia detta, nata da alcuni anni, ma volutamente ignorata, che dà molta importanza all’impatto ambientale e al potere della mente sul DNA. Da principio queste idee sembrarono “new age”, ma dopo il Duemila sarebbero state viste con occhi nuovi dai medici più giovani e più aperti. C’erano, del resto, molte prove a favore.

  E anche il biologo Giuseppe Sermonti dev’esserne convinto, perché scrive nel suo libro “Le delizie della biologia”: “Molti biologi hanno disimparato la zoologia, la botanica, la genetica e la fisiologia, convinti che il DNA spiegasse tutto, che l’organismo fosse tutto riassunto nell’istruzione contenuta nel suo DNA… Il DNA non spiega né il differenziamento ontogenetico, né la diversificazione dei viventi, né i processi mentali.”  

 

Marzo 1987

385. Primo intervento di chirurgia laparoscopica

Il medico francese Philippe Mouret, in un ospedale di Lione, toglie una colecisti a un paziente senza tagliare l’addome. Il nuovo tipo di intervento è fatto in laparoscopia, cioè il chirurgo usa dei sottili strumenti, muniti anche di una telecamera, che inserisce nei forellini che ha praticato nella zona degli organi da operare.

  Naturalmente avrà dei guai, anche se l’intervento va benissimo, perché i colleghi che usano i metodi tradizionali, ‘capoccioni’ come sono, non apprezzano le novità e lo denunciano all’ordine dei medici, che gli fa sospendere ogni intervento in laparoscopia per due anni. E pensare che in seguito quella sarà la tecnica più usata nel mondo, e la più richiesta da milioni di pazienti: un corpo umano - e tantomeno un addome in cui si formano facilmente i tessuti aderenziali - non è fatto per essere aperto e richiuso come le borse. 

 

Settembre 1987

386. Un inglese è accusato di omicidio in base alle impronte digitali

• Un giovane inglese, Colin Pitchford, è il primo nel mondo a essere accusato di omicidio con la sola prova delle impronte digitali che erano state scoperte nel 1885 dal cugino di Darwin, Francis Dalton (v. num. 110) anche se è molto probabile che le avessero già notate gli antichi i quali però non avevano inventato nessuna tecnica particolare per utilizzare quei segni.

 • Il fingerprinting è stato sviluppato nel 1986 da Alec Jeffreys dell’università di Leicester, che poi ha ceduto il brevetto a una società, ma fino al 1987 non si era mai usato. Ora invece è considerato una prova fondamentale per incriminare un colpevole. 

 

1987/1988

387. E’ una topolina il primo animale transgenico: secernerà un farmaco anticoagulante con il latte

• Gli studiosi americani Katharine Gordon e Lothar Henninghausen annunciano d’essere riusciti a modificare i geni di un topo femmina che produrrà il tPA, un anticoagulante molto utile in cardiologia per fluidificare il sangue dopo un infarto. Il tPA sarà anche in grado di sciogliere i blocchi aterosclerotici che hanno provocato il danno cardiaco. L’anno successivo un altro topo, questa volta maschio, passerà i suoi guai perché inseriranno nel suo DNA dei geni che predispongono un individuo al cancro. Il poverino verrà chiamato ‘oncotopo’ e se ne serviranno per fare nuove ricerche sulla malattia.

  Ci viene in mente un libro di Wolfgang Wickler uscito qualche anno fa: “I dialetti degli animali”. Se potessimo capirli, chissà quante ce ne direbbero per quello che gli facciamo! Il maiale, per esempio … ma è meglio spiegarvelo con un box.

 

Box

 

Il Maiale

 New Jersey (USA). La giornalista è nel reparto suini del laboratorio della DNX, un’azienda americana specializzata in biotecnologie. Ha ottenuto il permesso di intervistare il primo maiale al quale sarà affidato il compito di produrre nel proprio plasma, grazie a un delicato intervento di ingegneria genetica, l’emoglobina umana. Oramai l’idea dell’ibrido “uomo-animale” è stata superata, e non fa più orrore agli umani. Il sensazionale esperimento è stato definito “la chiave di volta per la sintesi di un sangue che può essere utilizzato in tutte le trasfusioni, senza rischio di infezioni e senza badare al gruppo sanguigno del paziente”.

 

Giornalista - (entrando emozionata nel porcile) Le porgo i più sentiti ringraziamenti da parte dell’umanità, signor Maiale. O preferisce che la chiami Porco? (l’interrogato, che si sta riposando coricato su un fianco, la guarda e non risponde) Dicevo che le siamo profondamente grati…eravamo proprio nei guai per le trasfusioni. Lei potrà fornirci sangue pulito, senza rischi. Il nostro, purtroppo, oltre a scarseggiare perché pochi lo donano, spesso è contaminato dai virus dell’epatite o dell’AIDS. Senza il suo aiuto eravamo nei guai. Non vorrebbe fare una dichiarazione alla stampa? Il mondo è ansioso di conoscere la sua opinione. Quello che dirà oggi passerà alla storia.

Maiale -  Merda.

G.  - Come ha detto, scusi?

M. - Ha capito benissimo. Noi maiali ci siamo sempre dentro fino al collo. Non parlo dei truogoli, che qui alla DNX sono puliti. È il risvolto psicologico che mi preoccupa. Ammetto che la colpa è stata anche mia, dopotutto mi sono prestato...

G.- Non vorrà dire che è pentito. Lei conosce l’immensa portata di questa “operazione sangue suino”, e certo si rende conto che rappresenta una pietra miliare...

M.- Ma la pianti con questo bla-bla-bla. È ovvio che noi maiali non ci tireremo indietro, costi quello che costi. Potevamo rinunciare a prenderci questa rivincita? Per millenni ci avete considerati i più sudici animali del pianeta...Anzi, c’è stato un tempo in cui non ci consideravate nemmeno animali. Ha letto quel che scriveva di noi il filosofo greco Crisippo nel III secolo? I porci, secondo lui, erano “pezzi di carne apparecchiati dalla natura apposta per le cucine, e, acciocchè non imputridissero, erano conditi con le anime invece che con il sale”.  Quel cialtrone ha scritto 705 libri...lasciamo stare, non voglio cadere nel turpiloquio.  Il problema che mi assilla è un altro.

G.  - Qual è?

M. - Se mi lascia parlare ci arrivo. Prima voglio rinfrescarle la memoria. Lei saprà, immagino, che noi discendiamo dai cinghiali asiatici. Gente rozza, sì, ma coraggiosa, forte, e non priva di un certo senno. Difatti si tenevano alla larga dal genere umano. Poi alcuni sono stati presi e addomesticati, e ora eccoci qui, noi discendenti: rinchiusi nei porcili, lontani dalle foreste dove i nostri progenitori vivevano una vita libera e attiva. A poco a poco siamo diventati grassi, molli. Un bidone di lardo.

G. - È colpa nostra?

M.- E di chi sennò? In più ci avete costretti a vivere nel sudiciume. Noi siamo animali pulitissimi: i soli che se potessero scegliere si guarderebbero bene dall’insozzare il proprio letto con lo sterco. Faccia un bel bagno a un porco e se ne renderà conto. Umiliati e incompresi, ecco quello che siamo. E prigionieri. 

G. - Quando vi è stata data un po’ di libertà ne avete abusato. Avete ucciso e divorato bambini...

M. - Un cibo come un altro. Quelle trasgressioni, comunque, le abbiamo pagate, eccome. I processi, se li è forse dimenticati i processi?

G. -  Quali processi?

M. - Non ha studiato la storia? A scuola non vi raccontano a quali aberrazioni possono arrivare gli uomini? Ci hanno messi alla tortura perché confessassimo i nostri misfatti, poi ci hanno giustiziati. Le cito solo un processo: nel 1386 il Tribunale francese di Falaise condannò all’impiccagione una scrofa che aveva mangiato un cucciolo d’uomo. Per rendere più completa quella sceneggiata la vestirono con abiti umani e la appesero sulla piazza del Comune. Che gliene pare?

G.  - Roba da matti.

M. - Eh, no. Non era l’uomo comune, magari ignorante e scriteriato a fare queste follie, era la Chiesa in combutta con i magistrati: scomunicavano e mandavano a morte non solo noi maiali che dal punto di vista biologico siamo vostri parenti prossimi, ma anche i bruchi, i maggiolini, i topi, e perfino un galletto sospettato di avere - stregonescamente - scodellato un uovo. (sospira, e si asciuga  furtivamente una lacrima) Non sapevano niente, quelli, non sapevano che alcuni animali in una certa fase della crescita possono cambiare sesso. Però nemmeno questo è il punto.

G. -  Insomma, me lo vuole dire finalmente qual è il punto?

M. - Sono i geni umani immessi nel mio corpo. Hanno sdoppiato la mia personalità. Sto diventando invidioso, falso, egoista, vanesio, arrampicatore sociale. Mi sento umano per metà della giornata, capisce? Se almeno succedesse a ore fisse potrei prendere un tranquillante e dormire finché non m’è passato. Capita a sprazzi, invece, nei momenti in cui non me l’aspetto. Il dottor Jekyll e Mr. Hyde, tanto per farle capire. Jekyll sono io... il mostro è il lato umano.

 

Chiusura box

 

25 marzo 1988

388. L’uomo che ha trovato i resti del piccolo dinosauro viene scagionato dall’accusa di averlo nascosto e “Nature” subito fa conoscere la vicenda al mondo intero

•   Scipionis samniticum che tutti oramai chiamano Ciro, anzi Ciruzzo, ha almeno 100 milioni di anni e sarebbe diventato grande e grosso anche lui, ma il bolide che ha fatto scomparire i dinosauri oscurando il cielo con le polveri dell’esplosione (forse) l’ha ucciso quando era uscito dall’uovo solo da poco. “Nature” e tutti i media ne parlano, anche perché Ciro, oramai detto Ciruzzo, è l’unico al mondo che per un caso straordinario ha gli organi interni ben conservati, perché era chiuso tra due lastre di pietra e si può studiare.

  •  In più ha chiarito anche un dubbio, quello che l’Italia non fosse terra da dinosauri perché al tempo loro qui non doveva esserci altro che il mare. Invece un po’ di terra doveva essere emersa visto che lui c’era nato e anche finito tra i pietroni. La sua comparsa ha riacutizzato nel mondo la passione  – mai sopita del resto – per i dinosauri, proprio mentre in Australia si creava un favoloso spettacolo pensato per le Arene: uno spettacolo che non smetterà mai di girare il globo attirando tutti. Si chiama Walking With Dinosaurs, in origine è stato prodotto da Gerry Ryan, Malcolm Cooke e Jill Bryant, e poi portato in giro da Global Creatures e Barley Arts. Sembra di averli vivi e vicini, quei dinosauri, e c’è chi ha perfino paura d’essere mangiata da quei robot che sembrano vivi. Uno spettacolo strabiliante, di qualità e dimensione senza precedenti, una produzione da 12 milioni di euro che affascina e affascinerà sempre grandi e piccoli.

 

Marzo 1989

389. Due elettrochimici annunciano d’avere scoperto la “fusione fredda” ma poi finisce tutto in una bolla di sapone

• Martin Fleischmann, inglese-cecoslovacco e Stanley Pons, americano, ambedue elettrochimici, pensano di avere trovato il modo di arrivare alla fusione fredda. La presentano, ma ci sono degli errori e la faccenda non marcia. Certo sarebbe entusiasmante ricavare un po’ di energia tipo quella del Sole trafficando dentro una marmitta, magari in cucina. La cosa strana, però, è che nonostante quel tentativo abortito al punto da meritare l’etichetta di “bufala” la folle ricerca è andata avanti per anni e anni e si trascina ancora.

 

3 febbraio 1990

390. Una ragazza vivrà quattro anni di più grazie a un polmone artificiale che non è proprio un polmone, ma la farà respirare per un po’

Roger Millar, il chirurgo americano di Salt Lake City, impianta il primo polmone  artificiale su una ragazza di 16 anni, permettendole di arrivare fino a venti. E’ un tubo che contiene tanti tubicini, sarà inserito nella vena cava e lei respirerà con quelli. Il sistema si chiama Ivox (Intravascular Oxygenator) ma è ancora sperimentale. Del resto con qualcosa si deve pur incominciare, no?

 

1990

391. Nokia entra a far parte della storia dei telefoni cellulari, ma ci si infilano anche altri

  Eduard Polon fonda Finnish Rubber Works, produttore di prodotti in gomma, che in seguito divenne Finnish Rubber Nokia. La fabbrica si chiama così perché è vicina alla città di Nokia, in Finlandia. Questo nuovo concorrente salta sul carro mettendosi in lizza contro Motorola, ma i telefoni non sono competitivi. Mette a disposizione del pubblico la sua Mobira Cityman900, un portatile che pesa “solo” 800 g, ed è comunque un miglioramento. Però il vero successo lo otterrà il Nokia 3310 che è anche sceso di prezzo.

 Questi sono i padri, ma poi verranno i figli, touchscreen, ecc. e non avremo più pace. Provate a salire su un treno e vedrete.

 

24 aprile 1990

392. Viene lanciato nello spazio il telescopio Hubble, che sarà il più famoso nella storia delle ricerche astronomiche

Edwin Powell Hubble, morto da mezzo secolo, “vivrà” nello spazio, a 560 km dalla Terra, con il telescopio che porta il suo nome e ci mostra un universo molto più affascinante di quel che pensavamo: ecco la nebulosa Anello, che noi chiameremo l’Occhio di Dio e la stella più luminosa, Eta Carinae…ma niente sembra più delicato e più affascinante della nebulosa Farfalla. E come sono imponenti e severi i pilastri della Carena e quanto è perfetta la galassia Sombrero.

  Davvero Edwin Hubble, il ragazzo che non studiava mai (o almeno così credevano i suoi insegnanti), oramai trasmutato per magia in un telescopio gigante, ci ha mostrato un universo che non conoscevamo, perfino l’ultimo spettacolare respiro di un astro morente, una supernova. E poi gli ammassi di galassie a miliardi di anni luce da noi, l’impatto della cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove, il gigante del Sistema Solare, e migliaia di oggetti celesti che oramai, grazie a lui, sono diventati di casa. Con il suo specchio ‘primario’ di 2,4 metri di diametro può spingere il suo sguardo lontanissimo da noi, e oggi, per merito suo, sentiamo di fare veramente parte di questo nostro universo, anche se forse ce ne sono milioni d’altri ‘paralleli’, magari qui accanto.

 

19 settembre 1991

393. In un ghiacciaio alpino, il Similaun, a più di tremila metri di quota viene trovato un uomo vissuto 3.300 anni avanti Cristo

Lo chiameranno Otzi. E’ una mummia umana di sesso maschile ritrovata in Alta Val Senales (Alpi orientali) e risale al 3350-3100 a.C. cioè alla prima Età del Rame. Il corpo è quello di un Homo sapiens. Molto interessante per la scienza è stato il recupero di armi (ascia, arco, faretra, frecce, coltello) vesti e utensili in buono stato di conservazione. Il luogo del ritrovamento, il modo in cui giaceva il corpo e anche l’insieme degli oggetti hanno portato gli studiosi a ritenere di non essere di fronte a una sepoltura, ma alla testimonianza di un evento fortuito, forse un incidente o addirittura un atto d’aggressione.

 Il fatto che un corpo umano possa essersi conservato così bene per oltre 5000 anni si spiega con il processo spontaneo di disidratazione dovuto alle condizioni dell’ambiente di alta quota (oltre 3200 m s.l.m.) in cui si trovava, cioè il freddo e la bassa umidità atmosferica. Diverse ipotesi sono state fatte sul possibile ruolo di quell’uomo nella società del suo tempo. Era cacciatore, pastore, guerriero, sciamano, cercatore di vene metallifere? E che dire delle circostanze della morte? In seguito - nel 2001- verrà scoperta, con l’esame radiologico, una punta di freccia conficcata nella sua spalla sinistra.

• Subito dopo il recupero, a causa di alcune incertezze circa l’esatta ubicazione del luogo di ritrovamento (era sul confine italo-austriaco), il corpo venne trasferito all’Università di Innsbruck. Riconosciuta la competenza della provincia di Bolzano sul ritrovamento, Otzi nel 1998 è stato restituito all’Italia ed è esposto, con tutto l’equipaggiamento restaurato, al Museo Archeologico dell’Alto Adige dove molti visitatori vanno a vederlo.  “L’uomo del ghiaccio” è una fonte inesauribile di sorprese: dai tatuaggi che pre-daterebbero l’agopuntura di duemila anni, alla scoperta di parenti tirolesi in vita!

  Infatti la ricerca, guidata da Parson della Medical University di Innsbruck, ha confrontato il DNA dell’uomo del Similaun con quello di 3.700 donatori di sangue anonimi. Secondo Parson “19 donatori condividono un antenato vissuto tra i 10.000 e i 12.000 anni fa con l’uomo venuto dal ghiaccio”, e non c’è dubbio, perché hanno in comune una rara mutazione genetica conosciuta come G-L91.

 

9 novembre 1991

394. Gli Inglesi producono energia in laboratorio per la prima volta con la fusione nucleare, proprio come fanno le stelle

• Hans Bethe, fisico alsaziano e Premio Nobel ’67, aveva capito già nel 1938 con quali processi anche l’uomo può arrivare alla fusione nucleare, quella che dà l’energia e il calore alle stelle. Mezzo secolo dopo l’astrofisico americano William Fowler (Nobel anche lui) aveva approfondito il “ciclo di Bethe”, basato su protoni e temperature altissime, ma solo ora gli Inglesi riescono a ottenerla con il reattore sperimentale Jet:  solo 2 megawatt per 1,8 secondi. Sembrano nulla ma sono un grande passo per l’umanità (come disse Armstrong mettendo il piede sulla Luna), sempreché si sappia come usarla senza fare danni. Anche i Russi e gli Americani ci lavorano.

 

1991

395. Nell’Inghilterra ancora piuttosto vittoriana le femmine infedeli degli uccelli fanno scandalo, non sono “perbene”

• Tim Birkhead e Hans Meller, ornitologi, rivelano una scoperta sulla rivista “NewScientist” n.1828: Adultery hiddens advantages, “Gli occulti vantaggi dell’adulterio”, e proprio non riescono a mascherare con la rituale impassibilità dei ricercatori il proprio turbamento. Il giornalista Silvano Villani, che è stato corrispondente per anni del “Corriere” anche da Londra, commentava: “Darwin - lo dicono anche Birkhead e Meller – era di una commovente ingenuità in materia di sesso, ma da vero vittoriano era persuaso che in tutto il regno animale gran parte delle femmine fosse monogama. Le altre, beh, le altre erano poche e conveniva parlarne il meno possibile.”                                 

