La Stampa, 24 giugno 2020
Piera Degli Esposti in noir
Se Piera Degli Esposti dovesse scegliere, essere la Signora in Giallo Jessica Fletcher o il tenente Colombo, lei non avrebbe dubbi; indossato l’impermeabile si sentirebbe un perfetto Peter Falk al femminile: «Mi diverte che Colombo abbini sempre all’investigazione l’elemento del gioco, con il gusto sadico di tenere l’assassino sul filo». Sostanzialmente Degli Esposti, un faro del teatro internazionale prestata con successo a cinema e tv, ha sempre amato il noir, tanto da essersi inventata un personaggio a metà strada fra realtà e immaginario, capace di investigare, portare alla luce delitti, scoprire i colpevoli fino ad assicurarli alla giustizia.
Un ruolo, quello di Piera Drago, attrice immensa e umorale, che giganteggia ne L’estate di Piera, romanzo scritto da lei con Giampaolo Simi, edito da NeroRizzoli, che potrebbe diventare un personaggio fisso e approdare alla serialità tv. «La verità è che io ho sempre desiderato essere in un’atmosfera noir. Una sorta di spazio lenitivo dove mi accomodo volentieri. Quando le ansie si impossessano di me, mi placo pensando a un delitto, a me che lo scopro e lo seguo fino alla risoluzione. La mia mente inventa gialli complicati che io stessa devo risolvere. Fin da ragazza subivo l’influenza salvifica dell’intrigo, il potere calmante della scena del delitto. Da adulta e da attrice ho parlato con la voce stentorea e aulica di Cleopatra e di Medea, poter dire "Signor Rossi venga fuori, siamo armati, non ha più scampo", mi è tremendamente mancato».
Ecco allora la crasi psicologica che fa nascere il thriller: l’attrice famosa Piera Drago, da protagonista in palcoscenico si fa spettatrice, più che di un delitto di una caduta agli inferi. Nel giallo si rintracciano perfettamente due piani, quello della Finestra sul cortile e quello più profondo dell’introspezione psicologica, un viaggio nell’inconscio consumato grazie all’aiuto di Shakespeare che con il suo Riccardo III, provato e riprovato dall’attrice alle prese con un inedito duca di Gloucester al femminile, svela risvolti sinistramente simili alle vicende di cronaca.
Con i ragazzi di un teatro occupato (il riferimento è al Valle di Roma che ha subìto lo stesso destino) Piera Drago rivive le ossessioni del Riccardo III, quella smania di potere rincorsa a costo di sterminare la sua famiglia. Lì, a seguire le prove seminascosto nell’ultima fila della sala, c’è l’assassino, o meglio, colui che per incidente si è trovato ad essere tale, perciò caduto in una spirale di depistaggi. Grazie a un assunto shakespeariano, colui che fino al giorno prima era stato un opaco portaborse, si trasforma in stratega: «Carico il peso di tutti i misfatti da me segretamente consumati, sulle spalle degli altri». E allora il giovane assassino tenta depistaggi a catena sempre seguito da Piera Drago che ne intuisce le mosse forse perché impersonifica gli stratagemmi del duca di Gloucester.
L’estate di Piera si scioglie in un’afa senza tregua che fa rimpiangere la limonata rinfrescante che Pereira di Tabucchi consumava con somma soddisfazione nella calura di Lisbona. Qui non esiste refrigerio per il giovane portaborse di senatore arruffone e paga carissima la voglia di evasione. I gialli come i noir non si raccontano, qui non si deve scoprire l’assassino, palese fin dalle prime battute, ma il percorso parallelo del giovane e della investigatrice improvvisata ma acutissima, l’uno per fuggire, l’altra per scoprire, nella vecchia Roma incandescente che vomita figure equivoche, criminali.
Non male per una seguace di Hitchcock. «La Drago è me ma io non sono lei. Mi riconosco tenace, ostinata ma meno coraggiosa. Io seguo una dimensione più fantastica, immagino e non faccio». A seguirla, vari archetipi del genere, il bravo e imbranato poliziotto altoatesino, e il vice questore più scafato. «Quello che gli accade conferisce forza all’uomo, la mancanza di autostima giustifica l’euforia di un momento unico in una vita avara di bellezza. Anche a costo della morte». Perciò si parteggia per l’assassino, uno a cui capita per accidente qualcosa di terribile che potrebbe occorrere a chiunque. Un uomo braccato, anche da se stesso, come Riccardo III. Molto shakespeariano è pure il viaggio nel senso di colpa che hanno tutti i personaggi di fronte al desiderio di fare piazza pulita degli ostacoli. E dire che tutto parte dalle dimensioni di una vongola. Vai a capirlo, il giallo.