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 2020  giugno 29 Lunedì calendario

Biografia di Dario Edoardo Viganò


Dario Edoardo Viganò, nato a Rio de Janeiro il 27 giugno 1962 (58 anni). Monsignore. Cappellano di Sua Santità. Vicecancelliere della Pontificia accademia delle Scienze e della Pontificia accademia di Scienze sociali • «Don Dario» • «Uno dei principali collaboratori di Bergoglio» (Emiliano Fittipaldi, L’Espresso, 21/3/2018) • Il 27 giugno 2015 Papa Francesco lo nominò prefetto della Segreteria per la comunicazione, dicastero creato ex novo con un motu proprio, e gli assegnò il compito di accorpare e riorganizzare i mass media vaticani, rendendoli più efficienti e più moderni • «Il Freccero del Vaticano» (Dagospia) • Fu lui ad aprire il profilo Instagram del Santo Padre • «Come il talento di Sergej Eisenstein accompagnò la mitografia dell’Unione sovietica, anche l’estro sperimentale e la capacità organizzativa di monsignor Viganò stanno diventando uno dei tratti distintivi di un Pontificato mediatico» (Luca Telese, Il Foglio, 30/4/2014) • «Amante del cinema - insegna Linguaggi e mercati dell’audiovisivo alla Luiss, mentre per oltre un decennio è stato presidente della fondazione Ente dello Spettacolo e direttore della Rivista del Cinematografo, nonché docente alla Pontificia Università Lateranense - è descritto come un esteta, il culto del bello finanche nella scelta degli arredi del suo ufficio, tutti mobili bianchi non proprio consueti nelle antiche stanze della Santa Sede» (la Repubblica, 22/3/2018) • Finito su tutti i giornali nel 2018, quando una fuga di notizie dimostrò che aveva diffuso solo una parte della lettera privata del papa emerito Benedetto XVI, tralasciando quella più scomoda. Si dimise dal suo incarico. Il papa accettò le sue dimissioni, ma sostanzialmente gli riconfermò la sua fiducia • Ha detto: «La comunicazione non è né buona né cattiva. La comunicazione è il luogo della tenerezza, ma anche dell’uccisione e del pugnale, questa è la logica. È il luogo della seduzione. Può essere usata in modo strategico per il bene o per il male: laddove ci sono un uomo o una donna c’è sempre una libertà, e la libertà è sempre segnata dal peccato».
Titoli di testa «La mia vita è stata segnata, e lo è ancora, dalla presenza di grandi gesuiti. Penso al cardinale Martini, con cui ho imparato a gustare il Vangelo alla Scuola della parola e che poi mi ha ordinato prete; alle belle esperienze pastorali di Silvano Fausti, a quelle culturali del Centro San Fedele di Milano. E ancora, a Roma, al gusto della comunione e della spiritualità del Centro Aletti. Alla sapienza di papa Francesco» (a Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera, 12/3/2016).
Vita «Ha trascorso i primi anni dell’infanzia a Rio, giocando sulla spiaggia di Copacabana» (Telese) • «Io sono brianzolo, ma i miei genitori per dieci anni hanno vissuto in Brasile. Ho aperto gli occhi sui colori, i sapori, i gusti dell’America Latina» • «Sono cresciuto in un paese che si chiama Vedano al Lambro, noto più che altro per l’ingresso dell’autodromo di Formula 1 di Monza. Lì grandi intrattenimenti non ce n’erano: solo l’oratorio e il cinema dell’oratorio» • «All’oratorio si andava a vedere i western, cose così. Ma da ragazzino al cinema era affascinante andarci in gruppo, indipendentemente dal film. Poi sono diventato prete, a Milano, in una parrocchia del centro dove c’era un cinema teatro e quindi per forza di cose…» • «Devo dire che durante il seminario sono stato educato alla raffinatezza del gusto cinematografico. Abbiamo avuto prima un professore, poi diventato anche rettore, monsignor Gianfranco Poma, che ci ha fatto vedere tutto Akira Kurosawa» • «La sua folgorante carriera in Vaticano è resa unica dall’incontro con il cinema e i nuovi media: si forma nella gestione e nel rilancio dello storico circuito delle sale parrocchiali, viene chiamato a far parte di una giuria della critica persino al Festival del cinema di Venezia, stupisce molti registi esprimendo posizioni controcorrente nella commissione per la Cinematografia del ministero dei Beni culturali (dove rappresenta il