 Al darwinismo vittoriano si deve che gli scienziati, quando poi si trovarono davanti al comportamento promiscuo delle femmine nel mondo animale, ci siano rimasti molto male. E abbiano preteso che quella stranezza fosse dovuta a qualche squilibrio ormonale. Le cose cambiarono un po’ intorno agli anni ‘70 quando i biologi detti postmoderni come Richard Dawkins e John Maynard-Smith individuarono in questo comportamento l’impulso alla trasmissione dei geni. Un altro dei pionieri fu il dottor Geoff Parker, dell’Università di Liverpool. A lui si deve l’espressione “competizione di sperma” con cui i biologi descrivono i comportamenti sessuali promiscui nel regno animale e non solo tra i maschi, ma anche tra le femmine che devono scegliere “il migliore”.

• Con gli uccelli l’indagine è facile e altri due ricercatori – Terry Burcher dell’Università di Leicester e David Parking dell’Università di Nottingham - pensarono di usare la tecnica del riconoscimento della “impronta”. I risultati furono sconvolgenti anche nei casi di certi volatili sulla cui fedeltà coniugale – di lui, e non parliamo di lei – si giurava, come la Ficedula hypoleuca, il Parus caeruleus, la Zonotrichia leucophrys.  In certi casi, come in quello della Zonotrichia, più della metà dei pulcini risultarono prodotti da maschi di passaggio.

  Perché tanti tradimenti? Intanto è saltato fuori che il “lui” della situazione, come il fringuello Taeniopygia guttata, quando ha l’occasione di darsi da fare con altre fringuelline (per esempio nei periodi in cui la consorte è occupata a covare), versa nel loro grembo il doppio della secrezione che è solito concedere alla compagna nel corso dei regolari rapporti. Ma non si sa perché questo accade. Forse la femmina sull’albero dirimpetto è più eccitante?

• Del tutto enigmatiche le ragioni di lei. Perché mette in pericolo la pace domestica? Forse così arricchisce il patrimonio genetico dei figli, moltiplica le loro capacità di adattamento? Ma anche il compagno assicura un notevole patrimonio genetico ai rampolli. A meno che i geni in qualche modo si mescolino e si sovrappongano, come accade per esempio in alcune specie di mammiferi.

  A differenza da certe femmine di insetti che sono infedeli per interesse (si fanno dare cibo dagli amanti di passaggio), le uccelline sembrano disinteressate. E’ stato osservato però che i maschi anziani risultano più attraenti. Per esempio il Progne subis (un martin viola) anziano è ricercatissimo: le femmine piantano il marito e lo assediano. In un gruppo studiato dai ricercatori dello Smithsonian Institute il “vecchio” è risultato all’indagine genetica padre del settanta per cento dei rampolli. Forse “ci sa fare”? Certo è che dobbiamo studiare a fondo  l’ornitologia. E’ una scienza che ci farà conoscere meglio gli umani.      

 

Senza data

396. Una ricerca che va avanti da anni, quella chiamata “La teoria del Tutto” che ancora non esiste e ci fa disperare

Albert Einstein ci buttò sopra trent’anni di vita … Il fatto è che da Adamo ed Eva in poi, ogni generazione ha inseguito con pervicacia i propri miti. Potremmo dire: la propria Araba Fenice, e gli scienziati di oggi non fanno eccezione. La Teoria del Tutto! Che bel nome, vero?

  Dicevamo che Einstein ci buttò sopra trent’anni di vita, e furono proprio buttati perché oggi sappiamo che aveva imboccato una strada senza uscita. Stephen Hawking l’annuncia sistematicamente per giovedì prossimo, ma non è ancora certo se sarà prima o dopo il tè delle 5 p.m. Heisenberg, un giorno, disse di esserci arrivato e che gli mancavano solo alcuni dettagli, ma forse si era fumato un po’ d’erba. Proviamo a capire il problema.

  Sappiamo che il “Modello Standard” prevede con assoluta precisione il risultato di ogni misura finora eseguita, ma non è in grado di giustificare la propria stessa esistenza e ha sempre bisogno di nuove pezze qua e là. Per di più, non è conciliabile con la Relatività Generale, e cioè la Teoria della Gravitazione. Di conseguenza, esso rappresenta un importantissimo gradino verso teorie sempre più potenti, ma non è certo l’ultimo.

  Chi lavora sulle superstringhe è sicuro di avere la verità in mano ma, purtroppo, è ormai chiaro che le superstringhe descrivono qualsiasi universo possibile, e cioè infiniti; non molto utili per trovare quale sia il nostro universo, non vi pare? Ma stiamo perdendo tempo inutilmente, poiché si può dimostrare che il problema della Teoria del Tutto è filosofico, non scientifico. Infatti, l’Universo è infinitamente più grande della frazione dalla quale possiamo ricevere informazioni, e ciò vale nello spazio, ma anche nel tempo.

  Perfino se un giorno si raggiungesse una teoria che rende ragione di ogni osservazione possibile, resterebbe un Universo infinito dal quale, per principio, non potremmo mai ottenere informazioni di alcun genere! Vuol dire che saremmo in possesso di una Teoria di Tutto Ciò che è Osservabile, ma come potremmo sapere se questa teoria si applica anche al resto dell’Universo? E allora, potremmo chiamarla Teoria del Tutto? No. L’Araba Fenice non si farà catturare né giovedì prossimo prima o dopo del tè delle 5 p.m., né mai!

 

22 luglio 1992

397. USA, Russia Cee e Giappone fanno un accordo per progettare insieme un reattore sperimentale, Iter, che dovrà ottenere energia continuativa attraverso reazioni di fusione autosostenute.     

• Era stato Andrei Sacharov, negli anni ‘50, a ideare l’apparecchio capace di portare sia i nuclei, sia i neutroni che devono penetrarli, alla temperatura giusta (che è centinaia di milioni di gradi) e alle condizioni di fortissima densità necessarie. L’apparecchio di Sacharov si chiama “tokamak” e costava 11 miliardi di dollari (chissà quanto costava in rubli?), ma la storia è andata avanti e ancora continua a marciare. Vediamo di che si tratta.

  Un tokamak è un dispositivo che ha un po’ la forma di una ciambella: deve utilizzare un campo magnetico per confinare un plasma (gas ionizzato, costituito da un insieme di elettroni e ioni, e globalmente neutro, di carica elettrica totale nulla). Il raggiungimento di un equilibrio stabile del plasma ha bisogno di linee di campo magnetico che si muovono intorno alla ciambella in forma di spirale. Questo campo può essere generato aggiungendo un campo toroidale (che gira in cerchi) e un campo che viaggia in cerchi, ortogonali al campo toroidale, detto poloidale. In un tokamak, il campo toroidale è prodotto da elettromagneti che circondano la cosiddetta ciambella, e il campo poloidale è il risultato di una corrente elettrica che scorre all’interno del plasma. Questa corrente viene indotta all’interno del plasma con una seconda serie di elettromagneti. In conclusione il tokamak è uno dei diversi tipi di dispositivi di confinamento magnetico, ed è uno dei candidati più ricercati per la produzione termonucleare controllata. I campi magnetici vengono utilizzati poiché nessun materiale solido potrebbe resistere alle altissime temperature del plasma. Un’alternativa al tokamak è lo stellarator. Nel 1993 anche il tokamak statunitense (si chiama Tftr), installato nel New Jersey, ottiene i primi 3 megawatt di energia.

  Si spera di collegare ITER alle reti elettriche europee nel 2020: dovrebbe cominciare a produrre per la prima volta un po’ di energia in modo continuo, mentre in ogni tentativo precedente riusciva a fare un botto, e basta. Intanto ne costruiscono uno in Francia. Giunti a quel punto, potremo dire di avere finalmente “domato” l’energia delle stelle.

 

1992

398. Esce un libro di un ricercatore che è stato capace di enormi sacrifici pur di conoscere meglio i sorprendenti corvi

• Bernd Heinrich racconta che da quando Hugin (il Pensiero) e Mugin (la Memoria) accettarono l’incarico dal dio Odino di volare ogni giorno in ricognizione fino ai limiti della Terra (ma quali limiti, non è mica piatta!) per riferire gli avvenimenti del mondo, i corvi hanno sempre incuriosito gli umani. Però i segreti che hanno appreso non li svelano, stanno a becco serrato e chi si vanta di capirli, mente. Oramai il corvo ha fama d’essere più furbo perfino della C.I.A. come spiega un anziano collega all’autore di questo libro strano e bellissimo, intitolato Corvi d’inverno (Bernd Heinrich, ed. Muzzio, ottobre ’92).

  Così, per valutarne l’intelligenza, Bernd ha vissuto anni di solitudine nei boschi, anche a temperature polari, sacrificio “che fa pensare all’ascesi”, come scrivono nella presentazione Sabrina Bigi ed Enrico Alleva. “Il risultato: una Bibbia sui misteri rivelati” della vita del corvo imperiale, Corvus corax, grande, nero, magnifico. Il piumaggio ha iridescenze verdi, blu e porpora, scintilla alla luce. In aria è perfetto, ma soprattutto, nel mondo dei volatili, è il ”cervello”. La sua voce profonda esige attenzione e neppure Wolfgang Wickler, espertissimo di dialetti aviari, ha un’idea di quel che dice, ma è certo che il vocabolario del corvo tocchi quasi il nostro. Oppure va oltre, e dice cose che loro sanno e che noi non possiamo nemmeno capire. Non ancora, forse.

  Il libro è il resoconto di un lungo lavoro per decifrare un mistero: è mai possibile che i corvi imperiali si preoccupino di indicare ad altri corvi, anche sconosciuti, le rare fonti di cibo che hanno la fortuna di trovare d’inverno? Possibile che dividano con altri dei beni tanto preziosi? “Era il comportamento più ‘comunista’ (si fa per dire) di cui avessi conoscenza in tutto il sistema naturale”.

  Heinrich ha la cattedra di biologia all’Università del Vermont e come studioso cerca le ragioni per cui gli animali compiono azioni “magari lontanissime dai loro scopi immediati e ancora più lontane da quel che si dovrebbe fare in termini di comportamento umano”. Forse sanno cose che ci travalicano, che neppure la scienza ha potuto intuire, nonostante l’enorme lavoro che fa. Bernd è riuscito a scrivere, a spiegarsi scientificamente solo “quel pezzetto di Natura”, e ne ha fatto un racconto poliziesco e un romanzo d’avventura.

  

1993

399. Ancora 14 ore di vita per una ragazza che non ha un fegato funzionante: è una macchina con le cellule di un fegato di maiale

• Il chirurgo Achilles Demetriou opera, a Los Angeles, una giovane donna il cui fegato è oramai da buttare via: la tiene in vita per 14 ore con un fegato artificiale, un cilindro che contiene cellule di fegato di maiale e che posiziona all’esterno del corpo. Riesce a farla sopravvivere finché non arriva un organo utilizzabile, ma le notizie sono scarse: è poi arrivato, quel fegato? E la ragazza è sopravvissuta? Comunque sia andata è un buon inizio, i fegati artificiali forse potranno essere migliorati, ma come la prenderanno quei poveri maiali, specie se i giovani il fegato continuano a distruggerselo con droghe e alcool? 

 

Giugno 1993

400. Nell’ambra che ha imprigionato un insetto vivente circa 130 milioni di anni fa,  viene trovato il DNA più antico che si conosca

• E’ il ricercatore e biologo Raoul Cano che trova in Libano il DNA più antico che si conosca, e ne dà l’annuncio su “Nature”. Cano lavora con Chip Lambert in California e in seguito si metteranno insieme a fare esperimenti alquanto strani. Per cominciare volevano produrre antibiotici estraendo il DNA da certe api racchiuse nelle ambre millenarie, ma il tentativo non è riuscito e allora hanno pensato di fare della “birra d’ambra giurassica” con antico lievito birmano. La bevanda debuttò ai festeggiamenti del secondo film della serie di «Jurassic park», e l’anno successivo Cano e Lambert ne lanciarono un’altra, Stegosaurus stout, in onore dei dinosauri. Ma incontrarono un certo scetticismo e gli mancarono di fondi per costituire una società, anche perché alla gente la birra con quei nomi non piaceva un granché.  

 

1993 

401. Viene individuato da un gruppo di ricercatori il gene responsabile del tumore al colon

Il tumore al colon-retto è il terzo tipo di neoplasia più diffusa in Italia, con circa 35 mila nuovi casi l’anno. La malattia è abbastanza rara prima dei 40 anni e colpisce più spesso dopo i 60. In genere si sviluppa a partire da polipi, ovvero delle piccole escrescenze sulla mucosa intestinale che si formano a causa di una proliferazione cellulare anomala. In molti casi i polipi sono benigni e la possibilità che si trasformino in tumore è piuttosto bassa (inferiore al 10%). La trasformazione in senso maligno, invece, porta alla proliferazione tumorale della mucosa intestinale e alla possibile diffusione del tumore anche verso il fegato. Le recenti scoperte scientifiche hanno evidenziato che può esserci una “disponibilità ereditaria”.

 

1994

402. Oramai con i documentari di Piero Angela l’etologia è diventata di casa: va di moda un libro uscito pochi anni fa e tradotto da poco

Wolfgang Wickler è uno zoologo tedesco dell’Università di Monaco, particolarmente interessato al comportamento degli animali. Nel 1988 ha pubblicato un libro su “I dialetti degli animali” dove si apprendono molte cose spesso incredibili. I canti delle balene, per esempio, quelle melodie struggenti e misteriose, sono linguaggi particolari e ogni popolazione ha il suo. Quando finisce la “stagione musicale” che dura sei mesi, è come se quella canzone passasse di moda e l’anno successivo i vari gruppi inventano motivi nuovi. In nessun altro genere si riscontra una simile evoluzione del canto, che coinvolge un’intera popolazione. Chissà, forse non era la voce delle sirene che affascinava i naviganti, ma quella delle balene!

  Dai pesci alle scimmie, dalle rane agli uccelli, Wickler studia ogni dialetto come il risultato di un’interazione tra eredità genetica ed eredità culturale, anche se parlare di cultura del grillo, o del merlo, ci fa un po’ ridere. Ma chiunque trasmetta “informazioni” fa cultura e non importa se l’uomo “per non sminuire le proprie mirabili prestazioni” (così scrive Wickler) preferisce definire “protocultura” gli insegnamenti che un babbuino dà ai suoi piccoli, oppure quello che un uccello maturo passa a individui meno esperti.

  Chi sapeva, prima che ce lo dicesse l’etologo, che alcuni migratori, per esempio le rondini o le cannaiole verdognole, quando tornano dai luoghi di svernamento “raccontano ad altri uccelli rimasti a casa come hanno trascorso l’inverno”?  Una scoperta ancora più divertente è che molti volatili chiamano il loro partner per nome, ed è un nome personale, ognuno ha il suo, insomma non fanno come noi che per non sbagliare uomo, o donna, diciamo solo “tesoro” e “amoruccio mio”.

 

1994

403. Una mostra zoologica itinerante inaugurata a Genova nel 1992 e poi passata a Perugia, ora è ad Assisi in una cornice stupenda

• Lo zoologo, veterinario e parassitologo Mario Principato dell’Università di Perugia, allievo del grande Giampaolo Moretti che oramai ci ha lasciati, è ovviamente - come il Maestro - un profondo appassionato di entomologia. Così ha organizzato questa mostra itinerante di una bellezza difficilmente eguagliabile. Qui ad Assisi sembra avere trovato addirittura la sua collocazione migliore perché san Francesco, che “laudava” il Signore per tutte le Sue creature, includeva certo nel suo amore le farfalle, le libellule, le stupende crisope occhi-d’oro, le coccinelle, i grilli canterini, le lucciole e così via. Ma riusciva ad amare anche le scolopendre, gli scorpioni, le “vedove nere”? E le zanzare, le pulci, i pidocchi e le cimici? Chissà.

  Ce lo chiedevamo andando da una sala all’altra della mostra, qui nella sua dolcissima Assisi, tra “Insetti, aracnidi & affini”. E’ allestita proprio a due passi dalla Chiesa della Porziuncola: 22 mila esemplari venuti da tutto il mondo, 2235 specie descritte e ordinate da Principato, questo entomologo e ricercatore eccezionale. Un percorso di 400 mq con 150 spettacolari vetrine: equivale a un lungo viaggio – sistematico e didattico – nell’immenso zoo terrestre, brulicante di questa “piccola gente”, gli artropodi, che rappresentano più dei due terzi della biomassa. Sono esseri che hanno varcato con geniali strategie centinaia di milioni di anni, puntando sicuri sul futuro, mentre l’animale-uomo è qui da pochi istanti e per la sua follia rischia perfino di non durare.  

  Vi si incontrano personaggi famosi, leggendari, mai visti se non sui libri, o solo favoleggiati da chi ha scorso la Terra in lungo e in largo: formiche di fuoco, insetti gioiello come lo scarabeo Chrysocroa bouqueti che vive nell’Asia tropicale e porta con sovrana indifferenza i tragici blu e oro delle maschere funebri faraoniche. Tra i più splendenti la coloratissima Urania che dà il nome alla mostra. Qui, nell’itinerario sistematico, possiamo inquadrarli secondo ordini, famiglie e blasoni di antichità: ci sono anche le farfalle-cobra e gli immensi ragni come l’Atrax robustus dal morso letale.

  Nel percorso didattico si vive la loro realtà, sono ricostruiti il loro habitat e i loro segreti: ecco i meandri delle tane, il prodigio della metamorfosi, momento per momento. C’è anche una vetrina per i voyeur entomologici: come si amano gli insetti? E non mancano neppure i gay, lo scarabeo bianco di Taiwan, o le astuzie di quelli che copiano i colori dei più velenosi per godere della stessa immunità.

  “Urania”, che ha già viaggiato a lungo, ora resterà ad Assisi, a Santa Maria degli Angeli, fino al 20 giugno del ’94. E’ stata uno dei fiori all’occhiello della IV settimana scientifica italiana e l’hanno già visitata migliaia di persone. Il professor Mario Principato, però, ha un futuro  che non vogliamo anticipare, ma che più tardi vi racconteremo perché interessa tutti noi, vittime innocenti di acerrimi nemici come gli acari e responsabili anche della calvizie.

 

1995

404. I Premi Nobel di quest’anno sono dedicati a chi si è occupato di bionica, ossia di brevetti rubati alla Natura

• François Jacob e Jacques Monod quest’anno prendono insieme il Nobel, e anche se è difficile trovare due persone più diverse una dall’altra, in questo caso andranno d’accordo. A proposito della bionica ci fa piacere ricordare che uno degli scienziati più cari a tutti noi, Giorgio Celli, era un ‘fan’ di questi studi. Diceva: “…da sempre l’uomo ha cercato e trovato ispirazione nella natura. Del resto, non è logico che sia così? Dopo tutto noi siamo natura; e riflettere sui tempi e i modi dell’ evoluzione significa meditare sull’ alchimia che ci ha fatti uomini. Insomma, l’ evoluzione inventa in noi, e inventa con noi”.

