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 2020  giugno 27 Sabato calendario

Il cervello dei funghi

Il primo libro del micologo inglese Merlin Sheldrake fa parte di quel ristretto gruppo di volumi che, se letti con la giusta attitudine, sono in grado di modificare la percezione del mondo. Una volta chiuso L’ordine nascosto. La vita segreta dei funghi (pubblicato da Marsilio nella traduzione di Anita Taroni e Stefano Travagli) è impossibile guardare con gli stessi occhi un porcino o uno champignon, araldi di un universo ancora in gran parte nascosto nel sottosuolo. Ma oltre al viaggio scientifico alla scoperta di licheni, tartufi e reti ecologiche c’è di più. Sheldrake rende la micologia uno strumento speculativo, utilizzandola per scardinare consuetudini e prospettive abituali. Il suo libro è un invito a guardare il mondo dal punto di vista dei funghi, con l’obiettivo di mettere in crisi il nostro ruolo di specie dominante su questo pianeta.

Leggendo il suo libro si ha l’impressione che nel sottosuolo ci sia un mondo nascosto, di cui sappiamo poco o addirittura nulla. Perché siamo ancora così disinformati?
«Ci sono diversi motivi. Il primo è che i funghi vivono ben lontano dal nostro sguardo. E poi ci confondono, non fanno che mettere in crisi la nostra tassonomia. Sono organismi difficili da etichettare e inserire in questo o in quell’altro gruppo. E così ci costringono a passare molto tempo a classificarli. Ma oggi sappiamo farlo meglio che in passato, perché abbiamo sviluppato tecnologie, come quelle per il sequenziamento del Dna, che ci consentono di entrare nel loro mondo e studiarlo. È stato così che ci siamo accorti di quanti organismi ci fossero là fuori di cui prima ignoravamo l’esistenza».
La micologia è una disciplina in rapida espansione, ma ancora oggi non gode del prestigio accademico che meriterebbe. Perché?
«Fino agli anni Sessanta credevamo che i funghi fossero piante. Per cui la micologia era, ed è ancora oggi, una branca della biologia vegetale. Pochissimi scienziati dedicavano i loro studi ai soli funghi. E a tutt’oggi non esistono dipartimenti dedicati esclusivamente alla micologia. Io stesso ho dovuto studiarli nel dipartimento di biologia vegetale di Cambridge: non potevo fare altrimenti».
Sembra impossibile, soprattutto se pensiamo ai ruoli che questi organismi ricoprono negli ecosistemi, come le scoperte citate nel suo libro dimostrano.
«I funghi sono fondamentali per numerosi processi ecologici; vivono a stretto contatto con le radici delle piante, aiutandole a trovare e ad assorbire nutrienti e acqua dal suolo; e sono straordinari decompositori: lavorano enormi quantità di materiale organico, resti di animali e piante. Noi viviamo nello spazio che i funghi si lasciano alle spalle decomponendo la materia. Nel sottosuolo costituiscono delle specie di autostrade, sulle quali i batteri possono muoversi. Inoltre, producono sostanze chimiche “appiccicose” che tengono insieme il terreno. Se non esistesse questa incredibile rete fungina, il suolo sarebbe poco stabile e verrebbe dilavato».
Questa rete sotterranea di cui parla è la vera protagonista del suo libro. Che cos’è e come funziona?
«Gran parte dei funghi trascorrono la loro intera esistenza come micelio, una rete di cellule ramificate, tubulari e collegate fra loro. Il micelio è il modo in cui i funghi si nutrono. Se gli animali digeriscono il cibo all’interno dei loro corpi, passando la loro vita cercandolo, i funghi hanno escogitato un’altra soluzione: introducono il loro corpo nel cibo. Per farlo possiedono un modello di crescita flessibile, e assorbono i nutrienti tramite la superficie del micelio, che grazie alla sua capacità di ramificarsi può essere incredibilmente vasta».
Una delle parti più sorprendenti del suo saggio riguarda la comunicazione che avviene all’interno di questa rete. Per ora quanto ne sappiamo?
«Non così tanto. Ma è una delle frontiere più eccitanti della ricerca micologica. Il micelio può impiegare sistemi di comunicazione interni di diverso tipo. La chimica è uno di questi, ma il segnale è piuttosto lento. Abbiamo però scoperto che nel micelio di diverse specie di funghi vengono prodotti impulsi elettrici, molto simili a quelli prodotti dai nostri neuroni e tramite i quali viviamo la nostra vita e controlliamo il nostro corpo. È possibile che i funghi facciano lo stesso. Gli esperimenti suggeriscono che utilizzino impulsi elettrici con un significato sensoriale. Ulteriori ricerche in questo campo potrebbero cambiare il modo in cui guardiamo gli ecosistemi».

