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 2020  giugno 30 Martedì calendario

La grande mostra che spacchetta Christo

Sophie Duplaix ha incontrato Christo a più riprese per preparare la mostra che si inaugura domani al Centre Pompidou di Parigi, dal titolo «Christo et Jeanne-Claude: Paris!». Lui, fuggito dalla Bulgaria comunista, e lei, figlia dell’alta società parigina, erano nati lo stesso giorno e lo stesso anno (13 giugno 1935). Jeanne-Claude scomparve nel 2009, ma Christo fino all’ultimo ne parlava al presente. La Duplaix è andata a trovarlo a New York e l’ha incrociato a Londra e a Marrakech, si sono sentiti al telefono e via mail, per organizzare quest’esposizione e un nuovo e sorprendente impacchettamento, quello dell’Arco di Trionfo. La mostra doveva aprire il 16 marzo. «E qualche giorno prima ho fatto il giro, filmando con il cellulare: lui era così contento». Niente da fare: tutto rinviato causa confinamento. «Christo aveva un fascino incredibile, sempre circondato di collaboratori entusiasti - ricorda Sophie -: gli piaceva lavorare in squadra».
Peccato, il 31 maggio se ne è andato anche lui, all’improvviso. L’esposizione è una lettera d’addio. Vi si raccontano i suoi anni a Parigi, dove arrivò nel 1958 e rimase fino al 1964. E poi il più grande progetto mai realizzato in Francia, sul Pont-Neuf, nel 1985 (ci vollero una decina d’anni per prepararlo). «Christo amava esporre le opere legate ai grandi impacchettamenti, come i bozzetti, plastici o collage - continua Duplaix -. Più difficile è stato convincerlo a mostrare le opere giovanili». Talvolta è andata proprio lei a ricercarle, nelle proprietà della famiglia di Jeanne-Claude.
Christo abbandonò Sofia nel 1956. Se ne andò a Praga e da lì fuggì dal blocco sovietico, direzione Vienna. Poi Ginevra e, nel 1958, Parigi. Per sbarcare il lunario faceva i ritratti delle donne dell’alta borghesia, molte clienti di Jacques Dessange, coiffeur già famoso, incontrato per caso. Un giorno fece il ritratto (esposto al Centre Pompidou) di Précilda de Guillebon, donna dai molti mariti, ma che poi aveva incontrato il generale de Guillebon, gollista di ferro. Così Jeanne-Claude, figlia di Précilda (e del marito precedente al generale), un allure da Juliette Gréco, s’innamorò di quell’artista povero in canna e neppure bellissimo, che entrò a far parte della sua famiglia ricca e strampalata. Si sposarono poco dopo, avevano 23 anni.
Lui stava sviluppando un linguaggio artistico visionario: c’era già tutto il Christo dei grandi impacchettamenti (fino alla passerella arancione creata nel lago d’Iseo nel 2016). Sì, allora impacchettava oggetti del quotidiano (barattoli di vernice, passeggini, un ritratto della Bardot) e ideava opere temporanee, come un muro di barili colorati, che bloccò una sera del 1962 rue Visconti, «in riferimento al muro di Berlino, - sottolinea Duplaix -, l’allusione politica più diretta mai fatta in una sua opera». Jeanne-Claude era diventata per lui una «musa dinamica», soprattutto per gli impacchettamenti più scenografici in giro per il mondo, dopo il trasferimento, nel 1964, a New York. Ma a Parigi tornarono per impacchettare il Pont-Neuf. E la fase di preparazione è ricostruita nell’esposizione. Le relazioni della famiglia di Jeanne-Claude servirono a convincere un restio Jacques Chirac, allora sindaco della città.
Ma in realtà, già nei primi anni di sperimentazione a Parigi, Christo pensava di combinare l’impacchettamento e i monumenti: voleva che l’arte fosse proposta gratuitamente attraverso la cannibalizzazione degli spazi pubblici. Disegni preparatori testimoniano un progetto sull’Ecole Militaire nel 1961 e un altro sull’Arco di Trionfo. Il solito Dessange gli prestava una stanzetta al settimo piano di un palazzo dove vivere e creare. E dalla finestra si vedeva l’arco napoleonico. Nell’autunno 2021 Parigi lo impacchetterà per realizzare il sogno di un giovane artista.