 Molto tempo prima del congresso di Dayton dove rubare le invenzioni della Natura divenne la “bionica”, una scienza, Leonardo da Vinci aveva cercato di costruire una macchina volante studiando i pipistrelli che sono in possesso, come sappiamo, perfino di un sonar (ricordate il nostro box?). Al momento attuale gli scienziati che rubano le invenzioni della natura sono cresciuti di numero, e passano di successo in successo. Per dire la verità, la bionica ha due anime. L’una adopera la conoscenza delle strategie innovative dell’evoluzione per risolvere problemi tecnologici e costruire congegni; l’altra, meno empirica e più filosofica, ragiona sul fatto che molte delle nostre invenzioni sono state precedute dalla natura con soluzioni e strutture spesso più eleganti ed economiche. Per esempio, un architetto, Robert Le Ricolais, a un certo punto si imbatte nei radiolari, i protozoi marini descritti da Ernest Haeckel in un celebre libro verso la fine del secolo scorso. Queste minuscole creature sono provviste di scheletri fatti di silice compatta, dalla struttura mirabile e funzionale. Le Ricolais resta affascinato dall’ economia ed eleganza di queste forme, e ne fa dei modelli per abitazioni sottomarine, o strutture per satelliti spaziali.  

 “D’altra parte – dice Giorgio Celli - quando un ingegnere, Frei Otto, medita su una struttura da lui progettata, resa leggera e resistente da un gioco sapiente di vuoti e di pieni, scopre con sorpresa che le spugne della classe Hexatinellidae sono fatte proprio in quel modo, tanto che potrebbero esigere le royalties. E resta di stucco. Ci sono anche casi ben più complessi. Il telescopio a raggi X inventato da Klaus Vogt, particolarmente utile nell’esplorazione del cielo dai satelliti, è stato costruito studiando l’anatomia e le prestazioni fisiologiche dell’occhio composto dei crostacei. Io mi occupo da tempo di come le api vedono il mondo, ma ignoravo che certi sistemi antideriva per aeroplani si fossero ispirati proprio all’ape, che usa la struttura a molti punti-luce del suo organo ottico per conservare la rotta di volo anche se soffia un forte vento laterale. Mi folgora una considerazione: un tempo, l’arte era chiamata a reggere lo specchio alla natura. Oggi che l’arte se ne è  andata per la tangente, il suo posto è stato dunque preso dalla scienza?” 

Gli rispondiamo: “Sì, caro Celli, è proprio così. E forse nel Luogo dove sei ora lo sai meglio di noi.”

 

1995

405. Quanti sbagli facciamo, nonostante gli insegnamenti che abbiamo avuto da questi grandi studiosi: eccone uno, proprio di quest’anno

• Giorgio Celli, Piero Angela, Francesco Petretti, Danilo Mainardi e altri ambientalisti hanno fatto e fanno da tempo il possibile per istillare negli Italiani qualche nozione di etologia, la scienza che studia il comportamento animale anche in relazione all’ambiente in cui vivono. Far capire alle persone come comportarsi con gli animali esotici e convincerli a non trasferirli in un nuovo ambiente è molto difficile.

• Chi viaggia vuole stupire gli amici e se non torna a casa con una anaconda è solo perché è difficile prenderla e peggio ancora farla passare alla frontiera sennò la porterebbero e organizzerebbero un party in suo onore. In genere portano a casa di tutto: c’è perfino chi si è fatto un rettilario e ci tiene dentro i cobra, oppure ha cuccioli di tigre e di leone in giardino, dal quale non di rado scappano. Esiste una legge che proibisce di importare animali, ma le leggi per gli Italiani sono cose senza interesse. Certo i piranha, specie se sono ancora piccoli, non danno nell’occhio, ma non si addicono davvero ai nostri fiumi. Deve essere andata così: qualcuno aveva fatto un viaggio in Sudamerica dove ha trovato un indigeno furbo che glieli ha venduti per pochi soldi. Saranno stati piccoli, e alla nostra frontiera sono passati senza problemi. Poi però sono cresciuti. E quello che li ha portati in Italia deve essersi preso qualche morso micidiale, perché li ha fatti volare nel Ticino e in seguito un ignaro pescatore ne ha presi all’amo 22. Oramai erano grandi come una bella orata, avevano la livrea scura a pois e la pancia rosso-arancio, che bella pescata! Però qualcosa non andava: quale pesce ha le mascelle armate di denti tipo rasoio? Così il pescatore è finito sui giornali e i piranha allo zoo di Milano in una vasca speciale.


1995

406.  Un fisico italiano trova i primi antiatomi di idrogeno

• Il fisico italiano Mario Macrì al Cern di Ginevra, lavorando con un gruppo di ricercatori di Genova, trova i primi antiatomi di idrogeno: è l’antimateria. Ma che cos’è l’antimateria? Veramente l’abbiamo già detto, ma se qualcuno l’avesse dimenticato, ecco quello che dice il giornalista Giovanni Caprara nella sua storia delle scoperte scientifiche: “Ogni particella elementare che compone gli atomi di materia di cui siamo formati ha un fratello perfettamente uguale in tutto tranne che nella carica elettrica. A ogni elettrone che ha una carica negativa corrisponde un antielettrone dotato invece di una carica elettrica positiva.”


 • Questo è quanto dice la teoria, ma nella nostra realtà l’antimateria finora viene prodotta solo dagli acceleratori di particelle del Cern, capaci di raggiungere energie altissime. Se la materia e l’antimateria si incontrano, si abbracciano e si distruggono a vicenda.  in questo genere di ricerche gli Italiani hanno sempre brillato. Negli anni Trenta il fisico Giuseppe Occhialini trovava gli antielettroni, negli anni Cinquanta Emilio Segrè e Oreste Piccioni scoprivano l’antiprotone e l’antineutrone, nel 1965 Antonino Zichichi otteneva il primo antinucleo di deuterio (acqua pesante), e tutti riguardano i costituenti dell’atomo. Il primo invece a scoprire un antiatomo intero era stato il Macrì, portando un’utile prova nella descrizione della realtà fisica. “C’è chi ipotizza l’esistenza di un antiuniverso parallelo al nostro … ma finora nessun indizio è stato raccolto.” Già, Caprara ha ragione, però quando si pensa che non conosciamo nemmeno il nostro, figurarsi se possiamo sfiorarne uno gemello, dispettosamente contrario e pronto a distruggerlo!

  E’ in quest’anno, e resterà nella storia, che un professorino inglese, Andrew Wiles (grazie ai formidabili progressi della teoria dei numeri) risolve il tormentoso teorema di Pierre de Fermat, il giudice francese del ‘600 fissato con la matematica, il quale diceva che non esistono soluzioni intere dell’equazione se ‘n’ è maggiore di 2. L’equazione è questa: . Scriviamola in parole perché è più semplice:

a  elevato alla  n,  più  b  elevato alla  n,  uguale  a c  elevato alla  n.

 Prendiamo l’esempio di n=2: ma via, è il semplicissimo Teorema di Pitagora e la soluzione è a=3; b=4 e c=5, tutti e tre numeri INTERI. Fermat però intuì che, se ‘n’ è uguale a 3 o maggiore di 3, esistono di certo soluzioni, ma mai con a, b e c, tutti e tre numeri INTERI.

  Lo scrisse in margine al libro Arithmetica di Diofanto aggiungendo che lui aveva in mente una bellissima dimostrazione, ma non c’era abbastanza spazio nella pagina per scriverla. Mah … dicevano i matematici. A questo punto però lasciateci raccontare lo scontro tra Flagg, il protagonista di un racconto di Poges, e il diavolo che si rompe le corna anche lui sul Teorema. La sfida è dura. Flagg può fare una sola domanda. Se il diavolo trova la risposta entro ventiquattro ore gli può prendere l’anima, altrimenti gli deve dare centomila dollari. La domanda è: “L’Ultimo Teorema di Fermat è corretto?”. Il diavolo cerca la risposta in ogni angolo dell’Universo, poi ammette la sconfitta: “Hai vinto. Neanch’io posso imparare abbastanza matematica in un tempo così breve per risolvere un problema così difficile. Più mi sono sprofondato nella questione e più difficile è diventata. Sai che neppure i migliori matematici degli altri pianeti, che sono molto più progrediti di voi, l’hanno risolto?”.

 • Però negli Anni Settanta Alexandros Panagulis (il compagno di Oriana Fallaci) quando era in prigione in Grecia, sembra che l’abbia risolto, ma non gli hanno dato penna e carta su cui scriverlo. Così è morto con lui ed è resuscitato solo quando nel 1995 Andrew Wiles, un timido professore inglese, con metodi che non esistevano all’epoca di Fermat, dimostra che il teorema, o meglio la congettura, è giusta. Wiles diventa famoso. I giornali titolano: “Dopo secoli risolto il teorema di Fermat!” E dimenticano Panagulis, ma purtroppo non c’era nessuna prova…

 

7 dicembre 1995

407. La sonda americana dedicata a Galileo Galilei e lanciata il 18 ottobre dell’89 arriva a Giove nel 1995 e passando incontra l’asteroide Gaspra poi il pianetino Ida con una piccolissima luna

• Si chiamerà Dactyl (dattilo) la minuscola luna del pianetino Ida che la sonda della NASA Galileo Galilei incontra mentre corre verso Giove per studiare il pianeta e i suoi satelliti. E’ in viaggio da sei anni, ma dovrà correre ancora per altri otto.

 Dalle informazioni che ci trasmette apprendiamo che l’atmosfera di Giove ha dense nubi di ammoniaca e che l’attività vulcanica è 100 volte più intensa di quella della Terra attuale, forse simile a quella del nostro pianeta nell’era primordiale.

 

1996

408. Il 5 luglio nasce nel Roslin Institute, in Scozia, la pecora Dolly, il primo mammifero a essere stato clonato con successo

• Ecco come nacque Dolly, la pecora clonata a partire da una cellula somatica adulta, e non da una cellula embrionale: si sono prelevate alcune cellule dalla ghiandola mammaria di una pecora di 6 anni della razza Finn Dorset e se ne sono estratti i nuclei (contenenti il DNA, cioè il patrimonio genetico). I nuclei vennero trasferiti nelle cellule uovo denucleate (cioè private a loro volta del nucleo) di una pecora Scottish Blackface. Queste cellule sono state mantenute in coltura nella speranza che dessero origine a un embrione. Furono necessari ben 277 tentativi prima che si formasse l’embrione della futura Dolly, che venne impiantato nell’utero di una madre possibile, ossia un’altra pecora Scottish Blackface.

  Dolly morirà il 14 febbraio 2003 con l’eutanasia (soffriva di artrite e di adenomatosi polmonare quindi non era proprio ben riuscita) e i suoi resti impagliati sono stati esposti nel Royal Museum di Edimburgo.

 

1997

409. La tecnica amorosa di un millepiedi che si può apprezzare in modo particolare se si è dei patiti di calcio

Giorgio Celli raccontava questo “rapporto amoroso” ridendo, e secondo noi sono i patiti del calcio che l’apprezzeranno meglio. Dunque: esiste un millepiedi un po’ speciale, il Glomeris, che ha scelto il gol per fecondare la femmina. Unire sesso e sport per affidare a un tiro in porta (in vagina) la sopravvivenza della specie non solo è originale, ma permette di assaporare in sincronia due grandi piaceri della vita.

 L’ideatore di questo cocktail è un modesto miriapode lungo due o tre cm con il corpo diviso in bruni segmenti embricati come le tegole dei tetti. Il suo nome viene da glomus (gomitolo in latino), lui riesce ad arrotolarsi diventando una sfera perfetta – e in fatto di piedi arriva sì e no a 40. Attenti però a non confonderlo col centogambe, che è cattivello, mentre lui non morde ed è perfino simpatico.

• Le sue abitudini sessuali erano sconosciute fino a poco tempo fa. E se è vero che in fondo a tutti i biologi-etologi che osservano gli animali è acquattato un guardone (lo sosteneva il botanico Alec Bristow) è anche vero che il voyerismo, quando si tratta di animali che amoreggiano al buio, è un’impresa. Il Glomeris sta nascosto sotto le pietre, in mezzo al terriccio, e se qualcuno cerca di stanarlo si chiude a palla … Emozione, quindi, appena gli studiosi hanno scoperto i suoi “segreti” grazie alle fibre ottiche e agli allevamenti in laboratorio. E infine, sensibilizzati come siamo dal calcio in tv, si scopre che il Glomeris mette incinta la ‘femmina’ giocando una specie di partita. Non sarà competitiva, perché le due squadre di diciassette gambe sono sue, più due portieri ancorati alla porta (la vagina, che non deve spostarsi altrimenti la palla potrebbe finire fuori o colpire la traversa).

• Quando diciamo “palla” ci riferiamo proprio a una palla. E’ lui che la fabbrica: un po’ di terriccio, un po’ di colla (sua) e dopo averla mordicchiata e fatta rotolare perché diventi liscia e sferica, la applica sui pori genitali e ci versa su un po’ di sperma. Poi dà il via al palleggiamento tra una squadra di piedi e l’altra finché la palla arriva ripulita ai “telopodi” ossia ai portieri (e menomale che non è costretto a comperarsi le scarpe da calcio: con 40 piedi!). A quel punto lo sperma deve trovarsi di fronte all’ingresso: una spinta ed ecco fatto il gol.

 Quando la femmina è fecondata e depone le uova, anche lei vuole farsi una partitina ma invece di una palla usa quelle. Da un paio di zampette all’altro, con una serie di passaggi, le fa rotolare finché arrivano davanti a una sua aperturina che le inumidisce e fa in modo che il terriccio gli si incolli sopra e le protegga. Poi Madonna Glomeride se ne va e abbandona le uova. Se i predatori gliele mangiano, beh, ne farà delle altre. Tanto si diverte.    

 

1998

410. Il futuro che ci aspetta è più dei bovini che nostro, ce ne saranno talmente tanti che non riusciremo neppure a nutrirli

• Umberto Veronesi, per il quale la scienza medica è pane quotidiano da ogni punto di vista, incita i suoi pazienti e  gli esseri umani in genere a non mangiare carne. Lo ha fatto per tutti questi anni e ripete le stesse parole nel suo ultimo libro “Il mestiere di un uomo”. Diversi uomini di scienza e pensiero – dice – hanno capito anche in passato che la scelta vegetariana è quella giusta per noi e per gli equilibri del nostro pianeta. Da Leonardo a Einstein ai Beatles moltissimi hanno fatto della loro scelta una bandiera, anzi Einstein presagiva che nulla avrebbe aiutato la possibilità di sopravvivenza sulla Terra quanto l’evoluzione verso una dieta vegetariana. Oggi molti dati dimostrano che il consumo di carne non è sostenibile per l’equilibrio ambientale.

 “Sono rimasto colpito dalla notizia – dice - che in India c’è un picco inquietante di diabete, con oltre 60 milioni di malati e una stima di altri 77 milioni in stato prediabetico. Segno che gli indiani stanno abbandonando la dieta vegetariana che li proteggeva da molte malattie (oltre a garantire ai loro giovani un quoziente intellettivo tra i più alti del mondo) … A livello mondiale la domanda di carne aumenterebbe da 22 milioni di tonnellate a 460, ma a quel punto ci sarebbero sulla Terra più animali da allevamento che esseri umani. Un incubo.”

   Nell’ultimo libro di Giorgio dell’Arti “I nuovi venuti” si legge che gli Italiani ogni anno mangiano 10/15 miliardi di bistecche a testa “senza contare pollame, conigli, equini…” ma quello è un capolavoro di black humour e forse esagera. Chi è allora, oltre al loro gusto sanguinario, che si oppone al vegetarianismo? Certo i venditori di carne. Eppure tutti si dichiarano amanti degli animali, e il pensiero di come vivono i polli in batteria, o di come viene ucciso un uccellino e molto peggio un maiale, li fa rabbrividire. Così preferiscono non pensarci, e mangiano carne anche due volte il giorno, morendo un po’ prima del previsto.

 

1998

411. Credevamo che dopo il Big bang le galassie si allontanassero continuando a rallentare, ma sbagliavamo: accelerano, eccome

• Georg Fitzgerald Smooth III è un astrosfisico e cosmologo americano, che insegna all’università di Berkeley, California. La scoperta che l’Universo stava accelerando e non rallentando la sua espansione come si era sempre creduto l’ha fatta lui, mentre osservava alcune supernove. La vicenda sembra complessa e in un certo senso è un rebus, ma preferiamo raccontarla nel modo più semplice.

  Dunque, al momento del Big bang, la materia che era tutta compressa in un puntino è esplosa e schizzata via come quando scoppia un fuoco d’artificio. Andava, andava, ma un giorno, pensavamo, avrebbe cominciato a rallentare e infine si sarebbe fermata. Invece Smooth scopre che sta succedendo l’inverso: la materia, stelle e galassie, accelera. Si allontana sempre più in fretta. E accade dappertutto, evidentemente, perché noi non siamo mica al centro dell’Universo. Si fanno un mucchio di ipotesi... le galassie e le stelle devono pur essere spinte da qualcosa. Da cosa, però? Quello che abbiamo a disposizione è pressoché incomprensibile: materia oscura, neutrini, energia oscura e forse qualcos’altro ancora che non si conosce. Chi ce lo dirà? Gli astrofisici ci provano, ma non ci riescono. In Giappone stanno facendo uno studio speciale sul neutrino, si chiama proprio “Neutrino ‘98”, e ne viene fuori qualcosa di imprevisto: i neutrini hanno una massa, piccolissima, però ce l’hanno. Significherà qualcosa? Per ora non si sa.

Allora? Chiediamo un miracolo a san Giuda (il santo delle cause impossibili) o ci mettiamo l’anima in pace e lasciamo che le galassie vadano, vadano e poi qualcosa accadrà … Dopotutto è meglio così, se rallentavano e magari tornavano indietro, potevamo trovarci tutti in un Big crunch, ridiventando un puntino.

 Smooth ha preso il Nobel, e per ora tiriamo un respiro di sollievo.

 

1999

412. Parte una delle tante missioni francesi diretta verso mondi fantastici: sembra un racconto di Verne invece è tutto vero

Il botanico e biologo Francis Hallé gira il mondo (e si diverte molto) accompagnato da un gruppo di esperti d’ogni genere. Una volta arriva alle isole Salomone, un’altra nel Gabon, poi nella Guyana. E’ stupendo: viaggia portandosi una specie di zattera rigonfia, con il parapetto, che però si può aprire per far scendere gli esperti a studiare un luogo sconosciuto a tutti. E’ sostenuta da una mongolfiera.

 Il gruppo di studiosi vuole soprattutto esplorare le cime degli alberi tropicali, perché è un mondo vergine come la cima di certe montagne inaccessibili. Quando la zattera scende, sotto di lei ondeggia un mare infinito di foglie così fitte che si ha la sensazione di poterci camminare, ma d’essere in un altro mondo: è una passeggiata tra fiori strani, nuovi, accompagnata da suoni sconosciuti e si fanno incontri imprevisti con animali che vivono in quella specie di santuari accesi a sera da folate di lucciole. E’ come se la biodiversità avesse un culmine e loro ci fossero arrivati. Sul Gabon gli esperti americani in aromi e il chimico cinese prelevano foglie mai viste mentre le api innervosite ronzano furibonde.

