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 2020  giugno 27 Sabato calendario

Intervista a Isabella Ferrari

L’ultimo dispiacere risale a pochi giorni fa, quando, causa Covid, non ha potuto assistere agli esami di maturità del figlio: «Ha dovuto presentarsi da solo, con la mascherina, noi genitori non potevamo accompagnarlo. Per me è stato molto doloroso». Nel panorama italiano, piuttosto incline alle etichette, Isabella Ferrari è un’eccezione. Sexy e materna. Adatta al cinema d’autore, come alle commedie scacciapensieri. Disinvolta nei servizi fotografici concentrati sull’aspetto sensuale, eppure pronta, senza fare una piega, a interpretare la madre pedante di un ragazzo non vedente nel teen-movie Sotto il sole di Riccione (su Netflix dal primo luglio), scritta da Enrico Vanzina sulla falsariga del classico Sapore di mare, il film d’esordio, interpretato a 18 anni: «E’ stato un po’ come rendere omaggio a me stessa, come chiudere il cerchio in leggerezza».
Se guarda alla sua carriera, si sente soddisfatta?
«Sì, posso dire di aver fatto veramente quello che sognavo, e di avere, oggi, l’impressione di spegnere le candeline su una torta piena di tanta vita, incontri, racconti di donne contemporanee. Sono stata molto fortunata, e anche coraggiosa nel fare certe scelte. Prima non riuscivo a dirmelo, adesso sì».
Di che cosa è più contenta?
«Negli ultimi anni sto lavorando sempre più spesso con giovani registi bravissimi: io sono "agée" e, nello stesso tempo, vicina alla "nouvelle vague" italiana». 
Non le è pesato ripensare a lei nei panni di Selvaggia, in Sapore di mare, mentre recitava la parte di una signora sola, tutta presa dal figlio in Sotto il sole di Riccione?
«E’ stato come fare una citazione di me stessa. In Sapore di mare ho recitato accanto a Virna Lisi e, da allora, ho sempre desiderato raggiungere quel livello di maturità, di classe, di bellezza. No, la malinconia dei 20 anni non l’ho mai avuta».
Ha esordito con Carlo Vanzina, scomparso l’8 luglio di due anni fa. Che ricordo ne ha?
«Carlo era molto delicato, sul set di Sapore di mare è stato come un padre buono. Con gentilezza e acutezza ha saputo gestire tutti i miei timori del momento, tutte cose che poi sono rimaste impresse sulla pellicola».
Come sono state le sue estati giovanili?
«Le ho vissute prevalentemente in Liguria, duravano molto, due mesi, eravamo sempre tutti insieme, fratelli, cugini, amici, anche in situazioni spartane. Erano estati perfette, piene di notti insonni, di amori che nascevano e che finivano con tristezza, di lacrime, non c’è niente di più bello che innamorarsi nel mese di agosto».
Come sono diventate, invece, le sue estati di persona adulta?
«Il mio lavoro si svolge in gran parte nei mesi estivi e quindi spesso mi capita di interrompere le vacanze. Abbiamo una casa a Pantelleria e lì i miei figli, tornandoci ogni anno, hanno amici che sono cresciuti insieme a loro. Anche per questo ho fatto in modo che l’abitudine di stare lì ogni anno per un po’, rimanesse viva».
Che tipo di madre è?
«Sono sempre preoccupata, in ansia, sono una madre molto presente. Di sicuro loro, rispetto a noi, sono più seguiti, accompagnati e, forse per questo, fanno tanta fatica a staccarsi dall’ambiente familiare. Io, per esempio, a 17 anni me ne sono andata di casa, ma forse, allora, era più facile sganciarsi».
In Baby, la serie ispirata al caso delle ragazzine-squillo dei Parioli, interpreta un altro genere di madre. Come ha vissuto quell’esperienza?
«Abbiamo girato più o meno nella zona in cui erano avvenuti i fatti. Avevo seguito l’evento di cronaca, mi aveva angosciato e colpito. Il mio non è un personaggio positivo, è stata una sfida». 
La gioventù di oggi è meno impegnata nel sociale, nella politica, rispetto a quella di ieri? 
«Non si possano fare generalizzazioni, quello che sta succedendo nel campo dell’ecologia passa proprio attraverso l’impegno dei giovani e mi comunica speranza. E’ la parte buona dell’essere sempre connessi, dello stare sui social. Significa essere partecipi di un desiderio comune, ovvero il riacquistare qualcosa che è stato loro sottratto, la natura intatta, un ecosistema vivibile. Mi auguro che, da tutto quello che è accaduto in questi mesi, si possa imparare a guardare avanti in modo nuovo».