ItaliaOggi, 1 luglio 2020
I segreti della memoria cieca
Realizzare le immagini visive nella nostra mente può sembrare un gioco da ragazzi. Pensare al mare, chiudere gli occhi e vedere le onde che si infrangono sulla battigia, oppure ricordare una festa e avere nelle orecchie la musica di quella serata. Questa capacità, una sorta di caratteristica innata, pare svolgere un ruolo fondamentale nel supportare i processi cognitivi di base, eppure non tutte le persone hanno la possibilità di generare volontariamente immagini visive. Queste persone, si stima siano circa il 2,5% della popolazione, sono soggette all’afantasia, cioè quella condizione in cui la mente si presenta come cieca, senza la capacità di visualizzare immagini.
È una condizione ancora poco esplorata, ma uno studio recente pubblicato sulla rivista Scientific Reports suggerisce che le persone con afantasia abbiano una ridotta capacità di ricordare il passato, di immaginare il futuro e persino di sognare. Infatti, come ha spiegato la ricerca dell’università del Nuovo Galles del Sud, le immagini visive contribuiscono a processi cognitivi essenziali come la memoria episodica, la prospettiva di eventi futuri, la memoria di lavoro e il sogno: in pratica questa capacità ci consente di rivivere il passato e di simulare ipotetici scenari futuri, riuscendo ad interpretare in modo flessibile e adattivo gli eventi che viviamo. Impatta quindi sulla capacità di pianificare e di prendere decisioni.
Cosa significa avere una mente cieca? «Abbiamo scoperto che l’afantasia non è solo associata a immagini visive assenti, ma anche a un modello diffuso di cambiamenti di altri importanti processi cognitivi», ha spiegato Alexei Dawes, dottorando presso la School of Psychology dell’università del Nuovo Galles del Sud, che con i suoi colleghi ha sottoposto 667 persone (di cui 267 soggette a afantasia) a una serie di questionari sulla visualizzazione mentale, la memoria, il sogno e la risposta al trauma. «Le persone con afantasia hanno riportato una ridotta capacità di ricordare il passato, immaginare il futuro e persino sognare. Ciò suggerisce che le immagini visive potrebbero svolgere un ruolo chiave nei processi di memoria».
Gli afantasici non solo sognavano meno spesso, ma i loro sogni erano meno vividi e avevano dettagli sensoriali inferiori. «Ciò suggerisce che qualsiasi funzione cognitiva che coinvolge una componente visiva sensoriale, sia essa volontaria o involontaria, rischia di essere ridotta in caso di afantasia», ha precisato il neuroscienziato cognitivo Joel Pearson, direttore del Future Minds Lab della stessa università australiana.
I ricercatori hanno così iniziato ad esplorare uno stato delle mente umana finora poco studiato, cercando di capire se l’afantasia possa riflettersi su altre esperienze e processi mentali. Per ora hanno visto come questa fenomenologia si rifletta su una riduzione delle altre modalità sensoriali, tra cui quelle uditive, tattili, cinestetiche, gustative, olfattive ed emozionali. Molte altre domande sull’afantasia restano ancora senza risposta, ma questa ricerca ha dato un contributo nel chiarire il ruolo che le immagini visive svolgono nella coscienza e nella cognizione dell’uomo. «Le immagini visive sono uno strumento cognitivo spesso dato per scontato: un presunto precursore della nostra capacità di pensare, apprendere e simulare il mondo che ci circonda», è scritto nelle conclusioni della ricerca, «questo lavoro dimostra che tali strumenti non sono condivisi da tutti e fa luce sulle variazioni importanti, ma spesso invisibili, che esistono nel mondo della mente interiore».