   Sono molte le compagnie che hanno finanziato la spedizione sperando in nuove scoperte, lassù c’è un tesoro segreto del mondo, la fabbrica di sostanze introvabili e importantissime per la medicina, usate da sapienti animali che salgono fino alla cima perché in basso non c’è nulla di simile. Però se un albero cade – o viene abbattuto per motivi banali – accorrono tutti gli sciamani della zona: loro sì che ne intendono e ne conoscono l’immenso valore.

• Francis Hallé scriverà nel 2003 su “Le Monde” un articolo violento, dirà che “il mondo non sa proteggere i suoi tesori e che le foreste tropicali sono fichues (perdute) per la sua idiozia”. Spera ancora che i chimici e le industrie farmaceutiche ne salvino alcune, visto che c’è tanto da scoprire e l’uomo non lo sa. E’ stupido, mica sapiens. Viene in mente Woody Allen che diceva “se Dio esiste, ci odierà”.

  Gli alberi vivono sulla Terra, dice Hallé, da 380 milioni di anni, ossia dal devoniano medio e sono infinitamente superiori a noi che li consideriamo inferiori solo perché non camminano. Basterebbe confrontare il numero dei nostri geni - circa 30.000 - con i loro 50.000 per capire quanto ci stiamo sbagliando. La loro intelligenza è fulminea, e in pochi attimi possono espellere veleni, infatti le gazzelle che lo sanno mangiano due o tre foglie poi corrono da altri alberi ‘sopravento’, perché quelli ‘sottovento’ sono già stati avvertiti da un aroma d’allarme che i ‘morsicati’ lanciano subito. Questa inventività degli alberi è sempre stata usata dai medici fin da tempi remoti, mentre oggi l’abbiamo dimenticata. Uno dei medicamenti più noti è prodotto dall’albero del tasso, si chiama taxolo ed è ottimo nella cura del cancro: uno tra le migliaia che esistono sulle cime.

  Racconta Hallé: “Non sapete neppure quanto siano grandi. Eccone là uno di medie proporzioni: tra corteccia, rami, foglie, radici, ha almeno 200 ettari da esporre all’aria, al sole: 200 ettari, tanti quanti ne possiede il Principato di Monaco!”

• L’albero in realtà non è un individuo, ma una comunità. In Asia molti templi buddhisti hanno un albero di fico e ognuno viene da una talea di quello sotto il quale Buddha ebbe la famosa illuminazione. E se li lasciassimo vivere non morirebbero mai. Ma noi li uccidiamo per farci miliardi di rotoli di carta igienica. Dice Hallé: “a scuola m’avevano insegnato che il Pinus longaeva della California aveva 5.000 anni, ma ora so che l’agrifoglio reale della Tasmania ne ha 43.000”. E chi scrive ha visto gli ulivi del Getsemani ancora vivi dopo 2.000 anni. Com’è giovane il giardino dove ha sudato sangue Gesù. Il tempo è un soffio.

 L’albero invece è un soffio di vita, perché dalla clorofilla dipende la nostra possibilità di respirare anche quando l’aria si ammala a causa dei veleni che spargiamo ovunque. A proposito di clima, proprio nel 1999 in cui ci troviamo a questo punto della Storia, è accaduto qualcosa … 

 

1999

413. Dopo decenni di crescita allarmante, a partire da quest’anno sembra che per miracolo le temperature medie si siano stabilizzate

• Il climatologo Eugenio Melotti scrive su “Le scienze” che dopo decenni di crescita le temperature sembrano aver raggiunto una fase di stasi. E’ un vero rompicapo per gli scienziati che hanno proposto molte teorie per questa “pausa del riscaldamento globale”.

  Poi una ricerca dell’Università di Washington svela il mistero: il calore perso in superficie è affondato nell’Oceano Atlantico settentrionale e meridionale. La corrente atlantica, alimentata dalla salinità, ha trascinato il calore a circa 1500 metri di profondità … forse questa pausa potrà durare ancora qualche anno, ma poi si prevede che il riscaldamento globale riprenda il via. I nostri summit non serviranno a nulla perché nessuno farà il suo dovere: come sempre saranno soltanto parole. Facciamo un conto di quanti ce ne sono stati e di come tutti i Paesi li abbiano sempre ostinatamente ignorati. Proviamo.

 

2000

414. Ecco gli inutili summit organizzati dal 1990 a oggi

• Il primo summit è del 1992 e si svolge a Rio de Janeiro. Si chiama “Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite” (UNCED). A questo “Summit della Terra”, presero parte delegazioni di 154 nazioni. Si concluse con la stesura della Convezione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Obiettivo del trattato era quello di ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera, per evitare il riscaldamento globale. Entrata in vigore il 21 marzo 1994, senza alcun vincolo per i singoli Paesi, la Convenzione Quadro prevedeva una serie di adeguamenti o protocolli che, nel tempo, avrebbero introdotto limiti obbligatori alle emissioni di CO2.

 La speranza era almeno il raggiungimento, entro il 2000, della stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, rispetto ai livelli del 1990. I Paesi più industrializzati si attribuirono gran parte delle responsabilità dei cambiamenti climatici. Dal 1994 le delegazioni decisero di incontrarsi annualmente nella Conferenza delle Parti (COP). Non accadde mai. E neppure con quelli che vennero dopo.

 

13 gennaio 2000

415. Sembra che quest’anno si stiano mettendo tutti in movimento, il terzo millennio li galvanizza, peccato che sui summit la spinta non abbia effetto, il COP-6 dell’Aja è subito fallito

Il professor Jean Michel Dubernard fa il primo doppio trapianto di mani e avambracci all’ospedale di Lione, su Denis Chatelier, un pittore di 33 anni che aveva perso entrambe le mani nel 1996, manipolando un razzo fatto in casa dai suoi nipoti. Da allora aveva indossato protesi che gli permettevano solo di compiere gesti semplici, certo non più di dipingere. Con questo trapianto ha ripreso a farlo.

 Il chirurgo Dubernard a Lione è stato un pioniere dei trapianti di organi: ha cominciato con una nuova tecnica di trapianto del pancreas.

 

27 aprile 2000

416. L’azione della radiazione cosmica di fondo indica che l’Universo è piatto come dice la geometria euclidea

• Lo scienziato Paolo De Bernardis ha diretto l’esperimento italo-americano Boomerang che ha misurato la radiazione lasciata dal Big Bang. L’esperimento è realizzato con una ‘sensibilità’ mai raggiunta prima, facendo volare per 10 gg sull’Antartide un pallone con a bordo un telescopio particolare. Ora De Bernardis annuncia che l’universo è piano, euclideo. Ma che cosa vuol dire?

  Semplice. Prendete un pallone da calcio e provate a disegnare sulla sua superficie una linea retta. Se siete bravi, la linea sarà un cerchio e si chiuderà su se stessa dopo aver fatto il giro del pallone. E se provate a disegnare un triangolo, misurando gli angoli interni con un goniometro vi accorgerete che la somma è superiore a 180°, ma è giusto che sia così perché state lavorando in geometria sferica e non euclidea, come sferico è il pallone!

  Ebbene: chi ci dice che anche il nostro universo non sia sferico però in tre dimensioni, e non solo in due come per la superficie del pallone? Vale a dire: un raggio di luce, dopo aver viaggiato e viaggiato, non potrebbe finire per tornare al punto di partenza? Per saperlo bisogna misurare la somma degli angoli interni di un triangolo cosmico ed è proprio quel che ha fatto De Bernardis. Risultato: 180° precisi (nei limiti dell’esperimento). Dunque, il nostro universo obbedisce alla Geometria euclidea in tre dimensioni, quella che ci hanno insegnato a scuola, e non sembra interessato a farci brutti scherzi. O meglio: ce ne farà uno tra qualche miliardo di anni perché, per essere euclideo, ha bisogno che al suo interno esista anche una forza che spinge verso l’esterno. Perciò la sua espansione non farà altro che accelerare finché…finché: puff! Svanirà tutto! Perciò affrettatevi a trovare lavoro, uno qualsiasi, altrimenti a quell’epoca ancora non avrete abbastanza contributi per andare in pensione…

 

11 maggio 2000

417. La sindrome di Down, anomalia genetica che porta non solo malformazioni, ma anche disabilità, può essere eliminata

• Jeanne Lawrence e i suoi colleghi ricercatori dell’Università del Massachusetts ritengono di essere sulla giusta via per correggere la causa della famosa sindrome di Down, detta correntemente mongolismo, causata dal cromosoma 21 che a volte si presenta in triplice copia invece che doppia (trisomia 21). Non è sempre detto che l’abbondanza sia una fortuna, infatti chi ha questo cromosoma in più soffre di vari problemi di salute e anche di una certa disabilità mentale. La gravità varia, ma la sindrome è una delle patologie congenite più diffuse, basta pensare che negli Stati Uniti colpisce circa un bambino su 800. Secondo la National Down Syndrome Society in USA ci sono attualmente più di 400.000 persone down, ma nel mondo molte non sono state ancora individuate.

• Anche il team guidato da David R. Russell, professore di medicina e biochimica alla Washington University di Seattle ha annunciato non solo di essere riuscito a rimuovere il cromosoma 21 in più dalla cellula, facendo in modo che tornasse a funzionare normalmente; ma anche di aver raggiunto l’obiettivo usando le cellule di una persona affetta dalla trisomia 21, piuttosto che di un animale come si fa tradizionalmente in questi interventi.

 La ricerca è stata pubblicata su “Nature”.

 

2000

418. Il Professor Mario Principato (ricordate la bellissima mostra itinerante Urania che abbiamo visitato ad Assisi?) ora risponde alle nostre domande su una sua scoperta e una sua metodica

• Abbiamo chiesto: “Professore, che cos’è di preciso questo esame, questa EDPA? A che serve, e quando ha cominciato a pensarci?” Mario Principato, entomologo, acarologo medico e parassitologo, risponde: “Avevo cominciato a pensarci nel 1993 dopo aver scoperto la stretta relazione indoor …” – “Fermo, che significa indoor?”

 Il Prof ride. “Significa in un ambiente confinato … Volevo dire chiuso. Una stanza, al più una casa. Avevo notato una stretta relazione tra l’acaro Pyemotes ventricosus e il tarlo dei mobili Oligomerus ptilinoides. Quando questo acaro…”

 Lo interrompiamo: “Qualcuno ha scritto che gli acari sono così piccoli che possono mettere su famiglia nella trachea di un’ape … E’ vero?”

  “E’ vero, sono piccolissimi. E quando un acaro è presente si ha sempre una dermatite da puntura più o meno grave. Ho pensato che la polvere che si trova in terra dovesse contenere qualche ‘informazione’ sugli acari e magari le tracce fecali del tarlo. Tutti gli artropodi lasciano tracce, esuvie, frammenti ecc. e si possono rilevare. Così ho studiato un metodo per metterle in evidenza e nel ’98 ho pubblicato i primi risultati della mia metodica, l’EDPA (Esame Diretto delle Polveri Ambientali) e le persone hanno cominciato a badarci.

  Gli chiedevo di portarmi la spazzatura – la polvere che raccoglievano dal pavimento ogni volta che avevano una dermatite - e alla fine tutto è stato chiaro. Ho potuto studiare anche un trattamento e risolvere il problema.” – “Nessuno prima di lei ci aveva pensato?” – “No, nessuno. Così l’ho brevettata.”

• Questo metodo ora è stato adottato da diversi ospedali (per esempio di Perugia, Ferrara, Bari, Milano) e da moltissimi dermatologi italiani, per individuare la causa di dermatiti che non si capivano. Trenitalia fa il monitoraggio delle polveri delle carrozze con l’EDPA, i dermatologi hanno finalmente le risposte ai loro perché e tutto il settore agroalimentare si serve dell’invenzione di Principato. Non finisce qui, dobbiamo parlare anche delle sue scoperte nel campo della calvizie e degli studi per combatterla … Ma prima occupiamoci un attimo di un avvenimento scientifico che chiameremo “Ricetta della zuppa della bisnonna” e che ci spiega finalmente come si sono svolte alcune cose nell’universo: è una recente scoperta del Cern.

 

2000

419. Il Direttore del Cern Maiani annuncia l’osservazione della “zuppa di quark e gluoni” che seguì il Big bang, così preghiamo un esperto di raccontarci la faccenda in modo chiaro e semplice

• All’astrofisico Italo Mazzitelli chiediamo: “Allora, se disponessimo di uno schiaccianoci tanto potente da frantumare un protone, in realtà che cosa ci troveremmo dentro?” Lui spiega: “In primo luogo ci sono tre quark, le particelle più piccole inventate dalla natura, e quelle non si spaccano più.” – “Bene. Ma come fanno questi tre quark a rimanere attaccati fra loro dentro il protone? Deve esserci qualche genere di colla…” – “Eh sì, gli Inglesi la chiamano ‘glue’. E difatti, assieme ai tre quark, si trova una specie di melassa - in continuo movimento, di particelle appiccicose che prendono il nome di “gluoni”. Uno dei trionfi del Modello Standard consiste proprio nell’aver previsto la loro esistenza e le loro caratteristiche ben prima di poterli osservare in un acceleratore. Poi il più grande acceleratore del CERN nel 2000 ha fatto il miracolo. E nella collisione tra due particelle di altissima energia ha generato non solo moltissimi quark, ma anche veri e propri schizzi di gluoni: infine i quark si sono ricomposti a tre a tre e i gluoni hanno cominciato a tenerli assieme. Ciò non toglie che, per un tempo brevissimo, sia stato possibile generare una vera e propria zuppa di quark e gluoni disordinata in cui i quark erano rimescolati nella melassa di gluoni.”

• Tutto questo è importante per vari motivi, ma uno colpisce di più. Dice il professore: “Nell’istante in cui esplose il Big Bang, l’energia era talmente elevata che i quark non potevano ancora esistere. Ma col passare del tempo, diciamo un decimilionesimo di secondo dopo, i quark riuscirono a consolidarsi e si è consolidata anche la melassa di gluoni. Poi, in meno di un centesimo di secondo, i quark si raggrupparono a tre a tre e comparvero protoni e neutroni. Così, per mezzo di un acceleratore, siamo riusciti ad aprire uno spiraglio sui primi istanti dopo il Big Bang. Oggi, col grande acceleratore LHC, le zuppe di quark e gluoni si producono in gran varietà e quantità…”

   Bene, diciamo noi, e magari basta aggiungere una foglia di basilico…

Buttiamola pure sul ridere, ma quello fu davvero un momento fondamentale e così importante per l’universo che per capirlo un po’ meglio abbiamo abbandonato per un momento la calvizie, di cui il parassitologo Mario Principato si sta affannando a scoprire la causa…    

 

2001

420. Il ricercatore Principato, dell’Università degli Studi di Perugia, lotta per combattere il responsabile della calvizie

•  Mario Principato fin dai primi anni 90 studiava la demodicosi del viso (dermatite dall’acaro Demodex brevis) correlata con l’insorgenza dell’acne rosacea. Spiega: “Avevo  isolato le due specie di acari dalla cute di molte persone e m’ero accorto che questi acari si trovavano anche nel capo di soggetti con calvizie e cute grassa. Soltanto intorno al 1992/1993 ho fatto uno studio sistematico sui Demodex del capo e ho visto che all’interno del follicolo c’era il Demodex folliculorum pilifero e all’interno della ghiandola sebacea annessa al follicolo il Demodex brevis. Il brevis pungeva la parete interna della ghiandola che reagiva contraendosi e producendo più sebo, poi lo riversava nel follicolo pilifero ungendo di grasso cute e capelli. Ho studiato per anni quel sebo, raccolto con un cucchiaino da caffè, e ho cercato di trovare una terapia, ma questi acari hanno "forme di resistenza" che li rendono insensibili a quasi tutte le sostanze.

  Il Demodex brevis è fortemente infestante. Se dovessi paragonarlo a un insetto, direi che è temibile come il famoso Anthrenus (coleottero Dermestidae) che è il terrore di tutti i Musei del mondo e di tutti gli entomologi, costretti ad avvelenare periodicamente tutto per difendersi da quest’insetto, le cui larve sono capaci di divorare e ridurre in polvere in 1-2 mesi persino un elefante imbalsamato. Mangiano qualsiasi cosa, dagli erbari alle pellicce, alla seta, alle spezie: bucano la carta e persino la plastica. Insomma, l’Anthrenus è l’insetto più odiato al mondo, forse quanto le zanzare.  Però sono due creature molto diverse.

• Gli Anthrenus distruggono le collezioni di vegetali, di artropodi, e perfino i tuoi libri o i tuoi francobolli preziosi. La zanzara ti succhia il sangue e può passarti dei microrganismi che possono farti ammalare (per es. il Plasmodio della malaria ecc.), ma ti fa male e ti difendi con insetticidi e repellenti. L’Anthrenus, invece, è così insignificante che non t’accorgi di lui: ce l’hai in casa, nei cassetti, nella biancheria e non lo sai. Gli effetti della sua presenza si notano a primavera dell’anno dopo (hanno mangiato per tutto l’autunno-inverno) quando trovi ogni cosa bucherellata dalle sue larve.

 Tornando al Demodex, devo dire che è un profittatore: quasi tutti lo ospitiamo nella pelle e lui se ne sta lì, buono buono, ma quando ci si indebolisce, per un’influenza o durante il ciclo mestruale, lui si riproduce ed i suoi figli ci punzecchiano rendendo la nostra cute untuosa e piena di brufoli e punti neri. Pensa che si virulentano quando mangiamo cose buone come il cioccolato o i salumi. Con questi alimenti si muovono più velocemente e si accoppiano più spesso.  Ed è un disastro per la nostra pelle!”

  La ricerca del professor Principato va avanti, ma ne riparleremo quando sarà  prossimo – almeno speriamo – a vincere la battaglia contro la calvizie che avanza a passi da gigante e “attacca” perfino le donne.

 

2001

421. Una stella variabile sta crescendo di luminosità, è bellissima: da quanto lotta  tra luce e ombra? Vediamo …

•  Eta Carinae, la bella variabile, sta riprendendo il suo splendore che per un po’ s’era attenuato. E’ probabilmente la stella più massiccia dei dintorni (e diciamo dintorni anche se abita nella grande nube di Magellano). Si sta formando, avrà forse una massa cento volte quella del sole, ma contemporaneamente sta gettando fuori materia dai poli magnetici. Francamente non ci si capisce molto. Stelle della massa e luminosità di Eta Carinae sono rare: si calcola che una galassia media come la Via Lattea ne possa contenere non più di qualche decina. Dicono che queste stelle arrivino al cosiddetto limite di Eddington, cioè al valore massimo raggiungibile dalla pressione di radiazione, senza scagliare via gli strati esterni. Stelle così sarebbero teoricamente in grado di superare questo limite, ma sembra che possiedano una gravità sufficiente per mantenersi integre nonostante la fortissima radiazione. Un aspetto particolare di Eta Carinae è la sua luce incostante; infatti sta tra le variabili del tipo S Doradus, una classe di stelle massicce, azzurre e molto luminose.

