Corriere della Sera, 3 luglio 2020
Il ritorno digitale di Postalmarket
Tornerà nelle case degli italiani ma in forma digitale (cartaceo solo per i fedelissimi) Postalmarket, il celebre catalogo di vendita per corrispondenza, nato nel 1959 da un’idea dell’imprenditrice milanese Anna Bonomi Bolchini, in voga dagli anni 60 e fino ai primi anni 2000. Dopo aver raggiunto il suo apice, alla fine degli anni Ottanta il modello Postalmarket entra in crisi e poi chiude i battenti con la liquidazione definitiva della Bernardi nel 2015 che l’aveva inglobata.
«Lo si potrebbe definire un parente lontanissimo di Amazon, che già negli anni 80-90 era in grado di gestire resi e aveva una carta “fidelity” Postalmarket» ha detto Francesco D’Avella, ceo e fondatore di Projectmoon gruppo informatico veneto, a capo della piattaforma ecommerce Storeden, che è entrata al 30% nella nuova Postalmarket srl. Il restante 70% è nelle mani di Postalmarket Revolution fondata dal friulano Stefano Bortolussi, che ha investito e sempre creduto nel progetto. «Avevo creato una società ad hoc per gestire Postalmarket e in maniera caparbia comincio a inseguire il marchio che era di proprietà di una banca. Dopo una trattativa acquisisco nel 2018 il marchio e i numerosi domini» ha spiegato Stefano Bortolussi, ad di Postalmarket che è rimasto nel cuore di milioni di italiani soprattutto di età compresa tra 35 e 70 anni, «ex ragazzini degli anni 60 che ora sono ottimi spender sul web» ha aggiunto Bortolussi. L’obiettivo ambizioso basato sulle statistiche del mercato è raggiungere un fatturato tra i 500 milioni e il miliardo di euro in 5 anni. «Usciremo per Natale con un piccolo assaggio di prodotti selezionati e prodotti in Italia, per essere ufficialmente lanciato nel 2021. Vogliamo diventare un punto di riferimento per il made in Italy e per brand emergenti» ha detto D’Avella.
I due soci credono in un portale italiano alternativo che venda prodotti italiani nel Paese ma anche all’estero. «Quando si parla di Postalmarket si parla di sogni, non di prodotti – ha concluso D’Avella—. Avevamo Amazon prima ancora che Amazon nascesse. È tempo di renderci conto che la tecnologia e le vendite on line sono un mercato reale. Ed è giusto che siano gli italiani a gestirlo».