Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  giugno 25 Giovedì calendario

Periscopio

Quello di Conte è il governo peggiore dai tempi di Nerone. Con la differenza che Nerone almeno varò un rinnovamento urbanistico. Antonio Martino, ex ministro della difesa e degli esteri (Federico Novella). LaVerità.
Tutto è peggiorato dai tempi del Cav: pil, debito, tasse, occupazione. Tomaso Staiti di Cuddia, ex deputato del Msi (Giancarlo Perna). Libero.

Quel tizio di Padova che ha parcheggiato la fuoriserie sotto i portici del centro per non bagnarla potrebbe diventare un simbolo della nuova resistenza. Massimo Gramellini. Corsera.

Perché stupirsi? Se il «capitalismo» è peccato e la prosperità «vizio», se l’egoismo altera la «purezza» del «popolo», distruggere la ricchezza sarà più esaltante che estirpare la povertà. Corre voce che i cinque stelle siano di casa in Vaticano. Forse non è vero. Ma perché no? Loris Zanatta. Il Messaggero.

Fazio ha tantissimi meriti e un modo di fare tv diverso dal mio: io faccio inchieste, lui fa intrattenimento. Massimo Giletti, conduttore di La7 (Renato Franco). Corsera.

Emilio Fede è l’archetipo del giornalista. Agiva come tutti i direttori di tg; ma lui, essendo maldestro, lo faceva capire meglio. Antonio Ricci, inventore di Striscia la notizia (Aldo Cazzullo). Corsera.

Expo è stata un esempio di grande cooperazione: internazionale tra Paesi, ma anche tra governo, istituzioni ed enti locali. Anche oggi servirebbe questo approccio. Letizia Moratti, ex sindaco di Milano (Giannino della Frattina). Il Giornale.

Dimagrire sette chili in sette giorni? «Una truffa: perdi solo acqua». Gli Ogm nocivi? «Una bufala». Lo zucchero di canna? «Fa male quanto quello bianco». Il sale rosa dell’Himalaya? «Viene dal Pakistan, che dista 1.500 chilometri dall’Everest». Dario Bressanini, dietologo (Stefano Lorenzetto). Corsera.

A Buenos Aires degli sconosciuti hanno tagliato all’altezza delle caviglie la statua di Lionel Messi, subito caduta in terra. Al blocco di marmo sono rimaste attaccate le scarpette. Davide Morganti. Quattrotretre.

Dovremo portare tutto all’esterno. I negozi dovranno avere dei dehors, lo spazio chiuso è pericoloso in caso di pandemia. Ma anche lì, bisognerebbe togliere le tassazioni per chi occupa uno spazio esterno. Serve aria, il virus all’aria non sopravvive. Quindi, più spazio per noi, meno per le auto. Stefano Boeri, architetto (Brunella Giovara). la Repubblica.

Seguendo Facebook (perché sì, sono su Facebook) vedo che la gente non sa niente, non ha letto nulla e mi chiedo cosa ha fatto la scuola. Che brutto non sapere nulla, fidarsi dei cretini che ci propinano stupidaggini. Chiunque mi conosce sa che io non ho studiato, non ho fatto neanche il liceo. Ho avuto comunque un’adolescenza in tempi in cui l’unico divertimento era leggere, per cui per me leggere è stata la fonte della vita e lo è tutt’ora. Leggere non i romanzetti, ma le cose che ti fanno capire cos’è l’umano o perché la storia è andata così, perché sono successe certe cose… secondo me è indispensabile, il resto non importa se non c’è cultura. Natalia Aspesi, giornalista (Giuseppe Fantasia). Huffington Post.

Se non hai nemici vuol dire che hai sbagliato tutto. Giovanni Arpino.

Sono nato quattro giorni dopo la dichiarazione di guerra del Duce. Mio padre aveva già combattuto in Africa nel 1935. Fu subito richiamato. Dopo l’8 settembre venne fatto prigioniero a Corinto e portato in campo di concentramento: prima a Leopoli, poi ad Amburgo. Con lui c’erano Giovanni Guareschi e Gianrico Tedeschi, l’attore. Rifiutarono di combattere per i nazisti; ma della prigionia mio padre non parlava mai. Francesco Guccini, cantautore (Aldo Cazzullo). Corsera.

«La cosa più ridicola, chère amie», diceva la marchesa di Vallombrosa, «è che la nobiltà non è mai stata tanto viva e ossequiata come nei paesi che l’hanno abolita. Vedi l’Italia, vedi la Francia». Nantas Salvalaggio, Il salotto rosso. Mondadori, 1982.

La vitalità del Rinascimento riempie la vita dell’Italia dal secolo undicesimo al sedicesimo e si trova, in alcuni settori della vita, al principio del Seicento e più tardi. È un movimento, il battito di un cuore, un’energia pulsante, dopo di che l’Italia sembra addormentarsi come sfinita dalla prova. Giuseppe Prezzolini, L’Italia finisce. Rusconi libri, 1994 (prima edizione in Usa 1948).

Marco Travaglio adesso si è fatto prestare un salvagente dallo Stato. Non lo accusiamo di incoerenza, la vita è complicata, e la morale, specie dei moralisti, è di circostanza, si adatta. Primum vivere, deinde philosophari. Così Travaglio, dopo aver riempito ieri di fieno la cascina, siamo certi che oggi, come al solito, filosofeggerà che l’aiuto alla sua società è tutta un’altra storia. Renato Farina. Libero.

Gricia esce a stappare sulla terrazza. I tetti di Trastevere, i lampioni gialli di via Dandolo, la luna bassa sul Gianicolo: il colpo d’occhio è lo stesso di quando era bambino. Ci è cresciuto, in questa casa. Il padre, tipografo dell’Unità, morì quando lui aveva due anni. Allora, nel centro di Roma abitavano i poveri. La madre andò a fare la cassiera nella rosticceria di San Cosimato. Vivevano in affitto. E l’affitto si mangiava quasi tutto lo stipendio. Così si trasferirono alla Montagnola. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

Yadwiga aveva le mani ruvide come quella di una contadina. A Lpisk faceva il lavoro di un uomo. Seminava, falciava, mieteva, piantava patate, segava persino la legna e la spaccava. Le sue vicine, lì a Brooklyn, le davano ogni sorta di lozioni per ammorbidirsi le mani, che però rimanevano ugualmente callose come quelle di un operaio. Isaac B. Singer, Nemici – Una storia d’amore. Longanesi, 1972.

Oltre ancora c’erano le verdi marcite di Chiaravalle, i filari di robinie, il campanile dell’abbazia che escono dall’aurora come una decalcomania quando slitta lentissima sull’umidore del foglio. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori, 1963.

Con che facilità sostituisce i pregiudizi altrui ai propri. Roberto Gervaso. Il Giornale.