• Quando fu catalogata per la prima volta nel 1677 da Edmond Halley, Eta appariva di quarta magnitudine, ma già nel 1730 aveva avuto un bell’incremento di luminosità, tanto da essere una delle stelle più brillanti della costellazione. Negli anni successivi si oscurò, ma a partire dal 1820 la luce riprese a crescere e già nel 1827 era dieci volte più luminosa; nell’aprile 1843 raggiunse il picco massimo quando, a dispetto della sua enorme distanza, divenne la seconda stella più brillante del cielo dopo Sirio. In seguito però si fece di nuovo meno luminosa e tra il 1900 e il 1940 era solo di ottava magnitudine, invisibile ad occhio nudo. Poi la luminosità riprese  a salire lentamente, e per ora continua: non si possono fare previsioni, è troppo stramba!

 

2001

422. Il “Fundamental Fysiks Group” non è morto e ha lasciato molti segni negli adepti che spesso si riuniscono ancora oggi

•  Elizabeth Rauscher, una degli esponenti più noti, trent’anni dopo scrive: “Ciò che posso dire della vita fino a questo momento è questo: la ricerca della verità è la forza fondamentale che guida me e tutto ciò che faccio. Dire la verità mi ha cacciata in un sacco di guai. Credo nella non-località, credo che la non-località sia una realtà. La meccanica quantistica è una faccenda molto confusa. Per descrivere la realtà occorrono più di quattro dimensioni. La maggior parte di qualunque cosa, io credo, è spirito, e solo una piccola parte si condensa in forma di materia. Credo nella visione a distanza, nella precognizione, nella telecinesi – perché l’ho provata – e nelle pratiche di guarigione a distanza perlomeno sui sistemi batterici, credo negli effetti dell’elettromagnetismo sui sistemi biologici. E vi devo dire la verità: gli spiriti esistono… Possiamo avere pace, amore e gioia su questo pianeta anziché guerra, crimini e violenza. Basta volerlo.”

  David Kaiser, docente di Fisica al MIT, aggiunge: “Fisici di spicco e autori di best seller come Michio Kaku affrontano in questi tempi la ‘fisica dell’impossibile’ con tanto di incursioni nella telepatia, nella telecinesi e nel teletrasporto. Malgrado ciò girano a testa alta e i loro testi appaiono nella classifica del ‘New York Times’. Però la cosa più importante è che il lascito del Fundamental Fysiks Group può esserci molto utile negli anni a venire. Quando i nostri figli si scambieranno messaggi grazie alla crittografia quantistica usando i loro computer quantistici superveloci, vivranno in un mondo nuovo, nato anche con l’aiuto di uno sgangherato gruppo di hippie.”

 

2001  

423. Ancora una conferenza sul clima, questa volta a Bonn

• La conferenza, riunitasi quattro mesi dopo l’uscita degli Stati Uniti dal Protocollo di Kyoto, si chiuse con un accordo sui temi politici più controversi. A Bonn fu decisa l’applicazione dei Meccanismi flessibili, venne stabilito un credito per le attività che contribuiscono all’abbattimento del carbonio presente nell’atmosfera e fu definita una serie di finanziamenti per agevolare le nazioni in via di sviluppo a ridurre le emissioni di Co2. 2001 –

 Poi viene Marrakesh: COP-7. Il summit di Marrakesh si concentrò soprattutto sulla creazione delle condizioni necessarie per la ratifica del Protocollo da parte delle singole nazioni. I delegati concordarono che per l’entrata in vigore degli accordi di Kyoto fosse necessaria l’adesione di 55 Paesi, responsabili del 55 per cento delle emissioni di Co2 nell’atmosfera nel 1990. Inoltre vennero stabilite regole operative per il commercio internazionale delle quote di emissioni. Chiuso il summit si fece prestissimo a dimenticarlo.

 

1° gennaio 2002

424. Diventiamo tutti fratelli? Chissà: cominciamo con l’euro

19 Stati membri dell’Unione Europea accettano di avere la stessa moneta, l’euro. Che cosa cambierà? E’ una specie di catena che dovrebbe tenerli tutti uniti e rinsaldare le economie più deboli. Si vedrà come va a finire, ma anche se da principio non sono tutti d’accordo si profila un certo sollievo specie tra i Paesi meno forti. E poi le cose andranno nella direzione giusta, ma sarà necessario che ognuno faccia del suo meglio: quando si è uniti il bene di ognuno è il bene di tutti.

2002

425. La SARS – sindrome acuta respiratoria severa – una polmonite atipica, si diffonde in Asia cominciando dai polli

•  Il dottor Carlo Urbani, che muore nel 2003 è stato il primo a individuare la Sars, una polmonite atipica e per noi sconosciuta, che attacca il sistema immunitario. Parte dalla Cina, ma dategli tempo e arriverà un po’ dovunque. Il contagio avviene tra persone che sono a stretto contatto e le cure sono ancora sconosciute. Ecco il commento di un naturopata, il dottor Giuseppe Parisi che lo chiama “ufo virale” e teme che all’OMS non importi un granché capire “come mai questo virus si sia impadronito così velocemente e insidiosamente del nostro organismo offendendo il sistema immunitario …. è già iniziata la corsa e sarà soltanto una competizione micidiale – dice -  fatta sopratutto con sistemi antispionaggio, così come per l’AIDS: sempre la stessa corsa, nuovi farmaci, nuove sostanze chimiche, nuovi vaccini, insomma tutto potrebbe servire per creare altri farmaci...”

  La SARS fortunatamente se ne andò, così com’era arrivata, lasciando molte vittime tra i polli e meno tra gli umani.

 

2003

426. Chi non ha mai visitato l’isola Maui nelle Hawai, non ha visto il prodigio degli alberi arcobaleno

Perché l’abbiamo datata 2003? Perché è allora che l’abbiamo scoperta, anche se gli alberi-arcobaleno avevano già migliaia di anni. Sono grandi eucalipti dal tronco che farebbe impazzire un pittore, e in modo particolare un collega giornalista - Ariberto Segàla - che ha scritto un libro delizioso proprio sulle cortecce degli alberi, “L’arte della foresta”. Era così appassionato dei loro colori, che trascorreva addirittura le notti vicino agli alberi, chiuso nel sacco a pelo, per fotografarne ogni sfumatura col primo sole. Purtroppo gli eucaliptus dal tronco arcobaleno li ha mancati, forse non li conosceva neppure di nome, o forse erano troppo lontani.

  Quegli alberi a strisce multicolori farebbero davvero delirare un pittore. E pensare che questa foresta è nata qui, sull’isola Maui, creata come tutti le altre dai semi guidati dal vento o portati da qualche uccello che andava a spasso per l’arcipelago. La corteccia degli eucaliptus arcobaleno è qualcosa che appartiene più alla favola che alla botanica, eppure è scienza, una scienza che somiglia ai cartoni animati, alle cose assurde che non possono esistere e invece ci sono.

 

2003

427. I frattali di Mandelbrot sono una scoperta, e chi ritiene che sia solo un gioco matematico non ha capito il mondo, la natura e non ha un’idea dell’armonia che regola l’Universo

•  Il matematico Benoit Mandelbrot aveva intuito che anche l’universo è una sinfonia matematica. E pensare che basta guardare un broccolo per rendersi conto che aveva ragione, mentre ai matematici e agli ingegneri ci sono voluti quasi 30 anni di dubbi, calcoli, discussioni.

  Noi siamo tutti figli di Euclide, di quella geometria che ha a che fare con punti senza dimensioni, linee che possono essere infinite, ma non hanno spessore; piani che di dimensioni ne hanno due, ma non la terza: razionalismo totale, che però – ammettiamolo sia pure a fatica - ha dato all’umanità quello che l’umanità pensava di volere. Senonché nel mondo che ci circonda non ci sono linee senza spessore, le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni o piramidi. Poco a poco la situazione diventava scomoda, eravamo confusi, e così lui, Mandelbrot, il matematico quasi apolide (era un polaccofrancostatunitense), pensò che sarebbe stato utile applicare all’imprevedibilità della natura il feroce razionalismo di Euclide.

  Ci riuscì, creando una nuova geometria che poi si estese in vari campi dell’intelletto umano, dalle arti alla meteorologia all’economia alla chimica. Questa nuova geometria, che Mandelbrot chiamò “frattale”, descrive molti degli aspetti irregolari e frammentati che ci circondano: ma a differenza di Euclide tutto questo ha a che fare con il caso, e mostra che sia le regolarità che le irregolarità  che ci vediamo attorno sono interpretabili solo statisticamente. E qui ha preso una cantonata: sono interpretabili quasi sempre.

  Il quadro delineato da Mandelbrot, che non può essere spiegato facilmente senza ricorrere a conoscenze matematiche stratosferiche, è poi uno dei tanti aspetti della cultura della prima metà del Novecento. Uno di quelli che si possono chiamare “la perdita delle certezze”: l’atonalismo in musica, l’astrattismo in pittura, la relatività e la meccanica ondulatoria in fisica.

 • Proviamo a spiegarli a un bambino: facciamogli vedere quel broccolo che si diceva, coi ‘fiori’ tutti a punte: anche il ‘fiore’ più piccolo ha un disegno identico. E così molte coste, certe nubi, i fili d’erba contornati da invisibili spicole di silice, che poi scendono in mare o nei fiumi e diventano meravigliose diatomee… ma questa è un’altra storia, ve la racconteremo. Per ora fidatevi, la scoperta di Mandelbrot e poi di molti altri, oggi, nel 2002, è una certezza. La natura si copia, si ripete, solo lo spirito spazia come vuole… forse.

 

2003

428. Lo scienziato russo  Perelman risolve uno degli enigmi matematici più complessi della storia

•  Grigori Perelman riesce a risolvere uno degli enigmi più famosi della matematica, la congettura di Poincaré. Per esaminare la sua dimostrazione, altri studiosi hanno impiegato addirittura due anni. Perelman ha rifiutato la medaglia Fields che è il riconoscimento più ambito dai matematici e perfino i soldi che gli spettavano per la risoluzione del problema. Stranissimo davvero: dopo essere scomparso, è stato stato fotografato in metropolitana a Pietroburgo. Quali ragioni poteva avere per non presentarsi? Dopotutto si trattava di un milione di dollari, che avrebbe fatto comodo a chiunque …

 

2003

429. Le galassie sarebbero piene della misteriosa materia oscura!

•  Maxim Markevitch e molti altri, dal 2003 in poi, lavorando con tecniche astronomiche molto sofisticate e particolarmente coi raggi X, ci hanno dato  la prova – e finora sembra la più convincente - che le galassie sono piene di materia oscura. Esaminando il cosiddetto Bullet (proiettile) Cluster - in cui si è verificata una collisione tra due galassie - si “vede” che, mentre le galassie si sono invischiate tra loro e fanno fatica a uscire l’una dall’altra (ammesso poi che lo facciano e non si fondano in una galassia sola), a destra e a sinistra, secondo le direzioni di impatto, ci sono due addensamenti di materia oscura che, non essendo andati a “collisione” se non dal solo punto di vista gravitazionale, sono come fuggiti dalle loro galassie ospiti e hanno continuato diritti per la loro strada filandosela per conto proprio. Nell’immagine che abbiamo le galassie sono rappresentate in viola, e la materia oscura in blu. Impressionante, vero?

 

21 aprile 2004

430. Il primo trasferimento bancario del mondo (sempre che non l’avessero già fatto i soliti Sumeri!)

• Sembrò un giorno qualunque alla maggior parte della popolazione di Vienna. Nessuno notò qualcosa di strano, eppure accadde qualcosa di magico: il sindaco e il direttore di una delle più importanti banche realizzarono il primo trasferimento bancario elettronico attraverso la crittografia quantistica. Raggi di luce preadattati trasmisero un codice inattaccabile – una chiave crittografica – che nessuno avrebbe potuto captare senza essere immediatamente individuato. Meglio ancora: qualsiasi tentativo di infrangere le barriere di sicurezza avrebbe distrutto il segnale. Poi lo fece la Svizzera. Sono progressi scientifici affascinanti e se qualcuno dice ancora che la quantistica è una follìa sarà bene che si vada a nascondere perché appartiene al passato. Oggi l’informatica quantistica è arrivata al vertice della fisica e la grande stampa, dal “New York Times” al “Wall Street Journal”, da “Wired”a “Business Week”, ci tiene sempre al corrente dlle ultimissime novità.

 

 

2004 

431. Noi non ci pensiamo mai, però da milioni di anni i terrestri ricevono aiuto dalle alghe più piccole del mondo, le diatomee

• Le diatomee hanno un ruolo importantissimo – e spesso ignorato – nel funzionamento del pianeta terra e quindi nella vita dell’uomo. In quanto organismi fotosintetici, questi esseri prodigiosi sono responsabili della produzione di un quarto del carbonio organico su scala globale. Basta pensare – ed è solo un esempio -  che ogni quattro atomi di ossigeno che respiriamo, uno è prodotto da loro. Queste microalghe hanno bisogno di luce e di nutrimento per crescere e possono raggiungere concentrazioni di milioni di cellule per litro nelle acque ricche di azoto,  fosforo e silicio. Al termine del loro periodo di crescita, le diatomee planctoniche sedimentano lungo la colonna d’acqua, trasportando carbonio e silicio sul fondo degli oceani.

•   I gusci delle diatomee che si sono depositati sui fondali marini nel corso delle ere geologiche costituiscono depositi di diatomite, una sostanza che ha varie applicazioni in campo industriale per le sue proprietà abrasive (si usa nei dentifrici), o filtranti (per produrre birra e vino), per depurare l’acqua delle piscine, ed è anche un additivo per migliorare il drenaggio e la qualità dei terreni.

 Come esistono piante commestibili e piante velenose, così esistono diatomee ‘buone’, che vengono coltivate in grande quantità per l’alimentazione di larve di organismi per l’acquacoltura. E poi ci sono diatomee ‘cattive’. Alcune specie, infatti, producono tossine (acido domoico) che vengono assimilate dagli organismi marini e quindi possono essere ingerite dall’uomo causando disturbi neurologici. Negli ultimi anni, l’interesse biotecnologico e biomedico per le diatomee sta crescendo. Infatti da alcune di queste microalghe è possibile estrarre sostanze di interesse farmacologico, o enzimi e sostanze anti-ossidanti, sia nutritive sia farmacologicamente utili.

 •  Nello stesso anno, il 2 marzo, parte la sonda Rosetta che atterrerà su una cometa fra una decina di anni. Ci troveranno l’acqua, e chi lo sa se anche lì ci saranno le diatomee … Ma non sogniamo cose impossibili!

25 agosto 2005

432. Nell’agosto del 2005 l’uragano Katrina si avventò sulla costa sud degli Stati Uniti facendo migliaia di vittime e danni per 150 miliardi di dollari circa, benché i meteorologi l’avessero previsto

• Katrina arrivò il 25 agosto del 2005 in un vortice di bassa pressione al di sopra delle Bahamas, nell’oceano Atlantico. Il vortice si trasformò in un uragano che prese il nome di Katrina (porta sempre un nome femminile chi fa disastri!) e colpì la parte sud-orientale della Florida, densamente abitata. Le raffiche toccarono i 130 km/h, provocando gravi danni e le precipitazioni provocarono gravissime inondazioni. L’uragano si spostò poi lungo il Golfo del Messico, dove si rinforzò, alimentato dall’acqua più calda, raggiungendo la categoria 5 (scala di classificazione degli uragani Saffir-Simpson). Il 29 agosto Katrina raggiunse la costa meridionale degli USA, devastando le infrastrutture lungo una linea costiera di circa 160 chilometri. Quando arrivò a New Orleans s’era oramai indebolito ed era stato declassato alla categoria 3.      

 • Sulla terraferma l’uragano perse ancora energia e il 31 agosto si esaurì procedendo in direzione nord-est. Di conseguenza New Orleans fu colpita da una forte mareggiata e basta. La cosa incredibile è che gli scienziati l’avevano previsto, ma quasi nessuno se ne era preoccupato. Non sempre la scienza è utile, specie quando si fanno “orecchie da mercante”. Il National Hurricane Center e il National Weather Service sono stati largamente encomiati per le loro previsioni accurate alle quali però nessuno ha dato ascolto, infatti le vittime sono state 1836.

 

2006

433. A Nairobi si svolge il COP-12 che suscita speranze perché si pensa di poter sensibilizzare i paesi africani, ma finisce nel nulla

• La conferenza COP-12, nata con l’ambizioso proposito di coinvolgere i Paesi africani nei progetti CDM, non riuscì a stabilire ulteriori obiettivi di riduzione delle emissioni. Figurarsi poi se il riscaldamento globale poteva suscitare qualche preoccupazione tra le popolazioni africane, abituate da sempre a un clima infernale. Né potevano sentirsi colpevoli proprio loro che non usano nulla di pericoloso per l’atmosfera, dal momento che non possiedono niente e tantomeno le automobili. Al più avranno detto: “ora andranno arrosto anche loro!”

 

2006

434. Circola la notizia che sono stati clonati alcuni esseri umani, e che camminano fra noi, ma sarà vero?

• E’ Bjorn Heindrycks il capo del gruppo belga che avrebbe clonato embrioni umani da ovuli nati in laboratorio, nel centro dell’Infertilità dell’ospedale Ghent a Copenaghen.

 L’avvenimento comunque è stato annunciato durante il Congresso della società di riproduzione umana ed embriologia (ESHRE). La scoperta potrebbe rendere più facile creare linee di cellule staminali embrionali e farle sviluppare fino a ottenere spermatozoi e ovociti che potrebbero essere utilizzati da coppie infertili. Sono anni che la ricerca si muove in questo senso: tra il 2005 e il 2006 forse c’è riuscita.

 A questo punto però c’è da chiedersi: l’umanità, che naviga verso i 10 miliardi di esseri umani e comincia a preoccuparsene seriamente, ha proprio bisogno di clonare altre persone?

 

2006

435. Riesplode la caccia agli elefanti: i cinesi pagano fino a 3000 dollari un chilo d’avorio così i pachidermi si vanno estinguendo

•  Sembrava oramai una guerra vinta: la celluloide della migliore qualità aveva sostituito l’avorio e invece i Cinesi hanno ricominciato: se ne servono per fare oggettini da vendere nei loro negozi sparsi per il mondo, collane, bigiotteria, sigilli, statuette religiose … tutto è costato la vita a 100 mila elefanti in tre anni. E non è solo una preoccupazione da animalisti, ma tutti laggiù contavano su loro, perché gli elefanti muovendosi in gruppo aprono spazi e vie per altri animali che vanno ad abbeverarsi, limitano il propagarsi degli incendi e con i semi che spargono qua là fertilizzano il suolo e fanno rinascere gli alberi.

