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 2020  luglio 03 Venerdì calendario

A Roma un tampone (quasi) scandinavo

Vivendo in America dove la sanità ha costi folli e spesso funziona male, sono solito invitare, anche nei miei articoli, a non disprezzare la medicina italiana che, tra l’altro, è in testa alle classifiche mondiali. Ma so che da noi puoi trovare strutture pubbliche eccellenti come ospedali e ambulatori da Terzo mondo. Una settimana fa, chiamato dalla Asl Roma 3 per un tampone di controllo dopo una quarantena per rientro dagli Usa, ho fatto un’esperienza nuova: efficienza e caos intrecciati. Mi mandano fuori città, ad Acilia, dove, in un parcheggio vicino a una sede della Asl, la Protezione civile ha montato un tendone per i test Covid drive-in. Arrivo a mezzogiorno: 15 auto davanti a me. C’è un modulo da compilare: il risultato arriverà via mail o sms. Le prime due ore scorrono lisce. Siamo in Scandinavia: tutti rispettano la fila e l’obbligo di non scendere dall’auto. I test procedono un po’ a rilento (8-10 minuti per vettura, a volte ci sono più familiari da controllare) ma sotto la tenda tutti si danno da fare. Poi, però, la fila comincia ad allungarsi (è venerdì pomeriggio). Una vettura esce e si avvicina alla tenda. Sono in cinque: un’intera famiglia di immigrati con tre bambini piccoli. Chiedono se devono restare in fila anche loro. «Vi facciamo subito» assicurano gli infermieri. È giusto e umano. Ma dalle auto cominciano a scendere alcune persone. Non si lamentano, chiedono con garbo se anche per loro è possibile un’eccezione: «Ho bambini anch’io». Di che età? «10 e 12». Signora, aspetti in macchina. «Io ho una persona molto anziana, stiamo da ore sotto il sole». Ora arrivano molti altri. Il personale si spaventa. L’invito a tornare in auto è cortese ma fermo: vietati i tamponi fuori dalla vettura. Nessuno protesta, tutti obbediscono. Quando tocca a me, vedo arrivare una coppia: un uomo e una donna ondeggiante. Mentre si avvicinano capisco il perché: sta per partorire. L’infermiere le corre incontro: «Vi faccio subito ma torni in auto. Dov’è?». Lontana, è la risposta. Lui guarda la donna affaticata sotto il sole delle 3 e la fa sedere in ombra all’ingresso della tenda. È la cosa più umana e giusta, ma chi è in fila non capisce: vede solo la violazione di una norma appena ribadita. Addio Scandinavia: è un rompete le righe. Fatto il test, mentre mi allontano, la tenda è sotto assedio. Si poteva organizzare meglio, certo, ma la gente della tenda ha fatto il possibile. Caos anche se tutti sono stati ragionevoli e civili.