ItaliaOggi, 26 giugno 2020
Periscopio
I politici in ascesa hanno molti cronisti amici. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
Marco Travaglio è diventato uno di noi. È entrato quatto quatto nel club dei beneficati dello Stato come un furbo gattone, fischiettando per non farsi riconoscere. Il suo Fatto quotidiano ha chiesto e ottenuto l’aiuto di Stato, per di più insaccocciato infilandosi nel novero dei bisognosi strozzati dal Covid-19. La società di cui è azionista, la Seif, quotata in borsa, e il cui vero patrimonio è Travaglio stesso, vero capitale umano (e anche un po’ disumano) del Fatto, di cui è direttore d’orchestra, primo violino e primissimo trombone, ha approfittato del decreto, ha chiesto e ottenuto un prestito da 2 milioni e mezzo di euro da Unicredit con garanzia dello Stato al 90%. Cioè, se dovesse andare a gambe all’aria la ditta, nessuno andrebbe a pignorare la sua macchina per scrivere ma ce li metteremmo tutti noi contribuenti. Anche se tutto è legittimo e legale. Solo che è contrario ai principi da lui sino ad adesso professati. Renato Farina. Libero.
Il labrador vive per mangiare. Se non lo fa, è un brutto segno. Giulietta seguirebbe chiunque, pur di ricevere un boccone. Romeo è più selettivo, non si compra con una bistecca. Ho dovuto lasciarlo per sette giorni con Dora. Al ritorno, non mi lasciava uscire di casa. Franco Barberi, allevatore di cani labrador (Stefano Lorenzetto). Corsera.
C’è anche un altro aspetto che sembra emergere in questi tempi: la paura di dire la verità, di parlar chiaro, senza ambiguità o almeno senza eccesso di contraddizione. C’è una parola che torna spesso sulle mie labbra, anche a causa della mia formazione di biblista, è parresia. È la virtù della libertà e della franchezza. Sapendo che questa non si mendica, ma si esercita innanzitutto attraverso la parola. Parresia è il parlare superando l’inibizione della paura. Mio padre insisteva molto sul «saper dire sempre ciò che si pensa, a costo di patirne». Enzo Bianchi, fondatore e primo priore della Comunità di Bose (Antonio Gnoli). la Repubblica.
È abbastanza facile occuparsi degli ultimi e degli emarginati quando stai bene. Quando ti fermi a parlare con i ragazzi di colore agli angoli della strada, però poi te ne torni nel tuo bell’appartamento nel centro di Milano, dove tutto è tranquillo e non corri nessun rischio. Oggi, però, che temi per la tua vita, ed esci con la mascherina per andare in farmacia, all’angolo della strada non vedi più nessuno, e se lo vedi allunghi il passo e vai via. Walter Siti, scrittore (Nicola Mirenzi). Huffington Post.
«Tutto ha cospirato per fare di lei, Daverio, un giramondo – dico. Nato a Mulhouse in Alsazia, da mamma francese di origine tedesca, papà italiano, scuole francesi, poliglotta di cinque lingue, francese dalla culla...». No, la mia lingua di strada fu l’alemanno, tedesco dell’Ovest, simile allo svizzero. Il francese è la lingua della scuola, da interno nei collegi alsaziani. Baccalaureato alla Scuola Europea di Varese. L’italiano l’ho imparato bene solo frequentando Economia alla Bocconi. Invece, la retorica che mi ha acquistato la popolarità in tv con la serie Passepartout sull’arte l’ho appresa da assessore. Dovendosi imporre a una gabbia di matti come un consiglio comunale si impara presto ad attirare l’attenzione». Philippe Daverio, storico dell’arte (Giancarlo Perna). Libero.
Il fascismo, quand’ero bambino, era lontano. Lo sentivo come la normalità. Mio papà aveva fatto la Marcia su Roma, ma non era un fascista fanatico, non ne parlava quasi mai. Vivevamo una vita familiare abbastanza tranquilla. Il fascismo lo vivevo come una cosa che c’era, normale. Non conoscevamo altro, la democrazia non l’avevamo mai vista. Comportava degli obblighi: il sabato la divisa da balilla, la ginnastica e le adunate. E poi ascoltare con grande attenzione i discorsi da piazza Venezia, almeno fino alla dichiarazione della guerra. Fabiano Fabiani, ex capo Rai e Finmeccanica (Walter Veltroni). la Repubblica.
I primi ricordi di mio padre sono le piccole magie per farmi accettare una puntura. Faceva comparire una moneta dietro il mio orecchio, una volta perfino un pulcino. La cosa più incredibile era quando si infilava una sigaretta accesa nella bocca, e poi l’apriva con la cicca ancora incandescente. E poi le pernacchie sulla pancia, le penniche distesa a pelle di leone su di lui, le sue smorfie per farmi ridere, la barba che odorava di pulito. Il profumo inconfondibile, Eau d’Orange Verte di Hermès. Ho continuato a sentirlo anche dopo che se ne è andato. Cristiana Pedersoli, figlia di Bud Spencer (Elvira Serra). Corsera.
Lucio Moderato direttore dei Servizi per l’autismo alla Fondazione Sacra Famiglia a Cesano Boscone vicino a Milano dice: «Per anni ha imperversato la teoria nefasta delle madri frigorifero, anaffettive. Nel 1950 i medici dicevano qualcosa tipo “Si isola perché non è abbastanza amato”. Fake news novecentesche, quando non si chiamavano ancora fake news. Montagne di sensi di colpa. È anche grazie alla ribellione delle madri colpevolizzate che le cose hanno cominciato a cambiare. Nel 1969 Leo Kanner, psichiatra, uno dei pionieri nello studio dell’autismo, abiura: ho detto una cazzata, ammette. Le madri-frigorifero non c’entrano un bel niente. Prende forza la strategia di psicoeducazione derivata dalle leggi dell’apprendimento, soprattutto in America. Adottando anche tecniche usate per l’addestramento degli animali da circo... Ecco un caso in cui la scienza non è cambiata motu proprio, ma anche per merito delle famiglie che si sono ribellate». Elio e le storie tese con Michele Serra. il venerdì.
In Italia è stato creato un racconto deformato della realtà, al quale hanno contribuito in tantissimi. Dai costituzionalisti per il No del 4 dicembre agli autorevoli commentatori del Corriere della Sera. Hanno dipinto l’Italia come una fogna. È stata la madre di tutte le fake news, e cioè che bastasse chiunque pur di sostituire questi «criminali» e questi «mafiosi» che stavano governando l’Italia. I primi risultati sono arrivati nelle realtà locali. Su internet gira questo video beffardo. All’inizio si vede Virginia Raggi che nel 2013 va in un piccolo parco vicino casa sua ed esibisce tre pezzettini di vetro e una cornice di legno, mostrandoli con dovizia di particolari. Sul finale del video si vede com’è oggi il parco, cioè una discarica, una giungla impenetrabile con sorci e vipere. Paolo Virzì, regista (Davide Allegranti). Il Foglio.
L’amore è Dio pellegrino al tuo cuore. Roberto Gervaso. Il Giornale.