 • L’EIA, una società ambientalista inglese, nel rapporto che uscirà alla fine del 2014, descriverà tutti questi anni in modo raccapricciante “l’intreccio tossico di criminalità, corruzione, fallimento della politica e devastazione degli elefanti specie in Tanzania, alimentato da Pechino. Le pattuglie di sorveglianza sono corrotte, la polizia offre ai ladri i fucili e trasporta le zanne che nasconde sotto i sacchi di aglio e molluschi da esportazione. La stessa visita di un Presidente aiuta a trasportare avorio nelle valigie diplomatiche, tanto che nelle settimane precedenti i prezzi sono raddoppiati”.

  Questa caccia alle zanne attira bande di criminali. Così i turisti scappano e i Paesi impoveriscono. Che almeno il mondo lo sappia, anche se non si riesce più a impedirlo. Un grande giornalista scomparso, Vittorio Gorresio, diceva sempre: “C’è una sola cosa che bisogna temere per il futuro: il pericolo giallo. Sarà spaventoso.”

 •  Lo sta diventando davvero e perfino – e questo è proprio incredibile! - a causa di una pianta, la Fallopia japonica. E’ bella, ornamentale e così il medico e botanico Philipp von Siebold l’aveva importata dal Giappone, mandandone un esemplare a Londra per i giardini di Kew. Tutti l’ammiravano e la volevano, attratti dal suo vigore e dai suoi fiori chiari e invitanti. Invase l’Inghilterra, parte dell’Europa, arrivò negli USA, in Australia e in Nuova Zelanda. C’era una cosa strana, però: nessun insetto le si avvicinava, nessuno la mangiava. Nell’arco di un secolo si era riprodotta un po’ dappertutto. Una volta schierati i suoi ‘eserciti’ ha invaso le abitazioni: sbucava dai pavimenti, dai muri di cemento e quando d’inverno sembrava morire preparava le sue schiere espandendosi per una quindicina di metri sulla superficie e scendendo in profondità fino a tre o quattro. Ha creato il panico: “Non dormo più – dice un inglese – ho paura che di notte esca dal pavimento e mi inghiotta.” Lei, intanto, divora le altre piante. Si cerca di combatterla, però in che modo? Sembra inattaccabile …  

 

2006

436. L’ornitologia ha interessato l’umanità fin dalle origini, ma oggi abbiamo un simpatico ornitologo sul video, tutto per noi

• Si chiama Francesco Petretti e lo vediamo sempre con Geo, la trasmissione del pomeriggio su Tv3, condotta dalla deliziosa Sveva Sagramola. Francesco ha cominciato a insegnare all’università del Molise e poi a Campobasso, nel 2006, ha dato il via un laboratorio dedicato alla comunicazione scientifica. Vediamo come incomincia la sua storia: inizia come ricercatore nel campo dell’ornitologia, dedicandosi allo studio degli uccelli rapaci e degli abitanti delle steppe, in particolare delle otarde, e da anni è diventato un habitué degli studi televisivi, dove racconta ai telespettatori tante curiosità sugli animali, li disegna e trasmette al grande pubblico le sue conoscenze e la sua curiosità per il mondo della natura e degli animali in particolare.


  Era il più piccolo di tre fratelli e ha sempre avuto un solo desiderio: fare lo zoologo. Da bambino, quando doveva restare a letto per qualche malanno, passava il tempo attirando una fila di formichine: depositava sul parquet qualche goccia di té zuccherato e fra un antibiotico e uno sciroppo si divertiva a osservarle mentre circondavano la goccia, bevevano e poi tornavano, sempre in fila, in una fessura del pavimento. Divorava libri sugli animali e disegnava.

 Portava a casa ranocchie e grilli e la famiglia se li doveva sorbire: un pulcinella di mare sporco di petrolio che un pescatore gli regalò dicendo che era “un pappagallo di mare”, è stato da lui accuratamente lavato con il sapone per la lana e ha occupato la vasca da bagno per due settimane.

• A tredici anni ha fatto il suo primo lavoro scientifico sulla Rivista Italiana di Ornitologia, descrivendo in dettaglio la presenza delle sule, uccelli marini, nelle acque di Fregene, poi ha cominciato a collaborare con Fulco Pratesi, con il WWF e con la Lipu. Nel 1973 è diventato caporedattore della rivista Pro Avibus, appunto della Lipu.

  Il lavoro era impegnativo perché allora non c’era il computer e si doveva scrivere tutto a macchina. I titoli si facevano con le lettere trasferibili, i disegni a china sulla carta lucida e le bozze andavano composte sul piombo, per cui ogni correzione e modifica suscitava le rimostranze del tipografo. Poi divenne Direttore scientifico di OASIS.

 “Adesso – dice Petretti - divido il mio tempo fra il lavoro per la televisione e l’insegnamento universitario, ma non ho mai perso di vista il mondo della natura e trascorro ancora molte giornate in montagna o nelle paludi, da solo, con il binocolo al collo, il fedele taccuino che mi accompagna da più di quarant’anni e la telecamera con cui riprendo la natura e realizzo documentari sugli aspetti più insoliti e affascinanti della vita selvatica che ci circonda.”

 

2007

437. Parliamo della fotografia, ma perché quasi duecent’anni dopo la sua scoperta? Perché gli enormi passi fatti dalla scienza in ogni campo li ha resi possibili o facilitati proprio lei

Joseph Nicéphore Niépce si può considerare il padre della fotografia, che risale al 1823. Niépce era nato in Francia, a Chalon-sur-Saône nel 1765. Faceva il militare, ma non era la sua passione: a lui piaceva inventare. Si dedicò, col fratello Claude, a studi di chimica e fisica e infine, associatosi con J.M. Daguerre (quello che dette il nome ai ‘dagherrotipi’, ricordate?), riuscì a mettere a punto con lui un procedimento fotografico su supporto metallico, mentre suo cugino Claude de Saint Victor si dedicò alla fotografia su lastra trasparente, sensibilizzata con albumina e ioduro d’argento.

   Erano già sulla buona strada, ma nel passato c’erano stati altri tentativi, curiosi esperimenti che risalgono addirittura all’antica Grecia. Poi non se n’è parlato più per molto tempo, si dipingeva, si disegnava, ma sarà solo la vera fotografia che ci darà ‘in mano’ il cielo, le stelle, che aiuterà la medicina, la chimica, anche la fisica - regina delle scienze - senza parlare delle foto naturalistiche così importanti per capire il mondo e i suoi mutamenti, per aprirci la via della conoscenza. E chi avrebbe mai visto la nostra Terra, la sua forma, la sua bellezza, chi avrebbe saputo che è tonda e anche azzurra? E poi, purtroppo, chi avrebbe visto da vicino i disastri che l’uomo si ostina a combinare? Forse, se qualcosa prima o poi si salverà, sarà proprio questa tecnologia che dovremo ringraziare.

  E non dimentichiamo che è stata proprio l’immagine di un bambino che fugge, terrorizzato e piangente, a convincere l’umanità che era ora di fermare la folle guerra del Vietnam.

 

2008

438. C’è una certa preoccupazione per la tenuta sismica della centrale di KrŠko in Slovenia che si trova circa a 100 km da Trieste

• La centrale nucleare di KrŠko in Slovenia il 4 giugno 2008 ha una perdita nel sistema di refrigerazione primario del reattore. Questo ha fatto scattare un allarme internazionale e attivare la procedura di spegnimento dell’impianto che è un Westinghouse, ossia ad acqua pressurizzata, anche se con le sue tre torri la centrale ha l’aria un po’ minacciosa. Però non è stata riscontrata alcuna fuga radioattiva nell’ambiente circostante. Questo evento è stato classificato a livello 0 (non significativo per la sicurezza). Secondo l’agenzia di controllo nucleare slovena, non c’è stato rilascio di materiale radioattivo. Però hanno riconosciuto che l’incidente s’è verificato e la centrale è stata subito fermata. Sempre secondo l’agenzia slovena l’evento non ha influenzato i lavoratori, e neanche la popolazione vicina , o l’ambiente.

 Si parla addirittura di costruirne un’altra, la 2, di potenza tripla! Sono impianti, comunque, che vanno protetti da forti vibrazioni del terreno che potrebbero venire da un terremoto e la zona è particolarmente sismica, cosa che preoccupa anche noi, visto che è vicina a Trieste.

 

2008

439. Il nome dell’inventore che voleva dare tutto gratis a tutti  – e in particolare l’energia elettrica – non è stato dimenticato

• Nikola Tesla occupa quest’anno il posto d’onore in California, con la Tesla Roadster, una macchina elettrica dal design sportivo, capace di raggiungere i 200 chilometri orari, prodotta dalla Tesla Motors negli stabilimenti di Fremont. Il veicolo, venduto a circa 100 mila dollari, è già diventato un oggetto di culto, tanto che molte star hollywoodiane come George Clooney si sono iscritte alla lunga lista di coloro che aspettano il loro turno per poterne guidare una.

Al posto del tappo del serbatoio c’è una presa che, quando è collegata al cavo di alimentazione, si illumina attraverso una fascia di led pulsanti, davvero suggestivi; ottimo esempio di come un’idea di design ben riuscita possa rendere affascinante un’operazione banale come quella della ricarica.

 

2009

440. Una notizia che riempirà di gioia chi sta andando un po’ in là con gli anni e teme di perdere i suoi preziosi neuroni cerebrali

•  Mazen A. Kheirbek, professore di neurobiologia, e René Hen, docente di psichiatria – ambedue lavorano al New York State Psychiatric Institute - dopo lunghi studi sulle solite vittime (i topi) e un intenso lavoro unito a quello di altri laboratori, sono giunti alla stupefacente conclusione che gli umani producono nuovi neuroni a ritmo costante fino alla tarda età. Ne aggiungono circa 1400 al giorno.

  In passato, e per secoli, le neuroscienze sostenevano che il cervello adulto fosse incapace di generare nuovi neuroni. “Perfino Santiago Ramon y Cajal, l’istologo che, nella Barcellona di fine Ottocento,  contribuì in modo essenziale alla nascita delle neuroscienze moderne  – dichiarò che il rinnovamento neuronale era impossibile.” L’hanno scritto i due professori su ‘Nature’ (l’articolo appare anche su ‘Le Scienze”). Santiago Ramón y Cajal, dopo decenni di attente osservazioni e di meticolose illustrazioni dell’architettura microscopica delle cellule nervose e delle loro connessioni, concluse che nel cervello adulto le vie nervose sono fisse, finite e immutabili; tutto è destinato a morire, nulla può rigenerarsi.

• Nelle ultime righe del loro lavoro Kheirbek ed Hen però aggiungono: Benché non si sia mai immaginato che il cervello generasse nuovi neuroni, Ramón y Cayal prefigurò comunque il potenziale terapeutico di questo ringiovanimento neuronale. Infatti nel libro Degeneración y regeneración del sistema nervioso, del 1914, scriveva: “toccherà alla scienza del futuro cambiare, se possibile, questa dura legge”.

  E la scienza del futuro infatti l’ha cambiata.

 

2010

441. E’ arrivato il momento di parlare della calvizie e dell’ultima ricerca del professor Principato

• Chiediamo al professor Mario Principato a che punto è con la “cura” della calvizie e la guerra al Demodex brevis. Risponde: “Ho sperimentato una sostanza chimica derivante dal geranio che ha una potente azione acaricida, particolarmente contro gli acari del genere Demodex. Si tratta di una formula particolare che paralizza subito il parassita che vive e si riproduce all’interno delle ghiandole sebacee annesse al capello. Bisognerà vedere se aumentando il trofismo del bulbo pilifero si ottiene una ricrescita evidente del capello. La difficoltà sta nel fatto che l’effetto del trattamento non si vede subito, ma nel tempo. Perciò è difficile scegliere i componenti giusti della formula, e le dosi. Questa è la maggiore difficoltà.”

  “Pensa che si potrà arrivare davvero a una soluzione, prima o poi?” – “Ritengo di sì. Sono convinto che gli acari del genere Demodex abbiano un ruolo importante sia nell’insorgenza, che nel mantenimento della calvizie.” – “E’ certo che i colpevoli siano proprio loro?” – “Sicuramente hanno un ruolo come serbatoio batterico e sono causa del danneggiamento del follicolo pilifero. Questo è un dato di fatto.”

  •  Solo più tardi (nel 2011/2012), il professore - come un Tenente Colombo della scienza, scoprirà che il Demodex brevis, il quale vive nella cute del capo di soggetti calvi, è un po’ diverso da quello che vive sul viso. Lo studierà battezzandolo Demodex brevis var. capitis e ritiene che esista il modo per disattivarlo. Poi, in collaborazione con la Società Italiana di Tricologia, pubblica i risultati sulla loro rivista. A nostro parere l’industria farmaco/cosmetica deve avere un grande interesse per questo argomento, anzi per lei dev’essere “una bomba”!

 

2010

442. Si inaugura ICECUBE, il primo vero osservatorio astronomico per neutrini tra i ghiacci dell’Antartide

•  Quando Wolfgang Pauli, nel 1930, propose l’esistenza del neutrino come “atto di disperazione” per cercare di salvare il principio di conservazione dell’energia nonostante gli esperimenti che sembravano contraddirlo, sarebbe forse stato lieto di sapere che, solo ottant’anni più tardi, nel 2010, dopo sei anni di faticosa costruzione durante le brevi estati polari, sarebbe stato inaugurato il primo, vero “osservatorio astronomico per neutrini”, tra i ghiacci dell’Antartide.

  Si tratta di un chilometro cubo di ghiaccio trasparente, che inizia a 1450 metri sotto la superficie del ghiaccio e prosegue per un chilometro di profondità, e di un chilometro di larghezza e lunghezza, contenente 5160 rivelatori sensibilissimi alla luce disposti lungo un reticolo regolare. I neutrini sono particelle elusive, e non interagiscono quasi con nulla, ma la quantità di materia contenuta in ICECUBE è tale che circa 100.000 neutrini ogni anno vengono catturati, e ne viene misurata la provenienza e l’energia, proprio come un normale telescopio ottico fa con la luce che viene dal cielo.

 Ben pochi invidiano gli scienziati che lavorano laggiù. I poveretti, se hanno voglia di parlare, devono cercare un pinguino paziente che li ascolti … ma il lavoro che stanno facendo è importantissimo, poiché le sorgenti di neutrini solo in parte coincidono con le sorgenti luminose, e il cielo - nella regione dei neutrini - è tutto da scoprire. In particolare, si studiano i raggi cosmici e alcuni rarissimi eventi di energia enormemente elevata provenienti da… vattelapesca! Lo sapremo grazie a ICECUBE e ad altre iniziative analoghe che stanno sorgendo.

 

2010

443. I neanderthaliani sono rimasti dentro di noi!

• Gli studiosi del Max Planck Institute for Evolutionary Antropology di Lipsia hanno raccolto dei frammenti di DNA dalle ossa di tre donne neanderthaliane e sono riusciti a sequenziare il 60% del patrimonio genetico dell’Uomo di Neanderthal. Ora sanno che nei nostri cromosomi c’è una percentuale dall’1 al 4% dei suoi antichi geni e sembra che questa scoperta abbia permesso di capire meglio la diffusione di alcune malattie genetiche.

• Intanto, nel Maggio del 2010, è stata creata una cellula viva, ma artificiale. Il microorganismo è stato ribattezzato "Syntia" e il brevetto è del dott. J. Craig Venter, lo scienziato che guidò il progetto concorrente al progetto Genoma e ora ha fatto questo ‘micro’ sintetico, progettato a tavolino, e l’ha inserito in un batterio. E’ partito dal Mycoplasma genitalium che è il genoma più piccolo presente in natura, ma possiede il numero di geni minimo per garantirsi la vita. L’aspetto straordinario di questa vita artificiale consiste nel fatto che è capace di autoreplicarsi.

  Serve a qualcosa? Ci sono parecchie possibili implicazioni vantaggiose per la nostra salute, però si intrecciano con aspetti etici da non trascurare. Insomma, giocare a fare Dio è preoccupante … Quando ha sentito questo commento lui s’è un po’ seccato e ha scritto un manualino d’istruzioni per spiegare che cos’è l’ingegneria genetica, citando i più famosi che se ne sono occupati e sostenendo che uno scienziato ha il dovere… eccetera, ma poi scivola sulle sue stesse conquiste. Ci sono dei grossi rischi: “si potrebbero rendere disponibili informazioni sfruttabili per azioni di bioterrorismo o favorire – come scrive Paloschi su “Sapere” – pericolosi ‘bioerrori’ di improvvisati ‘biohacker’ fuori controllo.”  E Dio sa se ne abbiamo bisogno …

 • Comunque da quest’anno la medicina può contare anche sulle risorse della biotecnologia: alla Columbia University viene realizzato un minuscolo bio-robot con molecole di DNA. Può essere usato negli interventi chirurgici o per trasportare farmaci all’interno delle cellule. In chirurgia, dunque, scendono in campo i robot, mentre in cielo volano i droni. E la domanda torna: quale futuro ci stiamo preparando?

2011

444. Una terapia anti-Aids è la scoperta più importante dell’anno

 • Secondo la rivista “Science” la scoperta più importante dell’anno è la terapia anti-Aids dell’università del North Carolina. Secondo “Science” gli studi realizzati dal gruppo di ricerca americano hanno infatti permesso di compiere un bel passo avanti “senza precedenti” nella lotta contro il virus Hiv. Lo studio ha dimostrato infatti che cominciare precocemente la terapia a base di farmaci antiretrovirali aiuta a prevenire la diffusione del virus nel 96% dei casi. Mica poco. Questo tipo di cura ha il duplice beneficio di combattere il virus e limitarne parecchio la trasmissione.

• Al secondo posto “Science”mette la missione spaziale giapponese Hayabusa, che ha raccolto e riportato a Terra un campione di polvere di un vero e proprio fossile del Sistema Solare. L’analisi dei grani ha confermato che gran parte delle meteoriti ritrovate sulla Terra provengono da un unico asteroide.

 

2011

445. La vernice di Lambicchi del “Corriere dei Piccoli” ora si chiama stampa in 3D … o quasi

• “La stampa tridimensionale rende economico creare singoli oggetti tanto quanto crearne migliaia, quindi mina le economie di scala. Essa potrebbe avere sul mondo un impatto così profondo come lo ebbe l’avvento della fabbrica... Così come nessuno avrebbe potuto predire l’impatto del motore a vapore nel 1750 — o della macchina da stampa nel 1450, o del transistor nel 1950 — è impossibile prevedere l’impatto a lungo termine della stampa 3D. Ma la tecnologia sta arrivando, ed è probabile che sovverta ogni campo che tocca.” (“The Economist”)

 • Questo è quanto si legge in un editoriale dell’autorevole “The Economist”, settimanale d’informazione londinese del 10 Febbraio 2011, però  ci troviamo di fronte a una serie di neologismi e sigle, come “prototipare”, “SLS”, “DLP” e “FDM”. Che succede, cambia la lingua? Insomma, di che cosa stanno parlando? Ah, se si usassero parole più semplici, o almeno abbastanza. Tentiamo?