Vaticano). Tra gli addetti ai lavori fa scalpore - nel 2002 - il suo voto a favore de L’ora di religione di Marco Bellocchio, che alcuni membri laici della commissione volevano vietare ai minori di 18 anni per la celebre scena della bestemmia rivolta da un personaggio minore a Sergio Castellitto: “Noi non siamo una commissione censura: le opere di valore artistico, anche quelle controverse, si discutono ma non si vietano”. Il punto di arrivo di un curriculum così eclettico non poteva che essere la televisione» (Telese) • Nel 2013 viene chiamato da Benedetto XVI alla direzione del Ctv, il Centro televisivo vaticano. «Era il 22 gennaio, l’11 febbraio il Papa ha dato le dimissioni, non credo per causa mia…» • «È stato un battesimo di fuoco. L’11 febbraio, in Vaticano è festa ma ero andato in ufficio lo stesso, da neofita volevo capire come funzionavano le cose» • L’addio del papa emerito deve essere gestito il meglio possibile. «Pensate il rischio… Se avessi sbagliato adesso non sarei neanche viceparroco a Trepalle» • «Dovevamo raccontare l’uscita di papa Benedetto come fosse una traslazione, di solo avviene con la morte del pontefice» • «È vero che il Papa si era formalmente già dimesso. Ma nel racconto di quella giornata quello stacco ripreso dal basso è il vero atto di separazione del Pontefice dal Vaticano. Per chi ha visto la diretta la fine del pontificato è tutta racchiusa in quell’immagine» • «Qualcuno mi ha detto: così sembra La Dolce Vita! Forse sì. Quello è un film che uno vede molte volte per molti anni, può essere che uno ricordi l’elicottero che trasportava Cristo dalla periferia al papa. In questo caso, però, il percorso era esattamente contrario. Uno fa fatica a spogliarsi della struttura culturale con cui è cresciuto» • «Per trasformare in un racconto cinematografico lungo come un film il viaggio di Papa Ratzinger verso la residenza di Castel Gandolfo, occorreva un altro elicottero che - proprio come aveva fatto Fellini - riprendesse in movimento il tragitto (“Per scegliere i tagli e le inquadrature migliori abbiamo fatto una prova di regia in volo prima della diretta”). E per trasformare in racconto una cerimonia complessa come quell’addìo, occorreva disseminare di telecamere fisse tutto il percorso dell’auto di Benedetto XVI, posizionando lenti grandangolari persino nelle aiuole spartitraffico: alcune giustificavano la propria collocazione solo per pochi secondi di ripresa, ma con una prospettiva molto suggestiva, che inquadrava la berlina del Pontefice dimissionario in movimento, ripresa dal livello del suolo, o nel campo largo della veduta aerea» (Telese) • «Senza dubbio, quando arriva l’elezione di Bergoglio, deve esserci anche lo zampino della Provvidenza se le idee innovative di Viganò e della sua squadra incontrano il pontificato di Francesco. Il primo paradosso del più mediatico dei pontificati, infatti è questo: il Papa che ha addomesticato meglio di chiunque altro la belva della televisione alle esigenze del suo messaggio, dichiara di non guardare la tv. Eppure la nuova stagione di Bergoglio è figlia del racconto per immagini, fin dall’annuncio del camerlengo. Anche mentre veniva pronunciata la più celebre frase della cerimonia di insediamento (“Sono andati a prendere un Papa alla fine del mondo...”) tutto andava in scena con la massima capacità emozionale, quella che solo la grande televisione può restituire. Ancora una volta con l’uso di ottiche particolari (il grandangolo per rendere l’idea della folla enorme di piazza San Pietro). E poi con l’inedita visione del controcampo alle spalle del Papa – “Una finta soggettiva - così la definisce Viganò - per poter restituire allo spettatore-fedele una inquadratura molto simile alla prospettiva del Santo Padre [...]” Ma perché questa inquadratura potesse esistere, era necessario un piccolo grande strappo, anche al cerimoniale: l’ingresso di un operatore in una zona che in quel momento era ancora vincolata dall’interdizione che il Conclave impone a tutti i laici, e la presenza di un cameraman sul balcone, proprio al fianco del Papa» (Telese) • «Alternando quello che il papa vede dal balcone e quello