La Lettura, 4 luglio 2020
La farfallina che beffa la pianta carnivora
Foglie e germogli di molte piante sono pieni di sostanze tossiche che risparmiano loro i morsi di bruchi e cavallette, antilopi ed elefanti. Per ciascuna sostanza velenosa, tuttavia, è probabile che ci sia un animale capace di aggirare il problema, per cui la pianta proibita finisce per diventare la sua specialità alimentare.
La storia si ripete quando dalle armi di difesa (per la pianta) si passa a quelle di offesa. Tali sono ad esempio le foglie delle dionee, le piante carnivore di maggiore successo (250 specie). Queste foglie sono ricoperte di lunghi peli, dall’estremità dei quali trasuda un liquido appiccicoso su cui un insetto rimane invischiato fin dal primo contatto e non riesce più a districarsi, perché altri peli della foglia si ripiegano sull’animaletto malcapitato. Il liquido secreto dalla pianta contiene enzimi digestivi che dissolvono i tessuti dell’insetto, trasformandoli in un brodo denso che la pianta finisce per assorbire.
La dionea vive su terreni poveri di azoto: per procurarselo, utilizza le proteine dell’insetto. La storia finisce in modo diverso quando su una foglia di dionea arriva un bruco di Buckleria, una farfallina dalle ali frangiate. Come faccia questo bruco a evitare le insidie della pianta carnivora, lo sappiamo grazie ai recenti studi di Haruka Osaki e Kazuki Tagawa. Il minuscolo bruco si allunga verso un pelo ghiandolare e lecca il materiale appiccicoso che trasuda dalla punta, poi passa al pelo più vicino e fa altrettanto. Così si libera la strada per potersi muovere senza rischio sulla foglia, che finirà per mangiare: il secreto zuccherino dei peli della pianta carnivora, annientati nel loro potenziale offensivo, si trasforma così in un dolce aperitivo.