  Si tratta, dunque, della realizzazione solida di quanto viene disegnato in 3D tramite autoCAD (eccone un’altra: cos’è l’autoCad?). E’ un oggetto disegnato in 3D che diventa reale per mezzo di un sistema di estrusione (ma che parola, non era meglio dire ‘come quando si sputa’) Dunque: il sistema sputa resine, o altri materiali. Qui però bisogna sputarli strato dopo strato, attenzione. Ed ecco che nasce il nostro prototipo, e da lì evidentemente l’azione (e il verbo) del “prototipare”.

   Le varie sigle SLS (Selective Laser Sintering), DLP (Digital Light Processing) e FDM (Fused Deposition Modeling) non sono altro che i vari e diversi metodi di applicare gli strati e far indurire il materiale applicato (però bisognerebbe avvisare almeno i bambini che l’italiano oramai è una lingua morta, e che è inutile studiarla, o no?)

  Torniamo alla stampa in 3D: pare che si arriverà un giorno a sputare altre sostanze, magari metalli. Internet ci spiega anche come costruire una rivoltella quasi non bastassero quelle che ci sono in giro. Facile, a portata di ogni assassino. Non dobbiamo far altro che disegnare in autoCAD (c’è il programma) i vari pezzi e produrli con la stampante 3D, quindi assemblarli. L’arma, finché è di plastica, non verrà segnalata dal metal detector. Evviva. Naturalmente le applicazioni di questa tecnologia possono essere anche altre: prototipi per l’industria, protesi chirurgiche, elaborazioni artistiche, ricambi di ogni genere. Pare che oramai le stampanti 3D costino pochissimo, quindi molto presto saremo in grado di produrci in casa pasta fresca, bistecche, veleni per topi, banane e biscotti... rigorosamente di plastica!

  Un disegnatore del Corriere dei Piccoli, qualcuno forse lo ricorda, la chiamava “Vernice di Lambicchi”: una spennellata con quella, e da un quadro, da un disegno, veniva fuori una persona o un oggetto reale. Con un po’ di vernice ti facevi anche la Rolls Royce.

 • Tra le cose fantastiche mettiamone anche una reale anche se pare incredibile: viene scoperto un pianeta di diamante. E’ nella Via Lattea, ma un po’ lontano, e se qualcuno ci arriva trova triliardi di triliardi di carati tutti per lui in una sfera che ha un diametro cinque volte quello della Terra, ma è di carbonio allo stato cristallino, ossia è uno stupendo diamante vero. Peccato che sia a 4 mila anni luce da noi, sennò …

 

2012

446. Finalmente arriva la “dannata” particella che sembrava introvabile, il bosone di Higgs

• Verso il 1970, i fisici hanno una descrizione quasi definitiva della realtà: il Modello Standard, che spiega con precisione il risultato di ogni esperimento. C’è solo un problemino: la teoria funziona, purché non esista la massa! Ohibò: e allora? Ma se non esiste materia – nemmeno tra i minuscoli neutrini – che non ce l’abbia?

 Però i fisici dell’epoca non si strappano i capelli per così poco: grazie al cielo già alla fine degli anni ’60 alcuni colleghi hanno pronta la soluzione. Proviamo a darne un’idea semplice. Ci ha detto Einstein che nessun oggetto dotato di massa può raggiungere la velocità della luce. Invertiamo il concetto: se un corpo materiale non può raggiungere la velocità della luce, significa che la massa ce l’ha; no? Ebbene: è come se, nel Modello Standard, ogni particella nascesse alla velocità della luce (senza massa) ma appena incomincia a esistere si trovasse immersa nel campo di energia che pervade tutto l’universo, e fosse costretta a rallentare per pura e semplice frizione contro questo campo. Noi, misurandola e trovandola più lenta della luce, dedurremmo che possiede una massa.

 • Ingegnoso, ma in fisica le chiacchiere non bastano; bisogna fornire le prove. E quali? Semplice: ogni campo di energia, se spremuto con sufficiente forza, deve emettere una particella caratteristica. Questa particella apparve al CERN di Ginevra solo nel 2012, confermando l’esistenza del famigerato campo e salvando il Modello Standard (per ora…). Il belga Englert e lo scozzese Higgs, ormai vecchietti arzilli, hanno ricevuto il Nobel nel 2013 per la loro quarantennale preveggenza, ma chi ci ha guadagnato un bel po’ è stato il fisico americano Leon Lederman il quale, disperato per non riuscire a trovare la particella con le sue macchine, scrisse nel 1993 il libro: ‘The Goddamn Particle’ (letteralmente: La particella maledetta da Dio). L’editore, dal naso fino, lo convinse a cambiare il titolo in: ‘The God Particle’ (La particella di Dio). Fu un bestseller: la dizione è rimasta e non sarà sfuggita al lettore. Noi la chiamiamo solo ‘bosone di Higgs’.

  Però, dobbiamo dirlo, tra i fisici c’è chi non crede che l’abbiano trovata davvero. Per esempio Massimo Corbucci il quale scrive sul suo libro “La fisica del caso” che la scoperta fatta dal CERN sul neutrino più sprint della luce era vera, mentre quella sulla “particella di Dio” è falsa. Perfino il nostro computer – un macintosh molto serio – non ci crede. E ogni volta che battiamo “bosone di Higgs” lui scrive “borsone di Higgs”, tanto che bisogna levargli la “r” di forza.

 

2012

447. Non riusciamo ancora ad andare su Marte così per il momento ci mandiamo gli astromobili “rover”

•  Si chiama Curiosity il rover (significa vagabondo) targato NASA, atterrato sul Pianeta Rosso all’inizio di agosto. E’ un astromobile che sa fare una quantità di cose e obbedisce ai comandi inviati dalla Terra, certo non in tempo reale, ma con un po’ di pazienza. Il rover viene portato sul pianeta, o sul satellite, dal lander e l’atterraggio dev’essere morbido perché i suoi strumenti sono delicati.

  I primi astromobili della storia furono quelli destinati all’esplorazione lunare. Il 17 novembre 1970, trasportato dalla sonda Luna 17, allunò il primo, il Lunochod sovietico. Le prime missioni Apollo atterrate sulla Luna non disponevano di nessun rover. Ne arrivò uno il 31 luglio 1971 con l’Apollo 15, poi ne portarono un altro le missioni Apollo 16 e 17 e così riuscirono a percorrere ben 90 km sulla superficie lunare. La velocità massima di quei rover era di circa 13 km/h.

 • Anche Marte è stato visitato dai rover: il Prop-M Rover sovietico, trasportato dal lander Mars 3, però non ha mai funzionato poiché s’era danneggiato nell’atterraggio; il Sojourner, trasportato dal lander Mars Pathfinder, e poi Spirit, Opportunity e Curiosity. I rover sono progettati per muoversi su terreni difficili, tortuosi, e per superare grossi ostacoli: per questo hanno più ruote di un normale veicolo. Per l’alimentazione hanno grandi pannelli solari. Quando atterrano su corpi celesti lontani dalla Terra non possono essere comandati in tempo reale perché la velocità di propagazione delle onde radio è inferiore a quella richiesta per le comunicazioni immediate, e quindi devono operare in modo autonomo, con poca assistenza dalla Terra. (Marte p. es. dista dalla Terra tra i 100 e 56 milioni di chilometri e ci vorrebbero tra i 5.5 e 3.1 minuti per far arrivare là un segnale).

 Gli unici rover che siamo riusciti a controllare in modo diretto, diciamo come un’automobile, sono stati i modelli lunari. Quello su Marte noi possiamo osservarlo e seguiamo le sue scoperte con gran curiosità ed emozione, ma anche un pizzico di delusione perché è evidente che i marziani non ci sono.

 A interessare particolarmente “Science” è il sistema di atterraggio che ha permesso al rover di arrivare indenne su Marte: una vera e propria “gru nel cielo”, con una tecnologia creata apposta per questa missione.

 •  Si prepara, comunque, un viaggio umano nel gennaio del 2016, che arriverà sul pianeta rosso in ottobre: partrà dal Kazakistan e a bordo, sembra, ci sarà una donna.

 

2013

448. L’ecosistema più complesso in natura è dentro ognuno di noi: si chiama "Microbiota" (è composto da batteri e funghi-lieviti) e si trova soprattutto nell’apparato gastrointestinale

• Il professor Giovanni Gasbarrini, presidente della Fondazione Ricerca in Medicina Onlus è convinto che tutte le malattie dipendano dall’alterazione - per eccesso o per difetto - dei batteri che compongono la flora intestinale, ma probabilmente questo succede nei pazienti diabetici, negli obesi e nei soggetti che soffrono di sindrome metabolica, di intolleranze alimentari e altre malattie. La Medicina Naturale ne parla da centinaia e forse migliaia di anni, ma solo da poco i ricercatori della medicina ufficiale se ne sono resi conto.

 Oggi lo definiscono un “superorganismo” composto da un numero enorme di batteri pari a 6 volte quello delle cellule che compongono un uomo: ci sono 4 milioni di ceppi di batteri diversi, però complementari, che vivono in stretto contatto con la parete delle mucose anaerobiche, specialmente quelle del tratto gastrointestinale del tubo digerente; il Microbiota è presente anche in tutte le altre mucose, pelle compresa. Però secondo la Medicina Naturale è indispensabile al mantenimento della salute e necessario per la riparazione delle cellule, dei tessuti danneggiati da traumi fisici (bruciature, contusioni, ferite) e da quelli interni derivanti dall’uso di farmaci, vaccini, droghe, e di alimenti inadatti oppure contaminati (solidi o liquidi). Sono indispensabili per l’autoguarigione da qualsiasi sintomo, per cui distruggerli con gli antibiotici è un crimine contro la salute naturale. Va a finire che bisogna tenerseli cari, anche se fanno ribrezzo, e coccolarli.

  Nell’ultimo incontro sul tema - NutriMI - VIII Forum di Nutrizione Pratica a Milano - dicevano che il Microbiota è come un organo negli organi. Si sono contate circa 800 specie, la maggior parte delle quali è legata all’attività intestinale. Un insieme di microrganismi e virus che pesa più di un chilo e che la comunità scientifica ritiene coinvolto però nell’origine di diverse malattie. Insomma, sono buoni, o no? La nostra impressione è che non l’abbiano ben capito neanche i medici.

 

15 febbraio 2013

449. Una meteorite dal diametro di 20 metri circa piomba sulla città di Chelyabinsk nel Sud degli Urali, a 18,6 km al secondo

•  L’intensità della vampata prodotta dalla meteorite esplosa in Russia superava il bagliore del sole. Le vittime sono state 1.145, cinquanta delle quali erano ferite e sono state ricoverate in ospedale. La violenza è stata pari a un’esplosione di circa 500 kilotoni (30 volte la bomba che distrusse Hiroshima). Il bolide celeste esploso il 15 febbraio 2013 su Chelyabinsk aveva un diametro di circa 18-19 metri, come ha detto a “La Voce della Russia” Olga Popova - dell’Istituto della Dinamica delle Geosfere presso l’Accademia delle Scienze - che ha diretto le ricerche. Questa meteorite aveva le dimensioni di un edificio di 6 o 7 piani e si è calcolato in seguito che è entrata nell’atmosfera alla velocità di 68.400 km/h. La valutazione della sua velocità era quindi superiore a quel che si credeva. La ricerca è stata condotta da un gruppo di specialisti provenienti da 9 Paesi.

• La minaccia dei meteoriti potrebbe essere maggiore del previsto e perciò servono più studi e programmi di sorveglianza: è quanto mostrano i dati relativi a origine, traiettoria e potenza di questo asteroide. I nuovi dati, contenuti in tre studi pubblicati contemporaneamente da “Nature” e “Science”, sono un campanello d’allarme e costringono a rivedere i modelli teorici sulla probabilità di impatto delle meteoriti sulla Terra. Secondo gli autori il numero di oggetti con diametro superiore ai 10 metri potrebbe essere dieci volte maggiore di quanto si pensava. Le analisi sono state coordinate da Jiri Borovicka dell’Accademia delle Scienze Ceca, Peter Brown dell’università canadese Western Ontario e Olga Popova.

• L’asteroide di Chelyabinsk è quello che ha avuto il maggiore impatto dalla caduta di quello su Tunguska nel 1908. Dal momento che si è verificato in una zona molto popolata e in un periodo in cui telefoni cellulari e videocamere sono all’ordine del giorno è stata un’occasione unica per raccogliere una quantità di informazioni senza precedenti. «Finora la fisica della caduta dei meteoriti era stata solo teorica, invece per la prima volta l’evento è stato ripreso in diretta da moltissime persone e da più angolazioni» spiega Ettore Perozzi dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Questi dati, ha aggiunto, «sono migliori dei test che si possono fare in laboratorio e ci permettono di compiere un grosso balzo di conoscenza». Dalle informazioni raccolte è stato calcolato che l’onda d’urto della detonazione si è formata a un’altezza di circa 90 chilometri. La palla di fuoco è diventata più luminosa e calda a una altitudine di 30 chilometri quando l’oggetto si è frantumato. Si trattava di una condrite ordinaria e aveva un diametro di 19,8 metri.

 

2014

450. Tre volte la quantità d’acqua che hanno i nostri oceani è nascosta dentro il pianeta, 700 km sotto il mantello, verso il nucleo: chi se lo immaginava?

•  Il geologo Graham Pearson dell’ Università di Alberta in Canada e i suoi colleghi hanno studiato per anni le onde sismiche che arrivano su da almeno 500 terremoti e ora sanno attraverso quali vie si muovono e i tipi di rocce che hanno attraversato. Il geologo Graham Pearson dell’Università di Alberta in Canada ritiene che i nostri oceani, di cui non si era mai capita la provenienza (si pensava di averli avuti negli scontri con varie comete) vengano invece dall’interno della Terra. E’ quel che afferma sul “NewScientist” del 21 giugno 2014, sostenendo che vasti oceani, in cui si trova tanta acqua – tre volte quella dei nostri oceani – è nascosta sotto il mantello terrestre e dice che “questo spiegherebbe l’origine dei nostri mari”.

  Un giorno Pearson ha trovato anche un diamante: l’aveva portato in superficie un vulcano ed era stato in una roccia blu, parente dell’olivina, detta ringvoodite, che avvolge la grande quantità d’acqua nascosta a 700 km di profondità, tra il mantello inferiore e il nucleo, in quello che i geologi chiamavano “nucleo con moti convettivi”. Di sicuro anche quell’ambiente avrà degli abitanti: strani pesci di profondità che hanno sul capo la ringvoodite blu e la considerano il loro cielo.

•  Su “Le Scienze”, in un articolo scritto successivamente da David Jewitt, professore all’Università di Los Angeles, e da Edward D.Young, professore di geochimica e cosmochimica e membro dell’Institute for Planets and Exoplanets, sempre all’Università di Los Angeles, si legge: “E’ possibile che altra acqua si nasconda sotto di noi, nel mantello roccioso che si estende in profondità per oltre 3000 km dalla crosta terrestre alla sommità”, ma aggiunge che non vi si trova in forma liquida ed è invece legata alla struttura molecolare di rocce e minerali “idrati”. Poi insiste sul l’ipotesi che tutta quell’acqua venga da comete o asteroidi. Chiaro? No, per niente. E ci chiediamo com’è che questi illustri scienziati, ora che esiste il telefono e c’è perfino internet, non trovino la maniera di mettersi un po’ d’accordo, invece di lasciare tutti noi in questo “mare” di dubbi.

 

2014

451. In Sudafrica c’è penuria di peni, e invece ne servono circa 250 l’anno per fare i trapianti ai circoncisi che li hanno perduti

• Il chirurgo Ander van der Merwe dell’Università di Stellenbosh in Sud Africa è riuscito a fare nel dicembre scorso, con successo, il primo trapianto di pene della storia. Lui e la sua équipe hanno lavorato per 9 ore dopo essersi preparati a questa impresa per 4 anni. E dopo tre mesi il pene funzionava bene, benché secondo loro ci volessero 2 anni.

  Bisogna raccontare che uno del team, quand’era stato convocato in quei primi giorni del 1910 credeva di avere capito fischi per fiaschi: ‘…ero abituato ai trapianti di capelli che cadono a ciocche, ma i peni non cadono. Avevo fatto alcuni trapianti di rene e così mi è venuto un dubbio: forse qualcuno ha sbagliato a scrivere, o io letto male...’ Comunque il giovane medico parte, ma gli ridono in faccia: è il pene, altro che il rene. Gli ricordano che i Cinesi ci avevano provato nel 2006, ma dopo due sole settimane avevano dovuto espiantarlo per gravi problemi psicologici del paziente e della moglie.

• Invece nel dicembre 2014, in Sudafrica, l’equipe del Dott.Frank Graewe compie il miracolo su un ragazzo di 21 anni che aveva subito l’amputazione a causa della solita circoncisione tradizionale dei cittadini Xhosa, mal riuscita, come spesso accade. L’operazione dura nove ore e il paziente recupera velocemente.

  Ora sulle ali del successo di questo trapianto ogni giorno arrivano nuove richieste al Dott.Grewe e alla sua equipe, e sembra che già siano 250 quelli che aspirano a un nuovo pene. Il chirurgo ha dichiarato alla stampa: "Avremo presto PENuria di PENI". C’è un cosa da tenere presente: non sarà possibile scegliere la taglia, almeno per ora, e bisogna ringraziare i numi quando se ne trova uno da togliere a un deceduto fresco fresco,  perché i viventi non lo donano mai.

  Anche a Nelson Mandela era toccata quella brutta operazione. Nella sua autobiografia intitolata “Il lungo cammino verso la libertà”, scriveva: “Era come un colpo di pistola nelle vene". Descriveva il dolore indicibile che aveva provato e denunciava il rituale che ancora oggi viene perpetrato per celebrare il passaggio all’età adulta. Si tratta di un rito drammatico che ha costretto la polizia sudafricana ad aprire un’inchiesta dopo la morte di 23 ragazzi negli ultimi mesi, morti 9 giorni dopo la circoncisione.

 

2014

452. Passi avanti nella medicina per il cuore, nuovi farmaci meno fastidiosi

• Il cardiologo Vito Campanella ci ha parlato di alcune importanti novità nel campo dei farmaci che riguardano il cuore: sono nati nuovi anticoagulanti orali, i NAO. Nei pazienti a rischio tromboembolico fino a pochi anni fa l’unica terapia a disposizione erano i cosiddetti “dicumarolici”, antagonisti della vit K.

 I  prodotti in commercio erano Coumadin e Sintrom, che purtroppo davano risposte molto diverse non solo da individuo a individuo ma anche nello stesso soggetto per l’interferenza di numerosi fattori come l’alimentazione, la temperatura esterna, i farmaci antiinfiammatori assunti. Una vera noia, tutte le settimane ci voleva un controllo dell’INR (un parametro della coagulazione del sangue) per poter stabilire il dosaggio esatto, creando disagi al paziente costretto a prelievi ematici e a lunghe file.  I nuovi anticoagulanti orali (Dabigratan, Apixaban, Rivaroxaban, Edoxaban) non hanno bisogno di dosaggi se non per la funzione renale (Creatinina clearance), e una volta determinato quello non sono necessari altri controlli. Il rischio emorragico implicito in tutti gli anticoagulati è minore nei NAO e l’efficacia uguale o maggiore. L’unico lato negativo è che costano troppo.

