Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  giugno 26 Venerdì calendario

Il petrolio rischia di scarseggiare nella Ue

L’Europa rischia di rimanere a corto di petrolio entro i prossimi dieci anni dal momento che i maggiori Paesi produttori di oro nero, e fornitori della Ue, vedranno diminuire la propria produzione negli anni a venire. La stretta dell’offerta mondiale di petrolio potrebbe accelerare in conseguenza della crisi sanitaria legata al Covid-19 e i Paesi europei, primi importatori (13 mln di barili al giorno) davanti alla Cina, potrebbero trovarsi a doverne pagare le conseguenze in maniera pesante. Il rapporto di Shift Project, think tank francese che lavora per limitare la dipendenza dell’economia Ue dai combustibili fossili, appena pubblicato, e ripreso da Le Monde, illustra come gli stravolgimenti recenti del mercato petrolifero potranno mettere in difficoltà gli approvvigionamenti di oro nero entro il 2030 nel vecchio continente.La produzione della Russia e dell’insieme dei paesi dell’ex Urss, che forniscono oltre il 40% del petrolio della Ue, sembrano aver imboccato nel 2019 un declino sistematico. La produzione di petrolio dell’Africa (oltre il 10% delle forniture della Ue) parrebbe avviata al declino almeno fino al 2030, secondo quanto ha detto a Le Monde, Matthieu Auzanneau, direttore del think tank che ha analizzato i dati, non pubblici, di una delle società di riferimento per il mondo degli idrocarburi, la norvegese Rystad Energy. L’analisi permette di constatare che la curva indicata dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) dal 2018 tende ad accentuarsi: all’epoca, l’agenzia che ha sede a Parigi, aveva avvertito che senza grandi investimenti da parte dei produttori il mondo sarebbe rimasto a corto di petrolio nel 2025.
Da tre decenni, le scoperte di petrolio convenzionale, come i giacimenti dell’Arabia Saudita e della Russia, ad esempio, sono al livello più basso. I giacimenti esistenti conoscono una lenta decrescita dell’ordine di 3-4 milioni di barili al giorno a livello mondiale, cioè il 4% del consumo del Pianeta.
In questi ultimi anni la rivoluzione del petrolio non convenzionale come quello di scisto nordamericano o le sabbie bituminose dell’Alberta (Canada occidentale) hanno fatto pensare ad alcuni analisti che le nuove risorse petrolifere mondiali sarabbero state assicurate. Di fatto, gli Stati Uniti nel 2018 sono diventati il primo produttore mondiale grazie alle tecniche di perforazione idraulica producendo fino a 12 milioni di barili al giorno.
La crisi del Covid-19 ha dato un grande scossone a questa situazione, provocando il crollo storico dei prezzi dell’oro nero. E le compagnie petrolifere, di conseguenza, hanno ridotto in maniera massiccia i propri investimenti in esplorazione e produzione per fare fronte alla situazione, con la conseguenza che il petrolio non convenzionale è più caro da estrarre e il suo flusso è in caduta libera, specialmente negli Usa. L’estrema volatilità dei prezzi negli ultimi anni hanno reso le major del settore più prudenti.