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 2020  luglio 05 Domenica calendario

Il declino americano non è irreversibile

Leggo frequentemente che l’insistenza con cui si parla del declino americano sarebbe una grossolana esagerazione. Il Paese sta attraversando momenti difficili, ma ha risorse economiche e morali che gli permetteranno di ritrovare il prestigio scomparso. È accaduto in passato e accadrà nuovamente nei prossimi anni, se non addirittura nei prossimi mesi dopo le elezioni presidenziali di novembre. Credo che le circostanze siano oggi alquanto diverse e che il confronto con analoghe vicende del passato non sia possibile. Per molti anni, dall’epoca di Kissinger, gli Stati Uniti hanno tenuto d’occhio l’Europa per evitare che diventasse un fastidioso concorrente. Non volevano una federazione europea e sino al giorno in cui la Gran Bretagna fece parte dell’Ue sapevano che Londra, se Bruxelles si fosse lasciata sedurre da aspirazioni troppo unitarie, si sarebbe servita del diritto di veto. Oggi il Regno Unito non è più membro della Ue, e per di più sta attraversando una imbarazzante crisi di identità con un Primo Ministro sovranista che non gode a Bruxelles dell’autorità e del prestigio di cui godevano i suoi predecessori. Esistono anche altri Paesi (gli ex satelliti dell’Unione sovietica) che sembrano preferire Washington a Bruxelles, ma non credo che potrebbero spingersi sino a mettere in discussione la loro appartenenza alla Ue sino a perdere i molti vantaggi che ne hanno tratto.
Molto più grave invece è la presenza alla Casa Bianca di un presidente che sembra deciso a disfare molto di ciò che i suoi predecessori hanno realizzato negli ultimi decenni. Ha affrontato male il problema della pandemia e ha molte altre colpe, ma la più pericolosa è quella di avere legittimato con le sue dichiarazioni e la sua politica i sentimenti e i desideri di quella parte della società americana che ha accettato di malavoglia tutte le riforme liberalsocialiste degli scorsi anni, da quella di Lyndon Johnson, che dette agli afro-americani il diritto di voto, a quella di Barack Obama che è riuscito a realizzare almeno una parte della sua ambiziosa riforma sanitaria.
Donald Trump potrebbe perdere la sua prossima battaglia elettorale e lasciare la Casa Bianca a Joe Biden, democratico e vice presidente durante la presidenza di Barack Obama. Ma le prossime elezioni riveleranno comunque l’esistenza di un’America che sogna di fare tutto da sé senza amici e alleati, che approva il modo in cui il Paese ha gestito una pericolosa pandemia, che considera anti-americane tutte le leggi umanitarie approvate negli anni precedenti, che detesta gli immigrati e considera gli afroamericani un sottoproletariato senza diritti civili. Non sappiamo con precisione quanti siano, ma sono troppi perché il fenomeno sia di breve durata. Appartengono a un’America che soffre di isolazionismo, una malattia ricorrente che toccò la sua vetta quando il Senato americano, dopo la Grande guerra, rifiutò di fare parte della Società delle Nazioni.