La Stampa, 28 giugno 2020
Le bare accatastate a Palermo
«Ma avete 1.200 euro, sì?». Stefania è lì da diverse settimane, Mario da alcuni mesi. Sono uno sull’altro, senza conoscerci. E poi Andrea, Nina, Rita, Pasquale, e altre centinaia di persone spirate e passate – è il caso di scriverlo letteralmente - a peggior vita. Un popolo di salme che – contro ogni umana aspettativa - non riposano in pace, non hanno quiete eterna. Siamo in Sicilia, a Palermo, le loro bare giacciono da mesi accatastate sotto tende, tettoie, anfratti e magazzini del cimitero di Santa Maria dei Rotoli, uno dei tre camposanti della città. Un luogo dove le lacrime del dolore si mischiano ora a pianti di rabbia e frustrazione, a questo scempio del decoro e della dignità delle salme e di chi le ama, con fotografie dei defunti appiccicate alla bell’e meglio sulle bare, polvere e pioggia che implacabili le coprono, fiori che senz’acqua si appassiscono e marciscono subito. E poi gli uccelli, di ogni specie e grandezza, che trovi camminare sul feretro del congiunto.
Un epilogo infame con i parenti impotenti, inermi, che nemmeno trovano le condizioni minime per raccogliersi in preghiera, un pensiero, un ricordo. I miasmi che s’alzano scoraggiano i più e rendono impossibile la permanenza. Chiudi le narici, porti un fazzoletto al naso ma è durissima. Quindi, porti un fiore, fai il segno della croce e te ne vai, tappandoti il naso, sperando che questo incubo cessi. Ma non sarà così.
A Santa Maria dei Rotoli non si sa più dove tumulare. Da dicembre si sono inventati gli ipogei, loculi prefabbricati che vengono interrati negli interstizi, tra una tomba di famiglia e una cappella, dove si scova qualche metro ancora libero. Hanno sistemato trecento salme ma il problema è appena scalfitto: solo l’altro giorno erano 480 le bare da sistemare. Così gli esperti in Comune ogni giorno guardano, fanno gli scongiuri e pregano che non si alzi la mortalità, perché la situazione drammatica diverrebbe irreversibile. Certo, gli ottimisti sventolano le 1.500 concessioni trentennali ormai giunte in scadenza ma queste lasciano liberi spazi con il contagocce, senza risolvere il problema.
Insomma, se hai la cappella o la tomba privata, se ti sei portato avanti comprandoti il loculo in anticipo non dovresti avere problemi. Ma non sempre è così perché tutto va a rilento: c’è chi, pur avendo comprato un posto per il riposo eterno a 900 euro, ha dovuto attendere un tempo insopportabile con la salma della madre in magazzino prima della tumulazione.
Il fronte della cremazione, forse, è persino peggio. Il Rotoli infatti è l’unico dotato in città di un forno ma un giorno sì e l’altro pure si guasta, facendo precipitare definitivamente in tilt il camposanto. E chi lo trova adesso il tecnico esperto o il pezzo da sostituire? E intanto le bare si ammassano. Anche perché qui non interviene l’esercito con trenta camion in colonna come fatto a Bergamo nei giorni peggiori della pandemia. Qui, abbandonati i vivi, abbandonati i morti.
In tutta la Sicilia ci sono appena due impianti crematori. Quello appunto di Rotoli mentre l’altro sta sulla costa orientale, a Messina. E apriti cielo: mica tutti hanno i soldi per quest’ultimo viaggio della disperazione. Così quelli delle pompe funebri appena vengono contattati per un funerale pongono subito la domanda delle mille spade o, meglio nel caso, mille sepolture: «Condoglianze signora, ma scusi avete 1.200 euro, sì?». Perché senza questi dannati soldi non si può pagare il trasferimento al cimitero monumentale di Messina dove appunto è attivo l’altro tempio. Quando va bene, perché c’è anche chi si è dovuto spingere nel continente, macinando 800 chilometri tra andata e ritorno, con il carro funebre che s’inerpicava su tra dossi e curve fino a Carpanzano, 232 anime in provincia di Cosenza. Un paese che mantiene due caratteristiche tra loro apparentemente inconciliabili: è il penultimo paese per numero di abitanti nella regione e dispone di un forno crematorio. Ma quest’ultimo è di una ditta privata e ancora i prezzi lievitano a 1.600 euro. Se non ce lo si può permettere, la salma inevitabilmente ritorna in magazzino, sotto le tettoie, in attesa di inumazione, dove e quando si potrà. Con il sole che già picchia, sperando che non si arrivi ai picchi dei 37 gradi dell’agosto scorso: «Dottore, che vuole, ci si organizza come si può», ripetono al cimitero mentre spingono la bara di Antonio più avanti per ospitare anche Rosa. È da trent’anni che c’è l’emergenza loculi in città, soluzioni facili non ce ne sono ma con tante bare in giro ovunque e per così tanto tempo non si era mai vista. Ogni tanto ci si immagina qualche nuova idea, c’è chi ha promesso un nuovo cimitero a Palermo in zona Ciaculli. Un vecchio progetto che vive il gioco dell’oca della politica e dei finanziamenti, attingendo a una vecchia delibera Cipe del 2009. Ristrutturando questi fondi la giunta voleva destinare 15 milioni al nuovo cimitero per il ristoro di tutti. I lavori dovrebbero iniziare entro fine anno, cercando però gli altri milioni per arrivare al finanziamento completo dell’opera quotata 60 milioni. Il nuovo cimitero avrà 1.800 loculi, 120 cappelle con 12 spazi ciascuna e un totale di 3200 posti. Sulla carta è tutto perfetto. Se non fosse che questo progetto è già stato promosso, bocciato e riesumato più volte senza trovare soluzioni transitorie che diano dignità a chi non c’è più.