In questi mesi si è parlato molto di farmaci antivirali per combattere il Covid-19. I funghi possono essere nostri alleati nella lotta contro i patogeni, e in particolare contro i virus?
«Sì, esistono molti funghi medicinali, alcuni noti e impiegati da millenni. Molti sono d’aiuto al nostro sistema immunitario, per cui contribuiscono a contrastare malattie o infezioni. Alcuni hanno proprietà antitumorali, altri antivirali. Il micologo Paul Stamets sta utilizzando estratti antivirali ottenuti da alcuni funghi per trattare le api, insetti esposti all’attacco di diversi virus. Stamets ha scoperto che le api trattate con questi estratti fungini vivono più a lungo e le loro colonie, se infettate, non vanno incontro a un collasso grave come accade di solito».
Nella sua esperienza ha riscontrato da parte delle persone una certa avversione per i funghi?
«Sì, c’è paura, diffidenza o sospetto. A volte le persone hanno paura che i funghi siano velenosi, o sporchi. Ad altri non piace la loro forma, oppure non ne gradiscono odore e sapore. Esiste una parola usata per indicare questa repulsione: micofobia. La inventarono i coniugi Wasson, Gordon e Valentina, entrambi grandi studiosi di funghi».
Lei racconta che in tutto il mondo stanno nascendo diverse comunità di appassionati, il cui lavoro sta cambiando lo studio della micologia. Il movimento Radical Mycology ne è un esempio. Che cos’è e chi ne fa parte?
«È una comunità di persone che si riuniscono per tentare di re-immaginare il nostro rapporto con i funghi. Sperimentano anche nuovi metodi per studiarli, trovando così soluzioni inedite. È fantastico! Spesso sono coinvolte persone che non hanno studiato biologia all’università, ma sono veri “amatori”, termine che viene dal latino amator, che io penso dovremmo tradurre così: “persone con una passione”. I micologi amatoriali amano studiare i funghi e hanno apportato migliorie nel campo della micologia per ovviare alla mancanza di appropriata strumentazione e di progetti di ricerca finanziati da fondi universitari. Partecipare ai loro incontri è molto bello, perché si percepisce un’eccitazione diffusa, nata dalla convinzione che c’è ancora molto da scoprire e che i funghi potrebbero essere la risposta ad alcuni dei tanti problemi che ci affliggono».
Problemi ai quali forse potremmo porre rimedio grazie a soluzioni originali. Quanto è importante l’immaginazione per uno scienziato?
«È fondamentale. Cosa saremmo noi esseri umani senza l’immaginazione? Cosa sarebbe la scienza? Come potremmo progettare un nuovo esperimento, o testare delle ipotesi oppure mettere insieme i risultati dei nostri studi? Per portare a termine questi compiti servono collegamenti immaginativi. Gli scienziati non sono esseri razionali a sangue freddo. Trovo molto strano che le persone siano sorprese dal fatto che gli scienziati passino gran parte della loro vita a immaginare».

Un intero capitolo de «L’ordine nascosto» è dedicato ai funghi psichedelici e alle loro applicazioni. Quali sono gli effetti sulle persone e come possono esserci utili?
«Gli effetti sono causati da alcune sostanze presenti in diverse specie di funghi, fra cui la psilocibina. Chi li assume tende a perdere il confine del Sé. Può essere un’esperienza sconcertante, al limite della pazzia. Le persone spesso si sentono “collegate” a qualcosa di più grande, arrivando a percepire una dissoluzione dell’ego. È tutto molto interessante, perché può aiutarci a ripensare la nostra comprensione del Sé, re-immaginandola. Possiamo distaccarci dalle nostre linee di pensiero abituali. Inoltre, i funghi psichedelici possono essere utili per chi soffre di depressione, ansia o ha dipendenze di vario genere».
Negli ultimi anni si è parlato molto del saggio dell’antropologa Anna Tsing, «The Mushroom at the End of the World», dedicato al fungo Matsutake e alle relazioni interspecifiche che lo vedono protagonista. Che cosa ne pensa?
«Credo sia un grande libro, che mette insieme le vite di persone, funghi e foreste in modo stupendo. È molto importante iniziare a raccontare storie che non riguardino soltanto gli umani. Servono storie che parlino anche degli altri organismi che vivono insieme a noi. Spesso ci percepiamo così eccezionali da dedicarle a noi soltanto, dimenticando il contesto nel quale viviamo e le nostre relazioni con il mondo non umano».
Il suo libro è un invito a guardare il mondo da un punto di vista inedito. Crede che questo sia uno spunto utile in tempi di crisi ambientale profonda?
«Possiamo imparare così tanto studiando gli organismi diversi da noi! Ci consente di lasciarci alle spalle categorie ed etichette, e trovare nuovi modi di pensare i concetti fondamentali del mondo. Sì, credo che tutto ciò sia necessario in questo momento: i problemi e i rischi che stiamo affrontando sono complessi e interconnessi. Studiare altri organismi, come i funghi, pensare alla loro vita e parlare della loro biologia può aiutarci a risolverli. Per me pensare ai funghi rende il mondo diverso. Ora spero sia così anche per altre persone».