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 2020  giugno 23 Martedì calendario

Il fantasma di Messina Denaro invade la letteratura

È come Shakespeare secondo Borges: «Somigliava a tutti gli uomini, tranne nel fatto che somigliava a tutti gli uomini». E infatti, dopo 27 anni di inabissamento, dalle pagine della cronaca nera Matteo Messina Denaro è ormai migrato nella letteratura, quella dei labirinti e degli eterni inspiegabili ritorni, della menzogna che rasenta la verità, della notizia che è senza tempo ma è anche di due giorni fa, quando appunto hanno arrestato altri 13 suoi fedelissimi, l’ennesimo messaggero che lasciava sotto una pietra pizzini che parlavano di pecore e di ricotta. E hanno perquisito tutte le masserie di quell’arida campagna e, di nuovo, la casa della vecchia madre nel centro di Castelvetrano dove hanno trovato un ritratto del figlio con una corona in testa, il volto dell’uomo senza volto che solo nel quadro rimane sempre giovane come nella letteratura gotica e nelle pagine di Edgard Allan Poe e di Oscar Wilde. E tra i tanti libri che gli hanno dedicato ci sono “classici” che si intitolano Il Camaleonte, come un famoso racconto di Cechov, Lettere a Svetonio, che sembra un saggio di Luciano Canfora, L’Invisibile che è il titolo del più bel romanzo di Paul Auster, «un libro nel quale ogni cosa reale ed ogni storia reale è messa in dubbio» raccontò il grande scrittore americano ad Antonio Monda che lo intervistava per Repubblica. Insomma è così incredibile che sembra inventato il boss imprendibile che forse non è più il capo dei capi, come dice Attilio Bolzoni, e però da 27 anni vive in clandestinità nel suo paese, conosciuto (si fa per dire) anche come Diabolik, come the italian mafia’s playboy, come l’Assoluto, e noto (si fa per dire) per il suo stile di vita veloce, per le sue Porsche e la sua passione per gli orologi Rolex, una specie di epico assassino – «Con le persone che ho ucciso potrei riempirci un cimitero» – un fantasma feroce che abita sì a Castelvetrano ma nello sguardo degli altri, nel sussurro degli altri, nei pizzini che vengono intercettati, nelle lettere addirittura studiate dagli italianisti, nei murales, nei quadri e negli identikit dove sembra il “Riessere” della Diceria dell’untore di Gesualdo Bufalino: «bagliori di luce e ombra, e quell’odore di accaduto, rimasto nascosto con milioni d’altri per anni e anni in un castone invisibile, quassopra, dietro la fronte…». E c’è una taglia di un milione e mezzo di euro su di lui che a sua volta ha messo taglie sui traditori e sui pentiti, e chissà se davvero vogliono prenderlo tutti quelli che lo rincorrono: poliziotti, finanzieri, carabinieri, reparti speciali, esperti in intercettazioni ambientali e pedinamenti, l’eccellenza dell’investigazione acquartierata a Castelvetrano dove tutti sono spiati e tutti si somigliano perché tutti somigliano a lui. E chissà che questo gran cercare non serva solo a nasconderlo meglio perché, continua la Diceria di Bufalino, «sento che basterebbe un niente, un filo di forza in più o un demone suggeritore … e sforzerei il muro…».