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 2020  giugno 27 Sabato calendario

“365 giorni” di noiosissimo finto erotismo

Ma l’erotismo cineletterario è davvero erotico? La domanda, oltre che priva di interesse, pare anche villana nei tempi del contagio, delle mascherine e dei guanti (e non quelli di plastica nera del sadomaso, ovvio), della saliva assassina e dei 2 metri di distanza, eppure. Su quel travisamento della realtà che è Netflix, e proprio a causa della pandemia mondiale, il film lo stanno vedendo ovunque, in Italia dicono al primo posto. Si intitola 365 giorni, viene dalla Polonia, e il regista non è né Pawlikowski ( Cold War, Ida) e neppure uno di quelli delle interessanti serie streaming giallo-politiche ( Pantano, The woods), ma una coppia di lui, Tomasz Mandes, e di lei, Barbara Bialowas, ispirato al romanzo dallo stesso titolo di Blanka Lipinska. Naturalmente non ne sapevo nulla mentre dagli inizi di giugno sui social infuriano scambi di vivaci commenti di sapiente porcheria, e comunque me ne ha svelato il successo la collega Guia Soncini che sa tutto prima di tutti. Naturalmente il film è definito erotico dai suoi responsabili, e spiace quindi accodarsi ai bacchettoni che leccando un gelato fanno scorrere tra le dita il rosario, perché il film è davvero bruttissimo. Peggio, come capita troppo spesso coi film e i romanzi spacciati come molto eccitanti, provoca una forte sonnolenza, e come tanta pornografia, incita alle risate. Forse da quel punto di vista lì troppi sono incontentabili oppure indisponibili oppure ne sanno più del diavolo; ma il sesso è una cosa seria, osiamo dire anche privata, ed esserne triste spettatore è come quando vedi sullo schermo Sordi divorare gli spaghetti e non ti viene fame.
Non c’è critico, anche quello di più primitivo arrappamento, che non gli abbia dato zero punti; allora perché, in un momento in cui persino un capolavoro coreano come Parasite ovunque premiato, ha avuto un buon successo di pubblico, folle entusiaste cliccano ininterrottamente gli ingiustificati orgasmi polacchi? Pare non per i nudi semioccultati, non per le fornicazioni che bisogna immaginare, non per le solite manette che appena fai porno per signore sono obbligatorie, ma per la storia identica a tanti Harmony del passato: lui misterioso ricco e crudele, lei capricciosa e sfuggente, si amano odiandosi, lei stuzzicandolo lui dominandola e continuando con minimi assaggi a negarsi tutti e due. Uguale alla trilogia di romanzi e film della casalinga James che con le sue “50 sfumature” colorate è diventata miliardaria. Resta la curiosità di sapere perché il porno e l’erotico di vero successo è opera di signore, da Anaïs Nin ( Il delta di Venere) a Pauline Reage, pseudonimo di uno pseudonimo di una studiosa di poesia mistica, autrice dell’unico testo di vera letteratura porno, Histoire d’O, insuperato dal 1954. Lui, il grande macho del film, questa volta è Massimo, uno spietato boss siciliano con aereo privato, che fa fuori la gente come niente, e lei, Laura, a Varsavia, è una imprenditrice di successo, e meschina ha un fidanzato particolarmente scostante, rapato, in canottiera, ciabatte e ubriacone che per di più non la sfiora. Vanno in vacanza in Sicilia dove il boss che avendola intravista anni prima mentre ammazzavano suo padre non ha mai dimenticato la sua insulsaggine fisica, la rapisce: e continuando a regalarle abiti di sartoria acquistati in paesini tipo Caltagirone o nascondendo sullo yacht due briosi stilisti, la tiene prigioniera in un hotel 8 stelle sul mare, e le fa cucinare specialità polacche anziché pesce fresco. Le dà tempo, appunto 365 giorni, per innamorarsi di lui, ma lei molto malmostosa e senza seno alterna capricci a seduzioni. Mi spiace, come vada a finire non lo so perché anche il dovere ha i suoi limiti e 114 minuti in attesa di qualcosa di lussureggiante che poi non c’è o c’è senza mostrare nulla pare troppo: e lui un po’ la lega e un po’ la fissa, severo e inconquistabile, la sfiora e appena lei sta per cadere in deliquio, vero uomo, la pianta lì, anzi sotto i suoi occhi si fa fare una cosa dal solito puttanone in nero. La lussuosa camera da letto di gusto carcerario dove ancora non hanno giaciuto, ha curiosamente due docce senza porta, ognuno la fa per conto suo, poi lei lo fissa in basso, incantata e lui, virile le chiede, “vuoi solo guardarlo o altro?”. Lei furibonda. La grande seduttrice è Anna-Maria Sieklucka, una diva televisiva di non grande fama neppure in Polonia, lui invece è una nostra celebrità per i follower, 6 milioni su Instagram, e gli appassionati di Ballando con le stelle su Canale 5: è anche cantante romantico e canta pure sfiorando con le labbra il collo di lei. Si tratta di Michele Morrone di Melegnano, 30 anni, bellissimo come lo sono oggi i maschi che si fidanzano con le show-girl più anziane: moro, capelli abbondanti, barba e baffi corvini, occhioni neri molto siciliani malgrado l’origine lombarda. Vita di vespa, torace muscoloso con pettorali e soprattutto pelo abbondante ovunque, tornato di moda; nell’unico suo nudo integrale visto ovviamente da dietro, natiche da ricordare. Nel film Morrone parla inglese, quando deve esprimersi in italiano, è doppiato. Padre muratore defunto, moglie stilista libanese tornata al suo paese con i loro due figli, è il tipo di giovanotto cui si augura ogni bene, e quindi anche un successo secondo il suo impegno e i suoi meriti.
Comunque per quel che riguarda la ragione per cui 365 giorni lo stanno vedendo in milioni, cioè il sesso, scordatevelo: i due, e non solo, ne farebbero di tutti i colori: peccato che bisogna lavorare di immaginazione perché qualsiasi allacciamento intraprendano, si vedono soltanto le facce, bocche spalancate, occhi strizzati, vuoi gemiti che grida. La scena in cui gli amanti finalmente consumano, è il risultato di un impegno davvero impressionante da parte dei due affaccendati e dei tecnici che li riprendono: lunghissima, sotto coperta o sopracoperta (dello yacht) senza stacchi, su e giù, sopra e sotto, a diritto e rovescio, eppure non un’immagine da cattivi pensieri.