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 2020  giugno 25 Giovedì calendario

Emiliano solo contro tutti

Ti dicono: butta un occhio in Puglia, e subito è chiaro che lì c’è già baruffa, la partita delle regionali è iniziata e si annuncia lunga e per niente scontata.
Per capirci: Michele Emiliano, il governatore uscente, è solo contro tutti.
Per capirci meglio: l’hanno accerchiato e i primi sondaggi, per quanto possono contare visto che sono appunto i primi, lo danno circa 7 punti dietro al candidato del centrodestra, Raffaele Fitto.
«Ho la voce di uno impaurito?», chiede Emiliano con il suo vocione da comizio, da magistrato in aspettativa – («Mantenere un lavoro mi rende libero dai ricatti della politica») – che si è fatto prima dieci anni filati da sindaco di Bari, dal 2004 al 2014, soprannominato Sceriffo, la legalità vista e applicata da sinistra, e poi altri cinque al comando della Regione, costretto ad affrontare questioni complesse e drammatiche – Ilva, Tap, Xylella – in continuo lacerante conflitto con capi e capetti del Pd – («Mi considerano un male necessario») – che però alla fine sono sempre costretti a fidarsi di questo curioso personaggio alto e grosso, fintamente brusco e invece grandioso comunicatore, spregiudicato, furbo e ambizioso.
Certo stavolta la partita è complicata assai. Erano quindici anni che il centrodestra non riusciva a presentarsi unito, e a questo giro ci prova con Fitto, a lungo il prototipo del perfetto berluscones – sempre pettinato, i pantaloni con la riga, mai la forfora sulla giacca – però adesso arruolato da Giorgia Meloni, che l’ha imposto allo stesso Cavaliere (malmostoso, con dosi di rancore) e a Matteo Salvini, che gli avrebbe preferito invece Trifone Altieri detto Nuccio (prima di litigarci, questo Altieri era così legato a Fitto, da volerlo addirittura come testimone del suo leggendario matrimonio; leggendario perché nella lista di nozze Altieri infilò un magnifico trullo, adocchiato nelle campagne di Polignano a Mare: «Regalatemelo, ci ricorderà per sempre il nostro meraviglioso giorno»).
Insieme a Fitto ed Emiliano si candidano poi Antonella Laricchia, rappresentante ufficiale a Cinque stelle, Mario Conca, ex tempestoso consigliere regionale grillino, e il renziano Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Esteri ma qui guastatore e rappresentante del cartello composto da Italia Viva, Azione e +Europa.
(Presidente Emiliano: Scalfarotto è fuoco amico?
«Ivan è stato coordinatore delle mia segreteria. Andava in giro a dire su di me cose talmente belle da crearmi imbarazzo. Ora vedo che Renzi prima lo mette in corsa, e poi lo delegittima, dicendo a Zingaretti che se il Pd rinunciasse al mio nome, sarebbe disposto a trovare un candidato comune. Ma è Renzi, quindi nessuna meraviglia».
Renzi non le è mai piaciuto.
«Guardi: all’inizio, credetti, come tanti, che fosse un innovatore. Poi, era il 2015, un giorno mi azzardai a dirgli: stai stabilizzando 100 mila docenti, eppure ce l’hai tutti contro, prova a chiederti perché. Sa come reagì?».
No.
«Mi mandò un sms: la campagna elettorale fattela da solo».
In quella appena iniziata, Fitto è già avanti.
«Avrei temuto un avversario nuovo, fresco, cordiale, pieno di umanità. Invece si presentano con Fitto, cupo formidabile carrierista…».
Fitto la spaventa.
«Cosaaa? Non scherziamo. Piuttosto: diciamo che Fitto, per anni, s’è spacciato per un uomo di centrodestra, un liberale… invece, dentro, è un sovranista radicale e, in fondo, un uomo di pura destra».
Lei è detestato da quelli del M5S.
«Curioso, no? Sono sempre stato accusato di essere filo grillino, però adesso, al governo con Grillo e Di Maio, ci stanno loro, Renzi e il Pd».
Rapporti attuali con il Pd?
«Come noto, non ho rinnovato la tessera. Ma questo non mi impedisce, ovviamente, di continuare ad essere di sinistra, di avere come faro Enrico Berlinguer, di pensare prima di tutto agli operai, ai contadini, ai migranti, agli ultimi…».
L’accusano di essere populista.
«È corretto definirmi populista. Io sono un populista istituzionale».
In campagna elettorale tornerà pure l’accusa di aver accettato quella cesta di cozze pelose e spigole da Gerardo Degennaro, imprenditore poi finito agli arresti.
«Ormai è un elemento di colore. Solo che quella storia non aveva alcun profilo giudiziario, né etico: è una leggenda. Vere, al contrario, sono le cause per diffamazione che ho vinto»).
Mentre siamo ai saluti, al telefono, arriva un’agenzia in cui anche la renziana Teresa Bellanova, ministro dell’Agricoltura, molla uno spintone a Scalfarotto. «Se Zingaretti è d’accordo, i candidati attuali possiamo metterli da parte».
Emiliano, un’ultima cosa: ma quella citazione di Berlinguer? «Assistetti all’ultimo comizio che tenne qui a Bari, con mia sorella Simonetta sulle spalle. Un’emozione forte, ancora intatta».