che la piazza vede dal basso si crea un incontro, una prossimità, un abbraccio guarda caso diventa la cifra stilistica di questo pontificato che ha bisogno di scendere di abbracciare, di toccare» • «Dal viaggio a Lampedusa in poi, la sinergia tra il Papa e la sua televisione diventa sempre più automatica, quasi naturale, a partire dalla scelta di quell’altare costruito con i frammenti di una barca, nella messa per onorare le vittime delle stragi del Mediterraneo. E nel viaggio in Sardegna, un operatore viene incaricato di andare a caccia di primi piani dei minatori del Sulcis - quasi pasoliniani - per contrappuntare il discorso del Papa […] Persino nella lunga sequenza della visita di Obama in Vaticano, il cinéphile ruba la scena al monsignore, e decide di lasciare la sua impronta nella diretta. L’idea è quella di rendere spettacolare l’incedere della delegazione presidenziale e dei suoi accompagnatori da un salone all’altro, sfruttando l’andatura lentissima dei gentiluomini di sua santità, tutti abbigliati con lo stesso frac grigio, che negli appartamenti del Pontefice devono muoversi con passo intervallato. Il Ctv manda in integrale un lunghissimo piano sequenza che qualsiasi altra ripresa renderebbe ridicola, ma a cui - invece - un abile operatore di steadycam imprime un carattere spettacolare: il piano sequenza attraverso i corridoi, con una mano invisibile che apre le porte precedendo il corteo, fa pensare alle reminiscenze dello Stanley Kubrick di Shining e di Eyes wide Shut. La lentezza diventa spettacolo, il conto alla rovescia esalta l’aspettativa dell’incontro, e nel campo largo frontale, il viso di Obama e di Kerry, inquadrati prospetticamente, sovrastano quelle della nobiltà pontificia che li precede: tutti i principali network americani trasmettono in diretta i minuti finali di questo cerimoniale trasformati in racconto cinematografico. Eppure Francesco si affida, non solo perché si fida, ma perché condivide questo particolare "vangelo mediatico"» (Telese) • Nel 2015 Viganò viene messo a capo di tutti i media della Santa Sede. «Cosa non andava? Le riforme non si fanno perché qualcosa non va. Si fanno perché cambiano i tempi» • Deve unificare le strutture di Osservatore Romano, tipografia, casa editrice, radio, centro televisivo, portale news.va, sala stampa, profili sui social e Pontificio consiglio per la comunicazione. Gli organi di informazione del Papa sono in perdita e molti non sono più al passo con i tempi. «“Qualunque studioso oggi ti dice che il profilo identitario di un medium non esiste più. Un tempo la tv faceva la tv e non poteva fare la radio, la radio faceva la radio ma non la tv. Ormai è passato, siamo anzi un po’ in ritardo. Le identità confluiscono, il digitale impone l’approccio multimediale”. Come farete? “Ci sono due riunioni giornaliere e si decidono i temi che vengono sviluppati in base alle richieste dei vari canali, il portale, la radio, i social eccetera. Un giornalista potrà lavorare per l’uno o l’altro, è un gioco di squadra. Si preparerà un testo per il portale, con il podcast, un servizio radiofonico, un video e così via”. Niente più redazione della Radio vaticana, della tv… “No, c’è un’unica redazione multilinguistica”» (Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera, 13/12/2017) • Viganò dice che la sua è una riforma a cipolla. «Perché è fatta a strati ma anche perché ogni riforma come la cipolla, fa sempre piangere qualcuno» • Dice anche di ispirarsi al management della Walt Disney declinato con principio apostolico» • Si occupa anche dei contratti. «A costo zero ha contrattato e ottenuto da Sky che realizzasse a spese proprie delle sofisticate e costose riprese con telecamere 3D: l’azienda di Rupert Murdoch le può trasmettere in diretta nel suo canale tridimensionale per i decoder, ma la proprietà e i diritti restano in mano al Vaticano, che in contemporanea le girerà a un circuito di cinema che possono trasmettere l’evento nelle loro sale (a spettatori attrezzati con occhialini) a patto di rispettare un unico, semplice vincolo: "Le ottengono gratis solo se le proiettano gratis". Folle? Macché: da ex esercente