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 2020  giugno 22 Lunedì calendario

Il caso delle pale eoliche nel mare di Rimini

Si fa presto a dire energia pulita: il progetto di un maxi impianto eolico al largo di Rimini, con 59 pale da 215 metri alla loro punta massima (i piloni da soli ne misurano 125), sta spaccando le associazioni ambientaliste. E così, mentre Legambiente è disponibile a considerare l’operazione, valutandola come «un possibile elemento importante per il settore energetico del territorio», Italia Nostra ha lanciato una campagna contraria durissima: «La realizzazione di una infrastruttura così impattante sul paesaggio pregiudicherebbe per sempre e in modo irreversibile l’attrattività turistica della Riviera, con grave danno per tutti, dalle strutture ricettive alla pesca».
Un allarme dai toni apocalittici per un progetto per cui ci sarà tempo fino al 4 luglio per depositare le osservazioni, prima che l’incartamento sia spedito al governo per la valutazione di impatto ambientale e per gli altri passi procedurali. Intanto Italia Nostra, per rafforzare la sua posizione, sottolinea come l’altezza dei manufatti a pale dispiegate sarebbe più del doppio del grattacielo di Rimini, dunque rischierebbe di sfregiare il panorama in modo irrimediabile. In realtà, a guardare le soluzioni presenti nei rendering elaborati dalla società di scopo Energia Wind 2000, solo i primi pilastri sarebbero a una decina di chilometri dalla riva, mentre gli altri verrebbero collocati più distanti, fino a una lontananza massima di 22 chilometri.
Difficile dunque immaginare come si presenterebbe lo skyline dell’Adriatico una volta che l’intervento fosse portato a termine. Ci vorrà comunque tempo, ma la discussione infiamma anche gli enti locali: la provincia di Rimini è interessata alle fonti d’energia rinnovabile e sembra favorevole all’idea, pur riservandosi di esprimersi in sede di conferenza dei servizi. Chi invece non vuole proprio saperne è la sindaca di Riccione, Renata Tosi, che ha dichiarato guerra al progetto: «Abbiamo presentato un ordine del giorno sul parco eolico, terremo un consiglio comunale aperto alla cittadinanza e soprattutto convocheremo un referendum consultivo a settembre per chiedere ai riccionesi che cosa ne pensano».
Anche lei vede il progetto da un miliardo di euro come il fumo negli occhi e teme uno snaturamento profondo del territorio: «Vogliono trasformare una zona turistica in una zona di finta produzione di energia elettrica. Dico finta perché non siamo certo una terra di grandi venti, come è statisticamente provato, dunque si rischia di piantare delle pale eoliche senza un motivo reale». La Tosi teme che i vantaggi dell’operazione siano «più di pochi soggetti che della comunità» e insiste sul fatto che «qui sono contrari albergatori e bagnini perché si rischia di rovinare l’economia della costa senza che ci siano vantaggi. E poi siamo venuti a conoscenza del progetto, e della possibilità di presentare le nostre osservazioni, con una mail di posta certificata soltanto il 4 giugno».
Il presidente della Provincia di Rimini, Santi Riziero, spiega invece che l’idea del parco eolico off shore, così come gli studi sull’efficacia di un impianto del genere, risale a diversi anni fa: «Nel 2010 ci siamo fatti promotori di uno studio, e poi di un piano, che ha appurato che esistono le condizioni per far funzionare un impianto eolico di questo tipo: c’è vento a sufficienza perché le pale producano energia. La competenza poi spetta al ministro delle Infrastrutture e a quello dell’Ambiente, ma per quanto ci riguarda siamo favorevoli all’eolico». 
Dal punto di vista paesaggistico, Riziero precisa che «le nostre richieste tenderanno a un minor impatto possibile: già il progetto ha diverse ipotesi di dislocazione delle pale, con la possibilità di allontanarle dalla costa e di disporle in posizione obliqua». Poi risponde a chi esprime dei "no" a prescindere: «Oggi si punta sull’effetto-cartolina e si dice che le pale sono un elemento di disturbo: di certo l’opera un costo ce l’ha, ma si tratta anche di valutare cosa significa non avere un’alternativa al combustibile fossile. Noi invece vogliamo capire ed entrare nel merito del progetto». 
Sul fronte ambientalista, le crepe sono ancora più profonde. Italia Nostra attacca frontalmente un’opera capace di generare una potenza di 330 megawatt: «L’ambiente e il paesaggio sono beni inalienabili, specie per chi si propone sul mercato globale del turismo e, al solo visionare l’impatto inquietante dei rendering del progetto, questa infrastruttura è una pietra tombale sulle prospettive turistiche di Rimini». Una posizione intransigente cui si contrappongono le considerazioni di Legambiente, che ricorda anche la presenza nello stesso tratto di mare di attività estrattive ancora più impattanti: «Ben vengano le proposte la realizzare impianti rinnovabili, purché si facciano tutte le necessarie valutazioni sul paesaggio e sull’ecosistema marino». L’invito però è za non costruire un fronte di contrarietà netta, ma piuttosto a valutare limiti e possibilità di miglioramento».