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 2020  giugno 22 Lunedì calendario

Quanto vale la reputazione delle aziende

Lego è la società con la reputazione più alta in Italia, seguita da Ferrari e Walt Disney. La classifica, che definisce la sostenibilità in senso ampio tra i fattori di maggior successo nell’attrarre fiducia, fa parte del rapporto realizzato da the RepTrack company (ex Reputation institute), società internazionale che studia e monitora la reputazione delle imprese. Un asset che fa parte della categoria degli «intangibili», che oggi concorre sempre di più a determinare il valore di un’impresa: nel 1975 gli attivi di questo tipo, dal marchio ai brevetti, dal capitale umano alla reputazione appunto, erano valutati pari al 17% del valore totale di mercato, nel 2015 la quota è salita all’84%.


I fattori
Nello studio, che sarà presentato in via digitale il 25 giugno in collaborazione con Borsa Italiana, viene anche analizzato l’effetto Covid sulla percezione che delle aziende hanno i vari stakeholder, dai clienti agli azionisti, dal territorio ai fornitori. Con un risultato evidente: la reputazione delle nostre imprese, che nel gennaio 2020 ha raggiunto il massimo dal 2011 a quota 71, superando anche il picco toccato nel 2017 pari a 70,8, non è stata erosa durante la pandemia, cioè da inizio anno a maggio. Il livello medio nel panel è rimasto stabile. Però è cambiato il peso delle componenti che concorrono a determinare la fiducia.
Spiega Alessandro Detto, senior vice president per Italia e Svizzera: «Tra la fase pre-pandemia e quella che stiamo vivendo le aspettative degli italiani si sono modificate, o per meglio dire acutizzate», determinando variazioni notevoli fra i diversi driver della reputazione, in precedenza abbastanza stabili. Così «l’importanza del prodotto, il suo rapporto qualità-prezzo, registra una discesa dal 19,4% al 16,8%, senza precedenti nei nostri studi. Entrano in maniera più determinante temi come la capacità delle aziende di avere una visione post-virus, di garantire il benessere dei dipendenti, di mostrare una leadership, aspetto che non ha mai peso di rilevanza, e di avere un ‘purpose’, uno scopo e cioè una visione del futuro per garantire, attraverso quello che ha fatto e farà, un costante impatto positivo su società e ambiente attraverso un approccio trasparente ed etico».
Esiste una forte relazione tra corporate purpose e reputazione. Tuttavia oggi in Italia viene riconosciuta una forte purpose solo al 3,4% delle aziende. «Ciò rappresenta anche una grande opportunità da cogliere», spiega Detto. In sostanza, le aziende devono raccontare ciò che fanno per la comunità, i consumatori e la società nel suo complesso, per migliorare l’ambiente. E lo hanno fatto durante la pandemia, quando hanno «agito», spesso comunicandolo, attraverso donazioni, protezione dei dipendenti, mentre la narrazione sul prodotto si è fermata con l’economia e i consumi.
In particolare nel periodo del Covid quasi il 60% degli italiani ha dichiarato di aspettarsi che, nel recupero dalla crisi, le aziende operino lavorando per «un mondo migliore», quindi con una visione che vada ben al di là della «recovery». E si è ridotta da 7 a 3 punti la differenza fra l’importanza attribuita al prodotto e quella riferita al workplace, la “cura” verso i dipendenti. È interessante notare a questo proposito uno dei trend più significativi che riguardano il periodo Covid: il 90% dei 40 mila intervistati si aspetta che al ritorno in ufficio, dopo il diffuso ricorso allo smart working, il modo di lavorare cambi. Tuttavia solo il 25% pensa che le aziende abbiano sul punto visione e piani concreti.


Primi dieci
Scopo e sostenibilità in senso ampio sono determinanti nella classifica delle aziende italiane per reputazione, realizzata come ogni anno in gennaio (quindi in questo caso pre covid) su un campione costituito dalle maggiori 377 aziende del Paese, a loro volta incluse nel report su 7 mila aziende in 15 nazioni che RepTrack realizza annualmente a livello globale. Lego ha conquistato il primo posto in Italia (come nel mondo) con un indice di reputazione pari a 83,48, oltre 12 punti sopra la media. Nel 2019 era quarta. E dopo Ferrari (82,37) e Walt Disney (81,89), troviamo Amazon (81,25) e Ferrero (81,24). Seguono nella top 10 Netflix, Microsoft, Samsung, Adidas e Bmw.
Ed è proprio grazie anche al «purpose» che Lego ha fatto un balzo così rilevante. Secondo Detto «Lego è stata premiata dal racconto di cosa c’è oltre il proprio prodotto: sostenere i costruttori del domani, il gioco come strumento educativo». E ciò appare tanto più significativo se si pensa che a livello globale il gruppo danese dei mattoncini ha tolto il primato a Rolex, che lo deteneva da tre anni. «Oggi più che mai la capacità di un’azienda di avere nei suoi valori un forte riconoscimento da parte dei propri consumatori è determinante per il successo. Esempi forti sono anche Microsoft che con il suo impegno in Italia per il supporto alla digitalizzazione guadagna 24 posizioni rispetto al 2019 . O Amazon, che era 13esima nel 2019: attraverso i suoi servizi è risultata determinante nella fase di lockdown, così come tutti i retailer».
Per quanto riguarda i settori, se i beni di lusso e l’automotive restano al top, si posizionano sopra la media anche l’hi-tech e i servizi di pagamento mentre allineata è la farmaceutica. Resta invece al di sotto la finanza, intesa come banca e credito al consumo. Però dopo il covid qualcosa potrebbe cambiare: fondamentali per le persone sono stabilità economica e salute, perciò le aspettative rispetto a un ruolo sociale delle aziende si dirigono verso finanza e farmaceutica.