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 2020  giugno 24 Mercoledì calendario

I libri proibiti che sedussero la Francia

Robert Darnton, professore all’Università di Princeton, è, probabilmente, il maggior studioso della storia di Francia prima della Rivoluzione. Nel testo Libri proibiti (traduzione di Vittorio Beonio Brocchieri, il Saggiatore, pagg. 464, euro 35) viene attratto specialmente da due fatti. Da un lato, cosa resta dei libri francesi alla fine del diciassettesimo e durante il diciottesimo secolo. Non è difficile saperlo. Gli innumerevoli librai – di solito piccoli, modesti, meschini – sono perfettamente documentati. La Parigi del Settecento era una gigantesca rete di comunicazioni, che abbracciava ogni angolo della città, percorsa da pettegolezzi, lettere, stampe, manifesti, libri, pamphlets, libelli e gazzette scritte a mano. Parigi parlava in modo incessante. Non taceva mai. Era il regno della chiacchiera. Noi, oggi, non ne abbiamo la più pallida idea. Parigi, Ginevra e Montpellier coltivavano una miriade di piccole stamperie. Spesso i proprietari si guadagnavano da vivere impartendo lezioni di matematica, vendendo verdure, gestendo un cabinet littéraire e svolgendo qualsiasi piccola attività editoriale. Avevano un negozio: di solito al secondo piano di una casa, come nella Grand Rue di Ginevra. C’era la censura, e il privilegio reale. Ma spesso le opere venivano stampate all’estero: proprio lì, appena superato il confine, in Svizzera o in Belgio o in Olanda, sebbene gli ispettori di polizia distinguessero vari gradi di legalità, che via via si avvicinavano al proibito. Tutti scrivevano secondo una specie di morale diffusa sia nel mondo dotto che in quello ignorante. Quando un uomo raggiungeva una certa età, raccoglieva in un libro o in un libretto tutto ciò che aveva pensato, o riflettuto, o appreso, o imparato nel corso della sua vita; e poi questo libro veniva letto a voce alta nel corso del suo funerale: era la sua anima, che volava in cielo. Qualche libro era arso, nel cortile del Palais de Justice a Parigi, da una specie di boia dell’immaginazione: ma migliaia di altri libri continuavano a circolare più o meno liberamente. C’erano libri di religione, sebbene – qualcuno pretendeva – la religione non era altro che un vizioso artificio inventato dai preti.
Il 24 settembre 1768 – la rivoluzione era ancora lontana – il Parlamento di Parigi condannò un garzone di droghe e un rigattiere per aver venduto Le Christianisme dévoilé. I due colpevoli vennero esposti in catene per tre giorni sul Quai des Augustins, con un cartello sul petto che recava questa scritta: «Vendita di libri empi e immorali» e poi vennero inviati alle galere, molto lontano, forse nell’America del Sud, alla Guiana, che accoglieva i dotti e gli ignoranti, i virtuosi e gli assassini, banditi perpetuamente dalla Francia. Sempre per cattive letture, madame Marie Lécuyier fu condannata a cinque anni di reclusione nella Maison de force de la Salpêtrière.
Molti libri furono venduti in moltissime copie: per esempio L’an 2440 di Louis-Sébastien Mercier: un testo sentimentale, in vetta alla lista dei bestseller a partire dal 1771, che venne ristampato almeno venticinque volte. Mercier era un eccellente osservatore: scorgeva le cose, talvolta le immaginava o le fantasticava, le faceva rivivere con un rapido, astutissimo colpo di mano, come un accorto bandito della letteratura. I suoi erano libelles: fogli volanti, stampe; si rivolgevano al pubblico che frequentava il Pont-Neuf, il Palais de Justice, il Quai des Augustins, il Palais Royal, come, decenni più tardi, raccontava diffusamente e allegramente Honoré de Balzac, produttore e lettore insaziabile.L’an 2440 anticipava il futuro: procedeva di luogo in luogo senza un itinerario preciso, con sempre nuove invenzioni, inserzioni, divagazioni, digressioni – ma cancellando i nomi di Dio, e dei frati, preti, prostitute, mendicanti, maestri di danza, pasticceri, arresti arbitrari, crediti, corporazioni, caffè, tè, tabacchi.
