ItaliaOggi, 4 luglio 2020
Periscopio
I magistrati fanno parte dell’ordine giudiziario, che è uno dei poteri dello Stato. Perché allora occupano il Ministero della Giustizia, che è parte di un diverso potere dello Stato, quello esecutivo? Sabino Cassese, ex componente della Corte costituzionale. il Riformista.
Si sono atrofizzati gli affetti, ogni bacio era bacio della morte, ogni abbraccio un atto ostile, ogni mano protesa una minaccia. In questo frangente, il cane si è confermato il miglior amico dell’uomo, perché liberandosi dai suoi bisogni, liberava noi dal domicilio coatto. Nei sondaggi i cani sono schizzati alle stelle, i gatti invece sono precipitati. Uno è stato multato a Milano perché andava in giro solo col guinzaglio, dicendo che il cane gli era scappato. Marcello Veneziani. Panorama.
Mi ricordo di silenzi lunghissimi di Vittorio Gassman. Anche un pomeriggio intero a dire dieci parole. Magari leggeva. Amava giocare alla Settimana enigmistica. Diceva: «La vita è una sciarada, quando ne risolvo una mi sembra di risolvere una parte della mia vita». Ma era anche una lotta con la memoria, che lui aveva prodigiosa. Giulio Base, regista, allievo e amico di Vittorio Gassman (Stefano Baldolini). Huffington Post.
Il rapporto del M5s con i giornalisti è profondamente cambiato. Gianroberto Casaleggio teorizzava che se ne potesse fare a meno. Vito Crimi, ossequioso, esplicitò: «Mi stanno sul cazzo!». Beppe Grillo lanciò una vera fatwa contro i talk show. «Chi vi partecipa sarà scomunicato». Era per dire. Ormai infatti, ogni volta che cambi canale, trovi un grillino. Alcuni passaggi restano memorabili. Tipo quello dell’ex ministro per il Sud, Barbara Lezzi, che andò da David Parenzo su La7 a spiegare «come il Pil dell’Italia sia cresciuto grazie ai condizionatori d’aria». Fabrizio Roncone. Corsera.
Nonostante i miei sforzi sono amatissimo e stimatissimo. Ma è una bella libertà non avere l’obbligo di piacere né di piacermi. Sono senz’altro inviso alle «belle persone». Meno male. Non ho problemi con l’odio. Sono misantropo, misogino e omofobo. Molto sospettoso su tutti i generi umani, anche quelli futuri; perché l’idiozia è democratica e trasversale. Antonio Ricci, inventore di Striscia la notizia (Aldo Cazzullo). Corsera.
Daverio scrive sul curiale Avvenire. Baciapile? No, ho grandissima simpatia per il mondo della Chiesa, ma sono poco beghino. Però è negli ordini che ho incontrato i maggiori intellettuali. Non solo negli ordini ecclesiali, nelle organizzazioni in genere: dal Ministero dei Beni culturali ai Carabinieri. Non conosco invece intellettuali isolati di cui valga il ricordo. Philippe Daverio, storico dell’arte. (Giancarlo Perna). Libero.
Non sono più comunista da tempo. È terribile quello che abbiamo combinato dove il comunismo ha vinto. Oggi? Mi definisco un anarchico riformista. Perché senza riformismo, l’anarchia è solo una bandiera che sventoli per te stesso. Senza l’anarchia, invece, il riformismo diventa una pratica del compromesso per il compromesso, l’anticamera della corruzione. Sergio Staino, vignettista, autore di Bobo. (Nicola Mirenzi). Huffington Post.
La Rai si è trasformata nella grotta di Polifemo. E Polifemo ha fame. E la fame è figlia di una qualche scadenza elettorale, dove chi vince prende il banco e, se non l’aiuti a vincere, non sei neutrale, com’è tuo dovere, ma diventi all’istante un nemico. Carlo Verdelli, Roma non perdona. Feltrinelli, 2019.
C’è chi ha addirittura definito Pio XII «il Papa di Hitler». Mi sembra una sciocchezza. Lo posso ben dire io, anche se sono accusato di non essere mai stato tenero con il Vaticano. Alberto Ronchey, Il fattore R, conversazione con Pierluigi Battista. Rizzoli, 2004.
Resta immutato il bisogno di giustizia, allora come oggi. Nei Salmi, come nei Vangeli, la povertà è un tema enorme. Nei Salmi c’è scritto: «Solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero». È un’indicazione che in questo nostro tempo acquista un valore profetico imprescindibile. Monsignor Vincenzo Paglia, comunità di Sant’Egidio (Antonio Gnoli). la Repubblica.
I moralisti sognano, o fingono di sognare, un mondo migliore, dove si troverebbero malissimo perché si trovano bene solo in quello dove vivono. Un mondo di agi e di privilegi, di chicchere e di piattini. I moralisti sono dei gran tartufi, dei marpioni di sette cotte, che piangono il morto per meglio fottere il vivo. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.
L’offesa peggiore per un cane è l’abbandono. Arriva un tizio: «Vorrei regalare un labrador alla mia fidanzata per il compleanno». Lo caccio via. Non è un peluche. È un essere vivente. Franco Barberi, allevatore di cani labrador (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Sono calabrese di nascita (Cosenza, 1942), ma nella mia amatissima regione ho vissuto pochissimi anni. Perché sono stato adottato da Genova, la mia seconda patria, e turbato da sempre da un curioso destino: al Nord sono considerato un terrone, al Sud un polentone. Quanto a me, amo Cosenza quanto Genova e i liguri come i calabresi. Cesare Lanza. Alle 5 della sera.
La copertura a cupola della Scala, orgoglio della città, non esisteva più, era sprofondata, scomparsa. Della cinquecentesca mole di Palazzo Marino, sede del Comune, che fronteggia la Scala, rimanevano soltanto le mura annerite: tutto l’interno era franato, divorato dal fuoco. Anche la Galleria Vittorio Emanuele era totalmente ostruita dalle sue grandi volte in ferro e vetro, cadute o pencolanti fino al pavimento. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Ares, 1983 (33esima edizione).
Francisco Gonzáles Ledesma inventò il malinconico commissario Ricardo Méndez che divenne l’investigatore più famoso di Spagna dopo il Pepe Carvalho di Montalbán. Al quale non assomiglia neanche un po’: non è colto, nemmeno di sinistra (si è forgiato sotto il franchismo), tutt’altro che un gourmet (si sfama in mefitici baretti) e per niente piacione, anzi ha una libido svogliata: la appaga in sciatti amplessi con prostitute misericordiose. Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.
Il dopocena ad Amalfi, poco prima della guerra, era il momento delle «storie». Chiedevamo a nostro padre di raccontarci qualche cosa, meglio ancora se qualche cosa di già noto che, come tutti i bambini, godevamo a sentire una seconda, una terza, una decima volta. Eravamo incantati da certi racconti familiari che a noi parevano remoti e affascinanti come le storie degli antichi romani che noi sentivamo a scuola. Gaetano Afeltra, Desiderare la donna d’altri. Bompiani, 1985.
I politici che sanno quel che dicono farebbero meglio a tacere. Roberto Gervaso. Il Giornale.