la Repubblica, 5 luglio 2020
Il mondo digitale in cerca di diritti
Possono esserci pochi dubbi sul fatto che il Covid 19 ha spinto i cittadini dei Paesi industriali ad un maggior uso di Internet, rivoluzionandone i comportamenti online, e tale fenomeno rende urgente aumentare i servizi digitali e proteggere i diritti digitali. Soprattutto per chi è più in ritardo su questo fronte, come l’Italia.
Un’indagine recente del “Pew Research Center” di Washington attesta che nei 34 Paesi più industrializzati Internet è stato adoperato durante Covid 19 da una media del 77 per cento degli abitanti a causa della necessità di non poter uscire di casa. Negli Stati Uniti ben il 53 per cento dei cittadini afferma che Internet è stato “essenziale per affrontare la pandemia” e nell’Ue la situazione è simile, fino al punto che il commissario al Mercato Interno, Thierry Breton, ha dovuto ammettere: «L’infrastruttura Internet dell’Unione europea si è trovata sotto forte stress a causa dell’alto uso della banda larga per effetto della quarantena anti-virus».
Di conseguenza YouTube e Netflix hanno dovuto ridurre la qualità dello streaming in Europa per far fronte a un livello di “domanda senza precedenti” che minacciava di far collassare la rete. Il New York Times è andato oltre questi numeri, analizzando “come” Internet è stato adoperato durante Covid 19 e ne esce una fotografia quasi in tempo reale del cambiamento delle nostre abitudini: i cellulari dominano sempre ma c’è un ritorno dei computer perché si passa più tempo alla scrivania; il boom dell’uso di video per incontrarsi lascia intendere che cresce la necessità non solo di parlarsi ma di vedersi; la scuola e il lavoro online sono i fenomeni più diffusi in assoluto; la necessità di informarsi sul virus ha aumentato il traffico degli utenti verso quotidiani di qualità e stampa locale a scapito dei siti politicamente orientati che hanno registrato un calo di interesse; i videogame hanno spesso sostituito i programmi sportivi come forma di intrattenimento. Ovvero, ci troviamo nel bel mezzo di una ridefinizione del rapporto fra cittadini e web perché sono molti di più ad usarlo e in maniera assai diversa da quanto avveniva appena quattro mesi fa. Il paradosso è che tutto ciò succede in una cornice che vede ancora gli utenti del web privi di tutela, esposti ad ogni tipo di attacchi e violazioni: dal cyberbullismo alle fake news, dai blitz degli hacker alle “infiltrazioni maligne” da parte di entità ostili, dal furto di proprietà intellettuali fino a molestie di ogni genere.
E questo si verifica perché manca ancora un corpo di norme capaci di declinare lo Stato di Diritto nel XXI secolo, trovando le modalità giuridiche per adattare il rispetto dei diritti fondamentali di ogni nazione – come ad esempio la Costituzione per il nostro Paese – al mondo digitale.
Ad aver individuato tale urgenza fu, due anni fa, la cancelliera tedesca Angela Merkel che, parlando al Forum di Davos, spiegò come «può essere l’Europa a individuare una propria via al web, basata sulla tutela delle libertà fondamentali dei singoli, rispetto al modello Usa dove prevalgono le grandi compagnie private della Silicon Valley, e al modello cinese dove tutto è saldamente nelle mani del governo centrale».
Proprio Merkel ha fatto coincidere l’inizio del semestre tedesco di presidenza dell’Ue con l’esposizione di un programma che ha nella “digitalizzazione” una priorità, a cominciare dalla realizzazione del Recovery Fund che si propone di finanziare progetti in questa direzione. Da qui all’Italia il passo è breve perché nell’Indice Ue su economia e società digitali (Desi), che misura i progressi dei Paesi dell’Unione sulla base di 34 indicatori, siamo quartultimi. Dietro di noi ci sono solo Romania, Grecia e Bulgaria. Ad indebolirci è il 26° posto sul capitale umano, il 23° posto sull’integrazione digitale del sistema economico e il 18° sulla digitalizzazione dei servizi pubblici. È la fotografia di un ritardo che può essere recuperato se il governo Conte sceglierà di cogliere l’occasione del Recovery Fund e del semestre tedesco per andare incontro alla necessità di più servizi e diritti digitali per i cittadini.