la Repubblica, 1 luglio 2020
Parte oggi il semestre di presidenza tedesca in Europa
L’esordio sarà sottotono, come impone l’era Covid. Alla Porta di Brandeburgo un pugno di cronisti assisterà al sobrio passaggio di consegne tra il ministro degli Esteri croato Gordan Grli? Radman e il suo omologo tedesco Heiko Maas. Ma da oggi comincia un semestre Ue di presidenza tedesca che nella testa di Angela Merkel non sarà mai sottotono. Dovrà cambiare l’Europa.
Parlando con fonti governative in queste settimane, l’Italia è affiorata di continuo; nelle immagini dei camion di Bergamo, nel ricordo dell’impietosa conta dei morti. La cancelliera si è convinta che la pandemia vada affrontata in un modo diverso rispetto a tutte le crisi del passato. Come un’ecatombe senza colpevoli dalla quale l’Europa non può assolutamente riemergere più spaccata e diseguale di prima. Merkel è convinta che una risposta solidale e piena alla pandemia possa cementare il continente anche verso le incognite esterne – Cina, Russia e Stati Uniti – e debellare un cancro che ha minato il continente nelle fondamenta: quello del populismo. Infine c’è il grande tema della sua legacy, degli ultimi sei mesi in cui potrà davvero incidere, prima dell’anno elettorale tedesco 2021.
Ecco perché in cima all’agenda di Berlino figurano alcuni temi essenziali per il rilancio: il Recovery Fund, il nodo delle politiche migratorie, la protezione sociale attraverso la disoccupazione unica e il salario minimo, la lotta ai cambiamenti climatici, la re-europeizzazione delle produzioni di determinati beni che si sono rivelati importanti durante la pandemia, la digitalizzazione.
Uno degli appuntamenti-clou del semestre era previsto a settembre: il vertice Ue-Cina. Ma a causa delle resistenze di Pechino nel cruciale accordo sugli investimenti e per il timore che si aggravino le tensioni con Hong Kong, è stato rimandato. A Berlino sperano ancora di riuscire a organizzarlo prima di dicembre, ma sugli investimenti, precisa una fonte diplomatica, Merkel «vuole un accordo vero». Peraltro, a conclusione di un semestre già epocale, almeno nelle ambizioni, ci sarà anche da gestire il rush finale della Brexit.
Nelle prossime tre settimane si gioca intanto la partita essenziale del Recovery Fund, e Merkel ha confermato a Meseberg la sua volontà di difenderlo con Macron dagli arrembaggi dei Paesi frugali. Ma è anche chiaro che quei soldi dovranno essere vincolati a riforme. Inoltre a Berlino, e soprattutto nella Cdu/Csu, serpeggia un certo nervosismo per l’incertezza persistente sulla loro destinazione. Una fonte sintetizza: «L’Italia è tra i Paesi che spende peggio i fondi strutturali, possiamo fidarci che spenderà meglio quelli del Recovery Fund?».
Nelle ambizioni della cancelliera e del suo ministro dell’Interno Horst Seehofer, anche una riforma vera di Dublino e del diritto di asilo, insomma una svolta sulle politiche migratorie, potrebbero favorire la coesione europea e chiudere il divario tra Nord- e Sud Europa. Quella di convincere i riluttanti Paesi di Visegrad – Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – ad accettare quote di profughi è un’impresa ardua. Ma la regina dei negoziati Merkel ha rivelato l’altro giorno a Meseberg la sua chiave tattica.
La piattaforma è ampia, e sul tavolo ci saranno, contemporaneamente, il Recovery Fund e il bilancio pluriennale: in quest’ambito potrebbero essere anche ottenuti risultati sui migranti, magari incrociandoli con la spinosa questione del rispetto dello Stato di diritto, confidano a Berlino. Tanto è vero che appena incassata l’intesa sui soldi, è previsto che Bruxelles presenti la sua proposta sui migranti. E intanto, anche in questo fondamentale capitolo del semestre tedesco, «Berlino è su posizioni quasi identiche all’Italia», ricorda una fonte governativa. E il tedesco Seehofer è in eccellenti rapporti con la sua omologa italiana Luciana Lamorgese.
Un altra priorità sarà la lotta ai cambiamenti climatici, sulla quale Merkel potrà contare su un appoggio ancora più pieno di Macron, dopo l’onda verde che ha travolto la Francia alle elezioni di domenica scorsa. Mentre sulla riforma dei Trattati che il capo dell’Eliseo vorrebbe mettere in moto ora per portarlo a termine in quello francese, i tedeschi sono tiepidi. Merkel ha accennato spesso alla necessità di passare dall’unanimità al voto a maggioranza sulla politica estera o in altri ambiti. Ma tradizionalmente la Germania è estremamente restia a toccare la costituzione europea. Nel 2007 l’ultimo semestre di presidenza Ue tedesca fu quello in cui la cancelliera fu costretta a reincollare i pezzi della Costituzione europea fatta a pezzi dai referendum in Francia e in Olanda.