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 2020  giugno 21 Domenica calendario

Intervista al papà dei fratelli Inzaghi

Il signor Giancarlo ha due ragazzi, fanno gli allenatori, uno è secondo in Serie A e l’altro è primo in Serie B. Luci dei suoi occhi. Potrebbero anche diventare primo e primo, Simone con la Lazio, Filippo (lui irraggiungibile) col Benevento. Oppure si potrebbe bloccare di nuovo tutto: il signor Giancarlo Inzaghi tocca ferro, «anzi altro, sto guidando e diciamo che tengo il volante con una mano sola».

Accosti, Giancarlo, per carità, e ci dica: qual è il più bravo dei due?
«Una premessa: a Piacenza abbiamo avuto 998 morti e il calcio si è fermato per una tragedia mondiale che è venuta prima di tutto. Tra Piacenza e Codogno ci sono appena 24 chilometri, e molte persone di quelle parti lavorano qui. Ora sono contento che il calcio riparta, però non dimentichiamo quello che è successo».
Avete avuto molta paura?
«Eh, un poco sì. Simone e Filippo telefonavano più delle solite due volte al giorno, mi ripetevano di mettere la mascherina, a un certo punto ho risposto: grazie ragazzi, lo so che mi volete bene ma non sono mica un vecchio rimbambito».
Simone e Filippo, dunque.
«Il mio orgoglio è che sono due persone per bene, mai una polemica, mai cambiato il tono di voce con me che ho 71 anni. Rispettosissimi. Quando mi vedono ombroso, chiamano la loro madre e dicono: parlagli tu, oggi papà è insopportabile. Simone mi telefona due minuti dopo ogni partita, Filippo un’ora dopo. Ragazzi educati: non userebbero mai certe parolacce come qualche loro collega».
A proposito, Simone magari vince lo scudetto.
«Mica allena la Juve che, senza offesa, arriverebbe almeno seconda anche se la allenassimo io o lei, non pensa? La Lazio è una buona squadra e Simone l’ha plasmata, lui che quando arriva al campo sembra che esca dal parcheggio di casa, Simo qui e Simo là, cosa dici Simo?, cosa dobbiamo fare Simo? E che rivalutazioni incredibili, i giocatori! Valgono tutti molto più di quando la Lazio li ha presi. Un miracolo».
Filippo è il re di Benevento, fra un paio di partite può essere già promosso.
«Ha fatto più punti della Juve quando la Juve era in B. La scorsa estate sono andato qualche giorno in ritiro con loro, a Moena, e tutti mi dicevano: Gianca, ma tuo figlio è un martello incredibile, se la sera non lo portiamo via a forza lui rimane lì al campo pure la notte. Un malato di calcio. Il presidente Vigorito ne è innamorato».
Però al Milan non andò benissimo.
«Ah no? Ma lei lo sa che i cinque allenatori che sono venuti dopo hanno fatto tutti peggio? Quel Milan era impresentabile, diciamolo. Pippo col Milan ha vinto un Viareggio, ha fatto grandi cose anche a Venezia e di Benevento non parliamo neppure».
Giudizio tecnico sui suoi ragazzi?
«Due allenatori con i controcoglioni da far paura».
Certo che Simone stava proprio volando, prima della lunga sosta.
«Rispetto alle corazzate Juve e Inter, aveva un vantaggio: niente coppe. Adesso sarà molto più dura riprendere quel passo, le altre hanno più giocatori».
Lei cosa faceva nella vita?
«Rappresentante di commercio, poi direttore alla Zucchi».
È milanista, non è vero?
«Da mezzo secolo, ma negli ultimi tempi è cresciuta una passioncella per la Juve».
Che stava per prendere Simone.
«Se cambia, ha senso farlo solo per andare là. Ma da ventun anni Roma è la sua casa, la sua famiglia. Lo pensa anche Pippo. Un giorno mi ha detto: papà, vedrai che Simo non andrà mai via da là».
Con Lotito si prendono e non è facile.
«Si danno del tu da anni. Il presidente è un volpone, sapete com’è fatto. Prendere o lasciare.
Anche Tare è un numero uno».
Sarebbe un peccato se ora la Lazio si mettesse a vendere.
«Speriamo di no, le richieste per gente come Milinkovic o Immobile sono alte. Il mercato può creare problemi a tutti, in questo finale può distrarre: guardate Lautaro, gran giocatore ma se poi pensi al Barcellona magari la gambina la tiri indietro, è umano».
Parla molto di calcio con i suoi figli?
«Sempre, e quando è il caso li critico. Anche tra loro, Simo e Pippo non fanno altro che confrontarsi. Io dico che sono già due maestri, anche se non si smette mai di imparare. I miei ragazzi mi hanno dato tutto».
Va a vederli allo stadio?
«No, il mio rituale è televisione, tapparelle abbassate, un nocino, le sigarette e tutti fuori dalla stanza. Mia moglie Marina vede le partite in un’altra camera, io non voglio nessuno, devo sfogarmi per bene per i cavoli miei».
Una bella famiglia.
«Bellissima. Con Marina siamo insieme da cinquant’anni, qui a San Nicolò di Rottofreno. Una vita semplice, di paese. Non mi piace fare il papà degli Inzaghi, io non me la tiro mica. I miei amici del cuore non sanno niente di pallone.
Quando Pippo ha vinto la Coppa dei Campioni, uno di loro mi ha detto soltanto: a l’ha pià i sold, eh? ...».