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 2020  giugno 21 Domenica calendario

Cure per il Covid che non lo erano

E ora, cosa diamo ai pazienti? Bocciata la clorochina contro il coronavirus, nessun risultato per il cocktail anti Hiv, sospeso il giudizio sul plasma, tocilizumab rinviato a settembre. Rispetto alla fase uno dell’epidemia, quando per salvare i pazienti si tentava di tutto, oggi il ventaglio delle terapie si è ridotto. «Va bene finché abbiamo pochi malati. Ma rischiamo di trovarci a mani nude o quasi in caso di un ritorno massiccio del virus» si preoccupa Francesco Menichetti, infettivologo dell’ospedale universitario di Pisa e capofila di Tsunami, la sperimentazione sul plasma promossa da Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e Iss.
Il bicchiere mezzo pieno
Non mancano in realtà alcuni aspetti positivi. «A marzo eravamo in piena emergenza», spiega Paolo Bonfanti, professore di malattie infettive a Milano Bicocca e primario al San Gerardo di Monza. «Poi, con i risultati delle sperimentazioni, abbiamo iniziato a fare ordine. Alcune opzioni valide restano». L’eparina, che riduce le trombosi, una delle complicanze più pericolose, l’antivirale remdesivir, che ha mostrato di accorciare la durata media della malattia da 15 a 11 giorni, ma non di ridurre la mortalità, e il desametasone, il corticosteroide che riduce l’infiammazione e ha suscitato grandi speranze dopo un test coordinato da Oxford.
La cura di Trump
La cura “miracolosa” secondo il presidente Usa Trump è stato il farmaco più usato nella fase calda. Era somministrato anche ai pazienti a casa. «Ora non più» dice Menichetti, dopo che almeno tre studi importanti non hanno trovato segni di efficacia. L’Oms ha interrotto le sperimentazioni. La Food and Drug Administration negli Usa ha ritirato il permesso a somministrarlo d’urgenza.
Plasma dove sei?
«Grazie al lockdown, non abbiamo più pazienti gravi da arruolare», spiega Menichetti. Il plasma dei convalescenti contiene anticorpi contro il virus, che possono esser e usati per curare altri pazienti. Un primo bilancio a Pavia e Mantova aveva suscitato ottimismo. «Ma in verità non abbiamo dati certi» frena Menichetti. «Non dobbiamo innamorarci delle ipotesi, ma aspettare i risultati scientifici più consistenti. E abbiamo difficoltà a ottenerli, perché i malati scarseggiano». A fine estate avremo i dati americani: lì è previsto l’arruolamento di 16mila pazienti complessivi.
Desametasone, la nuova stella
«Riduce la mortalità di un terzo nei pazienti gravi», ha annunciato martedì l’università di Oxford. Ma con un comunicato stampa, non uno studio scientifico. «Della validità dei risultati non abbiamo comunque motivo di dubitare», dice Bonfanti. Il cortisonico è ben noto ed è usato per molte malattie. «Nel Covid funziona perché riduce l’attività del sistema immunitario, che nella fase grave della malattia si scatena in modo eccessivo». In Italia il desametasone è stato usato fin da subito contro il Covid, ma in modo sporadico, su iniziativa dei singoli medici. «Agli inglesi va il merito – per Bonfanti – di aver sistematizzato un’intuizione che noi avevamo avuto, ma non abbiamo tradotto in tempo in sperimentazione».
Tocilizumab, quando usarlo?
Il tocilizumab è un antinfiammatorio che frena la tempesta immunitaria, come i corticosteroidi. Uno studio dell’Aifa la scorsa settimana lo ha bocciato: nessun miglioramento. Un’altra sperimentazione di Yale, pubblicata sulla rivista Chest, ha rilevato invece dei miglioramenti. E i medici in lui continuano a credere, in attesa di dati più chiari. «L’impressione – per Bonfanti – è che sia più utile nella fase avanzata della malattia, non in quella iniziale, quando la tempesta del sistema immunitario scatena i sintomi più gravi». Aspetto di cui la sperimentazione Aifa aveva tenuto conto solo in parte.
Gli astri nascenti
Sono i nuovi antivirali, messi a punto specificatamente contro il Covid e non tirati fuori dal cassetto. O i farmaci scelti dall’intelligenza artificiale, come l’antinfiammatorio baricitinib o il raloxifene, usato contro l’osteoporosi: secondo il supercomputer europeo Exscalate4CoV, avrebbe il potere di bloccare la replicazione del virus, ma dovremo aspettare i test sull’uomo per conferme. Nella filiera dei nuovi farmaci spiccano poi gli anticorpi monoclonali. Sono la versione artificiale ed evoluta degli anticorpi che si trovano nel plasma dei convalescenti. Vengono copiati da quelli prodotti dell’organismo umano, e creati in grandi quantità dalle aziende biotech. Nel migliore dei casi, arriveranno in autunno.