Corriere della Sera, 24 giugno 2020
Biografia di Paolo Bellini
Nella commedia marcia di mazzettari e maneggioni, s’era scelto un ruolo di nicchia: il «pirla». Autodichiarato, ostentato in decine di conversazioni intercettate. Come questa, decisiva: «Chiunque vincerà, avrà bisogno di un pirla come il sottoscritto».
Non che l’abbia mai pensato davvero. No, per Paolo Bellini, 54 anni, aspetto anonimo, occhialino da professore, mantovano di Suzzara, funzionario dell’azienda milanese dei trasporti da quasi 25 anni (sospeso da ieri), era più la rivendicazione ironica di un ruolo occulto strabordante: non un dirigente (seppur con autista), ma dotato di uno strapotere che gli ha permesso di trattare (e tramare) con i colossi mondiali dell’industria ferroviaria.
E infatti l’anno scorso, quando bisogna indire la gara per il nuovo sistema di segnalamento sulla M2 (che trasformerà la seconda linea del metrò da manuale ad automatica) giocando a fare il «pirla» sfodera programmi e furbizie: «Quando uscirà la gara da 127 milioni e parteciperanno le ditte, e qualcuno dirà ca..., quel pirla di Bellini aveva ragione, tu vedrai che si faranno avanti... a quel punto faremo noi i preziosi, hai capito?».
Da manuale della corruzione: grigio funzionario, in mano informazioni riservate, disposto a venderle. Bellini non puntava su un concorrente, ma parlava con tutti: per assicurarsi comunque la «stecca». Abile manovratore, «aveva trasformato il suo reparto in una ditta privata dentro Atm», come racconta un dirigente al Corriere. Frase che apre un interrogativo: come è possibile, in un’azienda di eccellenza, che un funzionario faccia banchetto ogni giorno sul tavolo degli appalti (quello sul quale dovrebbero esserci i controlli più serrati) e nessuno si accorga di nulla?
Anche perché, da responsabile degli «impianti di segnalamento e automazione delle linee metropolitane 1,2, 3 e 5», non ha mai brillato per accortezza e riservatezza. Come accade il 18 marzo 2019, quando Bellini riceve un operaio. Deve truccare la sua assunzione in Atm. Lo prepara. E gli racconta di tutto. Parte dal posto in cui avviene l’incontro: l’ufficio della società di cui è socio «in nero», e con la quale munge pesantemente Atm. Esordisce: «Questo è il mio secondo ufficio». Poi confessa: «Noi facciamo tutta la manutenzione di impianti di segnalamento della linea, io faccio il direttore dei lavori di qua». A questo punto, ride.
Eccoli, dietro quel sorriso, i due Bellini in uno: funzionario di Atm e direttore lavori ombra della ditta che prende i lavori da Atm: «Facciamo che sono un socio occulto». In un passaggio ostenta spavalderia imprenditoriale: «Perché se stai in Atm ti fossilizzi, invece io ho una mentalità imprenditoriale, quando vedo il soldo e l’affare... lo faccio». Per questo è sempre alla ricerca del «cavallo da cavalcare». E lancia la seconda auto rappresentazione (alter ego del «pirla»): «L’altro mio compito è far la pu..., cioè io procaccio, porto a casa il lavoro, ho altre società per cui lavoro. Qual è il mio guadagno? Un quid mensile, come se prendessi uno stipendio, però è tutto molto occulto, perché io tra l’altro non avendo partita Iva è sempre un problema farsi pagare». L’onesta è una preoccupazione passeggera: «Certo, a livello deontologico, non è piacevole in azienda far questo». Ma la brama dissolve l’ombra: siccome tutti avranno bisogno «di un pirla», «non me ne frega un ca..., e vado a fare gli ultimi anni col Mercedes».