Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  luglio 03 Venerdì calendario

La pensione da senatore di Gasparri

Maurizio Gasparri è in pensione. Non dal Parlamento, dove oggi sta completando la sua ottava legislatura da presidente della Giunta per le elezioni del Senato in quota Forza Italia, ma dal giornalismo. Già, perché Maurizio Gasparri ha appena concluso il suo rapporto di lavoro con il Secolo d’Italia, storico giornale di destra diventato organo di partito del Movimento Sociale Italiano e di Alleanza Nazionale, prima della nascita del Pdl e della sua seconda vita online, edito dalla Fondazione An.
Qui Gasparri era arrivato nel 1983 da praticante e qui si è consegnato alla pensione, adesso che di anni ne ha quasi 64. Piccolo dettaglio: ricoprendo ininterrottamente la carica di parlamentare dal 1992, il senatore forzista era in aspettativa da quella data, ovvero ventotto anni, avendo perciò continuato a versare i contributi all’Inpgi, la cassa previdenziale dei giornalisti, attraverso il proprio stipendio da onorevole. Nove anni di lavoro e 28 di aspettativa valgon bene la pensione, che adesso potrebbe essere ridotta perché Gasparri percepisce altro reddito ma che comunque è fieno in cascina per il futuro, tenendo conto che l’ex ministro nel frattempo continuerà a maturare la pensione da parlamentare. Tutte circostanze che il senatore minimizza: “A una certa età e con una certa anzianità si va in pensione, non è una notizia. Tutto è accaduto in base alle norme e alle regole, non c’è nulla di strano”. Per capire come, allora, serve un passo indietro.
Gasparri è giornalista professionista dal 1985 e come tale è iscritto all’Ordine dei giornalisti del Lazio, ma già dal 1983, all’epoca ventisettenne e già vice di Gianfranco Fini nel Fronte della Gioventù, entra al Secolo d’Italia come praticante.
Le cose vanno bene, tanto che nel 1991 Gasparri diventa condirettore del giornale, anche se dopo appena un anno decide di candidarsi al Senato con il Msi riuscendo a essere eletto. A quel punto si mette in aspettativa, ma fino al 1994 continua a dirigere il Secolo: “Non prendevo una lira e anzi – rivendica oggi – ho mantenuto la carica di caposervizio pur facendo il lavoro del direttore, come testimoniava la gerenza. Questo per non gravare sui conti del giornale.”
Il tempo passa, il Secolo cambia, i direttori pure ma Gasparri resta sempre in Parlamento e talvolta al governo (con Silvio Berlusconi è stato ministro e sottosegretario), col suo contratto in aspettativa sempre nel cassetto. Un destino per la verità che in quegli anni accomuna molti giornalisti/parlamentari passati dal Secolo alla militanza in Alleanza Nazionale e nelle sue derivazioni, e perciò in Parlamento: Silvano Moffa, Mario Landolfi, persino Giorgia Meloni.
Gasparri non partecipa più alla vita di redazione, ma ogni tanto continua a scrivere sul quotidiano, pur sempre un prezioso tramite per mandare messaggi agli alleati o agli oppositori senza doversi scomodare più di tanto. Qualche esempio? “Cento righe per la destra del futuro”, “Tre cose di destra che faremo a gennaio”, e pure un poco profetico “La diaspora sarebbe un fallimento, i nostri valori sono nel Pdl.” Non è andata bene.
Negli ultimi mesi, poi, ecco la novità. Il Secolo ha bisogno di ossigeno, Gasparri ha requisiti sufficienti per il meritato riposo e quindi l’accordo si trova: da giugno il senatore è in pensione grazie ai contributi versati all’Inpgi.
Durante il periodo da parlamentare, infatti, gli iscritti all’Ordine dei giornalisti possono continuare a versare alla loro cassa previdenziale, girando lì i contributi garantiti da Camera o Senato. Faccende tecniche nelle quali Gasparri non si dilunga: “Sono tutte pratiche che ha curato l’amministrazione del giornale, io non ho ancora ricevuto denaro. So soltanto che ho continuato a versare i contributi per tutti questi anni e che c’erano tutte le condizioni per il pensionamento”.
Condizioni agevolate da un fugace ritorno alla scrittura da parte del senatore, proprio prima del commiato: “Ho lavorato per alcuni mesi, scrivendo articoli d’accordo con il direttore Francesco Storace. Ma questo lo continuerò a fare, per esempio pubblico delle interessanti tabelle sull’Inps. Produco informazione insomma”.
E così prima dell’addio Gasparri ha potuto rimpinguare il proprio curriculum giornalistico, che adesso si conclude (a meno di collaborazioni post-pensione) dopo 37 anni – e qualche mese – di cui 28 passati in Parlamento, in ben altre faccende affaccendato.
Tutto sommato, Gasparri ha dunque motivo per ritenersi soddisfatto. Con un po’ di spazio per una nota malinconica, ma pure piena di orgoglio da vecchio missino: “Certo, se avessi chiesto le qualifiche che mi spettavano… Sono stato un fesso, lo so, ma l’ho fatto per puro spirito di militanza”. Quello che adesso lo premia con la pensione.