monsignor Viganò assicura di conoscere i meccanismi di convenienza degli amministratori: “Siamo stati sommersi di richieste... Il loro ritorno economico avviene su un altro terreno. E noi portiamo il Vaticano e il Santo Padre in mondovisione e in 3D senza aumentare i costi del nostro budget di un centesimo”. Con la stessa determinazione il direttore del Ctv ha cancellato qualsiasi accordo di co-produzione che il Vaticano aveva con la Rai, ancora in virtù di alcune reminiscenze del Concordato del 1984: "Per me è un vero motivo di orgoglio che oggi non ci sia più un solo fotogramma - a parte le dirette dei cronisti, che ognuno ha il diritto di fare come vuole - che non sia prodotto e distribuito da noi". Al Ctv ti spiegano che il pontificato mediatico è diventato il motore planetario di una nuova, enorme domanda di mercato: da al Jazeera alla Cnn tutti vogliono più Papa e più Vaticano, per più tempo» (Telese) • «Ci sono immagini di questo pontificato che talvolta sembrano i fotogrammi di un film neorealista e perché - sempre lottando con gli standard di sicurezza della gendarmeria, due operatori del Ctv si sono allenati a salire e scendere in corsa, saltando dalla papamobile, per inseguire i fuori-programma del Pontefice quando - per esempio - cattura nella folla il bambino con la maglia della Nazionale argentina e lo porta a bordo cingendogli le spalle. Oppure quando in piazza San Pietro prende in braccio il bambino vestito da Papa (che fra l’altro piange), con una scena che poi sarebbe diventata l’architrave di un cortometraggio dell’attrice Cristiana Capotondi. Non ci sarebbero mai stati due giorni di dibattito sull’auto che si perde nella folla, smarrendo il percorso ufficiale, durante il viaggio in Brasile, se non ci fosse stata una inquadratura panoramica ripresa da una telecamera collocata sopra un grattacielo di Rio» (Telese) • «Papa Francesco è un uomo di grande tradizione. Mi viene un po’ da sorridere quando lo chiamano il papa rivoluzionario. Forse rivoluziona i modi: ha un linguaggio semplice ma non semplicistico, un linguaggio che tocca le corde del cuore e chiama per nome i problemi» • «La gente veniva a Roma per vedere Giovanni Paolo II, poi veniva a Roma per ascoltare papa Benedetto, oggi viene a Roma per incontrare papa Francesco» • «Però tale modo di esprimersi a volte dà origine a equivoci, da cui conseguono malumori e mortificazioni diverse in parti del mondo cattolico […] Chi non si ricorda lo strumentalizzatissimo “Chi sono io per giudicare” […] la frase sui “conigli” che figliano… alcuni ipotizzano che papa Francesco non sia ancora ben consapevole delle dinamiche (a volte con effetti perversi) che caratterizzano i media odierni… “Guardi, io credo che nella comunicazione non ci siano regole ma solo rischi. Le porto l’esempio di papa Benedetto, un uomo molto preciso, ben preparato, attento alle virgole. Eppure anche con lui si è dovuti intervenire diverse volte per precisazioni […] Pensi a che cosa successe per il viaggio in Africa, quando il tutto fu irrimediabilmente oscurato dalla risposta a proposito dell’uso del preservativo. Con papa Ratzinger le domande erano selezionate e inoltrate in anticipo, il Papa ne prendeva conoscenza e preparava la risposta… eppure anche in quel caso non tutto è sempre andato come doveva” […] L’obiezione che viene avanzata da alcuni è che Twitter, Instagram, ecc… sono modi di espressioni comunicative di una società fluida, superficiale… “I media sono molto cambiati. Ricordo il mio parroco milanese che comprava il Corriere della sera e lo leggeva dalla prima all’ultima riga, con tutte le sue grandi firme. Oggi di lettori così ce ne sono molto pochi. Regnano invece le comunità dei social, che si illuminano per un attimo con una frase anche breve” Ma è il Papa che sceglie la frase su Twitter? “Tutti i tweet vengono approvati dal Papa, che appone una ‘F’ al testo proposto dai collaboratori. Sono frasi che in genere ricordano che Dio è amore, è perdono; a volte sono piccole chiose a testi biblici. Ricordiamo che su Twitter il Papa ha 22 milioni di seguaci…» (Giornale del Popolo, quotidiano cattolico svizzero, 2/4/2016).