Tutto era cambiato. Aveva trionfato completamente la libertà: quella libertà che, pochi decenni più tardi, sarebbe stata distrutta da Marat e Robespierre per almeno quaranta, terribili giorni. Nell’attesa dell’assassinio di tutti i despoti (ma chi non era despota?), si annunciava l’assassinio di Luigi XVI e di Maria Antonietta, già coperta di maldicenze, di offese e di insulti. All’improvviso un gesuita, un vero gesuita, che forse veniva dalla Cina, rivelava di essere un incallito materialista: perché tutto era materia – materia in movimento; e gli esercizi spirituali comprendevano dei composti chimici per produrre false stigmate e per venire camuffate da reliquie, o da flagellazioni confuse con le masturbazioni, trasferite negli esercizi spirituali di Santa Teresa d’Avila. Sesso e metafisica andavano perfettamente d’accordo. La filosofia si confondeva con la masturbazione. Dio era dappertutto, specialmente in tutto ciò che era o appariva esercizio sessuale.
I poliziotti scoprirono che il più importante trattato politico del secolo, la Bibbia della rivoluzione francese, Il contratto sociale di Rousseau non era stato letto da nessuno malgrado l’entusiasmo che aveva accolto La Nouvelle Héloïse. I rapporti di polizia erano meravigliosamente dettagliati, pieni di osservazioni intorno a fatti di nessuna importanza: come un rapimento per strada, o un’evasione, o un incendio o un bon mot pronunciato in un salotto o un pettegolezzo irrispettoso o, in special modo, la vita sessuale, ora intensa ora annoiata del re; o i coiti conosciutissimi e ammiratissimi di Madame du Barry, forse molto più competente di Madame de Pompadour secondo l’opinione del re Luigi XVI.
Ciò che importava era l’occulto. Qualcosa era diffuso dappertutto: la letteratura clandestina e proibita, la quale, per i lettori del 1780, era sinonimo di letteratura moderna. La letteratura illegale comprendeva, addirittura, 3.544 libri: bastava per Parigi, per Montpellier e per tutta la Francia. Ciascuno poteva comprare i libri illegali: li chiamavano pomposamente libri filosofici; e non costavano molto. Durante gli ultimi anni dell’Ancien Régime erano diffusissimi. Les aventures du Chevalier de Faublas era dappertutto, a differenza di Sade, sconosciuto. Si parlava con entusiasmo del coitus interruptus: che veniva ritenuto elegantissimo. Filosofia e voluttà si confondevano. La Comtesse du Barry, tramontata la povera Pompadour, era un personaggio onnipresente, che si nascondeva anche nei meno diffusi libri di teologia.
Tutti, letteralmente tutti, leggevano Voltaire, persino i suoi enormi e noiosissimi poemi e tragedie: non dico la sfacciata corrispondenza o i piccoli, squisiti racconti e raccontini. Non si distingueva tra lecito e illecito, perché l’illecito era molto più amato del lecito: né tra pornografia e filosofia, come accadrà a Mirabeau e ai suoi lettori. Molti erano certi che il corpo umano fosse una macchina, e la macchina un corpo, fatto di fluidi, fili, pompe ingegnosissime. Le macchine corporee erano amate sia da Diderot che da d’Holbach e La Mettrie e Voltaire. La letteratura politica, gli assalti politici, i pamphlet politici, esibivano lo scandalo con una specie di entusiasmo: mentre i poliziotti controllavano vistosamente sia i caffè sia le conversazioni, e coltivavano i bons mots, ciò che non sarebbe mai più accaduto nel mondo.
Tutti i libri erano venduti, credo più di adesso: ma i libri che attraevano più acquirenti erano quelli proibiti e illegali, a partire dall’Aretino e dalle Lettres de cachet di quel personaggio teatrale e mirabolante che fu Mirabeau. La vita sessuale del re (non sempre l’aveva) era la sorgente prediletta del pettegolezzo: il rispetto per la monarchia era scomparso – e nel 1789 sarebbe stato abolito definitivamente – fino a reincarnarsi in Napoleone Bonaparte e persino in Maria Luigia di Parma. I lettori leggevano l’Aretino, Raynal e una serie di immondezze su Thérèse philosophe, molto più prostituta che filosofa, o la Vie privée de Louis XV.
Chi trionfava era Voltaire: sessantotto testi della letteratura proibita erano firmati dalla sua mano accortissima: e poi c’era Helvétius e Restif de la Bretonne. Il corpo era una macchina: la macchina un corpo. La popolarità della du Barry era immensa. Gli Anecdotes sur madame la comtesse du Barry occupavano il secondo posto nella classifica dei bestseller. Si ha l’impressione che gli aristocratici o la cosiddetta “alta società” fosse fiacchissima. Non c’erano né amanti, né amorosi, né erotomani, né libertini, come racconta Benedetta Craveri in un libro eccellente. C’erano soltanto gli honnêtes gens, quelli che venivano chiamati, o che noi chiamiamo, la gente perbene.
La Bastiglia era vuota. La gente si annoiava profondamente. Si attendeva qualcosa che non arrivava mai. Soltanto qualche inglese vizioso si innamorava – ricambiato – di una signora francese molto perbene.