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 2020  luglio 01 Mercoledì calendario

Sos dalla Caritas: 130 mila nuovi poveri

Per loro sono rimaste soltanto le macerie. Sono i poveri più poveri del Covid19, esclusi da ogni sostegno, un esercito italiani e immigrati per cui l’unica speranza è un pranzo alla mensa della Caritas, un pacco di viveri in dono, una fornitura di medicine. Per questo esercito di oltre 400 mila indigenti, tanti ne hanno assistiti le Caritas diocesane di tutta Italia tra marzo e maggio 2020, di cui 130mila che mai si erano affacciati alle mense o nei centri di ascolto, non ci sono stati né bonus né redditi di emergenza, né, tantomeno, cassa integrazione.
Gli esclusi tra gli esclusi, come spiega il dossier “Emergenza Coronavirus”, seconda indagine nazionale della Caritas italiana sugli effetti sociali della pandemia, che sarà presentata oggi. Il dato, forte, è il numero dei “nuovi poveri”, passati dai 38mila della prima rilevazione tra febbraio e marzo, ai 130mila degli ultimi tre mesi. Il 67% di questo universo di singoli e famiglie ormai costretti a vivere alla giornata, è composto da italiani. Persone con un impiego irregolare fermo per la pandemia, lavoratori saltuari senza ammortizzatori sociali. dipendenti in attesa della cassa integrazione, stagionali. E casalinghe senza più nemmeno piccoli lavori in nero. Dunque, mentre il paese prova, faticosamente, a risalire, e il 28,4% delle Caritas segnalano qua e là un lieve calo di richieste di aiuto, cresce, invece, il popolo dei “senza nulla”. Spiega Walter Nanni dell’ufficio studi Caritas che ha curato la ricerca: «Affiora la presenza di un’Italia dell’economia nera e grigia, soltanto sfiorata dalle misure di tutela messe in campo dall’amministrazione pubblica, e che nel prossimo futuro continuerà a manifestare forti livelli di bisogno e di domanda sociale». Insomma i più poveri del Covid resteranno poveri anche quando l’emergenza sarà finita. Le situazioni già incerte prima della pandemia sono diventate drammatiche oggi. Con seri effetti sulla tenuta psicologica di chi è precipitato nella assoluta povertà. Conferma Walter Nanni: «Andando nel profondo delle pieghe del bisogno sociale, si evidenzia la presenza di fenomeni che, almeno in parte, si discostano dal profilo medio di bisogno rilevati in tempi pre-covid. Se ai primi posti figurano problemi di tradizionale povertà come la perdita del lavoro (95,6% dei casi) o la difficoltà nel pagamento di affitto o mutuo, accanto appaiono fenomeni meno frequenti, come il disagio psicologico (86,4% dei casi), la solitudine (82,2%) e la depressione( 77,5%)».
Ma quello che maggiormente colpisce è il fenomeno della “rinuncia o il rinvio di cure e assistenza sanitaria”, segnalato dal 74,6% delle Caritas diocesane. In pratica i poveri non si curano più. Una situazione, sottolinea Nanni, «che determinerà, in futuro, un effetto di onda lunga sul piano del carico assistenziale, e del profilo epidemiologico del nostro paese». Colpiscono altri due dati. Il 53,8% della Caritas segnala problemi di usura tra chi ha chiesto aiuto e maltrattamenti in famiglia nel 45,6% dei casi.
Accanto a questo scenario, con ancora troppe ombre e soltanto lievi sprazzi di luce, il dato positivo è rappresentato dalla solidarietà. Il mondo del volontariato, laico e cattolico ha fatto rete: comuni insieme a parrocchie, enti ecclesiastici insieme a enti non ecclesiastici, uniti in uno sforzo eccezionale. Conclude Nanni: «Una lezione dall’emergenza del Covid è stata proprio la capacità di lavorare insieme ad altri. Nella convinzione che, in un mondo complesso come quello che ci è stato lasciato dopo il disastro, da soli non si va da nessuna parte».