Pasticci «La rinunzia di monsignor Viganò è stata determinata da una polemica nata dopo la pubblicazione di una lettera di Ratzinger a lui che riguardava l’uscita di alcuni volumi sulla teologia di papa Francesco. Monsignor Viganò aveva sbagliato chiedendo al papa emerito una prefazione a questi volumetti, prefazione che il papa emerito aveva negato in una lettera in cui c’era un elogio […] di Francesco e si prendevano le distanze dagli stolti che l’avevano criticato. Al tempo stesso, però, si avanzavano delle riserve su alcuni di questi fascicoli, soprattutto su uno scritto da un teologo di Tubinga, la facoltà da cui Ratizinger se ne andò in polemica, esule nel 68, che con lui ha avuto una discussione teologica molto lunga e aspra. In questa critica al fascicolo scritto dal professore Hünermann da parte del papa emerito c’era qualche cosa di estremamente scivoloso - già era scivoloso che elogiasse il successore, perché il papa regnante non ha bisogno degli elogi dell’emerito per essere in carica, ma ancor più scivoloso era che domandasse in un certo senso una sanzione per un teologo con il quale lui, Benedetto XVI, aveva avuto da ridire perché questo avrebbe rappresentato un’intrusione negli atti del governo» (Melloni, la Repubblica, 2018) • «Ricevuta la risposta negativa, Viganò non si dà per vinto. Da audace uomo della propaganda decide di usufruire (possibile che Francesco non avesse letto la lettera e non avesse contezza della strategia di Viganò?) delle prime righe a suo vantaggio. Omettendo scientemente le parti più imbarazzanti (il capoverso sui “volumetti” viene letto in sala stampa, ma cancellato nel comunicato ufficiale; le critiche ai teologi autori dei libri del tutto espunte) e usando persino un programma di photoshop per rendere illeggibili, in una foto in cui compare la lettera, alcune righe del documento. La strategia sembra inizialmente funzionare: tg e giornali raccontano la lettera come la prova definitiva della profonda sintonia tra i due pontefici» (Fittipaldi) • «Come era ovvio che fosse tutto quanto è uscito. Qualcuno ha imputato a Viganò un errore si è parlato di un autogol, un boomerang e tutti i siti reazionari, esattamente gli stolti che criticano Francesco, hanno avuto gioco facile a criticare l’uomo scelto da Ratzinger per venire in curia e promosso a ranghi sempre più alti per questo errore» (Melloni) • Viganò si dimette da prefetto della comunicazione. Il Papa sceglie un nuovo prefetto, ma nomina lui assessore della comunicazione, creando una carica nuova dal nulla all’interno dello stesso dicastero. «Francesco lo ha salvato nominandolo assessore, come capita ai politicanti dei piccoli Comuni che finiscono nei pasticci ma che non possono sopravvivere senza una poltrona» (Carlo Tarallo, La Verità, 25/3/2018) • «Una scelta alla Bergoglio, in perfetto stile da gesuita, concordata con Viganò» (Gianluigi Nuzzi, la Verità, 2018) • Durante la messa della Domenica delle Palme Francesco dice: «La calunnia è la voce di chi manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a incastrare gli altri» • «A me sembra che in realtà Viganò abbia protetto Benedetto XVI impedendo che la polemica toccasse la sua istanza di agire all’interno del governo della Chiesa romana […]. C’è poi un’altra dimensione che credo non vada dimenticata. Papa Francesco è intervenuto più volte all’interno della curia romana con delle azioni molto decise di verticalizzazione. Aveva due segreterie, quelle per gli affari economici e quella per le comunicazioni con un impianto molto verticale, che accentravano molte mansioni al proprio interno, ed è come se l’antico potere romano a questo sistema di frazionamento e aggregazione del potere si fosse ribellato e avesse con due mosse ben azzeccate dimostrato che in fondo la curia romana non può essere riformata così. La curia romana può essere riformata soltanto in comunione. Toccare i mansionari, come accade in tutte le grandi burocrazie, può suscitare conseguenze impreviste» (Melloni).
Curiosità Ha scritto un Manuale del Filmmaker • Ha preparato un app per suggerire le omelie ai parroci a corto di idee I suoi registi preferiti sono i fratelli Dardenne. «Sanno scandagliare meglio le pieghe del cuore senza polarizzare i sentimenti, senza imporre un punto di vista, sono capaci di guardare alle fatiche dell’epoca contemporanea» • Gli piace il primo film su San Francesco di Liliana Cavani • Piacerebbe molto anche a lui fare un film sul poverello di Assisi, «senza ridurlo a una lettura ecologista e naturalistica» • La sua colonna sonora preferita è quella di Before the rain • Ha visto The young Pope di Sorrentino. «È scritto molto bene, ma non credo si debba cercare, nella maniera più assoluta, in essa, una struttura profetica del pontificato o della forza del sistema mediatico a servizio di un papa» • Su San Francesco vorrebbe fare anche un videogioco.
Titoli di coda «Noi credenti sappiamo che la storia è già stata redenta da Gesù. Sembra una cosa facile da dire ma è questo l’atteggiamento spirituale da coltivare. L’ansia e la tristezza non sono atteggiamenti di una verità spirituale. Se il Signore è con me mi ha già salvato».