la Repubblica, 29 giugno 2020
La Biblioteca Estense mette online 700mila pagine
La Carta del Cantino è uno dei pezzi più importanti della Biblioteca Estense Universitaria di Modena: un planisfero che, commissionato nel 1501 dal duca di Ferrara Ercole I ad Alberto Cantino, suo emissario in Portogallo dal 1501 al 1505, contiene la prima descrizione delle coste del Brasile e delle allora recentissime scoperte di Cristoforo Colombo. Misura 220 centimetri per 105. Per realizzarne la riproduzione digitale è stato necessario introdurre nella Sala Campori uno scanner di dimensioni inusitate. L’originale è esposto in una delle teche della sala del Palazzo dei Musei: l’ingresso dei visitatori è contingentato, obbligatori mascherina e disinfettanti. La copia digitale è disponibile, assieme ad altri ottomila documenti antichi catalogati e digitalizzati – manoscritti, libri antichi, fondi musicali e fondi cartografici, in tutto 750 mila pagine – nella Estense Digital Library, l’avatar virtuale della Biblioteca Estense. Lo standard IIIF (International Image Interoperability Framework) usato per la digitalizzazione ad altissima definizione la rende uno strumento al momento unico in Italia (con la Biblioteca Apostolica Vaticana): l’IIIF permette di riprodurre, annotare, comparare, creare “liste” e creare “storie”, e condividerle (anche sui social) con pochi passaggi.
La Estense Digital Library ( https://edl.beniculturali.it ) è il primo progetto che la direttrice delle Gallerie estensi del Mibact Martina Bagnoli ha avviato al suo arrivo a Modena quattro anni fa, d’intesa con l’Istituto del Catalogo, l’Università e la società Ago. Ora, con le restrizioni di movimento e l’urgenza di immaginare un futuro post Covid- 19 che ridefinisca e rilanci la missione di biblioteche e musei storici, acquista significati ulteriori, senza venir meno al programma di politica culturale che l’ha ispirato. E cioè «accettare che il patrimonio pubblico lo sia davvero, cioè di tutti, accessibile e senza sbarramenti – osserva Bagnoli –. Abbiamo messo in rete tutto quello che conoscevamo su alcuni importanti fondi. Non cerchiamo la perfezione, vogliamo che la comunità si interessi alle nostre collezioni e ci aiuti a studiarle. Crediamo nel crowdsourcing, non nel protezionismo autoriale di pochi addetti ai lavori». Anche perché «l’arte e la storia dell’arte non sono mai neutrali, e non lo sono mai stati state, come dimostrano le statue abbattute o i manifesti delle Guerrilla Girls». Per venirne a capo, non c’è che un modo: conoscere, studiare, correggere. E non dev’essere per caso che a questa impresa si sia dedicata una storica dell’arte laureata a Cambridge, con un PhD conseguito alla Johns Hopkins di Baltimora e una carriera avviata come ricercatrice della National Gallery di Washington e proseguita come direttrice del Dipartimento di arte medievale e manoscritti del Walters Art Museum di Baltimora.
Alla Estense Digital Library (EDL) possono infatti accedere tutti; l’account è richiesto nel caso si riproduca e si condivida il materiale, e per averlo serve solo un indirizzo email e una password. In rete è disponibile un tutorial che illustra tutte le possibilità offerte. Nel caso della nostra Carta del Cantino, ad esempio, si possono isolarne dei particolari – come il Mar Rosso colorato di rosso con la cesura del passaggio di Mosè o i tre pappagalli dipinti nell’entroterra della Baia de Todos os Santos –, si possono allegare a questi particolari i propri o altrui appunti, e si possono infine organizzare in una sequenza: una “storia”, appunto. La si può anche condividere: con i propri studenti, con i colleghi studiosi, con i compagni di università, con chi si vuole. Oppure è possibile, a partire da quella Carta, intraprendere un itinerario che la metta a confronto con altre carte: per rimanere al Mappario dell’Estense, con la Carta Catalana, un planisfero realizzato tra il 1450 e il 1460, dove mancano ovviamente le Indie Occidentali ma sono raffigurati sultani, sovrani e città dell’Africa sahariana e subsahariana, o con la Carta Castiglioni, che invece mostra il mondo così com’era conosciuto nel 1525. È una “lista”, che può estendersi ai materiali conservati in altri istituti che hanno adottato l’IIIF: la British Library, la Stanford University, l’Art Institute di Chicago, il Carnegie, lo Smithsonian, la Frick Collection, il Paul Getty, Harvard, la National Gallery di Washington, la Bodleian di Oxford, la Bibliothèque Nationale francese.
L’Estense Digital Library non sostituisce il rapporto diretto con l’oggetto antico, con la sua materialità, le sue proporzioni e la sua aura. Però lo integra. Sfogliare i due volumi miniati della Bibbia di Borso d’Este, un altro dei tesori della Estense, è una cosa che possono fare in pochi; sfogliarla in versione digitale, con la possibilità di ingrandire ogni particolare, di prendere note, di riprodurne le pagine, di confrontarla con opere coeve o successive, ora lo possono fare tutti.