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 2020  giugno 28 Domenica calendario

Lo sbarco di Jeremy Menez a Reggio Calabria

È arrivata l’estate anche per il calcio. Nonostante in una realtà distopica, con un diverso fuso orario, si continuino a giocare partite di campionato. Gli eventi che segnalano il cambio di stagione sono due. Il primo è il video musicale Vita da bomber girato in piscina da Vieri, Ventola e Adani (i Tre Tenori incrociano le Sorelle Bandiera di Sumus in Ibiza ): un dribbling di autoironia, così riuscito che alla finta ci credono perfino loro. Il secondo, definitivo, è lo sbarco di Jeremy Menez a Reggio Calabria, per la cosa in sé e per come è accaduta. L’arrivo del calciatore fuori scala in una località e in una squadra decentrate, il colpo di solleone della provincia intera e il trotto del purosangue di ritorno sono classici estivi, deja vu. Dirceu all’Ebolitana, Saviola al Verona, Balotelli al Brescia. Qui s’incontrano due elementi votati all’illusione: Reggio e Menez. Nel capoluogo calabrese già nell’estate del 2001 apparve un Messia, nunzio di redenzione sportiva. Si chiamava Domenico “Mimmetto” Barbaro. Proclamò che avrebbe fatto tre grandi squadre: nella pallacanestro maschile, nella pallavolo femminile e infine nel calcio. Propose contratti favolosi a Charlie Recalcati e Carlton Myers, a Julio Velasco e Maurizia Cacciatori. Stava per annunciare anche due colpi per la Reggina, ma prima dell’apposita conferenza stampa distribuì un foglio con le domande che avrebbe gradito, tra cui: «Qual è il suo colore preferito?». Nacquero i primi sospetti, furono stracciati tutti i contratti, Mimmetto sparì, la Reggina tuttavia conquistò la promozione. L’attuale presidente, Luca Gallo, punta allo stesso traguardo, ma con altri effetti speciali: Menez.
Chi non se lo ricorda? Lo chiamavano Houdini, per come si liberava dalle gabbie dei difensori, ma era un escapista totale: impossibile tenerlo fermo. Apparve alla Roma, ma se ne andò a Parigi, al Psg. Ricomparve al Milan, quello con Inzaghi in panchina. Segnò 16 gol. «Utilizzarlo da punta è una mia idea assoluta», rivendicò Galliani. Berlusconi, che assoluto si ritiene e che nell’area piccola metterebbe chiunque, assentì. Poi Menez si fece relativo. Andò in Turchia, in Messico, di nuovo a Parigi, ma nella squadra che gioca in B. È finito sul mercato e uno slancio di nostalgia stava per riportarlo a Monza, dal Duo Rivincita. Sul sogno ricorrente ha prevalso quello inedito; sulla foschia della Brianza la luce del Sud. Bisogna farsi abbagliare, per credere. Ma succede, succede sempre. Ogni individuo, ogni popolo, anela all’alta classifica. Generazione dopo generazione la voglia di riscatto s’incide nel Dna e lo divora. A quel punto passa un guru, un uomo delle stelle, un profeta qualsiasi, draga attese e speranze, li converte in coriandoli, organizza una festa e il giorno dopo ci sono soltanto strade da pulire. Menez ha coraggio. E lo dimostra, pure lui, in un video. Lo si vede svegliarsi a Parigi, all’alba. Vola ad Amsterdam, poi Catania, in auto a Messina, in catamarano sullo Stretto. Prima dell’approdo indossa una maglietta con la sua faccia stampata e poco somigliante, manco fosse un presagio. Sale sul ponte, ode i primi cori di tifosi dai bastioni del porto. Gridano il suo nome, lui saluta, agita una sciarpa amaranto. Dopo dirà le solite banalità, ma in quel momento lo trafigge un dubbio.
Dice, buttandola sull’ironia: «Se non faccio gol, questi mi ammazzano». Poi sbarca, abbraccia il presidente, si concede e nella luce procede. Si allontani per tutti l’inverno dello scontento.