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 2020  giugno 27 Sabato calendario

Il tormentone estivo spiegato da Peppino di Capri

«È da chiederselo, perché alcune canzoni di cinquanta o sessant’anni fa siano ancora nell’aria. Significa che quel periodo ha lasciato una traccia profonda, non indifferente ». A parlare è Peppino di Capri, un signor cantante e compositore che a luglio compirà 81 anni e in Francia avrebbe già nei negozi l’opera omnia con saggi allegati. Ma siamo in Italia: e la memoria è labile, non solo sui miti. Eppure Giuseppe Faiella non ha lasciato tracce profonde solo nel mondo dei cosiddetti tormentoni estivi, che peraltro mezzo secolo fa constava di signore canzoni e che nel caso suo lo vide allineare 35 singoli nella Top15, per complessive 265 settimane in classifica, fra ’59 e ’64; e parliamo di Roberta e Luna caprese, Nessuno al mondoe Let’s twist again, Don’t play that song e Nun è peccato. Di Capri ha vinto due festival di Sanremo, è autore sensibile spesso attento all’attualità (mirabile La panchina sugli anziani, nel 2005), che anche di recente ha proposto musica di classe fra l’album Mister… Peppino di Capri, che fra samba e brani sui selfie commuove nel canto d’addio alla moglie Giuliana scomparsa il 4 luglio scorso, e la sua reazione a Covid e lockdown nel brano Aspettanno: subito tradotto in Brasile e ora dilagante laggiù come da noi, con le voci del duo (madrefiglia) Zizi e Luiza Possi. Perché un artista vero non ha età, come un brano da classifica e pure un tormentone.
Sembra giusto iniziare da Aspettanno: com’è nata?
Un amico m’ha detto che un ragazzo aveva fatto un pezzo sulla pandemia. Il problema è che mi faceva senso [ride, ndr]!
Ma lui mi ha detto: risentilo con calma… In effetti qualcosa c’era. L’ho “peppinizzato” e mi è piaciuto fare anch’io qualcosa di bello, come ha fatto per dire il collega Roby Facchinetti.
Così da Napoli Aspettanno è arrivato in Brasile…
L’ho mandato a una mia impresaria laggiù, sono impazziti, hanno voluto la traduzione e ora spopola. Sono contento: nella disgrazia sono servito un poco.
Lei in Brasile è considerato al pari di Tony Bennett: come è riuscito a conquistarli? E l’Italia, la stima?
Credo perché sono uno che si fa capire. Testi semplici, vocaboli abbordabili quasi traducibili, cantano con me. Da noi, beh, sono rimasto male: tutti hanno avuto uno spazio Tv e io no. Ho scritto pure un musical sulla mia carriera, crisi e successi: e venne Zard a vederlo, ma ci voleva un miliardo di euro per farlo bene. Però ci spero ancora, a una serata tv.
Negli anni ’60 che cosa portò di Capri in hit parade di continuo e lo fece re dell’estate più volte?
Si veniva da generi datati. La generazione prima della mia non aveva la tv ed era costretta a seguire 5-6 cantanti di canzoni “all’italiana”. Io portai le canzoni napoletane che sentivo da mamma ai giovani che mi facevano complimenti, e dovevo rispondere: ma è del 1904, dell’Ottocento, non è mia! Ma fu una scoperta culturale. E poi ci fu il rock, su cui ero fissato perché grazie a zii americani avevo un radio-registratore e ogni notte registravo le novità di tutto il mondo, per poi farle la sera dopo nei locali. Così, capii dove andava la musica. Vede, il nostro lavoro è un continuo sperimentare, stare con le antenne tese, ascoltare tutto da ogni dove.
Non c’era lavoro a tavolino neppure sui “tormentoni”?
Non c’era neanche un cercare di essere di moda. Era un fatto spontaneo. Si incideva, piaceva, diventava l’estate di qualcuno o di tanti. Adesso, si lavora a tavolino e si programma tutto. Allora era il pubblico a scegliere le canzoni dell’estate e non solo. Avevi vantaggi solo se stavi nella colonna sonora di qualche film, poi abbiamo avuto anche più tv, ma il segreto era ascoltare, studiare, sperimentare. Perché il passato è una grande scuola: capisci i percorsi e le evoluzioni della musica. Per me è stato così.
E non sono mai diventati un peso, per lei, brani come Voce ’e notte, Malatia, Speedy Gonzales?
Erano canzoni giuste, sentivo nell’aria
che era il tempo. Pensi a Roberta: giro armonico semplice, la si poteva cantare in spiaggia. Certo a volte mi chiedo: ancora? Sono mille anni che le canto… Però mi hanno dato tutto, per rispetto al pubblico si fanno.
Sono quelle hit, le canzoni cui è più legato?
A volte in realtà t’innamori di altre cose perché tecnicamente ti piacciono. Poi ogni sera t’accorgi che non vedi l’ora di cantare una canzone precisa e che è quella che ti fa comunicare emozioni. Quindi t’arrendi: ma nel mio caso però a titoli come Il sognatore, I miei capelli bianchi o Vorrei rivivere. Sono questi i miei brani del cuore.
Vorrei rivivere apre il suo nuovo Cd ed è dedicata a Giuliana: come vive il lutto un anno dopo?
M’ha distrutto. Ho capito quant’è importante avere la propria donna accanto e m’accorgo che sto rivivendo, ora, tutti i momenti trascorsi insieme.
È mancato anche il suo amico Fred Bongusto, altro mito che con tanti brani è ancor oggi un must delle nostre estati musicali: lei come lo ricorda?
Grande artista, timbrica bellissima e originale. Ha trovato una sua personalità espressiva e l’ha sempre mantenuta, che è quello mi pare manchi oggi. Un cantante si valuta da com’è la sua voce davvero, non da come la adatta per seguire quanto funziona. Pure io guardavo a Don Marino Barreto Junior o Paul Anka, ma sono ancora qui perché feci uscire una voce mia.
Nel nuovo disco Mister… Peppino di Capri cosa c’è?
Quello che sentivo di cantare. È il barista il mio primo vero ascoltatore e se qualcosa non gli piace vado in crisi… Ma solo l’ascolto disinteressato fa capire se piace: quando capita la gioia è doppia.
Quindi se anche quando lanciava il singolo dell’estate era sempre esperimento lontano da filoni e ragionamenti, non fu mai sorpreso da qualche brano?
Beh, nelle estati dei 45 giri capitava che spingevi il lato A e poi i distributori chiedevano un’altra copertina perché la gente voleva il B… Ma in realtà per restare, anche con brani da classifica, bisogna proprio aver la forza di non farsi trascinare dalle mode per seguire invece il proprio istinto musicale.
Chi è Peppino di Capri nel 2020?
Non lo so, lascio la parola a chi ascolta musica. Io mi auguro rimanga nell’aria una colonna sonora che vada in eredità ai posteri: questo è l’obiettivo per cui canterò finché il Padreterno mi darà la forza e sarebbe, mi creda, il mio successo più grande.