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 2020  giugno 28 Domenica calendario

Intervista a Malcolm Gladwell


Comprendere gli altri è più difficile di quanto crediamo. Quando giudichiamo uno sconosciuto — il collega appena assunto, la ragazza che ci piace, il nuovo vicino di casa — ci basiamo sulla nostra esperienza. Decidiamo se fidarci o non fidarci in base a un unico margine di paragone: noi stessi. Ma questo rende il margine di errore altissimo ». Malcolm Gladwell, 56 anni, è il giornalista e sociologo d’origine canadese, approdato dal New Yorker alle classifiche dei bestseller internazionali con saggi come Davide e Golia. Perché i piccoli sono più forti dei grandi e In un batter di ciglia. Il suo ultimo lavoro, Il dilemma dello sconosciuto, è stato appena pubblicato in Italia da Utet.
A leggere il suo libro sembra che ogni incontro è a rischio e la delusione sempre dietro l’angolo.
Dobbiamo ripensare il modo in cui viviamo i rapporti sociali?
«Il mio libro è un campanello d’allarme. Attraverso studi scientifici, ma anche casi celebri come quello del finanziere Bernie Madoff, autore di una mega truffa da 65 miliardi di dollari, provo a spiegare cosa ci spinge a dar fiducia al prossimo e perché molto spesso rischiamo di ingannarci. Allo stesso tempo, sottolineo quanto sia essenziale avere sempre e comunque fiducia nel prossimo. Se avessimo sempre paura degli sconosciuti non saremmo capaci di uscire di casa, innamorarci, depositare soldi in banca. Possiamo però imparare a farlo con più consapevolezza».
La pandemia ci ha fatto scoprire un nuovo tipo di diffidenza: il virus ci fa temere perfino amici e parenti...
«È presto per dire che traccia lascerà sui nostri comportamenti futuri l’esperienza del "distanziamento sociale". Se non diventerà un’esperienza ricorrente, dimenticheremo presto la diffidenza di questi mesi. Ma imparare a essere duttili è la lezione fondamentale del mio libro. Scritto dopo aver osservato a lungo la nostra incapacità di comprendere perché ci comportiamo in determinati modi verso gli sconosciuti».
Siamo troppo fiduciosi?
«Non necessariamente: a volte siamo troppo sospettosi.
Non basta guardare qualcuno negli occhi per capire chi è. Gli studiosi lo hanno dimostrato da tempo, le espressioni coincidono raramente coi sentimenti. Semmai, ci fidiamo sulla base di canoni culturali codificati. Quando si esce fuori da canoni a noi noti, il rischio di fraintendimento diventa enorme, perfino quando si hanno le migliori intenzioni»
Lei fa un esempio molto controverso: il caso di Amanda Knox.
«Sono convinto che fra Amanda e i suoi accusatori ci fu proprio un problema culturale. Una ragazzina immatura fu scambiata per una femme fatale perché non si comportava secondo certi canoni. Ma essere strana, non vuol dire essere colpevoli. Magistrati italiani e media britannici lessero fin dall’inizio i suoi gesti, e perfino le sue espressioni facciali, secondo le loro convenzioni. E la giudicarono colpevole perché era diversa».
Il libro parte dal tragico suicidio in carcere, nel 2015, dell’afroamericana Sandra Bland: arrestata 4 giorni prima da un poliziotto bianco per aver cambiato corsia senza mettere la freccia. Dopo il brutale assassinio di George Floyd, a Minneapolis un mese da, quella vicenda torna tragicamente attuale...
«La storia di Sandra Bland è davvero il simbolo di quanto è facile fraintendersi fra estranei. Una serie di preconcetti culturali portò la donna e il poliziotto a sfidarsi, con conseguenze catastrofiche. L’uomo, sospettoso per professione, fraintese il linguaggio corporeo di Sandra scambiandola per una donna pericolosa. Ma lei aveva da poco perso un bambino e tentato il suicidio. Ecco, razzismo significa pure pensare per stereotipi senza lasciare spazio ad altre ipotesi».
La spia cubana Ana Montes, il truffatore Bernie Madoff, la presunta assassina Amanda Knox, l’allenatore pedofilo Jerry Sandusky: cosa hanno in comune i personaggi che popolano il suo libro?
«Sono tutte persone intimamente diverse dalla loro immagine pubblica. Ho scelto storie note, proprio per aiutare a comprendere meglio il meccanismo fiducia/sfiducia. Se perfino la Cia si è fatta ingannare da un’infiltrata cubana, è chiaro quanto il fattore umano sia sempre in agguato. È qualcosa contro cui non possiamo lottare. Possiamo però accettarlo e gestirlo, imparando a comprenderlo».