il Fatto Quotidiano, 3 luglio 2020
Biografia di Amedeo Franco
Il giudice di Cassazione Amedeo Franco, deceduto il 9 maggio 2019, è l’uomo del momento. È stato uno dei componenti del collegio della Cassazione che il 1° agosto 2013 sottoscrisse con il presidente Antonio Esposito e altri tre magistrati la conferma della condanna per frode fiscale a carico di Silvio Berlusconi.
Dopo quella sentenza, Franco sentì il bisogno di recarsi presso il condannato Berlusconi per confidargli (opportunamente registrato probabilmente a sua insaputa) di non aver condiviso quella sentenza di condanna, da lui firmata eppure definita frutto di un “plotone d’esecuzione”.
In Cassazione dagli anni 90, Amedeo Franco però è anche lo stesso giudice che il 20 maggio 2014 fu relatore ed estensore – anche stavolta – di una sentenza che pare scritta apposta per smentire la sua firma dell’anno precedente. In quella sentenza si stabilì che, in caso di dimissioni dalla carica di amministratore delegato prima della compilazione della dichiarazione dei redditi, un soggetto non possa essere perseguito se privo di cariche societarie al momento dei fatti. Guarda caso, proprio come Berlusconi.
La “sentenza Franco” del 2014 è tra gli allegati all’integrazione del ricorso alla Cedu di Strasburgo che punta a dimostrare la persecuzione politico-giudiziaria contro Berlusconi. Non importa se all’epoca la Cassazione fu costretta ad emettere un comunicato, a seguito delle strumentalizzazioni del mondo berlusconiano, per precisare come la vicenda dell’ex premier e quella dell’anno successivo fossero totalmente diverse.
E proprio perché in quel verdetto del 2104 Franco criticò la sentenza Berlusconi, che lui stesso aveva scritto, il presidente Esposito presentò al Csm un esposto contro il giudice di cui non c’è stato riscontro. E a Strasburgo è stata depositata anche l’ormai celebre registrazione Franco-Berlusconi di palazzo Grazioli. Sorge a questo punto una domanda sulla tempistica: per caso, il colloquio registrato di nascosto e per ora genericamente collocato al 2014, risale proprio a quei giorni in cui il magistrato, secondo i giornali filoazzurri, avrebbe ristabilito i principi giurisprudenziali che avrebbero imposto l’assoluzione del Cavaliere? Purtroppo, Franco è morto il 9 maggio 2019 e non può rispondere.
Pochi mesi dopo la condanna per Mediaset, Berlusconi, però, incassò dalla Cassazione, terza sezione penale, con nel collegio sempre Franco, la conferma di un proscioglimento per il filone romano Mediatrade, diritti tv. Sta di fatto che nel 2015, poco prima della pensione, Franco è diventato presidente della Terza sezione penale della Suprema Corte, competente per i reati finanziari.
Con l’addio alla toga, però, sono arrivati i guai giudiziari. Nel marzo 2017 l’ormai ex giudice è stato indagato a Roma per corruzione nell’ambito di un’inchiesta su una storia di funzionari di Asl e imprenditori accusati a vario titolo di corruzione, turbativa d’asta e traffico di influenze. Tra i 19 indagati anche il re delle cliniche e deputato di Fi Antonio Angelucci, accusato di traffico di influenze. Angelucci avrebbe chiesto a un funzionario della Asl 1 di Roma, Maurizio Ferraresi, di avvicinare qualcuno in Cassazione dove pendeva un provvedimento di sequestro per una sua azienda. Ferraresi si sarebbe rivolto a Franco, appena andato in pensione.
L’ex magistrato accetta e in cambio, sempre secondo l’accusa, invece della classica mazzetta avrebbe chiesto a Ferraresi un certificato falso per un intervento al seno di una sua amica brasiliana, così da avere il rimborso dall’assicurazione per mastectomia “necessaria” e non estetica, altrimenti “l’assicurazione, scrive il gip, avrebbe di certo rifiutato la liquidazione delle somme”. Angelucci viene archiviato, Ferraresi è imputato in udienza preliminare, ma senza Franco. Non si può processare un defunto. Né tantomeno fargli qualche domanda.