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 2020  giugno 22 Lunedì calendario

Intervista a Stefano Boeri

Il futuro è un albero. Per illustrare al premier le sue cinque proposte per l’Italia che verrà, Stefano Boeri, visionario architetto del Bosco verticale, docente di Urbanistica al Politecnico di Milano, sceglie un olivastro di 4 mila anni che cresce a Luras, in Sardegna: S’ozzastro. «Un simbolo della forza del mondo vegetale, rispetto alla fragilità che tutti sentiamo in questo periodo – dice al termine dell’incontro – Da parte del mondo della cultura c’è grande preoccupazione per la situazione, ma anche la percezione che siamo davanti a una opportunità formidabile per accelerare alcune scelte: nessuno vuole tornare alla normalità che ha generato questo disastro. E il governo ci ha ascoltato con attenzione: ci è stato detto che sarà fatto un report e poi saremo richiamati ». 
La prima cosa che lei ha chiesto è un grande progetto di forestazione. Perché? 
«Va avviato immediatamente, a partire dalle grandi città. La situazione del bacino padano è particolarmente grave, la fragilità polmonare registrata in quest’area è un problema nazionale: abbiamo bisogno di almeno 60 milioni di alberi per cercare di equilibrare la diffusione delle polveri sottili, per ridurre il calore e per l’assorbimento di C02. Il governo ha messo un miliardo su questo capitolo, è una cifra importante. E oltre a piantare alberi, bisogna prendersi cura dei boschi. Ho suggerito che potrebbe essere una struttura come Invitalia a occuparsi di questo progetto». 
Conte però ha parlato di un milione di alberi. Gli ha detto che sono pochi? 
«Un milione di esemplari spero possano essere piantati entro il 21 novembre (Giornata nazionale degli alberi, ndr). Se solo piantassimo un albero per ciascun abitante delle 14 aree metropolitane, sarebbero 22 milioni, è il minimo. Ma l’obiettivo è 60 milioni». 
L’emergenza Covid ha cambiato il nostro rapporto con la città. Come dovrà essere quella del futuro? 
«Le città saranno probabilmente sempre meno basate su luoghi centrali attrattori di folle, di corpi, di flussi, e andremo verso un modello diverso in cui i quartieri – i borghi urbani – torneranno ad avere un ruolo importante: spero si vada verso città in cui si possano raggiungere tutti i servizi in 15 minuti a piedi, e per questo le 40 mila scuole pubbliche italiane saranno importantissime: potrebbero diventare gli hub, i centri civici, di questa nuova dimensione di comunità. Ho rilanciato l’idea delle scuole aperte tutti i giorni a tutte le ore per tutte le età. Una sfida, anche dal punto di vista del rinnovo dell’edilizia scolastica». 
Quali sono le altre proposte presentate al governo? 
«Il ripopolamento dei borghi storici, con un contratto di reciprocità tra città medie e grandi e piccoli centri, un modello applicato in Francia, a cui stiamo già lavorando con il ministro Provenzano. Non si tratta di nostalgia verso la vita campestre, ma di delocalizzazione della vita urbana, ma perché avvenga servono la banda larga, agevolazioni fiscali, relazioni con le città. C’è poi la sostituzione radicale di quattro milioni di edifici degradati e obsoleti, che potrebbe rappresentare un grande volano economico, per cui ho proposto che siano tolti gli oneri di urbanizzazione. E infine la liberalizzazione degli spettacoli dal vivo entro le 23 con meno di 200 persone sul modello del Live Music Act che in Inghilterra ha fatto nascere 25mila imprese culturali». 
Il controvertice dei Verdi ha lanciato l’allarme che l’emergenza possa essere la scusa per nuovo cemento e una deregulation...
«Va evitato in tutti i modi: niente di peggio di avere una nuova epoca di palazzine e villette. Non dobbiamo costruire un solo metro quadrato in più».