•  Migliorata anche la cardioprotezione in oncologia. Il crescente aumento dei tumori e il conseguente uso di chemioterapici (alcuni dei quali cardiotossici) hanno reso necessario l’uso di una cardioprotezione sempre maggiore. I chemioterapici più cardiotossici sono quelli usati nella terapia dei linfomi, delle leucemie e del cancro del seno: le antracicline, il trastuzumab, gli inibitori di ErbB2. 

. Fino a pochi anni fa i prodotti usati per la cardioprotezione erano gli Aceinibitori e i Beta-bloccanti, ma ora se ne sono aggiunti altri. Tra i nuovi farmaci ci sono il dexrazoxano che esercita una cardioprotezione impedendo alle antracicline il legame con il DNA, e la Ranolazina che usata già prima della chemioterapia assicura una buona cardioprotezione nei confronti delle antracicline, del trastuzumab e degli inibitori di ErbB2.

. Un’altra novità è l’ablazione transcatetere delle aritmie. In passato la maggior parte delle aritmie sopraventricolari veniva trattata farmacologicamente, ma i farmaci usati hanno effetti collaterali spesso rilevanti e l’efficacia nel prevenire le aritmie var dal 50 al 70%. La fibrillazione atriale è l’aritmia sostenuta più frequente e più studiata, aumenta con l’età ed è stimata del 9% nei soggetti con più di 80 anni. Negli ultimi anni sono stati introdotti sistemi di ricostruzione elettroanatomica tridimensionali in grado di fornire una perfetta visualizzazione dei cateteri operativi e delle camere cardiache e questo ha consentito un maggiore ricorso alla terapia ablativa nel trattamento delle “sopraventricolari” con percentuali di successo che a seconda del tipo di aritmia vanno dal 70 al 95%. Discorso a parte, certo, per le aritmie ventricolari che in casi di rischio richiedono l’impianto di un defibrillatore.

 

2014

453. Dopo dieci anni di volo giunge a destinazione una delle “sonde a lungo raggio”

 •  Angioletta Coradini, che è stata Principal Investigator (Capo, per intenderci) dei vari gruppi di lavoro internazionali che hanno costruito gli spettrometri a bordo delle “Sonde a lungo raggio” lanciate nello spazio dall’Agenzia Spaziale Europea. Una delle menti più brillanti dell’Astrofisica italiana, che avrebbe volentieri brindato quando, alla fine del 2014, dopo ben dieci anni di volo, la prima di queste sonde è giunta a destinazione mettendosi in orbita attorno alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, facendo atterrare un modulo di ricerca sulla sua superficie e cominciando a inviarci i primi dati veramente scientifici, sperimentali, sulla composizione chimica del Sistema solare primordiale: informazioni che stanno rivoluzionando le nostre conoscenze in questo settore. Philae è il lander trasportato dalla sonda spaziale Rosetta, che il fisico britannico Matt Taylor, uno dei responsabili del progetto, è riuscito a far atterrare con assoluta precisione sulla cometa. E’ divertente sapere che Taylor, come molti geni, ha un cervello che non ‘registra’ le cose banali della vita. Infatti non riesce mai a ricordare dove ha parcheggiato la macchina, come racconta sua sorella Maxine.

•   Purtroppo, alla fine del 2011 una malattia incurabile aveva portato via Angioletta Coradini. Poco dopo, dal 2012 al 2015, gli strumenti da lei progettati sono giunti all’asteroide Vesta, e quindi a Cerere, per cominciare a capire di cosa sono fatti questi corpi celesti, e se è davvero possibile un loro sfruttamento minerario. E infine ci sarà Giove, nel 2017. Ma la carriera scientifica di chi progetta strumenti per missioni spaziali lontane è fatta così: spesso si vive abbastanza per assistere al lancio, ma poi ci vogliono tantissimi anni per arrivare a destinazione, e allora, chissà? Forse, ormai Angioletta ne sa più di noi, e ride pensando alle domande stupide che ci poniamo…

 

2015

454. Ora sappiamo molte cose sull’origine della Terra e della Luna, per merito di un’astrofisica italiana che ha lavorato in Israele

• Grazie ad Alessandra Mastrobuono Battisti di Latina, abbiamo appreso molte “antichissime novità”: ecco intanto la carta d’identità della Luna. E’ nata quattro miliardi e mezzo d’anni fa. Luogo: il nostro sistema solare. Chi l’ha generata? Dal nero più profondo appare Theia, un pianeta grande quanto Marte. Compattissimo, viaggia a una velocità inimmaginabile. Fino a colpire un ammasso di magma che ancora vaga indefinito, la Terra. Gli scienziati lo chiamano il Grande Impatto: un’esplosione celeste, tanto materialo che vola nello spazio e crea un nuovo mondo, la Luna. Non è un film di Stanley Kubrick: è la teoria più accreditata su come si sia formato il satellite venerato dagli antichi, cantato dai poeti, vagheggiato dagli amanti. Una tesi, dagli anni 70, che quasi nessuno ha mai messo in discussione. Salvo mantenere una domanda sospesa, un enigma che in questi decenni nemmeno la faccenda del Grande Impatto è mai riuscita a risolvere: perché la Terra e la Luna sono quasi gemelle, fatte della stessa sostanza? E come mai la composizione chimica di tutt’e due, nate dal tamponamento d’un terzo pianeta, è così unica da non avere uguali in tutto l’universo?

 Anno 2015. Luogo: Israel Institute of Technology di Haifa, la fabbrica dei Nobel che nel mondo tutti conoscono come TECHNION. Dalla penombra d’una stanzetta, la 616, un’astrofisica trentenne di Latina, Alessandra Mastrobuono-Battisti, col suo capo israeliano e un collega francese pubblica su “Nature” una scoperta che fa subito big bang, è ripresa da altre riviste scientifiche, rimbalza su tv e giornali. Una tesi semplicissima, basata sulle rocce raccolte dalla missione Apollo 11; supportata da decine di simulazioni, mesi di comparazioni di quaranta sistemi planetari e d’un migliaio di corpi celesti: Theia, pianeta che non esiste più, polverizzato in meteoriti e immaginato solo dai calcoli sulle orbite lunari, era in realtà il «sosia» della Terra. Il partner con cui venne generata la Luna. Il suo impatto fu così devastante da modificare il nostro pianeta e riprodurne, identico, il satellite che vediamo in cielo. Una gigantesca fusione che fece evaporare gli elementi volatili, come lo zinco, lasciandone sulla crosta lunare altri molto simili a quelli della crosta terrestre, dall’ossigeno al tungsteno. «Abbiamo elaborato dati che non erano mai stati usati per Theia e la Terra - racconta la ricercatrice italiana - e studiando le collisioni in altri sistemi solari, abbiamo scoperto una regola quasi costante: i pianeti che vanno a scontrarsi, in genere, hanno una composizione simile ai pianeti impattati. E questo non solo conferma la teoria del Grande Impatto, ma spiega perché la Terra e la Luna siano così diverse dal resto del sistema solare».

  La Luna non è di miele, dunque, come la sognano gli sposini. Né «come un acciar che non ha macchia alcuna» (Ariosto). E’ fatta di Terra. E adesso, grazie al solito cervello italiano fuggito all’estero, forse ne sappiamo anche il motivo. «Io ho sempre lavorato sulla nostra galassia, è la cosa che più m’appassiona, perché il sistema solare è il luogo in cui viviamo. Un giorno dell’estate scorsa ho letto un articolo di Science sul contenuto d’ossigeno nelle rocce terrestri e lunari. Composizioni simili, allora mi sono fatta delle domande. E in sei mesi di ricerca, mi sono data le risposte».

  Laureata alla Sapienza, tre anni di dottorato a Roma a mille euro al mese e senza molte prospettive, Alessandra non chiedeva la luna: «Sono arrivata in Israele nel 2012. Avevo mandato i miei lavori a un po’ di università. Il Technion m’ha contattato. Non m’hanno fatto nemmeno un colloquio: sei mesi dopo ero già a Haifa, col capo che m’aiutava a cercare casa». Qui è un altro pianeta, in ogni senso: «Posso fare ricerca, mi pagano tutto, m’hanno mandato ad aggiornarmi in Cina e in Spagna...». Al Technion si fa anche ricerca militare - «ma io sono straniera e da queste cose sono esentata» - e il confine col Libano non è tanto lontano: «Nei giorni della guerra di Gaza, un po’ di paura l’ho avuta. Ma i miei colleghi m’hanno insegnato a conviverci. E poi - ride - meglio rischiare i razzi degli Hezbollah, che aspettare chissà quando un incarico nelle nostre università. Fossi ancora in Italia, starei a fare la calza».

 

2015

455. I ciechi possono recuperare parte della vista con un “occhio bionico” e l’intervento viene fatto in provincia di Padova

•  Luca Zaia, governatore della Regione veneta, dopo aver constatato che alcuni ciechi (non nati ciechi, però) ora sono in grado di vedere, sia pure in parte, dichiara: “Raramente mi è capitato di essere così contento di aver stanziato dei soldi con una delibera. Qui siamo davvero nel terzo millennio, eppure non siamo a Houston, New York o Londra, e così via. Siamo nel Veneto.” Con l’impianto Argus II quei  pazienti completamente “al buio” ora hanno la possibilità di recepire una visione, sia pure rudimentale, grazie a una stimolazione elettrica che i loro fotoricettori non sono più in grado di fornire.

 Argus II è una protesi che ha un ricevitore, dei componenti elettronici e una matrice di elettrodi che vengono posizionati chirurgicamente all’interno e attorno all’occhio. I componenti esterni comprendono un paio di occhiali, un’unità di elaborazione video (VPU) e un cavo. Gli occhiali sono dotati di una telecamera miniaturizzata per ricevere le immagini e da un’antenna che invia i dati e i comandi di stimolazione all’impianto. Argus II funziona convertendo le immagini video in stimolazioni elettriche, che attivano le cellule sulla retina, le quali, attraverso il nervo ottico, trasmettono il segnale al cervello che lo percepisce come “luce”.

 

2015

456. Ecco una tabella che riassume i rapidi “passi” del computer.

 Le origini di Internet, come avevamo detto, risalgono agli anni ’60, in piena Guerra Fredda. Il Ministero della Difesa americano,  in continuo allarme per la minaccia sovietica, incarica l’ARPA (Advanced Research Projects Agency) di studiare un sistema di rete, in grado di assicurare e proteggere il collegamento via computer tra le varie basi militari in caso di guerra nucleare. Gli studiosi partono dalla convinzione che l’unico modo per salvare la continuità nella comunicazione sia quello di evitare un nodo centrale la cui distruzione comprometterebbe il funzionamento dell’intera rete. Ecco dunque  una rete decentralizzata, chiamata ARPANET, studiata in maniera che ogni nodo possa continuare a elaborare e trasmettere dati qualora i nodi vicini fossero stati danneggiati.

  •  Nel 1971, nasce la posta elettronica, quando Ray Tomlinson installò su ARPANET un sistema in grado di scambiare messaggi fra le varie università, ma chi ne ha realmente definito il funzionamento fu l’informatico americano Jon Postel. La prima e-mail, invece, è di Raymond Samuel: "Ray" Tomlinson (Amsterdam, nato il 2 ottobre 1941). E’ un programmatore statunitense, oramai famoso e pluripremiato proprio come inventore delle e-mail. Nel 1971, impegnato nello sviluppo di ARPANET, utilizzò questo sistema di invio di posta elettronica tra le diverse Università collegate attraverso la rete. Il primo messaggio che mandò, e quindi la prima e-mail della storia, non fu "QWERTYUIOP" come scrissero, però qualcosa di simile. Ray Tomlinson scelse il simbolo @ per identificare quale utente fosse e “a” quale computer dovesse arrivare.

•  ll crescente utilizzo porta, nel 1983, alla creazione di due reti. La prima, esclusivamente militare, prende il nome di Milnet. La seconda diventa Internet, dal nome del protocollo principale, e viene regalata dall’ARPA alle varie Università. Così inizia a diffondersi nelle altre sedi americane ed europee, oltre che nei vari Centri di Ricerca che ne faranno subito uso.

• Nel 1991 Il CERN (Centro Europeo di Ricerca Nucleare) annuncia la nascita del World Wide Web.

• Nel 1994 si autorizzano le società commerciali a connettersi alla rete e renderla fruibile a chiunque.

• Nel 1996 sono connessi 10 milioni di computer

• Nel 1999 viene pubblicato Napster, il vasto programma per la musica, e gli utenti sono 200 milioni

• Nel 2015, ossia oggi, sono più di 6 miliardi.

 

2015

457. Si profila un anno intensissimo, ora si inventa tutto, anche il collare anti ictus, e presto diventerà una bella collana che si porterà perfino ai party.

Il medico Enrico Giuliani e la manager Mary Franzeseora al primo posto tra quelli che hanno le migliori iniziative nel mondo – mettono a punto il gioiello della NeuronGuard: un collare refrigerante anti ictus e, sembra, capace di proteggere anche dall’arresto cardiaco e dal trauma cranico. L’invenzione è stata fatta a Modena. Il collare, qualora se ne impadroniscano i gioiellieri, diventerà un oggetto di lusso, da indossare anche ai party.

 

3 Giugno 2015

458. Riparte il grande collisore (LHC) con forza doppia, ma con tutta la fatica che fa, diciamolo pure, non si va molto avanti: conosciamo solo il 4% di quel che è intorno 

 • Evviva, la giostra è ripartita: al CERN è rientrato in funzione proprio oggi il grande acceleratore LHC, a energia raddoppiata rispetto a prima, e tutti i fisici attendono che nei prossimi mesi e anni si scopra un Nuovo Mondo, anche se nessuno sa quale. Ma intanto lui corre, corre e chissà come si divertono gli atomi!

 

 

2015

459. Nel deserto giordano quando verrà la notte di Natale ci sarà già la luce di “Sesame”, più intensa della stella che guidò i Re Magi

• Il fantastico progetto di “luce” ha un direttore italiano, il fisico Giorgio Paolucci e sarà realizzato ad Allen, a nord di Amman, quasi ai confini con la Siria. Si può dire che la grande lampada sia un po’ magica perché è l’unico luogo nel Medio Oriente dove lavorano insieme israeliani, palestinesi e iraniani, accanto a persone che vengono da paesi “nemici” come Bahrain, Cipro, Egitto, Giordania, Pakistan e Turchia. E’ l’esperimento “fisica per la pace” e chissà che il suo nome, Sesame (iniziali di “Syncrotron-light for Experimental Science and Application in the Middle East”), non sia infine un apriti-sesamo perché la pace entri davvero in quella terra tormentata.

•  Come ci spiega il fisico Pietro Greco, la sorgente di luce è proprio un sincrotrone, dove gli elettroni vengono fatti girare a gran velocità in una ciambella che ha una circonferenza di 133 metri. Potenti campi magnetici li costringono a correre e mentre curvano emettono onde elettromagnetiche di diversa energia, compresi i raggi X, gli ultravioletti e quella luce scintillante.

•  Non è un esperimento, né un gioco sportivo. Una sorgente di “luce di sincrotrone” di terza generazione può avere funzioni d’avanguardia in Medio Oriente e catalizzare processi d’innovazione tecnologica che possono essere utilissimi in svariati campi, dalla medicina alla chimica dei materiali dalla biologia allo studio dei beni culturali, e conta molto il fatto di lavorare insieme. Diventando un legame, è un modo per conoscersi e capirsi.

• L’idea si era formata - più di vent’anni fa a Trieste - nella mente di Abdus Salam, l’unico scienziato islamico che aveva preso il Nobel per la fisica. Era il fondatore del Centro internazionale di fisica teorica che doveva – nel suo intento – formare al più alto livello i giovani dei Paesi in via di sviluppo. Sempre con quella speranza aveva promosso l’Area Science Park, che ospita la macchina triestina generatrice di “luce di sincrotrone”. Pietro Greco – che poi ha diretto per una decina d’anni il Master in Comunicazione della Scienza della Scuola Internazionale  Superiore di  Studi Avanzati – l’ha conosciuto bene. Purtroppo Abdus Salam è oramai uscito da questa vita, ma chissà che non lavori al grande progetto di pace da un luogo migliore. 

 

 

 

 

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Conclusioni

La stesura di questo libro si arresta all’inizio del 2015. E poi cosa succederà? Bene: tante cose. In questi giorni, il Grande Leviatano (l’acceleratore LHC) si è svegliato dal suo sonno biennale e sta cominciando a lavorare a energia doppia di prima. Chissà se troverà qualcosa di nuovo o se, come dicono alcuni fisici, si limiterà a confermare il Modello Standard perché “Il Modello Standard è tutto ciò che ci meritiamo” e dovranno passare generazioni prima di fare un sostanziale passo in avanti nella Fisica di base. Ma forse ci aiuteranno i telescopi a microonde, estesi su un fronte di decine di km, e che cominciano anch’essi a lavorare proprio ora, e i telescopi ottici e infrarossi con camere CCD giganti, dedicati a costruire una immagine tridimensionale molto accurata dell’intero Universo. In tal modo si dovrebbe “vedere” il “botto” del Big Bang, e capire se questa benedetta Inflazione c’è stata sul serio.

  Però è opinione generale che le grandi novità scientifiche dei prossimi decenni si avranno piuttosto nel campo della medicina, specie nello studio del funzionamento del DNA. Già oggi si legge quotidianamente nelle riviste specializzate che il morbo di Alzheimer è stato sconfitto, e così pure quello di Parkinson, assieme alla depressione e a un sacco di altre malattie gravissime… nei topi! Certo: fa piacere sapere che d’ora innanzi avremo ratti di fogna sanissimi e longevi fino a due volte il loro normale ciclo vitale; forse saremmo più contenti se lo stesso avvenisse per gli umani! Ma si tratta solo di avere pazienza: i successi ottenuti negli animali di laboratorio non sono immediatamente trasferibili all’uomo, ma avendo capito i meccanismi agenti nei topi, sarà più facile comprendere anche quelli di nostra pertinenza.

 Coraggio, dunque: è assai probabile che i quarantenni di oggi arrivino in ottime condizioni ai novant’anni, e i bambini potrebbero, forse, giungere sani fin oltre i cento; chi si sbilancia dice addirittura centoventi… Loro sì che potrebbero emigrare su Marte, sfruttando le tecnologie che si stanno mettendo a punto proprio in questi anni per un primo viaggio con equipaggio umano fino al Pianeta rosso attorno al 2030 – 2040. E cosa volete di più? Le stelle? Beh, qualche studio serio si sta cominciando… no: non vogliamo dire di più. Solo, quando saremo nel 2050 o giù di lì, vi suggeriamo caldamente di acquistare l’aggiornamento previsto dall’autrice per questo libro!

 

Italo Mazzitelli

Già Dirigente di Ricerca presso l’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica

Via Luigi Zambarelli 22, 00044 Frascati (RM) - Italy

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