Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  giugno 30 Martedì calendario

Il salvinismo toscano di Susanna Ceccardi

Attenti a Susanna Ceccardi, che tenuta o meno a guinzaglio, come da infelice battuta del suo avversario “progressista”, parte con diversi vantaggi, il primo dei quali che ha poco da perdere. Se invece vince, “la Leonessa”, come la chiama Salvini, potrebbe segnare una svolta non solo in Toscana, aprendo la strada a una generazione sovranista, quella delle felpe, e magari anche un impensabile ciclo di potere.
Il piglio è quello social, risoluto e di seconda mano: «Nella vita ti diranno: Non ce la farai. Allora tu girati e rispondi: Guarda come si fa». Finora le ha detto bene. Quattro anni fa ha “espugnato” il suo comune, Cascina, provincia di Pisa, ex cittadina del mobile impoveritasi, senza che la sinistra, finora dominante, abbia ancora capito perché, forse un caso di trasformismo di massa.
Ceccardi ha appena 33 anni, è eurodeputata, sposata con un signore che in sua assenza svolge volentieri i lavori domestici, compresi i cantucci con la pasta fatta in casa; insieme hanno una bimba che sull’onda delle fumisterie onomastiche mitico-famigliari di Bossi è stata battezzata Kinzica, come la nobildonna che nei secoli bui avrebbe salvato Pisa dai saraceni, e già questo qualcosina dice.
Pur con il timore di risultare sessista si scrive – sulle uova – che Susanna è una giovane donna graziosa, capelli sul rosso e occhi azzurri, non freddi. Di recente si è presentata a qualche teatrino televisivo con una mascherina di pizzo. Per chi ancora ritiene che la politica non sia pura rappresentazione, e non di rado di dubbio gusto civettuolo, si informa che nel corso della sua breve carriera sempre in nome della legittima difesa Ceccardi ha donato spray al peperoncino e sparato al poligono con un revolver oltre che, per esagerare, con il kalashnikov. Si è inoltre opposta alla moschea e alle case popolari per gli immigrati (prima gli italiani); ce l’ha con i preti “rossi” e un po’ pure con il Papa. Ma siccome in Italia è indispensabile riscaldare l’audience, possibilmente facendola lievitare con bizzarrie di rilievo mediatico, la sindaca – guai a chiamarla così ha impedito che i bambini delle scuole elementari, a loro volta affidate a vigilanza privata, cantassero Imagine di John Lennon; ché «la musica sarebbe anche carina», così l’ha spiegata lei, ma nel testo (inglese) non tiene in giusta considerazione i valori, anzi i Valori.
Sia pure nella sua ineffabile radicalità, tale scelta indica che in Toscana i candidati del centrodestra non li sceglie più Denis Verdini, di solito così improbabili e mosci da non impensierire la sinistra al governo, rafforzando altresì il canale che l’attuale suocero di Salvini – guarda i casi della vita – manteneva aperto con Renzi e il giglio magico per ragioni non esattamente ideali.Ecco, queste faccende di politica politicante cedono oggi il passo a un orizzonte di cui la pagina Instagram di Ceccardi si configura come lo specchio, più vistoso che autentico, di un inedito immaginario. Così Ceccardi, nella sua quotidiana autorappresentazione, fa di continuo ok con il pollicione, degusta il vino con smorfie da esperta, accoglie fiori per la festa della mamma, tiene in braccia barboncini tricolori, indossa una maglietta fucsia su cui si legge «Sono una mamma, non un utero in affitto», però la si vede anche con un Kundera di Adelphi. Il ground zero dei progetti e insieme l’azimut dei messaggi semplificati. Nel frattempo l’antica foto della torta con lo stemma del Carroccio si è evoluta nel pellegrinaggio alla moto di Valentino Rossi, e le care vecchie immagini delle amiche al mare o del gatto spaurito sfumano nel levigatissimo cestino di fragole («bontà della nostra terra»), nell’orgogliosa e beffarda rivendicazione della bisteccona cruda («Una domenica vegana») per raggiungere il culmine d’instagrammabilità nella bottiglia d’olio con la foto di lei sull’etichetta.
Abbracci e selfie con parenti ed elettori. Tra i vip avvistati al suo fianco, in funzione di garanti e testimonial: Marine Le Pen, il vescovo di San Miniato, Panariello e Giletti. Molto presente in forma iconica e benedicente «il mitico Matteo», del quale è stata consigliere/a al Viminale. Ci sono anche loro due in costume da bagna indovina dove? Al Papeete. Ma era il 2018, l’anno prima di quello vero.